12 febbraio 2023

È così che si muore di Giuliano Pasini

 


Allora è così che si muore. Le gambe non reggono. Le braccia cadono. Cado anch’io. Mi schianto a terra. Non fa male, è tutto morbido, dolce. Sotto la guancia sento caldo. È il sangue che esce da me, la mia vitaccia che se ne va.

C’è un uomo che sta morendo nel prologo: si dice che negli ultimi istanti ti passa tutto davanti, quello che hai fatto, quello che forse avresti potuto fare. Una donna dai capelli biondi, una mazurka da fischiare.

Siamo sull’appennino Emiliano, in un paesino chiamato Case Rosse, uno di quelli dove ci si conosce tutti e tutti ci si ritrova al bar. Anche il commissario, o comisàri nel dialetto di queste parti, lo conoscono tutti anche perché Roberto Serra è tornato a Case Rosse dieci anni dopo aver gestito un brutto caso di omicidio, un capodanno di sangue che ancora lo accompagna coi suoi brutti ricordi.

È lui, assieme all’agente Rubina Tonelli, ad accorrere nella frazione Cà di Sotto, dove sono già arrivati i pompieri, per un incendio scoppiato nella casa di Eros Bagnaroli, dopo una telefonata del vicesindaco. Dalle fiamme che avvolgono la casa e le stalle sale un odore acre di carne bruciata, le bestie che non sono riuscite a scappare, ma dalla casa i pompieri tirano fuori anche il corpo di una persona, proprio Eros, chiamato Burdigòn (in dialetto scarafaggio), che qui viveva assieme alla sua donna, che in paese chiamano Quelladonna, non proprio un complimento. Non era una persona molto benvoluta in paese: forse per questo qualcuno lo ha ucciso, magari prima di appiccare un incendio.

C’è una macroscopica anomalia, un’orrenda nota stonata. L’uomo ha la bocca spalancata. E una seconda bocca sul collo, uno squarcio che spicca sull’incarnato esangue.

C’è quasi tutto il paese ad assistere a quell’evento: la compagna di Eros, il fratello Rigo, il vicesindaco, quello delle pompe funebri (chiamato Faina, perché i soprannomi non mancano), un volontario del pronto soccorso, la Nives, un’anziana signora amica di Serra.
E poi ci sono i due poliziotti che non possono fare altro che chiamare gli investigatori dalla Questura di Modena e i carabinieri del RIS per le rilevazioni sulla scena del crimine.

Perché nonostante lavori nel commissariato più piccolo della città, Serra ha tante conoscenze, come quella del comandante del Ris, il generale Minimo.
Non è un poliziotto qualunque il commissario Serra: ha lavorato a Roma e in altre città, conosce il comandante del Ris. È figlio di un poliziotto, ucciso in un agguato tanti anni prima, mentre in auto andavano in vacanza, nel giorno in cui lui ha smesso di essere un bambino.
Ma queste sono cose che impareremo un pezzo alla volta su questo poliziotto che ama andare a correre, che si è nascosto in questo paesino sull’Appennino e che è tormentato dal suo passato.
E che ora deve tornare ad indagare su un delitto: il commissario Corazza, gli spiega che ha altre rogne in città e che lui e la sua assistente potrebbero fare le indagini sul campo, visto che stanno sul posto.

Perché c’è il rischio che questo fascicolo finisca in una archiviazione, oppure ..
«Oppure proviamo ad arrivare in fondo a ’sta storia. Sapendo che gran parte del lavoro sarete voi a farla, perché io dovrò star dietro a spacciatori e ragazzine.

Era tornato a Case Rosse per scappare ai suoi fantasmi, la morte dei genitori, quel delitto brutale avvenuto dieci anni prima proprio in quel paesino, la separazione da Alice e dalla figlia Silvia. E ora si trova nuovamente ad indagare su un delitto, un uomo sgozzato e lasciato bruciare nella sua casa, una persona che veniva chiamata Burdigòn perché viveva nella merda dei suoi animali. Serra deve tenere a bada la sua malattia, la Danza: un momento in cui la sua mente sembra staccarsi dal corpo e lui inizia a vedere momenti della sua vita ma dal di fuori, visioni che gli dicono anche qualcosa su quel delitto. Un male che ha cercato di tenere a bada col bere, ogni giorni sempre di più, un bicchiere di grappa dopo l’altro, per tenere a bada anche quel tremore.

Il ritmo dei passi si fa sincopato. La circonferenza si allarga di nuovo. La Danza sta per raggiungere l’acme. Il Roberto di oggi sfiora gli alberi, la casa di Nives

Questa volta, diversamente da quella strage di dieci anni prima (“Venti corpi nella neve” ediz. Piemme) Serra ha una aiutante: si tratta dell’agente Rubina Tonelli, romagnola, che diversamente da Serra, è stata in quel luogo per punizione. Anche lei come Serra nasconde tanti segreti nel suo passato: non potrebbero essere più diversi loro due, come il giorno e la notte, tanto riflessivo Serra tanto impulsiva la giovane agente. Li accomunano quelle cicatrici sul proprio corpo, testimonianza di quel vuoto che si portano dentro che colmano con la grappa, Serra, con i suoi giro notturni Rubina, quando cambia volto.
Eppure ora devono lavorare assieme per questa indagine che parte col disegno di un pentagono: è il metodo arcaico che Serra ha imparato ad usare per ogni delitto:

.. un pentagono. Accanto al vertice scrive: Vittima. Poi, scendendo verso sinistra: Luogo. Alla base: Momento e Azione. A destra: Movente.
«A Modena abbiamo strumenti un filo più sofisticati...»

Quello che sembra un insignificante delitto di provincia, diventa un’indagine che mette a dura prova i due investigatori: nonostante l’aiuto della scienza e il rapporto diretto col Ris del generale Minimo, per scoprire le cause del delitto devono andare a scavare dentro le vite degli abitanti di questo borgo, dove vengono considerati degli estranei. Non aveva nemici questo Eros, ma nemmeno degli amici. Il fratello lo considerava causa delle sciagure della sua vita. Doveva dei soldi che aveva perso al gioco.. ma dove li prendeva poi i soldi?

Il mio vecchio capo diceva che bisogna capire le vittime per capire gli assassini.

Per arrivare a capire la vita del morto Serra e Rubina verranno sparati, aggrediti da uno del paese, si ritroveranno fianco a fianco e poco alla volta quel muro che avevano innalzato per non mostrare le cicatrici dovrà cadere.

«.. Siamo due naufraghi, io e te. Costretti ad aggrapparci a quello che possiamo. Anche uno all’altra, se non avessimo così paura.»

Non scorre fluida la lettura di questo giallo, per la scelta dell’autore di catapultarci dentro la storia senza raccontare nulla del passato di questo poliziotto “complicato”, che emerge una pagina alla volta: bisognerà avere pazienza ed arrivare a fine lettura quando tutti i pezzi andranno ad incastrarsi uno con l’altro. E lo stesso varrà anche per quel delitto di maggio, la morte di quest’uomo senza nemici che negli ultimi istanti pensa ad una donna e ad un bambino.

Bella l’ambientazione, nella provincia italiana, che emerge prepotentemente anche grazie all’uso del dialetto e che Pasini racconta usando tutti i sensi a disposizione. Interessanti i due protagonisti principali, non scontati e non banali, che acquisiscono spessore e carattere pagina dopo pagina.
Non sarà l’ultimo romanzo col commissario Serra e l’agente Tonelli, lo racconta l’autore nelle pagine dei ringraziamenti (che io leggo sempre, per ogni libro), “ho in mente trame in cui non vedo l’ora di infilarmi. Anzi di infilarci lui e Rubina Tonelli”.

La scheda sul sito di Piemme

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