24 ottobre 2019

Gli invisibili, di Valerio Varesi



Ci sono persone che cercano la clandestinità e altre che la ottengono senza intenzione. Col silenzio, la solitudine e la sfuggente discrezione delle creature notturne. La vita è un lavoro a maglia che si intreccia col tutto. Ma loro sono un punto fallato che si allarga sciogliendo la trama fino a rendere impossibile ricongiungere gli orli.Soneri ricordava storie del genere. Gente refrattaria alle relazioni, magari per timidezza. O che le aveva distrutte per indifferenza.

Un'indagine sul fiume, laddove l'acqua del Po la fa da padrona, nella bassa, imponendo alle persone i ritmi della vita e rubando dalla vita delle persone ricordi e oggetti, per restituirli con calma, come se fosse un enorme museo della memoria.
Dalle acque del Po, tre anni prima, era emerso il cadavere di un uomo: solo il segno di un colpo sulla testa e nient'altro per identificarlo.
Una persona che per tre anni è rimasta nel freddo ghiaccio dell'obitorio e a cui ora, la burocrazia statale, impone una scelta.
Seppellirlo così, nel cimitero, senza nome, solo un numero.
Oppure cercare di capirci qualcosa, fare un ultimo sforzo, prima di archiviare l'indagine.

Al commissario Soneri tocca questa pratica burocratica, all'apparenza una questione da poco: ma il commissario non si rassegna a questo compito, che gli farebbe anche risparmiare tante fatiche.
Una firma su un foglio e via: quel morto, quella persona, deve avere un nome, non deve sparire dalla faccia della terra senza lasciare almeno una traccia, come i tanti invisibili del mondo di oggi.
Persone rese invisibili per un naufragio in mare. Persone rese invisibili ai nostri occhi per la miseria, per la rabbia del non avere niente da questa società.
Inizia così una sua indagine, lungo gli argini del Po, dove è stato ripescato il cadavere e dove, sempre negli stessi giorni, era stato ritrovato un gozzo affondato, rubato su a Cremona.
Due eventi distinti, forse, o forse no.
Sarà un'indagine compiuta andando a scavare nella memoria delle persone del circolo, il comandante della motonave, al “matto” Casimiro, una persona che vive in simbiosi col fiume e che forse è meno matto di tante persone normali.

Un'indagine dai confini poco chiari, come poco chiari sono i poco indizi rimasti, come poco chiaro è il confine tra il certo e l'incerto:
In quel mondo dai contorni incerti, appariva difficile individuare il confine tra la nebbia e l'acqua del fiume, così come quello tra il vero e la leggenda.

Emerge un nome, dai racconti delle persone, un certo Gianni che era stato ospite della clinica per malati mentali, sempre lì sul fiume e che, un giorno, era stato visto prendere un taxi e sparire via.
Una traccia labile, ma è pur sempre qualcosa: dalla nebbia che avvolge le cose e dalla nebbia dei ricordi escono fuori alcuni dettagli che fanno scattare la classica scintilla in Soneri. Pur di portare avanti questa indagine decide di prendersi ferie e di prendere casa su una di queste case galleggianti, assieme ad Angela, la sua compagna, che alla soluzione del caso darà un contributo importante.

Succedono cose strane sul fiume: ci sono “quelli là”, i pescatori stranieri che arrivano dall'est e che si accampano sulle sponde del fiume e la fanno da padroni.
Ci sono dei furti, delle rapine, di criminali che poi scappano facendola in barba ai carabinieri del posto.
E poi ci sono quegli strani traffici notturni, attorno ad una delle case galleggianti, che appartiene ad una famiglia importante del posto, i Gallerani, piccoli imprenditori che però danno del lavoro a tanta gente del posto.
Ci sono poi le suggestioni, le battute, le storie delle persone del circolo:
Il circolo nautico era un teatro fumoso in quella striscia fluviale dove tutto prendeva una dimensione onirica. Scavallare l'argine era immergersi in un'insidiosa vaghezza. Soneri pensò che dopo tutto non fosse così strano che lì vicino ci fosse una clinica per matti ..

Non è solo un'indagine di polizia, quella che sta facendo Soneri. E' anche un caso di coscienza, che assume un valore etico: dare un nome al morto, scoprire come è morto, scoprire tutti gli intrecci strani che si scorgono lungo le sponde del fiume.
La rivelazione che quello non è un caso di suicidio, arriverà dalla visita al museo del Po, osservando il cranio di un uomo vissuto migliaia di anni fa: pure a lui deve essere dato un nome, affinché la sua memoria permanga
«.. tutti devono avere un nome.» 
«Ne sono qualcosa.» 
«I nostri morti devono averlo per essere in pace e noi con loro. Oltre che per chiamarli nei nostri ricordi» precisò Toschi. 
«C'è chi non lo avrà mai, un nome: pensi a questi giorni, ai naufraghi.» 
L'uomo chinò la testa e assentì. «Senza un'identità regrediamo alla banalità dei nostri componenti chimici, un organismo senza storia. E cosa siamo senza una storia? Niente, un rifiuto. In definitiva» concluse il direttore, «è un problema etico.»

Gli invisibili è la storia di una ricerca: la ricerca della verità su un delitto nel passato per ridare dignità ad una persona, rifiutata come figlio e rifiutata dal mondo.
Un invisibile, dunque.
Ma è anche il tentativo di far emergere dall'invisibilità un mondo sommerso dalle nebbie: le piccole meschinità che covano all'interno di una famiglia, per questioni di soldi.
E anche quel mostro che si è annidato ed è cresciuto qua al nord, non solo lungo le sponde del fiume, che non è frutto della fantasia dei pazzi, ma qualcosa di tremendamente reale anche se è ancora tabù parlarne.
La mafia al nord: la mafia che traffica in droga e in esseri umani ma anche la mafia che, coi suoi soldi, col suo potere di intimidazione, entra dentro le imprese come un tumore, inquinando interi settori produttivi.

L'indagine arriverà ad una soluzione e quel povero morto, una persona che in fondo cercava solo un suo posto al mondo, avrà infine un nome.
Ma non è una vittoria per Soneri e per la giustizia, se la intendiamo nel senso alto del termine.
«Abbiamo fatto la nostra parte e l'abbiamo avuta vinta: questo basti» tagliò corto la Falchieri.
«Si sbaglia. Hanno vinto gli altri, i sopravvissuti, i cinici, gli indifferenti. Noi siamo quelli che raccolgono i morti dopo la battaglia.»

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