27 dicembre 2019

La scuola tagliata


Nel 2008, il governo Berlusconi (con la Lega come alleato), tagliò la spesa pubblica per la scuola di 10 miliardi con un taglio alla spesa per la ricerca del 20%: un taglio che in questi anni non è mai stati colmato.
Erano gli anni delle leggi ad personam, delle pillole della Gelmini (mini spot costati milioni), del ministro Calderoli che bruciava leggi a caso e apriva un'inutile sede ministeriale a Monza alla reggia.

Sono passati più di dieci anni e la situazione nella scuola, nell'università e nella ricerca non è affatto migliorata, anzi, ogni ministro ha voluto lasciare il segno col la sua riforma.
Tutto questo per dire che danno molto fastidio le battute e le frecciatine rivolte all'ex ministro dell'istruzione Fioramonti per le sue dimissioni: il peggior ministro, uno che voleva mettere la tassa sulle bevande zuccherate, si dimette e entrerà in una corrente pro Conte, ..

Il saggio indica la luna e gli stolti osservano il dito: perfino il presepe è stato tirato dentro questa polemica, per non parlare delle bevande zuccherate che causano problemi di obesità che sono anche un costo per lo Stato.
La scuola italiana ha bisogno ora di soldi, per migliorare le strutture a pezzi, per assumere insegnanti in modo stabile (costa molto di più assumere i precari di anno in anno e pagare le multe per i contenziosi con le famiglie, per gli insegnanti di sostegno).

I liberisti di soliti obiettano chiedendo da dove prendiamo questa nuova spesa pubblica? Vorremo mica mettere altri soldi nel pubblico? Tutta spesa inutile.
Ci sono poi quelli che tirano in ballo le pensioni: spendiamo miliardi in pensioni, togliamo i soldi agli anziani.

Spendiamo anche soldi per i liberisti del Foglio, quotidiano di proprietà di un immobiliarista, che riceveva fondi pubblici per un partito che non esiste.
Abbiamo speso e spenderemo miliardi per il Mose, per gli armamenti, per la tassa occulta della corruzione.

Forse potremmo permetterci qualche miliardi in più per l'istruzione e portarci alla pari con le altre nazioni europee: ad oggi la situazione degli investimenti in ricerca è fatta in nome della meritocrazia, per cui le università più brave prendono soldi.
Lo stesso meccanismo per cui i comuni che erogano meno servizio prendono dallo stato meno soldi di quelli che già oggi al nord offrono asili e scuole (se ne era occupata una puntata di Report) e di fatto si penalizzano gli enti in difficoltà.

In particolare, il taglio alla ricerca costringe molti studenti che intendono seguire questa strada ad andare fuori casa, spesso all'estero.

Potete continuare a fare tutte le battutine sulla sugar tax e sui presepi, ma la realtà è questa.
L'istruzione in Italia è malata e tutti i governi recenti portano su di sé delle colpe, tutti.

Sul sito Roars i numeri di questa malattia riassunti nei grafici che riportano PIL, taglio della spesa in istruzione, finanziamento all'università.
La situazione è chiara, possono capirla tutti, sia quelli del presepe che gli altri del piano choc.



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