04 gennaio 2022

Report – la sanità potenziale, la tracciatura di legno e latte e Amazon

Sembra essere tornati a due anni fa, con le file per comprare le mascherine e fare i tamponi: immaginate invece se ci fosse un sistema di intelligenza artificiale che prevenisse le pandemia.. Come cambierebbe la nostra vita?

Poi un servizio sul prezzo che pagano gli imprenditori per essere sullo store di Amazon.

Nell'anteprima un servizi sulla tracciabilità del legno e quella del latte che importiamo dall'estero.

LA VIA DEL LEGNO di Antonella Cignarale

La tempesta Vaja, in una notte di tempesta del 2018, ha falciato le foreste nel Veneto: quel legname è stato comprato dai cinesi che poi ci vendono il lamellare per le nostre industrie.

Per legge si deve tracciare solo l'ultimo tratto della filiera del legno: come possiamo essere certi che il mobile che stiamo comprando non proviene da legno illegale?

Il traffico di legno illegale è uno dei business più importanti della criminalità dell'ambiente: l'attuale legge europea conta sulla vigilanza dei singoli stati non si deve indicare da dove arriva mentre se il legno proviene da paesi extraeuropei invece va dichiarato perfino la regione da dove arriva.

In Italia sono i carabinieri della forestale che hanno il compito di vigilare su come si tagliano le piante nei boschi, chi le viola rischia delle sanzioni.

Ma le leggi europee non sono omogenee: in Romania ad esempio si bypassano i controlli mescolando su uno stesso carico sia legname legale che illegale (legname che non poteva essere tagliato).

Ci sono aziende che certificano il taglio del legname, solo alcune controllano tutta la filiera: in Mondo Convenienza non hanno certificazioni, Report ha provato a risalire alla certificazione della filiera senza riuscirci.

Ikea ha risposto a Report che la maggior parte del legno che usa è riciclato e certificato da FSC. Ma su uno sgabello, Report non è riuscita a risalire alla foresta da cui proveniva il legno.

Report è andata a sentire anche Scavolini: i pannelli sono riciclati, alcuni dei componenti derivano da fornitori che poi Scavolini assembla. Ai fornitori non chiedono una certificazione specifica, chiedono solo che il legno non sia di provenienza illecita.

Alla fine emerge una filiera molto fragile.

CHE GRANA! di Rosamaria Aquino

Report anni fa aveva fatto un inchiesta sul latte proveniente dall'estero che poi finiva alle aziende casearie, che poi mettono sul marchio latte made in Italy.

Il latte straniero costa meno ed è usato da molte aziende: un funzionario del ministero della salute ha negato l'elenco delle aziende che importano latte estero. Ma oggi questo blocco è terminato: il latte straniero viene usato anche da aziende del consorzio del Grana Padano DOP, ma per prodotti similari, non per il Grana.

Il similare viene usato per confondere il consumatore – spiega il presidente Berni che deve vigilare sui produttori, che producono questi prodotti “similari” anche in concorrenza al prodotto principale del consorzio. L'importante è che le linee di prodotto non si mischino, con dei controlli stringenti dentro la fase di produzione.

Report però ha trovato delle crepe nei meccanismi di controlli dei consorzi che sono pagati dai consorzi stessi.

Rosamaria Aquino ha intervistato l'imprenditore Brazzale, produttore del marchio Gran Moravia, prodotto in repubblica Ceca, che è anche un venditore del marchio Grana padano.

E poi c'è la questione strana di membri del CDA del consorzio che producono anche similari, basta che rimangono sotto una certa soglia.

Stesso problema nel consorzio del Parmigiano: il presidente del consorzio produce un formaggio di filiera, similare al Parmigiano DOP, cosa che non sarebbe possibile per statuto.

Il presidente si è difeso dicendo che non è lo stesso formaggio, si tratterebbe di una versione del Parmigiano per vegetariani, a pasta molle.

SANITÀ POTENZIALE di Michele Buono

Le code per i tamponi, la crescita dei contagiati, le mascherine difficili da trovare: sembra di essere tornati a due anni fa quando scoprimmo di avere un piano pandemico non attuato.

Ora abbiamo un piano pandemico valido per i prossimi anni, che nel cuore ha la digitalizzazione dei dati, per prevenire meglio future pandemie.

Report, col servizio di Michele Buono ha immaginato un sistema sanitario nazionale capace di raccogliere e analizzare tutti i dati sul territorio.

Abbiamo tante potenzialità da sfruttare per vincere la sfida delle prossime pandemie, partendo dalla telemedicina, dai flussi informatizzati dei dati dalla periferia alla centrale.

Nel pratico, racconta il dottor Sergio Pillon, questo sistema esiste solo in parte: non esiste un database unico capace di fare analisi predittive sulle malattie, agendo in tempo quasi reale.

Ma nel piano antipandemico c'è scritto che bisogna fare tesoro delle lezioni apprese da questa pandemia: peccato che non sia andata così per l'assenza di questo database nazionale, non c'è una analisi delle malattie sul territorio..

Si tratta di replicare in medicina il sistema distribuito usato per tenere gli aerei in volo: un sistema in rete che condivide le informazioni parlando lo stesso linguaggio.

Questo avrebbe dovuto essere il fascicolo sanitario nazionale: Questa piattaforma c'è, esiste, è stata standardizzata, è stata finanziata, ma non c'è – spiega il docente Mariano Corso - “non c'è perché spesso noi non riusciamo a fare l'ultimo miglio.”

Il fascicolo sanitario è il trasponder, contiene i referti, le prescrizioni, dei cittadini: dentro c'è la storia sanitaria delle persone, con i dati salvati in cloud e accessibili da ogni ospedale senza che il paziente debba portarsi dietro le carte.

Così si procede in Emilia Romagna: tutti gli specialisti con cui il paziente avrà a che fare hanno in mano il fascicolo per prevenire allergie, errori umani, doppie prescrizioni.

Il Veneto ha una piattaforma di biosorveglianza che altre regioni non hanno e che è affidato ai medici di base: i dati raccolti dai medici di base arrivano alla regione e trasmessi alle aziende sanitarie di competenza, per dagli una mappa delle malattie, strumento utile per gli epidemiologi.

In tempo reale si vedono i cluster, la situazione degli ospedali consente di capire come agire sulle aree del territorio, in modo da prevenire aggravamenti delle pandemie.

Come anche in tempo reale hanno la situazione negli ospedali, i posti liberi struttura per struttura.

Il sistema sanitario nazionale è frammentato, manca un database nazionale, i sistemi quando comunicano, comunicano in modo disomogeneo, non si analizzano tutti gli indicatori allo stesso modo, alcune analisi sono assenti (se non in pochi casi) per esempio l'analisi delle acque reflue.

Senza questa raccolta dati non c'è modo di capire dove e come spostare le risorse sul territorio nazionale, in caso di emergenza.

Il fascicolo sanitario elettronico esiste invece, ma le regioni non dialogano tra loro: il pnrr mette 1 miliardo sul fascicolo e il ministro Colao ha aperto un tavolo con le regioni su questo punto, assieme ai medici di base.

Ci serve un sistema digitalizzato per arrivare a ospedali digitalizzati, hub dove “gira” l'intelligenza artificiale: lo si fa a Bari, per l'analisi dei geni dei pazienti dove i dati sono analizzati da reti neurali che lavorano velocemente grosse mole di dati.

A Firenze usano la realtà aumentata, generata a partire da una tac o da una risonanza su un paziente, per avere una visione 3d del paziente, che non necessariamente deve stare in presenza dello specialista.

Ferrovie dello Stato ha messo a disposizione per Areu Lombardia un treno che trasporta pazienti che hanno bisogno di soccorsi: i dati raccolti dalla strumentazione diagnostica sul treno vengono inviati agli specialisti tramite un sistema satellitare, che consente una maggiore banda per trasmettere dati, non solo in Italia ma anche in tutto il mondo.

E' come se tutti gli specialisti fossero a bordo del treno, collegati con altri medici in tutto il mondo. A questo punto potremmo pensare di mettere tutti gli ospedali in rete, collegati da questo sistema satellitare veloce, con sistemi digitali.

A Vimercate, in Brianza, hanno già digitalizzato tutto e i dati raccolti sono analizzati dall'intelligenza artificiale, addestrata per apprendere sul riconoscimento di malattie, come polmoniti.

Non solo le analisi predittive, non solo il riconoscimento delle malattie, questa intelligenza artificiale è anche in grado di controllare l'incrocio dei farmaci, per capire se ci possono essere problemi.

Qui l'area informatica collabora attivamente con medici e infermieri: la digitalizzazione funziona se coinvolge tutti, compresi medici e infermieri.

Un domani magari un chirurgo potrebbe allenarsi su un nostro gemello digitale, un avatar di noi stessi: lo stanno sperimentando alla Dassault Systèmes a Parigi.

Hanno ricreato un cuore umano, virtuale, su cui sperimentare gli effetti di un farmaco, su cui un chirurgo può fare una verifica dell'operazione che sta per iniziare.

Anche il cervello può essere digitalizzato, in modo digitale, per esempio per curare aneurismi celebrali.

Obiettivo della Dassault è creare un gemello virtuale, con dentro il nostro codice genetico, salvato in cloud e che rappresenterà il nostro fascicolo sanitario.

In Italia abbiamo tanti punti virtuosi, custoditi dalle regioni: serve qualcuno che unisca i punti per arrivare ad un unico disegno nazionale.

L'esperienza del Covid ad esempio ha insegnato alla Asl di Foggia a portare a casa l'ospedale, per evirare che i pazienti perdessero ore per arrivare nelle strutture ospedaliere.

I medici di base ricevono le segnalazioni, gli infermieri portano i dispositivi di base nelle loro case e questi comunicano i dati clinici alle ASL: se fosse tutto digitalizzato queste informazioni dalla provincia di Foggia arriverebbero al livello nazionale.

Ma il sistema sanitario nazionale non è completamente digitalizzato e non fa rete, occorrerebbe una regia per questo: per esempio sfruttando l'esperienza del dottor Sergio Pillon che ha organizzato la telemedicina per la spedizione in Antartide, ha collaborato con la NASA per capire come gestire la salute dei piloti mandati nello spazio. Ha poi coordinato un tavolo con la conferenza Stato Regioni per introdurre la telemedicina a livello nazionale: il tavolo è durato tre anni, dal 2015 al 2018. Le regioni – racconterà Pillon nel servizio – hanno risposto male, “abbiamo più volte inviato dei questionari e ci hanno risposto solo in cinque, a più invii, con dati assolutamente approssimativi. Abbiamo più volte chiesto al ministro di essere ascoltati, ma il ministro [Giulia Grillo] non ci ha neanche convocati.”

Così il servizio sanitario ha continuato a viaggiare in modo sparso: nella Asl del Verbano Cusio Ossola, la diagnosi è fatta in modo remoto sul territorio, per monitorare i pazienti in dialisi.

A Bari sono in rete 12 residenze assistenziali per persone fragili: i pazienti usano dei dispositivi che monitorano parametri del sangue collegati in bluethooth ad un tablet.

Che benefici si hanno se si sposa un modello sanitario non più ospedalo-centrico (come quello lombardo, che ora è nuovamente in crisi per i nuovi casi covid)? A Milano all'osservatorio sulla digitalizzazione della sanità del Politecnico hanno stimato che il 30% delle analisi potrebbe essere fatto non in ospedale e che se il 20% delle visite fosse fatto in telemedicina si risparmierebbero ore e risorse; altre risorse si risparmierebbero se i referti fossero online, se si potesse prenotare tutto online.

Per arrivare ad una medicina digitale servono i bandi, per la trasformazione della medicina e serve anche convincere i presidenti delle regioni che devono lavorare assieme per una sanità aperta, che parla una lingua comune.

AMAZON PIGLIA TUTTO di Emanuele Bellano

Come si lavora con Amazon? Report ha intervistato un venditore che ha lavorato col colosso nel 2014 e nel 2015: la vendita tramite Amazon aiuta il venditore a crescere, ma ad un certo punto Amazon ha risposto al venditore che alcuni dei bancali che gli erano stati spediti non erano arrivati, bloccando dunque i pagamenti.

Che costi nascosti ci sono dietro la scelta di vendere su Amazon?

Amazon fa forza sulla sua posizione dominante per far fuori i piccoli imprenditori – racconta il fornitore che si è fatto intervistare: che scenario avremo nel futuro? Un solo venditore, un solo store?

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