12 aprile 2022

Report – gas, una storia d'amore e di guerra (in Ucraina)

Una pagina di guerra e di cronaca dal fronte russo, poi la storia della dipendenza del gas russo, chi ha speculato e chi ci sta guadagnando dall'aumento dei prezzi.

Poi un servizio di Netflix e le tasse pagate in Italia.

LA CASA DI CARTA? Di Lucina Paternesi Meloni

24 milioni di italiani usano applicazioni on demand su internet, per intrattenimento: film, serie TV, la pandemia ha spinto verso questo mondo, di cui fa parte Netflix.

Gina Keating, autrice di Netflixed ha analizzato il modello Netflix, il colosso dello streaming con un fatturato di 7 miliardi di dollari a trimestre. Il suo successo nasce dal fatto che conosce i gusti dei suoi abbonati, sa tutti di noi mentre noi non possiamo sapere quali nostre informazioni custodiscono. Il suo algoritmo si basa sul segreto di queste informazioni: ma quante tasse paga in Italia? Report ha scoperto che nel 2019 Netflix ha pagato meno di 4000 euro.

I ricavi di Netflix sono destinati ad aumentare con la crescita degli abbonamenti il cui prezzo è aumentato fino al 12% da ottobre scorso. Dove paga le tasse il colosso dello streaming Netflix? Come tutti i big di internet, anche questo le paga dove più le conviene: gli analisti di Tax Watch UK hanno analizzato la struttura della società hanno scoperto dove Netflix sposta i ricavi.

Tommaso Faccio – docente di diritto tributario racconta che, come tutte le aziende americane, “hanno sviluppato la proprietà intellettuale in America e poi l’hanno data in concessione a paradisi fiscali in cui hanno fatturato le proprie vendite ai consumatori italiani ed europei. Questo permette loro di evitare la stabile organizzazione per cui dovrebbero pagare le tasse anche in Italia. ”

Nonostante Netflix abbia sedi in tanti paesi europei, le vendite sono fatturate in una società offshore con sede in Olanda che acquista servizi ad un margine basso così i profitti si riducono e le tasse da pagare sono minime.

4000 euro nel 2019, meno delle tasse della giornalista di Report: il tutto perché in Italia non esiste la “stabile organizzazione”, con uffici e tutto.

La sede legale e fiscale è nel Delaware, le società olandesi, tramite una catena, controllano Netflix italia, tutto offshore: la società olandese controlla completamente quella italiana, il bilancio del 2020 è minimo, con 4 milioni di abbonati che avrebbero dovuto portare guadagni per milioni.

I ricavi stimati in Italia sono stimati in 600 milioni, considerando un abbonamento da 10 euro: dovrebbero per cui pagare tasse almeno per 20ml di euro l'anno.

Dal 2022 la nuova direttiva consente la tassazione anche in Italia, dove Netflix fa ricavi: inizialmente la % delle tasse era fissata al 25%, che è stata abbassata al 20%, dopo un'intensa attività di lobbying.

Ma quanti sono gli abbonati in Italia? Netflix ha dato a Report i dati del 2021, i 4 ml di abbonati, un numero diverso dalla stima del team di analisti inglese.

CORRISPONDENZE DALL’UCRAINA Di Luca Bertazzoni – Carlos Dias con la collaborazione Giulia Sabella

Luca Bertazzoni è andato sul fronte della guerra, a Kharkiv, accompagnato dai soldati ucraini che stanno difendendo le loro città dall'esercito russo: le bombe russe hanno distrutto tutta la città, nessun obiettivo civile è stato risparmiato, nemmeno la scuola, nemmeno il mercato.

L'ospedale militare è offlimits alla stampa, Report è entrata dentro l'ospedale civile, dove ha raccolto le testimonianze dei feriti: civili colpiti dalle bombe, dai colpi dei soldati russi, che non hanno risparmiato nessuno. Le persone muoiono per le ferite delle schegge, perché nonostante gli sforzi dei medici, le ferite sono troppo gravi.

A ridosso della prima linea, Bertazzoni è entrato in un paese spettrale, dove la vita si nasconde negli scantinati dei palazzi, dove le persone trovano rifugio.

Perché non scappate? Perché questa è casa mia, ormai non ho più paura di niente – dicono al giornalista.

Dal cemento delle cantine alle trincee, un qualcosa che porta indietro la memoria alle guerre del secolo passato.

Sul fronte ci si scambia colpi dai tank, dall'artiglieria: nella terra di nessuno tra i due eserciti, corpi di persone uccise, macchine colpite e incendiate.

GAS, UNA STORIA D’AMORE E DI GUERRA di Giorgio Mottola con la collaborazione Norma Ferrara

Putin ha sedotto l'Europa creando una dipendenza dal suo gas tanto che ora è difficile mettere al bando il suo uso. Tutto questo grazie alla Gazprom, strumento nelle mani del governo, con una banca, dentro cui versiamo i 700ml di euro al giorno per le forniture del gas, finanziando la guerra di Putin. Un gioco di dipendenza da cui non è esclusa l'Ucraina, perché Putin paga le royalties per i tubi dentro cui scorre il gas.

Sopra la terra cadono le bombe, i vivi non riescono a seppellire i morti, ma pochi metri di terra sotto il suolo continua a scorrere il gas russo, che non si è interrotto nemmeno per un giorno.

L'AD della compagnia ucraina che gestisce la rete del gas spiega, dal suo bunker dove si nasconde dall'esercito russo, come la rete ucraina non sia stata danneggiata dai russi, anzi il flusso del gas è pure aumentato.

Il primo gasdotto che attraversa l’Ucraina per arrivare in Europa ha un nome russo che vuol dire “fratellanza”, era il 1967 e c’era ancora l’Unione Sovietica.

Per il transito del gas la Russia riconosce una royalties all'Ucraina di 2 miliardi di dollari circa il 2% del PIL nazionale, “suona assurdo ma è così”, la Russia paga il paese nemico in euro e rubli.

La Russia onora i contratti stipulati coi paesi europei, che versano 700ml di euro al giorno a Putin: le spese militari di questa guerra sono pienamente ripagate da questi soldi.

Gli Ucraini sono disposti a bloccare il gas russo, per fermare la macchina bellica russa: ma tocca all'Europa prendere questa scelta politica, Yuirj Vitrenko, capo di Naftogas, spiega che non tocca a loro fermare i gasdotti.

IL gas russo costa meno, è di buona qualità, spiega Nicola Armaroli: grazie alla rete di gasdotti costruite nei decenni passati, oggi Putin può comportarsi come uno spacciatore, come lo definisce Johnson. Ma nel passato i governi occidentali gli hanno aperto le porte, dalla regina di Inghilterra a Bush. Anche dopo le sanzioni del 2014, i rapporti coi leader europei sono rimasti saldi, da Macron, all'Italia. Non è solo Berlusconi, grande amico di Putin.

Il gas russo ha condizionato la politica occidentale – spiega Romano Prodi – il gas è fisicamente la forza di Putin: col primo governo Prodi si fecero i primi accordi Nato Russia, non si prevedeva la catastrofe successiva che sarebbe arrivata.

Molti ex politici europei sono andati a lavorare per Putin, anche Prodi ricevette un'offerta per gestire il gasdotto Nord Stream, ma Prodi ha ritenuto inopportuno accettare.

Oggi l'Europa minaccia la Russia di staccarsi dal gas, la Russia minaccia l'Europa di staccarle il gas, Zelenski minaccia di bloccare il gas... ma è tutto fermo in stallo. Nemmeno le bombe russe hanno sfiorato i gasdotti, per salvaguardare i veri interessi economici.

Anche le sanzioni hanno salvato la banca di Gazprom, dentro cui versiamo quei 700ml di euro al giorno: Gazprom bank e Intesa hanno aperto un fondo dentro cui hanno investito per acquistare e investire in saloni di bellezza, gelaterie, tavole calde. Oggi Banca intesa è esposta per 5 miliardi euro. 7,5 i miliardi per cui è esposta invece Unicredit.

Dal gasdotto ucraino, il gas russo arriva in Italia a Tarvisio, in una galleria che ospita i tre metanodotti gestiti da Snam che sono vitali per la sussistenza energetica italiana: senza il gas russo si bloccherebbe l’elettricità, il riscaldamento e il funzionamento delle industrie.

Nel 2021 dalla Russia è arrivato il 40% del gas importato ma ora dopo l’invasione dell’Ucraina per l’Unione Europea e per il governo italiano la supremazia commerciale del metano russo non è più considerata accettabile.

“L’Italia è al lavoro per ridurre in tempi rapidi la dipendenza dal gas russo” ha spiegato in Europa il presidente Draghi: oggi è così partita la ricerca di fornitori alternativi alla Russia per diversificare le fonti, il primo nome sulla lista del governo è l’Algeria, da cui lo scorso anno abbiamo importato il 31% del gas. Il ministro degli esteri Di Maio annunciava a fine marzo che questa quota (da un “fornitore affidabile”) sarebbe aumentata.

Attraverso il gasdotto Transmed che arriva in Sicilia potrebbero arrivare dai 2 ai 10 miliardi di metri cubi di gas in più all’anno che potrebbero rimpiazzare tra il 10 e il 30% del gas russo.

Ma puntare sull’Algeria presenta diversi rischi: lo spiega Marco Giuli, consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali, “l’upstream algerino è sottoposto a quelle che sono le valutazioni politiche del governo algerino, anche lì parliamo di una forte integrazione tra priorità politiche e commerciali, quindi un ambiente difficile sugli investimenti”.

A questo si deve aggiungere il fatto che l’Algeria ha relazioni storiche con la Russia da cui riceve armi e formazione per i propri servizi segreti, al punto che quando all’Onu si è votato per la condanna per l’invasione dell’Ucraina gli algerini hanno deciso di astenersi.

Non c’è da stare allegri nemmeno dagli altri potenziali fornitori: il governo italiano punta infatti anche sulla Libia dove la riesplosione di una guerra civile è sempre imminente. E poi c’è il TAP, il gasdotto che collega l’Azerbaijan all’Italia.

Racconta Nicola Armaroli dell’Accademia delle Scienze di come questo gasdotto, attraversando l’Anatolia, paga la servitù di passaggio con la Turchia di Erdogan “ora io mi ricordo che fino a due mesi fa il presidente turco era il più cattivo del mondo, adesso ce ne siamo dimenticati, forse la nostra idea di cattivi cambia un po’ troppo in fretta.”

Qual è il punto di vista del ministro Cingolani? “Ovviamente nessuno di questi paesi è noto per la loro stabilità, c’è da dire che sono comunque paesi più piccoli della Russia, il rapporto con un paese avanzato e grande come l’Italia è più gestibile rispetto ad un rapporto Italia Russia.”

I rapporti di forza economica sarebbe a nostro vantaggio, in ogni caso – continua il ministro, stiamo parlando di una transizione: “tutte queste operazioni che stiamo facendo sulla scala della storia durano un decennio.”

Nel frattempo l'obiettivo politico dell'Unione Europea è sostituire il gas russo, ma ogni paese si muove in modo indipendente dall'altro, in competizione: tutti i paesi stanno andando negli stessi posti, senza mettersi d'accordo tra di loro.

Sono discorsi fumosi – spiega Prodi: per questo l'Europa sta puntando anche sul gas liquefatto importato dall'America, che arriverà tramite le navi e trasformato in gas tramite rigassificatori.

Lo shale gas sta portando in America un nuovo rinascimento, viene estratto attraverso la frantumazione della roccia, una pratica con un forte impatto ambientale che è proibita in molti paesi europei (consuma molta acqua).

Attraverso lo shale gas gli Stati Uniti stanno aumentando le loro quote di esportazioni in Europa: nel 2021 hanno superato il Quatar, in Europa.

Puntare sul gas liquefatto ha degli svantaggi: dovremo litigare sul prezzo con gli altri paesi, portando ad un aumento del prezzo, le navi americane lo scorso anno hanno spostato le loro rotte andando dove il prezzo era più alto, per esempio la Cina.

Gli Americani vendono il gas alla Cina, altro paradosso del mercato e della politica – commenta l'ex presidente Prodi: pagheremo il gas al prezzo americano, “è l'economia bellezza..”

Il costo del gas è aumentato in questi ultimi mesi, a cominciare dal gennaio 2021.

Da 19 euro KW/ora di gennaio si è arrivati al record di 180 euro il 21 dicembre scorso, un rincaro del 847%. Questo aumento non ha nulla a che fare con la crisi in Ucraina: nel 2021 sono avvenute più concause che hanno portato a questa situazione, la siccità in Brasile (riducendo la loro capacità di produzione di energia dall’idroelettrico); nel mare del nord le pale giravano poco. La Cina ha comprato grandi quantità di gas alla fine del periodo critico del Covid.

Il prezzo del gas è salito prima della guerra in Ucraina, oggi il prezzo siamo arrivati a 102 euro, sempre meno del picco del dicembre scorso: il gas è però rimasto sempre quello, come mai il suo costo è aumentato così tanto lo scorso anno?

Non abbiamo avuto carenze – assicura Cingolani: il costo è aumentato per causa della liberalizzazione del mercato passando ad un mercato Spot, che ha una sua sede in Olanda, un mercato che subisce la speculazione finanziaria, come su tutti i beni.

Il sistema del mercato energetico andrebbe rivisto, dice Cingolani: per avere i nomi e i cognomi di chi ci ha guadagnato basta vedere i nomi degli operatori che lavorano su questo mercato e le grandi società di wall street come Morgan Stanley e Goldman Sachs.

Tra le prime aziende che lo scorso anno hanno festeggiato per l’aumento del gas ci sono state le prime aziende intermediarie delle materie prime: Vidol colosso olandese che passa da 140 miliardi di dollari di fatturato nel 2020 a 279 miliardi nel 2021 (+99%); Trafigura multinazionale basata a Singapore che passa da 147 miliardi di $ a 231 miliardi (+57%); infine Glencore da 145 miliardi di $ a 207 miliardi (+42%).

Ma anche in Italia c’è chi è riuscito a portare a casa affari d’oro: Mauro Meggiolaro analista finanziario di Finanza Etica ha spiegato a Report che Eni quest’anno chiuderà con un profitto di 4,7 miliardi di euro, che è il miglior risultato dal 2012, “Eni nell’ultimo trimestre del 2021 ha aumentato i suoi profitti di oltre il 600% rispetto all’ultimo trimestre del 2020”.

In soli 3 mesi Eni ha guadagnato 3,1 miliardi di euro, ma la nostra azienda di stato non paga il valore del gas al valore di mercato, ma ai valori stabiliti dai precedenti contratti firmati con Gazprom.

Sono contratti firmati dall'Eni di Scaroni: nonostante sia una società partecipata dallo stato, non sappiamo il valore con cui Eni paga il gas da Gazprom, nemmeno Cingolani può saperlo.

Eni sta lavorando per lo Stato o per i suoi azionisti? Il direttore finanziario di Eni parla di un dividendo di 0,88 euro per azione, sono gli extraprofitti che sono spartiti coi dividendi. Tra questi anche lo Stato, per il 70%. Ma per il 30% ci sono i fondi di investimenti stranieri, tra cui Black Rock, poi c'è anche Mediolanum della famiglia Berlusconi.

Ma in questo momento Eni sta riacquistando le proprie azioni, con questi extraprofitti – racconta Mauro Meggiolaro – è un modo indiretto per beneficiare gli azionisti privati, perchè con questa operazione si alza il prezzo, salito da 6 a 12 euro.

Il governo poteva imporre ad Eni altre scelte? Difficile, spiega Cingolani, perché Eni è un'azienda quotata in borsa e deve combattere in un contesto difficile.

Peccato che ci siano anche italiani che ogni giorno devono combattere contro il rincaro delle bollette: si potevano tassare gli extra profitti delle società energetiche?

Eni, A2A ed Edison sfruttano anche l'utilizzo del “modello marginale” che calcola il costo dell'energia solo basandosi sul gas, quella più costosa (il modello non tiene conto delle rinnovabili che hanno un costo di produzione più basso).

Quali provvedimenti ha preso per ridurre il costo dell'energia?

Alzare la temperatura dei condizionatori e abbassare la temperatura dei caloriferi.

La guerra sul gas tra Russia e Ucraina negli anni è passata anche tramite la “spillatura” del gas – racconta Prodi, nelle sue memorie degli anni in cui era presidente della commissione.

Poi è arrivata la Germania, che voleva essere il monopolista del gas russo, l'Europa che scelse di non mediare in questi conflitti tra Russia e Ucraina.

Così oggi la Germania paga il suo peccato originale con la sua forte dipendenza dal gas, per questo il cancelliere tedesco ha scelto di non sanzionare Gazprom.

Il rapporto commerciale tra Germania e Russia è culminato col progetto Nord Stream: questo progetto di un nuovo gasdotto ha ricevuto diverse critiche, perché avrebbe aumentato la dipendenza tedesca, non servivano altri gasdotti.

Lo scopo del Nord stream era politico, serviva a Putin per non pagare le royalties all'Ucraina, oggi un terzo del gas russo arriva tramite questo gasdotto, danneggiando l'economia dell'Ucraina.

Nel 2015 parte il progetto per Nord Stream 2: un progetto inutile, perché la domanda del gas è destinata a diminuire. La lobby del gas in Germania ha arruolato l'ex cancelliere Schroeder, che aveva approvato il progetto del Nord Stream per poi passare a Gazprom.

Ma sono tanti i politici tedeschi che oggi lavorano nel settore del gas: Gazprom ha stretto in Germania molte partnership con aziende tedesche, fa molte sponsorizzazioni, ha fatto finanziamenti nel land dove è stata eletta l'ex cancelliera Merkel, il Mecklenburg Vorpommern.

Il Nord Stream 2 è oggi quasi completato: in Germania dicono che siccome è oramai è completato, prima o poi la Germania riprenderà a fare affari con la Russia. Non solo, un land tedesco ha creato una fondazione (finanziata al 99% da Gazprom), fuori dalle sanzioni dunque, che sponsorizza il completamento del gasdotto Nord Stream.

E non c'è solo queso: un quinto dei depositi di stoccaggio del gas in Germania sono gestiti da Gazprom.

Su queste scelte che puntano al gas, quanto hanno pesato le lobby?

L'Unione Europea ha puntato per il Green deal sul gas, definito dall'Unione come energia di transizione, per arrivare ad emissioni 0 nel 2050.

Eppure il gas metano è un gas serra molto nocivo: il gas produce meno anidride carbonica rispetto a carbone e petrolio, ma sono comunque un attore attivo nei cambiamenti climatici.

Le grandi aziende del petrolio hanno speso 90 ml di euro in questi anni per fare pressioni all'Unione Europea per avere politiche favorevoli: sono aziende che costruiscono i gasdotti, i rigassificatori, che vendono il gas. Aziende come Snam ed Eni, come Exxor e Shell.

Oltre a Eni, anche Gazprom fa attività di lobbyng, non in prima persona, ma mandando avanti i suoi partner, come Shell.

Ma a volte è la commissione europea che chiede consiglio alle aziende del gas: queste aziende sono usate come consulenti tecnici dall'Unione, attraverso entità terze. Ad esempio Entsog, l'organismo in Europa che fornisce scenari sui consumi del gas.

Ed Entsog fornisce previsioni all'Europa di maggiori consumi, superiori ai consumi registrati (anche del 20%): in realtà Entsog è legato alle compagnie private statali che gestiscono gasdotti, come Snam.

Le scelte di politica energetica della Commissione Europea, come investire in nuovi gasdotti che paghiamo noi, sono fatte in base alle scelte delle stesse aziende in conflitto di interesse,

Come i 500ml per il TAP, un'opera realizzata in un momento storico in cui il consumo del gas è destinato a diminuire.

Ecco perché non riusciamo a puntare sulle energie rinnovabili: siamo tutti stati ingabbiati dal gas russo, che ha attirato le aziende statali col miraggio di profitti miliardari.

In questo modo ci siamo legati alla Russia, abbiamo continuato ad emettere co2 nell'aria, abbiamo accresciuto il potere della Russia, che ha portato poi a questa guerra.

Per comprendere le complicità sul gas si deve andare in Siberia: qui russi e occidentali si spartiscono i giacimenti, alla faccia dello scontro tra democrazia e dittatura, tra buoni e cattivi.

Report aveva già provato a fare chiarezza nel 2007 sui contratti di acquisto del gas in Russia passando per Gazprom in Siberia e dalle altre repubbliche del Caspio: un servizio in cui si intervistava Mario Reali, ex dirigente Eni, che aveva criticato gli accordi firmati da Scaroni.

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