Questa sera Report si occuperà di indipendenza energetica, quella che potremmo avere se l’Europa si muovesse come un entità politica indipendente (e non come oggi, dove ogni paese segue i suoi interessi).
Questa
indipendenza potrebbe arrivare se ci fosse una rete energetica
europea interconnessa dove ogni paese dovrebbe essere in grado di
mettere in comune l’energia prodotta (da fonti rinnovabili), con
sistemi comuni di produzione, trasmissione e di stoccaggio.
Ci
sarebbe un notevole impatto economico e ambientale: perché non lo
facciamo?
Il canone dei campanili
Nell’anteprima della puntata verrà trasmesso un servizio sul canone che incassa la Chiesa per ospitare sui campanili le antenne per la telefonia.
Per
far installare le antenne sui campanili l’ente ecclesiastico
incassa l’affitto di locazione dal gestore telefonico. Questo però
comporta l’uso del campanile per finalità commerciali. Come spiega
a Report l’avvocato Dario Capotorto esperto di contrattualistica
pubblica, “gli immobili destinati al culto non possono essere
destinati per finalità commerciali. La locazione implica invece
l’uso del bene per finalità commerciali ..”
Dunque su
quegli edifici la chiesa dovrebbe pagare le tasse allo stato
italiano.
Ma qual è la posizione delle varie diocesi in Italia su questo punto: Chiara De Luca ha intervistato il vescovo di Acireale, contrario all’affitto dei campanili, “innestare un ripetitore significa un po’ violentare un tipo di architettura che rappresenta prima di tutto una cultura, un’epoca. Lì devi pagare l’imu, perché cambia la natura dell’istituzione dell’ente che sta usufruendo del bene..”
La
scheda del servizio: SEGNALI
DIVINI di
Chiara De Luca
Collaborazione Marzia Amico
L’Italia è nota come il paese dei mille campanili. Per la loro altezza e la posizione centrale dagli anni 2000 sono stati scelti per l’installazione di antenne telefoniche. L’ente ecclesiastico incassa un canone dalle aziende di telecomunicazioni: questo comporterebbe l’uso del campanile per finalità commerciali e la perdita dell’esenzione fiscale dedicata agli immobili della chiesa destinati al culto. Come si sono comportate le diocesi italiane?
La
rete energetica europea
In
questi anni, sia il governo Draghi che il governo Meloni hanno
stretto accordi con diversi paesi, africani e asiatici, per
l’importazione del gas, per rendere l’Italia indipendente dal gas
russo (a cui ci eravamo legati con accordi stretti tra Eni e
Gazprom), con l’obiettivo di rendere l’Italia l’hub del gas nel
Mediterraneo.
Altri accordi commerciali sono stati presi con produttori di gas liquido dall’America.
Ogni
paese europeo, compresa l’Italia, sta trovando la sua strada per
l’indipendenza energetica che passa ancora per il fossile e per il
carbone: il risultato è procrastinare ancora per anni una vera
transizione verso le fonti rinnovabili e, di fatto, renderci
ricattabili da paesi stranieri che non sempre sono delle democrazie
(difficile pensarlo dell’Egitto o del Qatar).
Ma esiste
anche un’altra strada. Nel
mare del nord esiste un parco eolico collegato non solo alla Germania
ma anche alla Danimarca e altri paesi dell’Europa del nord: se vuoi
coltivare il vento qui fai un affare – racconta Michele Buono
nell’anteprima del servizio – perché questo parco eolico
potrebbe diventare la centrale elettrica pulita di tutta l’Europa.
In
questa regione il vento tira forte, fino all’Irlanda dove si sposta
il servizio: anche qui si coltiva il vento con grandi soddisfazioni,
il 35% dell’elettricità è stata prodotta dal vento lo scorso
anno, nei momenti in cui non bastava si è dovuto ricorrere al gas
naturale e al carbone e questa non è una cosa buona, racconta al
giornalista John
Fitzgerald, AD di Supernode (azienda specializzata nel settore
dei conduttori di energia prodotta da fonti rinnovabili)
, “dovremmo importare anche il sole ma occorrono collegamenti
migliori con l’Europa continentale per esportare la nostra energia
e importarla quando necessaria.”
Dove sta il sole e l’energia
solare? In Sicilia ad esempio: qui c’è chi coltiva il sole e
l’elettricità solare, e quella in più potrebbe prendere la strada
del nord quando in eccesso perché gli elettroni vanno dove li
facciamo andare, anche fuori dalla rete elettrica nazionale spiega
a Report Aurelio Campanella di C&C
Engineering.
Ci
vogliono le strade per far correre gli elettroni, una rete
intelligente che sappia sempre quale fonte rinnovabile stia
producendo in abbondanza per inviare l’elettricità a chi ne ha
poca in quel momento, batterie di vario tipo per conservarla
l’energia pulita.
Ci
sarebbero dei vantaggi per tutti con queste reti, come spiega Hendrik
Samish fondatore di Next Kraftwerke “Più
i mercati sono grandi e legati tra di loro, più sono bilanciati i
prezzi dell’elettricità”:
nessun
sistema in mano a pochi monopolisti che dettano i prezzi
dell’energia.
A lungo termine avremo un’energia più
economica le cui fonti appartengono all’Europa – continua il
presidente di Supernode: “se i 27 paesi membri si mettessero
insieme restando uniti sarebbe come giocare in un torneo ma nella
stessa squadra.”
Se
tutto questo non succede è perché le reti non sono interconnesse
tra di loro e manca “l’intelligenza” per spostare l’energia
prodotta laddove serve.
In un’Europa connessa si parla di
scambi, non si parla di importazioni o esportazioni perché si è
alla pari, si è solidali, “perché un sistema comune significa un
beneficio comune” racconta Robberta Battaglini, AD di Renewables
Grid.
La
scheda del servizio: UNA
RETE ELETTRICA PER L’EUROPA di
Michele Buono
Collaborazione Edoardo Garibaldi, Filippo Proietti
Se ci fosse una super rete elettrica europea, l’energia sarebbe conveniente, sicura e i suoi approvvigionamenti sarebbero stabili. Il dibattito odierno si sviluppa però su uno solo degli ingredienti della decarbonizzazione: l’installazione di nuova capacità energetica da fonti rinnovabili. Non si parla di come far viaggiare l’energia tra i singoli Stati europei e di come accumularla. Se infatti le rinnovabili sono energie non programmabili, mettendo insieme il vento dei paesi del nord e il sole dei paesi del sud, si potrebbe compensare questo effetto rendendo il Vecchio continente un’unica grande centrale elettrica da fonti rinnovabili. Per far questo è necessario migliorare le infrastrutture su cui viaggia l’energia per non perdere quella prodotta in eccesso in alcuni momenti dell’anno. Le tecnologie ci sono e le materie prime non potranno esserci sottratte da nessun dittatore, ci vuole solo la volontà politica. L’Europa ha conosciuto la pace dopo la creazione della Comunità del carbone e dell’acciaio. Potrebbe conoscere nuovamente un periodo di grande prosperità. Basterebbe volerlo, per davvero.
I beni della curia di Napoli
Danilo Procaccianti è tornato a Napoli, riprendendo il servizio dove
raccontava dei beni che la curia ha dato in gestione ai privati, con
risultati non proprio encomiabili.
Come la storia della canonica
della chiesa di San Biagio ai Taffettanari occupata abusivamente da
una famiglia nota alle forze dell’ordine.
“Se volete fare un report che vuole indicare delle verità, dite la verità” esorta don Emanuele Casole, della chiesa di San Biagio: quell’immobile non è della curia, secondo il prete, il giornalista farà dunque delle verifiche “ma a me che me ne importa..”
In
effetti sul sito della curia stessa la proprietà della chiesa dei
San Coffettanari viene attribuita ad una confraternita e se così
fosse, in punta di diritto canonico, a vigilare sul bene sarebbe
appunto la curia. Poi c’è la delibera del 2005 della regione
Campania che eroga dei contributi per i luoghi di culto e a chiederli
per la chiesa di San Biagio sarebbe stato proprio don Emanuele
Casole. Un ex dipendente della curia ha inviato un foglio excel a
Report in cui compaiono i locatari morosi degli immobili della curia,
e compare almeno fino al 2008 il nome di Margherita Macor, indicata
come abitante al primo piano di via dei Taffettanari.
Procacciati
ha chiesto alla famiglia Cortese (che abita in questo stabile) se
esiste un rapporto o un contratto con la curia: hanno chiesto un
contratto alla curia ma non c’è stato dato, “perché si dice che
queste case non sanno di chi sono, come se non avessero padrone, però
noi per vent’anni chi abbiamo pagato?”
Perché la curia non
ha fatto chiarezza, perché non se ne è occupata prima di queste
situazioni? “Perché spesso è molto più facile girare la testa
dall’altra parte che far rispettare le regole” spiega a Report il
deputato Daniele Borrelli di Alleanza Verdi Sinistra.
La
scheda del servizio: ANDATE
IN PACE di
Danilo Procaccianti
collaborazione Goffredo De Pascale, Andrea
Tornago
Una parrocchia cinquecentesca in pieno centro storico occupata da anni abusivamente da una famiglia, una parte della quale ha scontato lì anche gli arresti domiciliari; il borbonico Cimitero monumentale delle 366 fosse che è stato modificato, seppur vincolato dalla Soprintendenza…
Prosegue così l’inchiesta di Report sulla gestione dei beni della Curia di Napoli, tra assenza di controlli, singolari attività imprenditoriali e cospicui lasciti gestiti senza tenere conto delle volontà testamentarie, come è accaduto per il maestoso complesso immobiliare che domina la collina di Posillipo, lasciato alla Curia purché destinato a scopi di beneficenza, istruzione ed educazione, ma messo in vendita con il nulla osta dell’Arcivescovo Emerito di Napoli, Crescenzio Sepe.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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Mi raccomando, siate umani