27 dicembre 2022

Report – la situazione della guerra in Russia, le sanzioni aggirate e la propaganda

Cosa ne pensano i russi della guerra, come agisce la macchina della propaganda per silenziare l’opposizione e le voci di dissenso. E poi, come si aggirano le sanzioni, specie nel mondo degli sponsor del calcio italiano.

Questi gli argomenti dei primi servizi di Report in questa puntata post natalizia.

LA MATRIOSKA DELLE SCOMMESSE di Lorenzo Vendemiale

La guerra ha interrotto il campionato di calcio ucraino ripartito a ottobre, per dare morale alla nazione: ma gli stadi sono blindati e le partite si giocano solo a Kiev.
“Giocare in queste condizioni è molto difficile” spiega l’allenatore del Kryvbas “siamo lontani da casa e senza i nostri tifosi, gli allenamenti vengono continuamente interrotti dagli allarmi antiaereo. Dopo le gare anziché riposare siamo costretti a lunghe trasferte in pullman, ma siamo comunque dei privilegiati.”
A parlare così è
Jurij Vernydub che un anno fa allenava in Moldavia ed era diventato famoso per aver battuto il Real Madrid: quando è scoppiata la guerra non ci ha pensato un secondo a mollare tutto: “dovevo tornare, il resto non aveva senso. Nei primi mesi ho combattuto con la 152 esima divisione, ora sono di nuovo in panchina, spero di regalare un sorriso ai tifosi che sono al fronte.”

Dopo l’annessione della Russia di alcune regioni, molte squadre sono scomparse, sebbene siano ancora considerate parte del calcio ucraino: in questo paese è una questione di orgoglio nazionale continuare a giocare nonostante la guerra e le bombe russe, è una fiamma accesa sulla resilienza ucraina.
Forse nel 2030 i campionati mondiali si potrebbero giocare in Ucraina, sarebbe un bel segnale.
Ma Report, mentre cercava di raccontare questo campionato di calcio, ha scoperto che ci sono società russe che scommettono sul campionato ucraino: sono società che fanno da sponsor alle squadre di calcio italiane, nonostante le sanzioni.
Francesco Baranca, responsabile trasparenza del calcio ucraino,
racconta a Report questa incredibile storia dei bookmaker russi, come 1XBet, la quale nei mesi passati ha cercato di aprire un business addirittura in Ucraina, passando attraverso una società ponte.
Il pericolo è la raccolta di dati personali
di società poco trasparenti e per questo il blocco di queste società di scommesse è una questione di sicurezza nazionale per il governo Zelensky: dietro 1XBet c’è un labirinto di società, una matrioska, tutte aziende in paesi offshore.
A Curacao 1XBet è stata colpita da sentenza di bancarotta, alcuni giocatori che avevano vinto e si sono visti bloccare le vincite dai giudici dell’isola.
Dietro 1XBet ci sono tre imprenditori russi
(che oggi negano di essere i veri proprietari): oggi è sbarcata in Italia, con un manager cipriota nato nella stessa città dei tre imprenditori che l’hanno fondata, il sito italiano ha regolare licenza e questo bookmaker si era infiltrato nella Serie con le sponsorizzazioni: sono sponsor ufficiali che si vedono solo all’estero (per una norma del DL - Dignità).
Dalla Russia arriva anche LigaStavok: la federcalcio ucraina
dopo aver visto questo sponsor associato al calcio italiano ha scritto una lettera di protesta contro la Serie A, che però si dissocia dicendo che sono solo contratti a singole società di calcio.

La Lega di serie A non si è fatta problemi, non si è preoccupata di chiedersi da dove arrivano i soldi. Le altre squadre di calcio, tra Lazio, Udinese, Empoli, continuano ad accettare soldi dalla LigaStavok. Un bel modo di aggirare le sanzioni.

LA BATTAGLIA DI MOSCA di Manuele Bonaccorsi

Come funziona la macchina del consenso in Russia? La macchina della propaganda non smette mai di fermarsi, come il 30 settembre quando Putin ha annunciato l’annessione delle regioni ucraine conquistate.
Spirito nazionalistico, la verità è con noi, gli ucraini sono nostri fratelli: sono questi gli argomenti usati dalle star sul palco della piazza rossa.
Le proteste? Ci sono, ma da parte dei traditori –
racconta una signora in piazza a festeggiare.
La propaganda è dappertutto, nelle vie, nella musica alla radio, nella narrazione della seconda guerra mondiale.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica è nato un sentimento a favore della guerra – racconta a Report un intellettuale “moderato” del think thank
Valdai.
Secondo l’ala moderata di Mosca, la guerra si poteva evitare: la Russia chiedeva maggiore autonomia nelle regioni russofone, accordi commerciali
e mantenere la lingua russa.
Report ha ricevuto dei documenti inviati da Lavrov a Francia e Germania
lo scorso anno dove puntava il dito contro delle leggi approvate in Ucraina nel 2021.
Il giornalista ha intervistato una parlamentare della Duma che nel 2011 aveva protestato contro i brogli fatti da Putin, ma che oggi è schierato a favore dell’invasione, perché – testuali parole – ha finalmente risolto la questione in Donbass.

E questi sono i moderati, ma in Russia ci sono anche i falchi, come il comandante del gruppo Wagner, o altri giornalisti che si dicono indipendenti, che hanno criticato il ministro della difesa russo: spingono perché la Russia usi in modo più massiccio le sue forze militari in Ucraina. Sembra strano, ma molti in Russia pensano veramente che la guerra in Ucraina sia giusta.
C’è da stare poco allegri, seguendo le posizioni dei moderati, che oggi sono stati messi in un vicolo cieco, dei falchi o di quelli che sono all’opposizione ma che sulla guerra sono vicini alle posizioni di Putin.
In questi anni gli accordi di Minsk non sono stati rispettati del tutto: Lavrov aveva stigmatizzato il comportamento ucraino nel 2021, che impediva il russo nelle regioni russofone e impediva a candidarsi a chi aveva collaborato nelle regioni indipendentiste, dopo che l’Ucraina aveva preso controllo giuridico su queste.
Il dialogo tra Russia e Europa saltò nel novembre 2021, la stessa Merkel ha riconosciuto che in questi anni si è solo armato l’Ucraina.

Ma oggi i civili che percezione hanno della guerra?

A Mosca la guerra sembra lontana, studenti e lavoratori specializzati stanno con la guerra e con Putin: alcuni sono contrari, certo, ma sostengono il paese.
La maggior parte dei militari arrivano dalle regioni povere, lontano da Mosca: alcuni di loro sono volontari, sono convinti di vincere la guerra o, meglio, sanno che durerà a lungo e alla fine che nessuno potrebbe vincere.
Gli ucraini sono fratelli – dicono i soldati in partenza per il fronte – vogliamo solo giustizia: eppure continuano a bombardare i loro fratelli.
I giornalisti che si permettono di criticare la guerra e Putin rischiano al galera: chi vuole opporsi sceglie la clandestinità, usando Telegram oppure appendendo volantini nella città.

Ma questa opposizione preoccupa poco il governo, tanto da tollerare drappelli di sparuti rappresentanti dell’opposizione si ritrovino in piccoli gruppi nelle piazze della capitale.

Il grado di apprezzamento di Putin è calato di poco dopo la guerra che viene percepita dal mondo contro Putin, anche dopo la mobilitazione.
Molti oppositori,
quelli che avevano le risorse per farlo, si sono spostati in Georgia, unico paese dove possono entrare senza visto: da Tblisi possono protestare, cosa impossibile a Mosca, dove chi protesta prende una multa di mille rubli e poi il carcere.

In questo modo le voci di dissenso vengono silenziate, anche perché i giovani di Mosca della borghesia non sono stati reclutati e possono continuare a fare la loro bella vita.

Ma al fronte le cose sono ben diverse da come le vedono i giovani moscoviti nei bar: i soldati ucraini sono malvestiti, mal armati e perfino senza munizioni – racconta un servizio del NY Times: arrivano dalle regioni povere della Russia, nella periferia.
Questo ha sollevato critiche anche all’interno dell’esercito e perfino nell’amministrazione russa a Kherson, che ha invitato il ministro della difesa a spararsi.
I russi hanno sopravvalutato le loro capacità:
ma le sanzioni economiche quanto hanno fiaccato la Russia?
Nei supermercati si trova di tutto, anche prodotti esteri: nelle vetrine dei marchi di moda c’è un messaggio che indica di chiamare un numero telefonico, si possono ordinare i prodotti esteri in altro modo.
Le sanzioni non funzionano in Russia, il sistema finanziario si è stabilizzato: i prodotti ad alta tecnologia sono stati sostituiti da prodotti meno sofisticati, Mc Donald è stato acquistato da imprenditori russi, con lo stesso prodotto.
Ci sono problemi con la meccanica, ad esempio nella grande fabbrica di trebbiatrici della Rostelmash, che comprava forniture dalla Germania.
Ma le forniture alla Russia continuano ad arrivare, anche dall’Italia,
magari facendo delle triangolazioni con l’India: nonostante questo le aziende italiane hanno perso il 19-20% di export verso la Russia - racconta il rappresentante delle aziende italiane che hanno rapporti con la Russia Vittorio Torrembrini, si parla di miliardi.
Sono aziende che vendono prodotti alla Russia, come la Ferrero: non vogliono passare per putiniani,
“cosa dovrebbero fare allora le aziende che vendono in Cina?”.
Il PIL russo ha perso il 3,4%, l’inflazione è cresciuta:
di fronte alle sanzioni la Russia ha cercato nuovi mercati, ha costruito un nuovo gasdotto per portare il gas in Cina, tutto questo insegna che in un mondo globalizzato se le sanzioni non lo sono, sono armi spuntate.
In Russia aggirano le sanzioni usando triangolazioni con paesi terzi, usando internet.
Ma mancano a noi le materie prime dalla Russia: nel servizio di Michele Buono si propone di andarle a ricercare nelle miniere che abbiamo creato noi, le nostre città.

MINIERE URBANE di Michele Buono

Ricicliamo i rifiuti per estrarre tutte la materie che servono dagli scarti, cercando di limitare al minimo i rifiuti.
Significa ridurre sprechi, ridurre il consumo di fonti fossili, ridurre il costo della bolletta e ridurre le emissioni nell’ambiente.
Centrali che riciclano le energie come quelli per il biometano, cogeneratori alimentati a biometani, edifici vecchi gestiti in modo intelligente con algoritmi che pilotano l’accensione di caldaie e elettrodomestici.

Cosa ci manca? Non le competenze, ma la volontà politica che deve aiutare le aziende che stanno lavorando in questo settore per togliere la burocrazia inutile.

Per sviluppare comunità energetiche come quella di San Giovanni a Teduccio (sponsorizzato da una fondazione privata, non dallo Stato o dalla Regione).
Per recuperare metalli dai rifiuti di apparecchiature elettriche, come fanno all’Enea a Roma: una scheda elettronica contiene oro, rame, argento e stagno.
Le terre rare si recuperano si recuperano negli hard disk dei nostri computer, anziché andare ad estrarle e trattarle dalla terra.
Servirebbero almeno cinque impianti idrometallurgici come quello dell’Enea per recuperare metalli preziosi ma, cosa ancora più importante, servono strutture distribuite sul territorio che raccolgono questi apparecchi elettronici, come hanno fatto a Portici con un esperimento purtroppo finito.

Questi apparecchi oggi rischiano di essere dispersi nell’ambiente: oltre alla perdita dei materiali, c’è anche un rischio ambientale.

C’è poi la plastica, che impiega 100 anni a biodegradarsi: a Brescia la riciclano, dando nuova vita a plastica gettata nei rifiuti, la plastica vergine si crea col petrolio, per ogni kg riciclato si evita di emettere 1,2 kg di co2.
In
Italia produciamo 6 tonnellate di plastica l’anno e ne ricicliamo solo 1: servirebbe creare una rete di raccolta nazionale per la plastica (e lo stesso per il recupero delle schede elettriche ed elettroniche), per dare una certezza agli impianti che fanno riciclo.

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