Prologo
Molti anni prima, molti anni dopo
Prima di tutto sentiva, più che vedere, la pistola che impugnava. Non era un sogno. Anzi, era una memoria vivida, capace di squarciare qualsiasi cosa facesse, in qualsiasi momento. Quando arrivava, c'era solo quella. Ed era arrivata, di nuovo.
Come si poteva interrompere il flusso di un sogno con un ricordo reale?
Di Roberto Perrone
e del suo personaggio “carrarmato” Canessa, l'ex colonnello dei
carabinieri tornato in azione, avevo letto gli ultimi libri (e
l'ultimo non mi aveva del tutto convinto per varie scelte storiche
dell'autore): non potevo dunque lasciare indietro questo primo volume
della serie, “La seconda vita di Annibale Canessa”, un romanzo
ricco di azione di colpi di scena, forte e veloce, con un continuo
rimbalzare tra il tempo presente (ovvero gli ultimi anni del secondo
millennio) e il tempo passato (la fine degli anni settanta e i primi
anni '80).
In questo romanzo
scopriamo chi è stato, negli anni della lotta al terrorismo rosso,
il capitano prima, maggiore poi Annibale Canessa: ufficiale energico,
capace di ragionare in fretta e di sparare con altrettanta velocità.
Capace di pensare con la stessa logica dei terroristi a cui deve dare
la caccia (assieme al suo braccio destro, il maresciallo Ivan
Repetto).
Intransigente coi
suoi uomini e con sé stesso perché in questa sfida coi terroristi,
che han lasciato sull'asfalto già tanti morti tra forze dell'ordine,
magistrati, giornalisti, medici, uomini delle forze dell'ordine, non
c'è spazio per rilassarsi nemmeno un momento.
Ecco, questo è
Annibale Canessa che sta per fare una irruzione nel covo dei
brigatisti di via Gaeta a Genova (vi ricorda per caso la storia, poco
chiara anche oggi, dell'irruzione in via Fracchia degli uomini del
generale Dalla Chiesa? Bravi..).
Lasciamolo per un
attimo in disparte.
Torniamo ai giorni
nostri.
Napoleone Canessa è
suo fratello, da cui si sono separati quasi venti anni fa, perché
avevano una diversa visione della vita. O forse anche per una
questione di orgoglio. Tanto uomo dello stato Annibale da far fatica
ad accettare che il fratello si muova nel mondo dell'estrema
sinistra, senza scivolare mai, però, nell'area dell'eversione.
Nei rapporti confidenziali che Annibale si faceva inviare, si poteva leggere il percorso della “pecora nera” attraverso tutte le chiese dell’ultrasinistra, fino all’Autonomia. Nessun legame con il partito armato, però, nessuna violenza, nessun pestaggio,
Giuseppe Petri
invece un terrorista lo è stato: sulla coscienza ha sette (o forse
sono otto, sarà un particolare importante) omicidi. Per questi oggi
è in carcere sebbene in regime di semilibertà.
Proprio col
fratello di Annibale (che gli aveva dato la caccia, fino al suo
arresto), Petri cerca di mettersi in contatto, fissando così un
incontro a Milano.
Ma c'è qualcuno
che si è messo sulle sue tracce, strane presenze: un investigatore
privato con un passato da picchiatore fascista, un killer napoletano
che ha lavorato anche per la Camorra.
Panattoni prendeva i lavori e pianificava, Rocco eseguiva. Intimidazioni, riscossioni, qualche estorsione. Poi cominciarono con gli omicidi a pagamento,..
E i datori di
lavoro di quest'ultimi, che pagano i due killer per uccidere
Napoleone Canessa e Pino Petri, a Milano.
Perché
quell'omicidio? Quale motivo può avere un ricco avvocato milanese,
nonché ex magistrato, come Giannino Salemme, per uccidere un signor
nessuno e un ex brigatista che nemmeno si conoscevano?
Crollò accanto a Petri, crivellato da almeno quindici proiettili esplosivi. Gli spari, attutiti dal silenziatore, permisero ai due assassini di andarsene tranquillamente.
La notizia della
morte di un irriducibile come Petri, un non pentito, raggiunge
diverse persone.
A cominciare da
Annibale che, proprio quel giorno, sente come un presagio, per
quel dolore della ferita ricevuta proprio nel corso dell'irruzione al
covo brigatista in via Gaeta.
Quel dolore era un presagio di sventura che gli balenava davanti, anche se lui, nel suo equilibrio così difficilmente conquistato, in quel limbo delle emozioni contratte, non riusciva ad avvertirne la portata.
La notizia arriva
anche alla giornalista Carla Trovati, giovane (e bella) redattrice
del Corriere, che incontra l'ex colonnello Canessa proprio davanti la
Morgue. Intuisce che l'ex ufficiale dei carabinieri, di cui aveva
studiato il passato, non è venuto a Milano solo per vedere la salma
del fratello e incontrare la cognata e la nipote. Canessa farà una
sua indagine per capire il perché di quell'esecuzione, in pieno
giorno.
Anche l'occhio dei
servizi si è spostato sulla vicenda: il prefetto Calandra è un
alto dirigente, amante della bella vita, delle belle donne ma anche
dei segreti di questo paese.
Anche lui ha
interesse dietro questa storia: primo perché nasconde un mistero che
deve essere veramente importante se qualcuno ha deciso di ingaggiare
dei killer per eliminare un brigatista.
E poi perché
dietro si nascondono anche altri interessi, come lo scontro tra
politica e magistratura (siamo alla conclusione delle indagini
iniziate sul fronte politico della corruzione con Mani Pulite).
Gli ultimi
protagonisti di questo giallo sono loro, i magistrati che seguono il
caso e, indirettamente, le mosse di Canessa. Il procuratore aggiunto
Federico Astroni, figlioccio del procuratore capo Savelli, cresciuto
professionalmente e anche come prestigio proprio con le indagini
sulla corruzione.
E i due pm
assegnati al caso, Marta Bossini, legata ad Astroni non solo dal
punto di vista professionale e il collega Guidoni, più uno sceriffo
che un magistrato.
Però una cosa la sappiamo: chi uccide così brutalmente due persone ha qualcosa di terribile, di spaventoso da nascondere nel passato.
Canessa torna in
azione: lo deve alla memoria del fratello, contro cui la procura
inizia ad imbastire una pista implicandolo in una storia di spaccio
di droga. Lo deve anche alla moglie del fratello e alla piccola Sara,
la nipote.
Ma Canessa lo deve
anche a sé stesso: troppi anni è rimasto fermo, lavorando nel
ristorante di una parente a San Fruttuoso.
Già, come mai
Canessa ha abbandonato l'arma e ha terminato la sua guerra al
terrorismo?
«Non c’è più nessun gioco, maggiore, anzi l’unico rimasto a giocare sei tu. La guerra è finita. Questo Paese non ne vuole più sapere del terrorismo, ..»
Come sono andare
veramente le cose quel giorno nel covo di via Gaeta, quando lo Stato
per la prima volta mostrò i muscoli nei confronti dei brigatisti?
Sono pezzi del
passato che ritornano a galla nei flash back che inframmezzano i
capitoli e che aiutano a capire, pezzo dopo pezzo, come un puzzle,
l'enigma di quel duplice omicidio.
Enigma su cui
inizia la sua indagine Canessa, con l'aiuto di Repetto, la sua ombra,
il suo custode, e di due nuovi aiutanti: la giornalista Carla Trovati
e il “Vampa”, un ricco finanziere che deve qualcosa al
colonnello, per la sua precedente vita.
Ma dovrà guardarsi
le spalle da quei nemici che, ancora dopo tanti anni, devono
nascondere a tutti i costi quel segreto che Petri probabilmente
voleva confidare proprio ad Annibale.
Si troverà
nuovamente in guerra, l'ex colonnello: in guerra contro questi
assassini e all'interno di uno scontro ancora più alto, tra
magistratura e politica.
“la magistratura in questi anni è
diventata potentissima, soprattutto la Procura di Milano: fa quello
che vuole, spesso sfidando apertamente i politici.”
La seconda vita di
Annibale Canessa è un giallo che mantiene la tensione del lettore,
fino agli ultimi capitoli dove tutte le tessere trovano il loro posto
nel disegno, nella trama, che pure Canessa scoprirà alla fine,
quando dovrà fare “quello che andava fatto”.
Quello che aveva scoperto fino a quel momento gli diceva con chiarezza chi erano i protagonisti della storia, alla fine, ma gli mancava ancora la trama, gli mancava il fil rouge che annodasse tutti i fatti, le notizie, i nomi ..
Ben scritto, questo
primo romanzo della serie di Canessa, si capisce che l'autore ha
fatto i compiti a casa per comprendere i meccanismi (anche quelli
distorti) della giustizia, ha studiato gli anni della lotta al
terrorismo in Italia. Ma soffre un po' del peccato di andare sopra le
righe però, nelle scene di azione di Canessa, anche come amante:
troppa indulgenza nei confronti dei buoni che sono belli e buoni e
anche immortali.
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