01 luglio 2019

Il pianto dell'alba, di Maurizio De Giovanni



Considerate adesso un colpo di vento. 
Consideratelo nel momento della sua nascita, in una terra remota, ignaro della strada che dovrà percorrere, fatta di notte e di mare. Immaginatelo figlio del freddo che viene dalle stelle, perché abbia del padre la distanza dalle cose la noncuranza di chi dovrà sfiorare; e dall'aria calda che sale dalla sabbia del deserto dopo una torrida giornata di sole, perché abbia la follia e l'imprevedibilità del padre.

Un soffio di vento arrivato da lontano porta il calore, caricato dal mare, all'interno due stanze: nella prima un uomo si gode quel momento di felicità che credeva non gli potesse appartenere mai, accanto alla donna che ama. Ma mentre accarezza il ventre della moglie le parole della madre gli ritornano in mente, come un monito che arriva da lontano
Come hai potuto, diceva la donna. Come hai potuto.

Poco lontano, un'altra finestra dove una donna giace quasi immobile, non addormentata e nemmeno nel dormiveglia. Accanto, un uomo biondo, che non avvertirà più il calore del vento sulla sulla pelle perché un proiettile si è conficcato nel suo cranio.

Con questa doppia immagine si apre l'ultimo capitolo della serie di Ricciardi, ambientato un anno dopo il precedente “Il purgatorio dell'Angelo”, in un torrido luglio dell'estate del 1934, XII era fascista, come si diceva allora. Un anno è passato e Ricciardi ha conosciuto quello che credeva a lui preclusa, l'amore e la felicità accanto alla donna che ha amato così teneramente, da lontano, ogni sera, dalla finestra della sua camera. Enrica, la donna che ha sposato e che ora è in attesa del suo primo figlio, o figlia, come sostiene Nelide, forte della sua saggezza popolare

- Panza chiatta vole la zappa; panza appizzuta, vole lo fuso.

Nelide che ora, su ordine della zia Rosa (che ogni tanto la visita in sogno e di cui ha preso il posto), ha su di sé il compito di accudire il barone di Malamonte, Luigi Alfredo Ricciardi, e la sua famiglia.

Un anno, per stravolgere tutte le convinzioni che si era formato fino ad allora. Un anno per convincersi di poter vivere quasi normalmente, per dire a sé stesso che in fondo forse non era pazzo. [..]Un anno che aveva detto ad Enrica di sé, e che le aveva chiesto di diventare sua moglie.

Mentre si appresta ad andare al lavoro, nel suo turno domenicale, Ricciardi si trova davanti la domestica di Livia Vezzi (la cantante lirica che abbiamo incontrato fin dal primo romanzo e che aveva fatto una corte assillante al commissario): la sua padrona è riversa sul letto, forse sta male e a fianco c'è un uomo, con un buco in testa.
Assieme a Maione, Clara e Ricciardi giungono al palazzo di Livia: l'uomo nel letto è Manfred, l'ufficiale tedesco che anni prima aveva chiesto invano la mano ad Enrica. Ora è morto mentre Livia, apparentemente ubriaca, giace al suo fianco con una pistola vicino alla sua mano.
Mentre Ricciardi e Maione, assieme al dottor Modo che li ha raggiunti, cominciano le prime analisi della scena, tre altri uomini entrano nella stanza.
Sono poliziotti della squadra politica che in modo spiccio, prendono possesso della scena del crimine e cacciano via i tre.
Un delitto passionale che però, per la rilevanza della vittima che ufficialmente lavorava presso il consolato germanico, deve passare per le mani dei poliziotti di Roma.

Cacciati in malo modo però, Ricciardi col dottor Modo e col fido Maione, decidono di portare avanti lo stesso una loro indagine, in segreto, facendo ricorso a tutta quella rete di conoscenze costruite in tanti anni.
Sarà un'indagine che Ricciardi sente di dover fare, perché si sente in parte responsabile di quanto successo a Livia, per il dolore che le ha causato il suo rifiuto.
E quell'indagine gli fa sorgere un sentimento nuovo: come nuovo per lui è l'amore, lo è anche la paura e la preoccupazione:
L'amore è incoerenza. Per un attimo di felicità priva di futuro, come se dovesse durare per sempre, tanta ansia, tanta preoccupazione, tanta possibile sofferenza. Eppure quell'attimo di felicità basta a nutrire il resto della vita.

Preoccupazione per sé e per la sua nuova famiglia, perché ora non è più solo, nessuna finestra lontana da osservare, cercando quegli occhi dietro le lenti, quelle mani che ricamavano placide consegnandogli tutta quella serenità, dopo una giornata ad incrociare morte e morti.

Ma quell'indagine non è un caso come gli altri: siamo nel 1934 e questo è un anno importante per gli equilibri della Germania nazista.
- Cosa sapete di quello che sta succedendo in questi giorni in Germania, Ricciardi?

Questa domanda viene fatta a Ricciardi da un funzionario della polizia politica: Livia sembra essere finita all'interno di un intrigo geopolitico molto pericoloso.
Che porta fino a Roma, allo scontro all'interno del partito fascista.
Ma il vento cambia, e quando cambia fa tutto un altro rumore.

L'indagine parallela va avanti: in una città come Napoli non è possibile che nessuno abbia visto qualcosa, che nessuno abbia visto quell'auto scura prelevare Manfred, che nessuno abbia visto Livia uscire dal ricevimento quella sera fatale.
Vincendo la paura che il regime instilla nella povera gente, piano piano piccoli pezzi di verità arrivano a galla, portati da Bambinella e dalla sua rete di amicizie nei bordelli della città.
Portati da Modo e dal suo amico pescatore, che vive in una piccola “stanzulella” scavata nel tufo che si affaccia su una spiaggia a Mergellina.
Portata persino da Nelide, che in questa storia riesce perfino a regalarci un sorriso, che trova un carrettiere che aggiunge un altro pezzetto di verità alla storia.

Ancora una volta Ricciardi dovrà affrontare il male, mettendo a rischio la sua incolumità e quella delle sue persone. Ma, rispetto al passato, dovrà anche rispettare quel giuramento fatto alla moglie: “non dimenticarti mai di noi” ...

Non dimenticarti di noi, amore mio. Non dimenticarti mai di noi. Devi giurarmelo qui, dove hai chiesto di passare la vita intera con te. Ogni tuo gesto, ogni tuo rischio dev'essere in funzione di noi. Me lo giuri?

Ogni storia ha una sua fine: anche il ciclo di Ricciardi, di Maurizio De Giovanni è giunto così alla conclusione, con questo racconto in cui troviamo tutto lo stile dello scrittore napoletano: c'è un'indagine da seguire, c'è il racconto delle tante anime della città, c'è il racconto visto dal di dentro della vita sotto il fascismo.
“Basta togliere la libertà ed è chiaro che ci sta più ordine” - sbotta il dottor Modo di fronte a Ricciardi, che pure è un funzionario della polizia fascista.
Ordine in cambio di riduzione delle libertà personali, anche quelle di espressione: non stiamo parlando solo dell'Italia del 1934.

Ma quello che rende unico questo romanzo, sono le pagine dove si racconta del calore familiare, in casa di Enrica e in casa Ricciardi. Sono pagine dove si parla di amore:
L'amore si racconta, sai. Adesso l'ho capito. Non serve a niente, l'amore, se resta sepolto in una stanza,a incenerire nelle mani di un uomo solo. L'amore si racconta, non importa in che lingua, non importa se sussurrato o urlato.

Arriverete, come me, alle ultime pagine, che ho letto con una forte tensione, sapendo che erano le ultime pagine in compagnia di Ricciardi, fino al primo pianto dell'alba. E lì, ho pianto anchio.

La scheda del libro sul sito di Einaudi e il pdf col primo capitolo.
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

2 commenti:

  1. Ma non voglio essere umana.
    De Giovanni mi ha profondamente delusa in questo ultimo libro.Cosa gli ha fatto ilpovero Ricciardi per meritare una sorte così tragica?
    De Giovanni non mi piace più,mi è scaduto dal cuore.Un po' di felicità per Ricciardi non gli andava bene?Questa è cattiveria allo stato puro
    .

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  2. Perché tanto accanimento contro Ricciardi da parte di DeGiovanni?Non meritava di essere felice finalmente? Questa è cattiveria pura,caro De Giovanni.Con questo finale ti sei giocato la simpatia di tante persone.

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Mi raccomando, siate umani