A gestire i 209 miliardi del recovery fund sarà il nuovo governo Draghi, quello dei competenti, che ora, dicono i giornali, si metterà a riformare il piano per gestire questi soldi.
Entro il 30 aprile dobbiamo presentare in Europa i progetti per far ripartire l'Italia: in un anno abbiamo perso 440mila posti di lavoro, 9 punti di PIL, oltre alle 90mila morti per la pandemia.
Questi soldi andranno utilizzati bene e subito ma, come racconterà stasera Presadiretta, l'Italia finora ha speso solo un terzo dei soldi europei ricevuti: ci vuole un cambio di passo, sia per indicare dove spenderli sia per usarli veramente.
Per esempio per gestire i tavoli delle crisi aziendali che coinvolgono migliaia di persone: come quella della Whirlpool a Napoli, dove lavorava da 29 anni come operaio Salvatore, una moglie e tre figli.
Il suo ultimo Natale è stato diverso dal solito, non solo per il Covid, ma anche per la chiusura dell'azienda, per la decisione della multinazionale di spostare la produzione all'estero.
“Noi questo Natale abbiamo fatto di tutto per farlo sembrare normale” racconta al giornalista “purtroppo dopo due anni di lotta, per quanto uno possa nasconderlo, la più grande [figlia] l'ha vissuto, ha percepito le mie preoccupazioni, le mie paure..”
La notizia della chiusura del sito è stata tremenda, notti passate sveglio, a chiederti perché, dove si perde lucidità, entri un una dimensione dove non sei mai stato: “perdi le tue certezze, la tua dignità”.
Per queste persone, come Salvatore, il Next Generation UE potrebbe voler dire tornare a vivere con dignità: è un piano senza precedenti, 4 volte il piano Marshall del dopoguerra. L'Italia prenderà la parte più grande di questo piano, 209 miliardi di cui 127 miliardi sono prestiti e 82 miliardi in sussidi a fondo perduto: ma anche questi ultimi non sono gratis, cambia il modo con cui questi prestiti e sussidi andranno ripagati.
Fino ad oggi però non siamo stati efficienti nello spendere bene i soldi europei: siamo quelli che hanno ricevuto più soldi dall'Europa nel passato, ma terzultimi per capacità di spesa.
Lo dice la Corte dei Conti Europea: dei 44 miliardi che sono arrivati all'Italia dall'Europa siamo riusciti ad usarne solo il 30,7%.
Per l'agricoltura ad esempio, dal 2014 esiste il “piano di sviluppo rurale” di 10 miliardi di euro, una manna per le aziende della Puglia dove il batterio Xylella ha distrutto interi ettari di ulivi.
Presadiretta ha incontrato un agricoltore, Eugenio Arsieri, che ha cercato di partecipare ai bandi per il piano di sviluppo rurale del luglio 2016: Eugenio ha aspettato i fondi per mesi e dopo 4 anni non è arrivato nulla.
Se in alcune regioni del sud i soldi non sono stati spesi bene, in altre invece i fondi europei hanno fatto la differenza, come in Emilia Romagna: Presadiretta è andata nel centro di ricerca meccanica avanzata dell'università di Bologna dove un gruppo di ricerca ha trovato una tecnica innovativa per la produzione delle mascherine Ffp3 che presto verranno realizzate industrialmente.
Si tratta di un progetto realizzato in piena emergenza Covid, che senza i 120 mila euro dei fondi europei per lo sviluppo regionale FEF messi a bando dalla regione non sarebbe mai partito.
Il progetto è nato nel febbraio 2020, dall'idea di usare le nanofibre per la realizzazione di tessuti ad alta filtrazione: abbiamo sviluppato una macchina per trasferire questa tecnologia ad un prodotto più industriale e per fare questo per fortuna abbiamo avuto ad inizio aprile la possibilità di accedere ai fondi.
Se la regione Emilia Romagna ha trovato i fondi per le mascherine è perché ha riprogrammato velocemente le risorse spostandole sul fronte dell'emergenza sanitaria.
Morena Diazzi è a capo della direzione che si occupa di gestire due fondi europei tra i più importanti: quello per lo sviluppo regionale, il FES, rivolto alle imprese e agli enti di ricerca. E il fondo sociale europeo, FSE, che si occupa di formazione.
FES e FSE hanno una dotazione per la regione Emilia Romagna pari a 1,2 miliardi di euro: la regione ha raggiunto i target di spesa imposti dall'Europa già nel 2019 per il 2020 che per quest'anno.
“Per fare questo è necessario avere delle stazioni appaltanti che funzionano e delle imprese che devono essere capaci di spendere”.
Tra i settori più colpiti, il tessile e calzaturiero, che tra gennaio a dicembre hanno perso il 28% della loro produzione (dati Istat) rispetto al 2019: Presadiretta è andata nel distretto calzaturiero più esteso, nelle Marche a Fermo, dove si trovano più del 30% delle imprese del settore (tra questa provincia e quella di Macerata) con un giro d'affari che prima del Covid valeva 2 miliardi di euro l'anno.
La CNA ha calcolato che in questa zona, al 31 ottobre, hanno chiuso 51 aziende.
Un'azienda che è riuscita a rimanere aperta è la Arcuri, dieci dipendenti con un fatturato da 900mila euro l'anno e che col Covid ha visto le sue commesse dimezzarsi.
Da 7000 paia di scarpe richieste, sono state confermate solo 3000 paia – racconta uno dei titolari.
In queste zone ci sono le aziende a cui i grandi marchi affidano la produzione, ci sono i laboratori che producono il vero made in Italy: come quello di Massimo Giorgini che coi suoi tre dipendenti disegna le suole per alcune delle griffe più famose.
Un'azienda che fattura circa 200mila euro l'anno e che l'anno scorso ha registrato un calo del 45%: “il problema maggiore secondo noi, secondo i miei clienti, è che l'anno che verrà sarà ancora peggio dell'anno che è passato..”.
Si rischia di chiudere: la situazione è così grave che, se non ci fosse il blocco, licenzierebbe subito, perché quello che abbiamo davanti è uno scenario di grande incertezza – spiega al giornalista il presidente della CNA di Fermo Paolo Silenzi.
La scheda del servizio: “RECOVERY FUND ULTIMA CHIAMATA”
Abbiamo attraversato il Paese per raccontare dal basso la crisi economica, la sofferenza dei distretti industriali, la paura di non farcela dei commercianti e le saracinesche già abbassate. Su tutti, incombe la fine del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione Covid.
Ci attendono 209 miliardi tra prestiti e sussidi: saremo in grado di spenderli al meglio per far ripartire il Paese? Perché non basta avere i soldi per mettere in moto l’economia, ce lo dice la cronica incapacità italiana di utilizzare i Fondi Europei.
PresaDiretta è andata a vedere sul campo che cosa vuol dire: in Puglia, in Sardegna e in Sicilia. E poi in Emilia Romagna, dove l’organizzazione e la programmazione della spesa dei soldi europei fanno la differenza.
RECOVERY FUND ULTIMA CHIAMATA è un racconto di Riccardo Iacona con Sabrina Carreras Panvini, Giuseppe Lagana, Elena Marzano, Martina Cecchi de Rossi, Torchia Massimiliano.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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