14 novembre 2022

Anteprima inchieste di Report – i padroni del calcio e il prosciutto italiano

Tra pochi giorni partiranno i mondiali di calcio per la prima volta in un paese arabo e per la prima volta in inverno. Come si è arrivati a questa scelta?

La seconda inchiesta riguarda uno dei vanti del made in Italy e della nostra cucina (che il nuovo governo dei patrioti saprà difendere): il prosciutto italiano.

Nell’anticipazione Antonella Cignarale ci racconterà del nuovo fenomeno dei giocatori di sport elettronici.

Giocatori di sport elettronici

Nel mondo dei videogames un settore che è esploso è quello degli eSports, gli sport elettronici: competizioni videoludiche dove i giocatori singoli o a squadre si sfidano online in tornei virtuali. Ma quando si disputa la finalissima il gioco si trasforma in un gioco aperto al pubblico reale. Report racconterà della finale mondiale del videogioco League of Legendy giocata a Parigi di fronte a 20mila spettatori. Il montepremi messo in palio è stato superiore a 2 milioni di dollari.

Racconta Marcel Vulpis – vice presidente vicario Lega Pro - che determinate finali sono state seguite da oltre 100 milioni di utenti, quindi un numero di persone superiori a quelle che vedono in America il Super Bowl. Ma mentre nel mondo e nel nostro paese questo degli sport elettronici è un mercato che cresce, la figura del videogiocatore in Italia non è disciplinata.
Nicolò Mirra, conosciuto nel mondo dei videogiochi come Insa, spiega a Report che “avrebbe bisogno delle regole che ci stanno dietro lo sport, perché ci sarebbero più tutele. Adesso come videogiocatore non sei coperto da una federazione o da contratti standard”.

La scheda del servizio GLADIATORI DIGITALI di Antonella Cignarale

Nel mondo dei videogames è esploso il mercato degli sport elettronici. Competizioni videoludiche strutturate in veri e propri tornei, circuiti, leghe, in cui i giocatori singoli o a squadre si sfidano online e dal vivo, alla presenza di arbitri, commentatori, spettatori e fan. Un nuovo bacino di utenti in cui società e club sportivi procacciano talenti e i grandi marchi si tuffano per sponsorizzare i propri prodotti.
Per molti players è agonismo, per altri è una professione, ma in Italia né l’uno né l’altra sono riconosciuti a livello istituzionale. La mancanza di una normativa specifica si ripercuote a cascata su tutto il settore, dai premi ai luoghi in cui praticare gli sport elettronici.

I padroni del calcio

Dai mondiali del Qatar alla conquista dei più prestigiosi club europei, l’inchiesta di Daniele Autieri ricostruisce segreti e obiettivi dei nuovi padroni del calcio che dettano legge su Fifa e Uefa – lo presenta così il servizio Sigfrido Ranucci: fondi americani e arabi hanno scelto il pallone come strumento di conquista dell’Europa.
Per costruire i nuovi stadi, in Qatar, sono stati usati i container delle navi: una scelta che consentirà poi una maggiore facilità quando si dovranno smantellare queste strutture alla fine dei mondiali.
Mondiali dietro cui si racconta di tangenti e soldi, che hanno condizionato la scelta del paese che ospiterà i giochi. Si parla di 10 milioni di euro fatti arrivare in Europa per portare in questo paese i mondiali (ne parla il report dell’ex giudice Michael Garcia): in gioco non c’è solo sport è corruzione (sulle procedure di assegnazione dei mondiali), racconta l’anteprima, c’è l’immagine di un paese che cerca di togliersi di dosso le accuse che gli arrivano dal mancato rispetto dei diritti civili, di poca trasparenza.


Il servizio racconterà di un meeting in Svizzera con una consulenza fatta per capire come portare in Europa i soldi degli arabi, di uno scambio di favori con la Francia con gli investimenti del Qatar nel Paris Saint Germain in cambio dell’assegnazione dei mondiali, delle pressioni di Sarkozy su Platini per favorire questo paese.



Ma non sono solo i soldi l’unico strumento in mano al Qatar: questo paese è anche il secondo produttore di gas liquido quindi possiamo immaginare che stia lavorando per sostituire la Russia nel settore del gas.

A Doha, il 20 novembre si apriranno i primi mondiali di calcio in inverno e in medio Oriente, ospitato in una sola città, Doha: qui nel giro di sei anni sono stati costruiti otto stadi, sette di questi dotati di impianti di aria condizionata che permettono di mantenere una temperatura di venti gradi, nonostante il caldo torrido all’esterno. Un prodigio dell’ingegneria ma anche un enorme spreco di risorse e una fonte notevole di inquinamento.
Daniele Autieri è entrato nello stadio che ospiterà la finalissima: alla sua costruzione hanno lavorato circa 10mila persone, giorno e notte, con turni su tutte le 24 ore specie negli ultimi due anni.
A guidare questo piccolo paese, tra i più ricchi al mondo, che si affaccia sul Golfo Persico ci sono nove tribù, come le nove punte che dividono il bianco e il rosso della bandiera: alla testa lo sceicco Bin Hamad al-Thani e suo padre bin Khalifa che prima di lui ha cullato l’ambizione di portare qui il più grande evento sportivo della storia: la coppa del mondo di calcio.
Una ambizione resa possibile da fatto che questo stato di circa 200mila abitanti ha alle spalle un fondo sovrano da 400miliardi di dollari, ma anche grazie al soft power del Qatar che si è giocato piano piano in questi anni, dal 2010, e che è stato giocato senza esclusione di colpi.

Che messaggio lancia il mondo il Qatar con questi mondiali? Risponde la portavoce del comitato supremo Qatar 2022, Fatma Al-Nuaimi: “prima di tutto che questo torneo non rappresenta solo il Qatar ma è il primo mondiale che si tiene nel mondo arabo, il primo mondiale in Medio Oriente. Il Medio Oriente è stato sempre non capito e questo grande evento sportivo ci permette di instaurare un nuovo dialogo e di ridurre la distanza tra est e ovest. I visitatori che arriveranno qui potranno toccare con mano la nostra ospitalità e quanto siamo diversi da come veniamo descritti.”

Ma la storia dei cantieri che ospiteranno i mondiali dice altro: il servizio di Daniele Autieri mostrerà i tanti cantieri che sorgono a Doha, grattacieli, strade, marciapiedi, tutto è in costruzione, oltre agli stadi. Un miracolo edilizio che si regge sulle braccia di quasi 2 milioni di operai provenienti dai paesi più poveri del sud-est asiatico, Bangladesh, Nepal: operai che iniziano a lavorare alle 5 di mattina, per finire alle cinque del pomeriggio.
L’International Labour Organization è un’agenzia delle Nazioni Unite che vigila sul rispetto dei diritti dei lavoratori, si è insediata nel Qatar nel 2017 per controllare che il paese realizzasse le riforme promesse, prima fra tutte quella della Kafala, l’equivalente di una moderna schiavitù.
Max Tunon, direttore dell’ILO, racconta a Report che “l’importante è che la parte più problematica della legge della Kafala sia stata smantellata. Significa che i lavoratori possono lasciare il paese senza chiedere il permesso ai datori di lavoro e soprattutto possono cambiare lavoro.”
Qual è lo stipendio medio di un lavoratore nelle costruzioni?
“1000 ryal al mese, l’equivalente di circa 275 dollari americani. Oltre a questo i datori di lavoro devono assicurare cibo e alloggio, altrimenti il salario è più alto.”

Per capire quali siano le reali condizioni di vita dei lavoratori Report è andata nella zona industriale a pochi km da Doha, dove sorge la città degli operai, dove vive la manodopera che sta costruendo il sogno qatarino.
Per mostrare le immagini del campo, il giornalista ha dovuto chiedere il permesso al responsabile del campo che lo ha negato: nessuna foto deve uscire fuori dal Qatar per mostrare come si vive in questo campi, dove l’ingresso ai giornalisti è vietato.
Blocchi di palazzine basse che si ripetono per km: Daniele Autieri è riuscito ad incontrare un autista proveniente dal Pakistan che trasporta ogni giorno gli operai dal campo ai cantieri, su pullman dai vetri oscurati.

La scheda del servizio IL MIRAGGIO DELLO SCEICCO di Daniele Autieri con la collaborazione Lorenzo Vendemiale e Federico Marconi

Il Qatar è pronto a salire sul palcoscenico internazionale. A pochi giorni dal calcio d’inizio dei Mondiali Fifa 2022 che si terranno nel piccolo stato del Golfo Persico, un coro di polemiche si solleva da tutto il mondo. Persino diverse nazionali preparano atti eclatanti per denunciare gli abusi sui lavoratori e il mancato rispetto dei diritti civili.
Report racconterà lo sfruttamento dei lavoratori, le ipotesi di corruzione, le infiltrazioni criminali, i giochi della grande finanza internazionale, la sfida geopolitica globale, partendo dalle indagini condotte dai giudici di Parigi e di New York che hanno ricostruito i metodi usati dal Qatar per assicurarsi il voto dei membri del Comitato esecutivo della Fifa necessario per ottenere l’assegnazione dei Mondiali 2022.
Inchieste che coinvolgono anche l’ex-presidente francese Nicholas Sarkozy e l’ex-presidente della Uefa Michel Platini, indagati a vario titolo per corruzione e traffico di influenze.
Report svelerà le attività internazionali di lobbying del piccolo stato del Golfo Persico guidato dallo Sceicco Al Thani, che coinvolgono anche alcuni parlamentari italiani, oltre a rivelare le pressioni esercitate presso la Uefa affinché fosse tenuto un atteggiamento di riguardo nei confronti del Paris Saint Germain, il club di Parigi acquistato dall’Emiro e oggi la casa delle più grandi stelle del calcio, da Mbappè a Messi a Neymar. Sarà ricostruito il metodo Qatar, le pressioni esercitate sui calciatori per rimanere al PSG, ma anche i milioni di euro assicurati ai campioni “amici” per parlare bene in pubblico del Qatar e del Mondiale.
Un’inchiesta che è anche un viaggio in Qatar, e che per la prima volta conduce all’interno della grande città dei lavoratori, dove alloggiano milioni di persone, che ogni giorno vengono condotte in città per costruire il sogno dell’Emiro. Un sogno che ha un costo molto alto in termini di diritti umani ma che oggi trova nell’Europa il suo più grande alleato. Dietro al sogno del calcio si cela il business più ricco, quello dell’energia. Il Qatar è infatti uno dei più grandi produttori mondiali di gas liquefatto e si candida oggi a sostituire la Russia per diventare il termosifone d’Europa.

Cosa c’è in una fetta di prosciutto?

Cosa c’è in una fetta di prosciutto? Ora che abbiamo un ministero della sovranità alimentare la risposta a questa domanda non dovrebbe essere così scontata.

La scheda del servizio QUESTIONE DI CHIMICA di Lucina Paternesi con la collaborazione di Giulia Sabella

Il prosciutto cotto è il salume più amato dagli italiani, ogni anno ne consumiamo in media 4 chili a testa e ne produciamo quasi 300 mila tonnellate. Viene consigliato nelle diete ed è ricco di proteine e sali minerali. In commercio viene venduto tagliato fresco o in vaschetta, aromatizzato, affumicato, a cubetti o sotto forma di hamburger e polpette. Ma quale scegliere?
Il viaggio di Report inizia sull’Appennino Tosco-Emiliano, dove un’azienda a conduzione familiare ha deciso di puntare tutto su un prodotto di qualità e a filiera corta, dall’allevamento fino alla trasformazione del prodotto finito. Un’etichetta semplice e trasparente come i pochi ingredienti di cui è fatto: acqua, sale, zucchero, spezie, antiossidante e conservante. Ma è sempre così? Una fonte che per anni ha lavorato per l’industria alimentare, ci svela alcune pratiche: tra aggiunte di acqua e polveri chimiche, coloranti e colle per carni, quanto è trasparente l’etichetta dei prodotti che troviamo in commercio e che costano di meno? Scopriremo che anche per il cibo esiste un botox e che anche alcuni hamburger sono “rifatti”.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

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