28 febbraio 2020

Presadiretta – cambiamo la scuola (si può e si deve)

L'anteprima della puntata è stata dedicata alle sigarette elettroniche: sono meno pericolose di quelle normali? Se uno le usa, poi smette di fumare ?

In America 25 persone (che usavano queste sigarette) sono morte, ma non per le sigarette elettroniche in sé, ma per il contenuto liquido che veniva inalato.
Sono presenti sul mercato da un decennio e sono state pensate per distogliere dall'uso delle sigarette normali: molti dei consumatori usano la versione con nicotina, che dà dipendenza.
Oltre a questo, ci sono i metalli pesanti che sono inalati dal fumatore e cambiano anche la qualità dell'aria: tra questi anche le formaldeide, sostanze tossiche per l'organismo.

I produttori sostengono che con le sigarette elettroniche abbattono le sostanza tossiche del 90%, che è un buon risultato.
Ma solo il 14% dei fumatori ha smesso di fumare le sigarette normali, secondo i dati della sanità: c'è un altro dato preoccupante e che riguarda l'uso che ne fanno i giovani.

Il mercato ha un giro d'affari da 600ml di euro, con una tassazione più bassa rispetto alle sigarette normali, questo le rende molto accattivanti, anche tra i ragazzi che non hanno mai fumato.

Le sigarette col tabacco riscaldato sono sigarette che fanno un aerosol col tabacco: nessuna combustione, per le sigarette prodotte da Philip Morris, che le intende per far smettere di fumare le persone.
Ci sono rischi inferiori, rispetto alle sigarette a combustione, ma il rischio rimane: al momento sono 600mila gli italiani che le usano.

I ricercatori dell'istituto nazionale dei tumori le hanno studiate e hanno scoperto che anche queste ultime emettono formaldeide nell'atmosfera, ma meno rispetto alle sigarette.
In Italia le sigarette riscaldate hanno una tassazione inferiore a quelle normali: dovremmo favorire chi smette di fumare, sostiene il governo, che però ha lasciato la tassazione così com'era.

Cambiamo la scuola di Sabrina Carreras

Della scuola si dovrebbe parlare tutto l'anno, non solo ora che sono chiuse per il coronavirus: Presadiretta stasera si dedicherà alla didattica, per capire se sono sempre adeguate per formare studenti competenti.

La vecchia didattica è quella dell'insegnante alla lavagna e gli alunni che prendono appunti. Nozioni da studiare e ripetere e che poi si dimenticano.
E' questa la lezione corretta? L'apprendimento profondo non si dovrebbe fare così ci dice la scienza: gli studenti non possono essere tenuti inchiodati ai banchi, senza partecipazione non si impara veramente.

Presadiretta è andata in Finlandia per capire come si insegna: niente studi serrati, niente stress, ma si mette al centro la partecipazione dei ragazzi, che sono stimolati nel capire.

Ma ci sono tante Finlandia anche da noi: scuole dove si fa una didattica in modo diverso che la giornalista Sabrina Carresas ha visitato.

Alessio Pigali ricercatore, Francesca Colavita la biologa, Samantha Cristoforetti l'astronautica: hanno in comune aver studiato nella scuola pubblica che ha prodotto tante eccellenze.
Ma oggi, secondo l'OCSE, solo un alunno su 20 sa comprendere un testo.
Racconta Roberto Ricci, direttore delle prove Invalsi: “oggi dalla scuola secondaria escono persone non formate, la vera sfida è alzare l'asticella dell'apprendimento per tutti in modo omogeneo”.
Eppure gli studenti italiani studiano molto: la giornalista ha ascoltato alcuni studenti romani, che raccontano di settimane di stress, di lezioni in cui si ascoltano contenuti di continuo in modo filato, col rischio di distrarsi.
Gli studenti vorrebbero studiare meglio, non meno: la scuola si è fermata alla riforma Gentile del 1923, racconta Daniele Grassucci di Skuola.net
Banchi allineati di fronte ad una cattedra, una impostazione frontale, dove uno parla e gli altri ascoltano.
Oggi le informazioni le hanno tutti, è passato un secolo dal 1930, va sviluppato lo spirito critico, la capacità di fare domande: i ragazzi hanno bisogno di innovazione, non devono chiedersi perché andiamo a scuola.
Gli studenti non devono assimilare le nozioni, come dei registratori, per poi buttarle fuori.

C'è bisogno di cambiare l'insegnamento in modo radicale – raccontano i ragazzi della rivista Lo scomodo: la lezione tradizionale non è il modo migliore per imparare, ci dicono le neuroscienze.
Ogni volta che si impara qualcosa si creano neuroni: la ripetizione va bene, ma serve anche l'esperienza, ovvero la possibilità di ripetere una esperienza di persona.
Per esempio ripetere un test in modo attivo e non solo vedere il tecnico di laboratorio che lo fa e osservarlo.

A Parma, studiando il cervello delle scimmie hanno scoperto che ci sono neuroni “specchio” che si attivano quando si apprende per imitazione, vedendo qualcuno che fa qualcosa e ripetendolo.

Esperienze pratiche, imparare dagli altri, in gruppo: c'è poi da tener conto la capacità di apprendimento dei ragazzi, il tempo di concentrazione oggi diminuisce sempre di più.
Oggi i ragazzi sono bombardati da stimoli e dunque non riescono a rimanere concentrati per troppi minuti: devono essere motivati, costruendola con lo studente, sfidandolo nel fare qualcosa.

LE scuole che sperimentano la didattica: capovolgere la scuola!

A Bari, all'istituto Pietro Sette, la giornalista ha intervistato i ragazzi che si sfidavano in forma di dibattito: non sono interrogazioni ma sono più simili a delle gare e i ragazzi si sentono stimolati in prima persona.
Durante le lezioni di Debate i ragazzi sono divisi in due squadre: la prima deve portare avanti una tesi e la seconda la deve confutare.
Il professore deve fare da arbitro: il dibattito è una palestra di cittadinanza, dove si sta in gruppo, si fa una analisi critica su un argomento, non si impara a pappagallo.

Il professor Leone, insegnate di lettere, usa questo metodo da anni: questo apprendimento rimane nei ragazzi per tutta la vita, stanno lavorando a questo progetto con tanti altri insegnanti e sta appassionando sempre più i ragazzi.
Sono 60 le scuole che usano il metodo Debate: ma al Pietro Sette si trova un'altra differenza rispetto alle scuole tradizionali, ovvero la classe capovolta.

In classe i ragazzi fanno domande sui contenuti, in gruppi, in modo creativo, su argomenti assegnati dal docente.
Queste capacità si chiamano soft skills e sono richieste anche nel mondo del lavoro oggi: empatia, capacità relazionali, saper apprendere in modo continuo, saper adattarsi ai cambiamenti, non bastano più le nozioni.

Nella pagella della scuola non si valutano le soft skills: eppure è importante che i ragazzi sappiano adattarsi ad un futuro che oggi non esiste e nemmeno sappiamo immaginare.
È importante sviluppare le soft skills, le competenze trasversali, per essere pronti ad un domani, al lavoro di domani.

Oggi ci stiamo perdendo i ragazzi: il 28% dei ragazzi in Puglia abbandona la scuola oppure ottiene risultati da terza media.

Il professor Manni dell'IISS Costa, insegnante di informatica, insegna in gruppo: i ragazzi lavorano come fossero delle startup, ciascuno con le sue idee, che i ragazzi portano avanti.
Per interesse personale, per soddisfazione personale, non perché te lo dice l'insegnante.
“Deve essere il docente che si adegua ai ragazzi” racconta il professor Manni, “anche usando il loro linguaggio”.

Al centro di Modena è un funzione un centro di ricerca che insegna ai dicenti come usare la tecnologia, che si chiama FEM.
Si sfruttano le tecnologie per insegnare, cominciando anche dall'arredamento, con banchi mobili, con poltrone comode, non più le vecchie sedie.

Anche ad Ancona si incontra un'esperienza simile, all'istituto Savoia Benincasa: classi “capovolte”, docenti che si sono messi in gioco (e docenti che si sono trasferiti altrove), banchi con le ruote per spostarsi.
La scuola dà la possibilità di usare macchinari moderni ai ragazzi, che non si annoiano, si sentono coinvolti perché stimolati a pensare, ad agire.

L'innovazione funziona, perché questi ragazzi prendono voti alti: perché queste esperienze non si mettono a fattor comune e si espandono in tutto il paese?
Manca la formazione dei docenti, che non sempre sono disposti a mettersi in gioco, spesso sono demotivati (e come si può pretendere che poi gli studenti lo siano?) e mal pagati.

Antonello Giannelli, presidente dei presidi in Italia, ha scritto un libro: Rivoluzionare la scuola con gentilezza, racconta che servirebbe una rivoluzione nella scuola.
Si prendono supplenti precari nella scuola, mentre dovremmo reclutare i docenti direttamente da parte dei dirigenti scolastici, previa poi una valutazione.
Per questa rivoluzione servirebbe anche maggior coraggio da parte della politica.

La Finlandia sforna gli studenti più bravi nel mondo: sono studenti che escono dalle scuole pubbliche e c'è poca differenza tra i più bravi e gli altri.

Obiettivo della scuola è creare persone che sappiano ragionare, pensare, in modo indipendente: sono scuole con aule pensate per gli studenti, ergonomiche, dove gli studenti partecipano in gruppo, sono stimolati a fare domande, ad aver un senso critico.
A casa si studia poco, il tempo libero è dedicato al gioco o per stare con gli amici: si lavora intensamente in classe, ma poi fuori dalla scuola si deve essere liberi per i propri hobby.
E' meglio studiare con la mente aperta e le labbra aperte, che con la mente chiusa – racconta un docente.

Gratitudine, comunità, prendersi cura: sono queste le parole chiave della scuola, dove ciascun studente ha un laptop, senza che le famiglie paghino una retta.
In Finlandia i voti li danno i docenti ma anche gli studenti: i voti vanno da bravo a bravissimo, non ci sono voti negativi, perché si tiene in considerazione anche lo sforzo messo dai ragazzi.
Studiare tante ore per tanti giorni non serve e non viene premiato: dobbiamo mangiare bene, divertirsi, questo è importante, non si creano ragazzi stressati.

Il principio è che gli studenti vogliono imparare: il 93% dei ragazzi si diploma e poi prosegue all'università, ma chi rimane indietro non viene abbandonato, ma può riprendere gli studi in qualsiasi momento.
Altra parola chiave, la fiducia: nei docenti, negli alunni.
Qui gli insegnanti sono scelti dai presidi e sono sottoposti ad un continuo aggiornamento: in Finlandia è un lavoro molto popolare, a cui si accede selezionando i migliori.

La Finlandia investe nell'istruzione il 5% del PIL (il doppio dell'Italia), ma nel futuro investiranno ancora di più, perché intendono alzare l'obbligo ai 18 anni.
La scuola pubblica ha un ruolo sociale, costruisce una comunità per cambiare in meglio la faccia del paese.

Dalla Finlandia a Salerno: Presadiretta è andata nel piccolo paese di Palomonte, dove hanno voluto creare una nuova scuola.
Una scuola aperta di giorno per gli alunni, la sera per gli adulti, una scuola sponsorizzata da Ficarra e Picone.

Questo borgo del 1100 è stato distrutto dalla ricostruzione post terremoto, una colata di cemento lo ha cambiato in un non luogo.
La comunità di Palomonte si è spostata a valle, in frazioni diverse: a Palomonte ci sono due scuole, a valle c'è un plesso nuovo ma non è sufficiente per tutti.

Nella scuola media comunale non c'è un cortile, se fa freddo si ghiaccia la scala che porta alla zona palestra, mancano i proiettori per mostrare immagini agli studenti.
Tutto questo si traduce in mancanza di opportunità per gli alunni – spiega il preside: i ragazzi, di fronte a queste carenze di mezzi, si scoraggiano, rimangono indietro, pensano che la scuola non offra opportunità, non offra nullo di interessante.

La sfida di Palomonte è avere una scuola unica: mancava il progetto da presentare a Roma così hanno pensato ad un nuovo modello, progettato da uno studio di architetti veneziani.
Pareti mobili, materiali eco sostenibili, una scuola aperta ai cittadini, una piazza dove far incontrare i cittadini.

Antonello Caporale, giornalista del Fatto Quotidiano, è originario di Palomonte: si è innamorato del progetto, di questa scuola che fa comunità, che si da linfa per una nuova società.
Alla presentazione del progetto era presente anche il ministro della coesione territoriale, Giuseppe Provenzano: “Palomonte deve avere una scuola di qualità come una qualsiasi scuola del nord”. Questo governo dovrebbe investire nelle infrastrutture scolastiche, al ministero di Provenzano stanno riprogrammando i fondi di investimento per trovare risorse da usare nel territorio, nella scuola.

La scuola comunità di Palomonte costerà 6 ml di euro: speriamo che faccia da battistrada per altri istituti scolastici nei piccoli paesi che meritano le stesse chance delle grandi città.

Presadiretta ha poi parlato del percorso dell'Appia Antica, da ristrutturare, da salvare dal cemento, dalle discariche, dagli ecomostri: un percorso dentro la nostra storia.

La prossima puntata sarà dedicata al terremoto in centro Italia, alla situazione dei comuni terremotati dalle scosse del 2016, dove tutto è fermo.
2 miliardi di euro stanziati, sono stati spesi solo 49ml: le persone sono ignorate da tutti, sono fantasmi....


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