A 4 anni dalla pandemia per il Covid, Report è andata a Wuhan, dove sono stati tracciati i primi contagi. Se abbiamo dimenticato questo virus (e le migliaia di morti, per la disorganizzazione e il caos nella sanità e nelle istituzioni), non possiamo fare altrettanto per la peste suina che sta decimando i nostri allevamenti di suini al nord.
Laddove tutto è iniziato
Nonostante le pressioni internazionali, racconta il servizio di Giulia Innocenzi, soprattutto nel sud della Cina, nei mercati umidi si trovano ancora in vendita cani e gatti per consumo umano. Cuccioli di cane venduti a 150 yuan, circa 20 euro, “la carne è molto buona” assicura la venditrice. Tutti i cani mostrati saranno venduti per essere mangiati, nessuno arriva in questo mercato per tenersi un cane in casa. Anche i gatti sono venduti per essere macellati e poi mangiati: si possono macellare persino nel mercato, senza far la fatica a casa, dietro il mercato c’è una zona nascosta con gli arnesi per uccidere i gatti o i cani e macellarli in diretta.
Siamo a Nanning, capitale da 8 ml di abitanti della regione dello Guangxi nel sud della Cina: il mercato umido della città è simile a quello di Wuhan dove sarebbe partito il Covid. Umido perché in terra c’è il sangue degli animali comprati vivi e macellati sul posto. Oltre a cani e gatti si vendono per essere mangiati anche serpenti, comprati anche per loro proprietà terapeutiche, il loro veleno è alla base di alcuni rimedi della medicina tradizionale cinese. Come in Italia, anche in Cina del maiale non si butta via niente, nemmeno il naso, le orecchie, “l’occhio è croccante alla brace” rassicura la venditrice.
Il problema dei mercati umidi è che qui si macellano animali che in natura non si incontrerebbero mai e animali già macellati con animali vivi chiusi dietro nelle gabbie. Tutti nello stesso luogo e in condizioni igieniche molto precarie. Magari l’uomo non è pronto al momento a recepire il virus del pipistrello ma potrebbe qui incontrare ospiti intermedi che se convergono nello stesso mercato possono determinare degli ospiti di passaggio – spiega a Report Claudio Bandi professore di microbiologia dell’università degli Studi di Milano.
Ma il viaggio in Cina continua: Giulia Innocenzi mostrerà il palazzo a 26 piani costruito a 90 km da Wuhan, dove verranno allevati e macellati fino a 1,2 ml di animali, il più grande allevamento intensivo dove Report è riuscita ad entrare. Questo è il primo di due palazzi gemelli, prevedono di completare il secondo palazzo entro il capodanno cinese, nel 2024, l’intero investimento è costato mezzo miliardo di euro. Lo stabilimento si può visitare solo attraverso le telecamere dalla centrale di controllo, per evitare contagi e trasmissioni di virus, tutto è automatizzato, controllato, bastano solo 4 persone per piano a controllare tutto, un lavoratore per seimila maiali chiusi in gabbia o nei recinti. Il servizio di Report racconterà come questi allevamenti monstre siano una bomba ecologica e rappresentano un pericolo qualora i virus riescano ad entrare.
E i virus in Italia sono già arrivati: il servizio racconterà anche della situazione della peste suina che sta mettendo in crisi gli allevamenti al nord, come nell’area dell’allevamento di Zinasco che l’ATS Lombardia ha messo sotto fermo di tutti gli animali e dei loro resti. Nonostante questi divieti, il vascone dei liquami, potenzialmente infetti, ha la recinzione aperta in più punti, qualunque animale può entrare, contaminarsi e diffondere il virus.
Ovviamente
il problema è chi fa le riprese non chi ha lasciato l’allevamento
(svuotato dai maiali perché abbattuti) in queste situazioni: la
giornalista incontrato il responsabile che cerca di spiegare che i
liquami sono stati trattati, “l’ats è venuta ieri”.
Questi
allevamenti a Zinasco era già finiti sotto indagine anni fa dopo che
la LAV aveva trovato animali molto sporchi, carcasse lasciate nei
recinti e mangiate dagli altri animali e una infestazione di topi.
Tutte condizioni contrarie alle misure di biosicurezza per difendere
un allevamento dalla propagazione di malattie.
Sul Fatto Quotidiano l'autrice del servizio da una anticipazione dei contenuti che andranno in onda questa sera: si parla di come l'allarme peste suina sia stato in parte silenziato, per non mettere in crisi il famoso "made in Italy". In realtà stiamo spendendo soldi pubblici per gestire situazioni di crisi in allevamenti dove le condizioni di sicurezza non sono state rispettate
A essere invece consapevole dei rischi che corrono gli allevamenti in termini di biosicurezza è la Regione Lombardia, che ha istituito un fondo da 2,2 milioni di euro destinato agli allevatori per costruire le recinzioni per evitare che i cinghiali entrino in contatto con i suini. Peccato, però, che queste recinzioni per decreto andavano fatte entro luglio 2023, mentre il bando della Regione Lombardia aveva come scadenza il 18 settembre, quindi di fatto premiando i ritardatari che avrebbero dovuto fare quelle recinzioni di tasca loro. L’assessore all’agricoltura della Regione Lombardia Beduschi si giustifica dicendo che la priorità è proteggere l’industria suinicola. “C’è un’emergenza e noi dobbiamo proteggere un tesoro che è quello produttivo”. Ma intanto risorse pubbliche sono state spese anche per abbattere i suini. Centomila euro al giorno per un totale di 1 milione e 600 mila euro è quanto avrebbe incassato la ditta olandese, la TCC, specializzata in abbattimenti di emergenza. Un’emergenza pagata con i soldi di noi contribuenti.
La
scheda del servizio: I
monatti di
Giulia Innocenzi
collaborazione Greta Orsi, Giulia Sabella
Le telecamere di Report vanno in Cina e a quasi quattro anni dal Covid tornano a Wuhan ed entrano nei mercati umidi nel sud del paese, dove vengono ancora venduti cani e gatti per essere macellati. E prime in assoluto con Giulia Innocenzi entrano negli allevamenti grattacielo, dove vengono allevati milioni di maiali. Una bomba ecologica, secondo gli esperti, un fortino contro i virus, secondo il governo cinese, che ha puntato su queste strutture dopo che la peste suina ha sterminato centinaia di milioni di maiali. E ora la peste suina è riuscita a entrare negli allevamenti italiani, dove sono stati abbattuti 40.000 maiali. Report mostrerà in esclusiva le immagini di alcuni abbattimenti finanziati dalla Regione Lombardia con diverse irregolarità. Sono stati fatti tutti i controlli necessari?
La mafia nel Veneto
Nonostante
sia sparita dall’agenda di governo (e tendenzialmente anche da
quella dell’opposizione) la mafia (o le mafie) esiste ancora, non è
morta con Messina Denaro, Riina e Provenzano.
Esiste ed è ben
radicata anche nel nord, anche in Veneto, a Verona dove, secondo
l’Antimafia, esisterebbe una locale della ndrangheta: ne parla il
servizio di Walter Molino che ha intervistato il procuratore di
Napoli Nicola Gratteri, esperto di lotta alla ndrangheta.
“L’imprenditore
ndranghetista si veste come noi, mangia come noi, ha solo l’accento
calabrese come il mio, però porta tanti soldi. Mettiamo il caso in
cui l’imprenditore del nord sia in buona fede, quando
l’imprenditore ndranghetista gli propone lo smaltimento dei rifiuti
con un ribasso del 30-40%, manodopera a basso costo, mi pare che non
si possa parlare di ingenuità o buona fede. Si chiama
ingordigia.”
Il capo indiscusso della locale veronese si
chiama Antonio Giardino che nel marzo scorso è stato condannato in
primo grado a 30 anni di carcere: questa è stata la prima sentenza
dibattimentale che abbia riconosciuto la presenza di una
organizzazione mafiosa sul territorio veneto.
Il giornalista di
Report ha intervistato i parenti dell’imprenditore condannato: “io
in Veneto non ho mai visto la ndrangheta, non lo so in altre parti, a
Milano, .. mai conosciuto uno ndranghetista.”
Sembra di ascoltare le interviste in Sicilia negli anni 70-80 quando le persone (imprenditori, politici, mafiosi stessi) rispondevano “ma dove sta la mafia?”.
In
Veneto non ci sarà la mafia, ma c’è già il primo collaboratore
di giustizia della ndrangheta, si chiama Nicola Toffanin ed è
investigatore privato, considerato la cerniera tra la criminalità
organizzata, la massoneria e la politica. Ai magistrati
dell’antimafia di Venezia con cui inizia a collaborare dopo
l’arresto racconta della composizione della locale veronese: “mi
è stato chiesto di tenere un profilo il più basso possibile, di
rimanere in una sorta di mondo di mezzo, la maglia che connette la
ndrangheta con la politica, le forze dell’ordine e la massoneria.
Diamo la possibilità all’organizzazione di crescere e infiltrarsi
nel tessuto economico, imprenditoriale e delle amministrazioni
pubbliche. Anche dalla Procura di Verona venivo a conoscenza di tante
cose, proprio per questo mi hanno dato il soprannome di
avvocato”.
Ascoltando
le conversazioni telefoniche di Toffanin, gli investigatori si
rendono conto della sua rete di relazioni e del suo potere
ricattatorio nei confronti dei politici (tra cui anche l’ex sindaco
Tosi): solo un modo per vantarsi? “Se noi siamo intelligenti ci da
sempre da mangiare” si dicono Toffanin e Francesco Vallone un
imprenditore anche lui finito nelle indagini della procura veneziana
ma
poi assolto dalle accuse, “al massimo usciamo su Report”.
Sul sito VicenzaToday è uscita una anticipazione del servizio:
La troupe di Report infatti ha intervistato l'ex senatore leghista vicentino di Arcugnano Alberto Filippi.
Sul capo di quest'ultimo la procura antimafia di Venezia ha fatto cadere alcune gravissime accuse: tra cui quella di essere il mandante di un grave atto intimidatorio nei confronti dell'ex direttore de Il Giornale di Vicenza Ario Gervasutti, oggi caporedattore de Il Gazzettino di Venezia. Filippi, come si legge in una nota dell'ufficio stampa della Rai diramata ieri, davanti alle telecamere di Report spiega di avere subito da un uomo vicino al pentito di 'ndrangheta Domenico Mercurio «una estorsione che non ha mai denunciato» e di aver pagato 7.500 euro per assicurare tranquillità alla sua famiglia e all'impresa: si tratta di una circostanza della quale aveva parlato anche il Corveneto il 2 novembre nella sua edizione on-line. Peraltro nei verbali desecretati di Mercurio, che Report mostra in esclusiva, «il pentito parla anche del sostegno elettorale che la comunità calabrese avrebbe dato all'ex consigliere regionale ed ex presidente di Agsm-Aim, la multiutilty di Verona e Vicenza, Stefano Casali»: che peraltro non è indagato.
Ad ogni modo gli inviati nell'ambito della loro inchiesta andranno oltre il Vicentino e il Veronese. Poiché parleranno delle «tranquille e produttive province di Padova e Treviso, del distretto vicentino della chimica». Territori in cui «le organizzazioni mafiose si stanno prendendo il Veneto». Un punto di vista che lascia poco alla immaginazione giacché «le inchieste antimafia degli ultimi anni hanno portato alla luce un territorio in cui si è radicata la criminalità organizzata. Nel ricco Nordest infatti «Cosa nostra, 'ndrangheta, casalesi si mescolano, concludono affari, si infiltrano negli appalti, si interessano di voti e di amministrazione pubblica, intrattengono rapporti privilegiati con forze dell'ordine, imprenditoria e massoneria». Ma c'è di più. Gli autori torneranno a occuparsi delle intemerate del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro che aveva definito Report «lo schifo dell'Italia» dopo che gli inviati avevano posto al primo cittadini alcune domande scomode.
Walter Molino racconterà nel servizio la vicenda della scuola della Misericordia, uno dei palazzi storici di Venezia, dato in gestione dal comune ad una azienda: il giornalista durante una conferenza stampa aveva chiesto al sindaco Brugnaro se la prefettura avesse aggiornato la pratica antimafia sull’azienda SVM che gestisce il palazzo, dopo l’arresto di Pietro Mollica dal GICO per bancarotta (vicenda del 2015).
Ad oggi, dopo la nomina a sindaco, Brugnaro non è più amministratore della società concessionaria che è finita ad un blind trust: “la prefettura sa tutto e penso che la questione sia già risolta” ha risposto a Report il sindaco che non ha perso l’occasione per prendersela con la trasmissione, “d’altra parte siete report, siete lo schifo dell’Italia”. La domanda era fuori luogo? Non dovrebbero essere i cittadini a dirlo, che magari non hanno ben chiaro in cosa consista questo blind trust?
La scheda del servizio: Cosa Veneta di Walter Molino e Andrea Tornago
Dalla Laguna di Venezia alla campagna veronese, dalle tranquille e produttive province di Padova e Treviso al distretto vicentino della chimica, le organizzazioni mafiose si stanno prendendo il Veneto. Le inchieste antimafia degli ultimi anni hanno portato alla luce un territorio in cui si è radicata la criminalità organizzata: nel ricco Nordest Cosa Nostra, 'Ndrangheta, Casalesi si mescolano, concludono affari, si infiltrano negli appalti, si interessano di voti e di amministrazione pubblica, intrattengono rapporti privilegiati con forze dell’ordine, imprenditoria e massoneria.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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Mi raccomando, siate umani