29 maggio 2025

Il canto degli innocenti di Piergiorgio Pulixi

Prologo

Ti ho vista questa mattina. Con lui. Nonostante ti avessi detto che dovevi lasciarlo perdere non mi hai dato retta. Non hai ascoltato una sola parola. Put***… Che credevi, che non me ne sarei accorta?

Chi era Vito Strega prima di diventare capo della della squadra speciale per i crimini violenti? Piergiorgio Pulixi ce lo racconta in questo primo capitolo della serie, dove lo come funzionario della squadra omicidi, un ottimo poliziotto ma pessima persona.

Perché Vito Strega è uno di quegli investigatori che prendono le storie delle vittime come una questione personale, da risolvere con ogni mezzo, anche andando fuori dalle regole.
Ma un investigatore è anche una persona che la sera avrebbe diritto a ritagliarsi un suo spazio, lontano dalla morte, dal dolore, dal male. Per Vito Strega non è così ed è per questo che il suo matrimonio con Cinzia è naufragato arrivando a quella separazione che lui non ha mai accettato.

«Voglio che sia ben chiaro che non è stata una mia decisione quella di venire qui» disse Vito Strega dopo i saluti di rito.

Ed ora lo incontriamo qui, nello studio di una psicologa che deve capire cosa sta succedendo nella testa di questo poliziotto: non per la separazione, ma per un’altra brutta storia. Nel corso di una operazione, ha ammazzato un collega. Sospeso dal servizio, ora i suoi superiori vogliono capire se può riprendere il servizio, se quel colpo di pistola (non chiarito del tutto) ha lasciato strascichi nella sua mente, più di quanto tutti i delitti che ha dovuto seguire abbiano già fatto.

L’uomo che aveva davanti non stava bene. Era il ritratto della salute, ma dietro quel fisico massiccio nascondeva qualcosa. E per il suo palato di psicologa Vito Strega, con le sue zone buie e i suoi mille spigoli, era un piatto sublime.

Il problema è che di una persona come lui ne avrebbero veramente bisogno alla squadra omicidi: all’improvviso la città è scossa da una serie di delitti, compiuto uno dopo l’altro: delitti dove non si deve nemmeno aprire un’indagine per capire chi sia l’assassino, perché questo è rimasto accanto alla vittima, come a voler rimarcare il gesto che ha fatto.

La trovarono col coltello ancora in pugno. Evidentemente ottantacinque pugnalate non erano abbastanza per la sua mente malata, perché stava continuando a infierire sul cadavere con rabbia animalesca.

Il problema è che si tratta di ragazzini hanno ucciso loro coetanei anche in modo particolarmente crudele, ragazzini che non possono aver veramente compreso il gesto che hanno fatto: la tredicenne che accoltella la coetanea colpevole di non voler ricambiare il sentimento, il ragazzo sovrappeso che uccide quanti lo deridevano, poi un insegnate ucciso perché colpevole di molestare una studentessa, un’altra ragazzina che decide di uccidere la rivale in amore perché si è messa di mezzo ..

Non può essere un caso, deve esserci qualcuno. Ne è convinto Vito Strega che cerca di aiutare la sua collega, nonché amica, Teresa Brusca. Vito è formalmente sospeso, nemmeno potrebbe consultare i fascicoli, figuriamoci fare delle indagini e sentire i genitori di questi assassini minorenni.

Ma è quello che Vito si trova a fare: perché quello del poliziotto è l’unico lavoro che è capace di fare e, soprattutto adesso che il suo matrimonio è finito (e la ex moglie ha una nuova relazione), è l’unica ancora per poter mantenersi a galla in questo mare in tempesta che è diventata la sua vita.

Sapevo che l’avresti fatto, sapevo che saresti venuto, che mi avresti seguita, che avresti trovato una scusa per venire in bagno…

Ma le indagini non portano a nulla: i colpevoli in erba non avevano nulla in comune, non si conoscevano e venivano da famiglie che non avevano relazioni tra loro. Anche l’analisi dei profili social non porta a nulla, nessun messaggio strano, nulla che possa far risalire a qualcuno che li abbia istigati a compiere quello che hanno fatto. Spaccare la testa con un martello, uccidere a coltellate, sfregiare con l’acido.

Eppure Vito ne è convinto: deve esserci un “burattinaio” sopra questi ragazzi, non possono aver agito in quel modo, con quella fredda convinzione.

Ma questa indagine rischia di naufragare anche per un altro motivo: tutta colpa di Vito, del suo non volersi rassegnare alla fine del suo matrimonio, nel voler rifiutare il supporto della psicologa che dovrebbe valutarlo per capire se può ancora farlo quel lavoro.

Quel lavoro che ha portato Vito Strega ad essere quello che è diventato: in questo romanzo ripercorreremo un pezzo della sua infanzia, del suo rapporto col padre, gli anni in cui indossava una divisa ed è stato in Kosovo, ufficialmente in missione di pace.

Quel lavoro che oggi per lui è tutto:

Nella testa gli sembrava di udire il canto straziante degli innocenti. Le vittime si alternavano in quel coro, dilaniandolo con accuse e recriminazioni.

Il canto delle vittime innocenti è quello che lo perseguita, che lo costringe a non fermarsi finché non è stato trovato il colpevole, spingendo il suo sguardo sempre più a fondo nel pozzo dell’orrore.

Il male si insinuava in ogni fibra del suo corpo, mischiandosi al suo sangue. Sentiva il dolore e la disperazione delle vittime, e il loro canto, nella sua mente, adesso era un coro assordante.

Trovare l’assassino, oltre che una promessa fatta alla madre di una di queste adolescenti manipolate da un burattinaio che si rivelerà solo alla fine, è anche l’unico modo per Vito Strega di placare questo “canto degli innocenti” nella sua testa.

Questo primo capitolo della serie “I canti del male”, questo libro (uscito originariamente per Edizioni E/O) ci fa conoscere l’investigatore-criminologo Vito Strega: una figura complessa da descrivere per le fragilità che si porta dentro, per le mille spigolature del carattere che la figura massiccia tende a nascondere.

Un uomo che qui vediamo muoversi attorno a diverse figure femminili: la sua collaboratrice Teresa Brusca, innamorata di lui che però Vito vede solo come un’amica. La ex moglie, di cui è ancora innamorato non accettando la fine della relazione. La psicologa che deve decidere della sua idoneità al lavoro e che si trova davanti questo enigma, questa persona sfuggente e insofferente alle sue domande sul passato. Infine una “dark lady” molto pericolosa, che non riesce a sfuggire dal fascino di quest’uomo dalla pelle scura e dagli occhi verdi.

Un personaggio, quest’ultimo, che abbiamo incontrato nuovamente nell’ultimo romanzo della serie “Per un’ora d’amore”.

La scheda del libro sul sito di Rizzoli

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26 maggio 2025

Il pappagallo muto. Una storia di Sara, di Maurizio De Giovanni

Un raggio di sole si faceva strada attraverso il finestrone reso opaco dalla polvere. All’interno, un pulviscolo di misteriosa origine danzava a spirale. Un vago sentore di aglio: chissà dove, nei paraggi, si preparava il pranzo già alle nove di mattina. Silenzio, a parte l’eco di una radio che invitava ad andare a la playa, con un tono ritmato di imposizione. Nessuno dei due uomini seduti l’uno di fronte all’altro sembrava incline a eseguire l’ordine dei cantanti.

La sapete la barzelletta dell’uomo che va a scegliersi il pappagallo? Ne esistono di diverse versioni ma il succo rimane lo stesso, il pappagallo che vale di più è quello che parla meno, perché “gli altri lo chiamano il maestro..”
Una barzelletta istruttiva, significa che a volte il valore di una persona lo si giudica più da quello che non dice che da quello gli esce dalla bocca.

Un fattore che Sara Morozzi conosce molto bene: tanti anni fa, nella sua vita precedente, aveva fatto parte di una speciale unità dei servizi chiamata ad intervenire in particolari attività di dossieraggio e intercettazione. Situazioni dove era importante cogliere non solo le parole dette, ma anche le espressioni, le smorfie. Intuire dal non detto, dai messaggi non verbali quello che non era presente nelle intercettazioni. In questo lavoro lei, assieme alla sua collega Teresa Pandolfi, era eccezionale: la mora e la bionda le chiamavano, due gemelle, eterozigote.

Qui si era innamorata dell’uomo della sua vita, Massimiliano il suo capo, per cui aveva abbandonato un marito e un figlio. Ma questo succedeva una vita fa, prima della fine del suo lavoro in quell’unità speciale, la morte di Massimiliano, la scoperta di avere un nipote. E la scoperta di avere ancora una vita davanti, il tramonto della sua vita poteva aspettare. Una nuova vita e una nuova famiglia composta da quel nucleo così particolare: la nuora Viola, la compagna del figlio di Sara, poi il piccolo nipote che si chiama come il nonno, l’ispettore Pardo e l’ingombrante bovaro Boris.

Tutti assieme sono stati protagonisti, assieme ad Andrea Catapano, altro reduce di questa strana unità dei servizi, in indagini dove la memoria del passato veniva utile per mettere in luce segreti di oggi. E anche stavolta succederà lo stesso in questa storia dove si intrecciano passato e presente, uomini che dispongono di un potere che va oltre la loro immagine, uomini che si incontrano per stipulare affari che passano sopra le nazioni e su cui i servizi vogliono mettere luce.

Poi l’uomo in piedi si era voltato, e con aria seria aveva detto: «La conosci la barzelletta del pappagallo muto?».

Non è ancora tempo per rilassarsi nei giardinetti assieme al nipote Massimiliano: a Sara viene proposto di partecipare ad un’indagine particolare dei servizi. Tre uomini d’affari si incontreranno a Napoli, il porto sul Mediterraneo, per stipulare un accordo che potrebbe cambiare gli scenari della geopolitica dell’energia. Un incontro così riservato e così ben protetto da chi lo ha organizzato che, per cercare di carpire quello che verrà discusso, i servizi devono ricorrere nuovamente alle “abilità” di Sara e Andrea: “mora”, con la sua capacità di decifrare gli sguardi e le espressioni, e il “diversamente vedente” Andrea, che l’assenza della vista ha portato a sviluppare all’estremo gli altri sensi.

«Buonasera» disse il tipo tarchiato, sistemandosi in disparte. E fu l’unica parola che proferì. Quando udì il saluto, Andrea ebbe un sussulto; e anche Sara provò un lieve disagio

A questo incontro si presenta anche un personaggio all’apparenza estraneo al contesto: dall’aspetto si direbbe un contadino, per le rughe sul viso. Un uomo di poche parole, pochissime.

Ma un uomo che, per la deferenza che gli danno gli altri partecipanti all’incontro, sembra avere un ruolo e una importanza ben determinante.

Avrebbero potuto rifiutarsi di fronte all’invito dei nuovi capi dei servizi, gente che non è cresciuta sul campo, che non ha memoria di quello che è “stato”: persone come questa “Bianco”, un “Un animale d’allevamento, cresciuta all’interno di aule in cui si tenevano lezioni in altre lingue”.

E avrebbero fatto bene a rifiutare.

Dalla curva spuntò un’auto nera dai vetri oscurati. Ad altissima velocità, invase la corsia opposta a quella di marcia. Si scagliò su di loro come un toro in carica. Sara ebbe la consapevolezza di trovarsi alla fine della vita..

Cosa è successo? Qualcuno nei servizi ha tradito Sara? Oppure si sono fatti scoprire dai partecipanti a questo incontro?

Sara comprende di essere finita dentro un ingranaggio più grande e pericoloso di quanto immaginasse e, ancora una volta, dovrà rivolgersi alla sua “famiglia” allargata per salvare la sua vita e quella di Andrea.

Il racconto si muove su due livelli: c’è la storia ambientata ai tempi nostri, con l’indagine di Sara, assieme a Teresa, Davide Pardo e Viola. E questo strano personaggio che è rimasto zitto durante l’incontro, dall’aspetto che cozzava col rispetto che sembrava godere in quel gruppo di imprenditori e uomini di affari..

E poi c’è la storia ambientata anni prima, ai tempi dell’unità dei servizi di Massimiliano Tamburi che veniva chiamata ad “osservare”, non usando solo la tecnologia ma anche le capacità di Sara, di Andrea e di Teresa. Saper cogliere quelle sfumature nei discorsi, nel tono della voce, negli sguardi, che potevano colmare i dialoghi carpiti dalle intercettazioni.

Cos’hanno in comune queste due storie? Un uomo di potere, il potere vero, non quello ostentato, quello capace di sopravvivere ai governi, alle ere politiche, che non ha bisogno di minacciare. Un uomo che per consolidare la sua fama ha dovuto morire. Per risorgere.

Se volevi il potere, il potere vero, dovevi muovere i fili senza che le marionette sapessero di averli attaccati addosso. E quindi non dovevi esserci: dovevi sparire dall’orizzonte.

Ma in questo romanzo, al racconto sul presente, su servizi, sul lato oscuro della storia di questo paese, sui burattini che vengono mossi da abili burattinai, si affianca un racconto che va oltre la vita terrena.

Perché si parla dell’amore che sopravvive alla morte, come quello di Sara per Massimiliano. Si parla dell’amore come forza che ti tiene in vita, legandoti strettamente alle persone che hai a fianco, quelle a cui vuoi bene e per cui faresti qualunque cosa per proteggerle.

Hai ragione, Viola, disse fra sé: siamo una rete, intessuta di fili sdruciti e consunti; ma una rete che ha una sua forza, una sua tenerezza. Forse il termine famiglia non è poi sbagliato, nel nostro caso.

Ma ne “Il pappagallo muto” Maurizio De Giovanni va oltre, portandoci in quella terra di mezzo tra la vita e la morte, tra la luce del passato e quella del presente. La la razionalità e lo stupore dell'incredulità..

La scheda del libro sul sito di Rizzoli

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25 maggio 2025

Anteprima inchieste di Report – l’evasione nella moda, il granchio blu e le mani delle cosche sulle curve di Milano

Questa sera si parlerà del mondo della moda e della più grande evasione fiscale della storia italiana, quella del gruppo Kering, in un servizio dove si parlerà anche della storia delle borse che la ministra Santanchè ha regalato alla compagna di Silvio Berlusconi che si sono poi rivelate per delle patacche.

Il granchio blu sul delta del Po

L’arrivo del granchio blu sul delta del Po ha creato grossi problemi agli allevatori di molluschi: le istituzioni hanno risposto con una caccia aperta al granchio, senza voler comprendere le cause dell’arrivo di questo predatore e senza cercare una soluzione al problema “naturale”. Lo aveva raccontato Sabrina Giannini in una puntata di Indovina chi viene a cena: uno dei predatori del granchio blu è il polpo, poi l’anguilla, ma ci sono anche altri pesci, come il branzino. Ma servirebbe una classe politica capace di gestire i problemi con la testa e non con la pancia: in Tunisia lo stesso problema è stato affrontato in modo strutturale creando una nuova filiera che ha trasformato un’emergenza in una nuova opportunità per i pescatori tunisini. Leggo da un articolo dell’Ansa del 2023

Di fronte all'esplosione del granchio blu i pescatori tunisini si sono ingegnati e hanno costruito nasse appositamente modificate per catturarlo. Si tratta di trappole, un sistema di pesca passivo che non viene trainato sul fondale e garantisce una cattura più selettiva delle reti. Se adeguatamente gestite, hanno un impatto ambientale ridotto. "Le nasse sono la soluzione più efficace: sono selettive e più sostenibili, pescano solo il granchio senza danneggiare il fondale marino o altre specie. E sono convenienti per i pescatori: una nassa dura almeno due anni, mentre una rete da pesca dura 6 mesi al massimo, perché il granchio blu la distrugge, oltre a mangiare tutto il resto del pesce catturato", spiega Alaya.

Anche le donne delle comunità locali, molte mogli di pescatori, sono state coinvolte: è stato insegnato loro a costruire le nasse apposite e a cucinare il granchio blu, organizzando diverse degustazioni per mostrare la varietà di piatti possibili. In parallelo, sono state coinvolte le aziende di trasformazione del pesce per testare il potenziale di valorizzazione del granchio blu. E questo è stato un vero boom, ad oggi in Tunisia si contano 48 aziende che lavorano ed esportano diversi prodotti finiti: granchio intero cotto, granchio decorticato, carne di granchio. Sassi ci racconta come ora stia iniziando anche la vendita di farina di granchio per la produzione di compost per piante e mangime per animali da allevamento, con una donazione della cooperazione Stati Uniti-Tunisia per l'acquisto di macchine per la produzione di compost.

In Tunisia non avranno un Lollobrigida?

LAB REPORT: ORO BLU O PESTE BLU?

di Alessandro Spinnato

Collaborazione Tiziana Battisti

Nel Delta del Po l’invasione del granchio blu ha messo in ginocchio l’intera filiera delle vongole, lasciando centinaia di famiglie senza lavoro e alimentando un senso di abbandono da parte delle istituzioni. Ma dall’altra sponda del Mediterraneo, la Tunisia racconta una storia diversa: quella di un Paese che ha saputo trasformare una crisi ecologica in un’opportunità economica.

Attraverso voci di pescatori, ricercatori, imprenditori e rappresentanti istituzionali, Report mette a confronto due modelli: quello italiano, ancora frammentario e segnato da ritardi, e quello tunisino, basato su una strategia integrata di filiera.

Il viaggio si conclude nella cucina della chef stellata Chiara Pavan, che con i suoi piatti mostra come anche in Italia sia possibile un futuro diverso — ma serve un cambiamento di passo da parte delle politiche pubbliche.

Un'inchiesta sul campo che mette al centro il mare, le persone che ci vivono e il difficile equilibrio tra ambiente, economia e adattamento.

Le borse della Santanché e la moda fuori legge

Nelle mie borse non c’è paura” la ministra ha usato queste parole per difendersi in aula durante la seduta per la sua sfiducia alla Camera: “lo denuncio qua in Parlamento , ho una collezione di borse ..”

In effetti Santanché ha dimostrato di non aver paura di quello che le potrebbe accadere per le inchieste che la vedono coinvolta. Lei, come racconta a Report la stessa Franesca Pascale, non ha paura di fare brutte figure “lei è soprannominata la pitonessa, lei è senza scrupoli.”

Tutto iniziò nel 2014 con un regalo: due borse del marchio di alta moda Hermes che Daniela Santanché regalò all’allora compagna di Silvio Berlusconi.

La birkin 30 è un modello che costa 9800 euro, il modello più grande costa 10600 euro, mentre la kelly, l’altro modello regalato alla Pascale, costa invece 9350 euro. Non proprio due regali qualunque.

L’ex compagna di Berlusconi si accorse che erano due borse contraffatte quando le portò a far aggiustare. Quando le chiese se si fosse accorta che le borse regalate fossero contraffatte, Santaché le rispose “dammi le borse che te le vado a cambiare..”

Berlusconi si era dimostrato molto critico nei confronti di questi regali di lusso, quando scoprì poi che erano pure borse false ci rimase male, ma non troppo, “conoscendo il soggetto” racconta sempre la Pascale.

Quanto potevano costare quelle borse? Il giornalista Luca Bertazzoni è andato in Versilia, dove si trova il Twiga, l’ex locale della ministra, ad incontrare Mauro, la persona che rifornisce i rivenditori ambulanti che vendono borse sulle spiagge e nei mercati di Forte dei Marmi.

La Birkin costa 1200 euro, se presa dagli ambulanti, forse non originale ma comunque una borsa fatta bene, in tutti i particolari.

Al centro del servizio però c’è l’inchiesta sul colosso della moda Kering, proprietario dei marchi Gucci e Bottega Veneta: nel passato l’agenzia delle entrate ha contestato al marchio il mancato pagamento di tasse.

Grandi marchi che danno lustro anche all’immagine del made in Italy ma che poi nascondono anche storie di evasione e di sfruttamento di manodopera a basso costo.

Marco Grasso sul Fatto Quotidiano di oggi fa una anticipazione del servizio:

Kering, ora l’ex manager racconta per la prima volta la maxi evasione da 3 mld

di Marco Grasso

Il colosso del lusso e la triangolazione Svizzera. L’ad: “Paghiamo la protezione?”

La più grande evasione fiscale scoperta nella storia d’Italia: 3 miliardi di euro, che hanno portato lo Stato italiano a recuperare, attraverso una transazione con il gruppo Kering, 1 miliardo e 250 milioni di euro per il marchio Gucci e 186 milioni per Bottega Veneta. A raccontare quel sistema, per la prima volta, è Carmine Rotondaro, ex direttore finanziario del gruppo dell’alta moda, intervistato nella puntata di Report in onda stasera su Rai Tre. Rotondaro è l’uomo che si presentò alla Procura di Milano con la contabilità del gruppo, svelando l’architettura societaria attraverso cui la multinazionale della moda sottraeva al Fisco i guadagni prodotti in Italia.

La scheda del servizio: FUORI MODA

di Luca Bertazzoni

Collaborazione Marzia Amico

Report racconta la più grande evasione fiscale della storia del nostro Paese, quella del colosso Kering che ha transato con l’Agenzia delle Entrate 1 miliardo e mezzo di euro per aver fittiziamente spostato in Svizzera il centro di produzione dei marchi Gucci e Bottega Veneta. In un’intervista esclusiva, l’ex responsabile fiscale del gruppo Carmine Rotondaro racconta i meccanismi con cui si è generata l'evasione fiscale. L’inchiesta tratta anche le vicende che hanno portato all’amministrazione giudiziaria, poi revocata, di Armani e Dior: la produzione delle borse di questi grandi marchi avveniva spesso in opifici cinesi dove venivano sfruttati i lavoratori. Infine, il mistero delle borse Hermès che la Ministra del Turismo Daniela Santanchè regalò a Francesca Pascale, allora compagna di Silvio Berlusconi.

I bilanci dell’Inter (e il controllo dello stadio da parte delle cosche)

Si ritorna a parlare dei bilanci dell’Inter, del controllo sullo stadio e del tifo organizzato, della vendita dei biglietti.

Lo stadio dell’Inter era territorio gestito dalle cosche – racconta nell’anteprima Report - territorio controllato grazie a squadre di picchiatori che mettono in riga i ribelli e vendicano i torti subiti.


Come l’aggressione subita da Cristiano Iovina nel marzo 2024, il personal trainer che ha dichiarato di aver avuto una relazione con Ilary Blasi. Secondo la procura di Milano tra gli autori del pestaggio ci sarebbe anche Cristian Rosiello, body guard di Fedez, braccio destro dell’ultras Luca Lucci (arrestato lo scorso anno e oggi a processo per l’inchiesta “Doppia curva”). Tutto sarebbe nato per uno scontro avvenuto all’interno della discoteca The Club, come documentano le immagini trasmesse nell’anteprima del servizio. Le telecamere di sorveglianza inquadrano Iovino seguito da due donne, poco dopo si vede lo scontro accendersi, e poi Rosiello e Fedez vengono trascinati via dai buttafuori del locale.

Da qui Rosiello e altri, secondo la Procura, avrebbero deciso di andare a prendere Iovino fuori casa per dare una lezione.

Il Tribunale di Milano ha archiviato il procedimento contro Fedez e Rosiello anche perché Iovino non ha denunciato né presentato un certificato medico. Ma le parole del cantante Emis killa confermerebbero una diversa verità, dove parla di una spedizione.

Secondo la Procura della cricca farebbe parte anche Emis Killa indagato per associazione a delinquere assieme agli ultras e presente al pestaggio di uno stuart che tentava di far rispettare le regole all’ingresso di San Siro. Nel corso della perquisizione a casa del cantante gli uomini della Mobile hanno trovato 35 mila euro in contanti all’interno di una scatola di scarpe. Oltre ad una collezione di coltelli e tirapugni.


Ma attorno allo stadio ruotano anche affari che mettono in secondo piano il tifo calcistico: come racconta Daniele Autieri, sono l’anima del patto siglato tra il leader della curva del Milan Luca Lucci (fotografato una volta assieme al ministro Salvini) e quello della curva dell’Inter Andrea Beretta oggi sotto processo per l’omicidio del suo sodale Antonio Bellocco, esponente dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta.

Sta a noi un po’ più maturi dettare dei paletti e cercare di vedere prima che un problema sorga” spiegava Luca Lucci a Beretta in una intercettazione.

Quest’ultimo rispondeva “Stiamo vedendo dove possiamo arrivare .. magari io e lui sappiamo, magari gli ultimi giovani.,”
“Lo vediamo assieme e decidiamo assieme dove possiamo arrivare e dove non possiamo arrivare ..”

Un patto di non belligeranza tra Lucci e Beretta: dietro c’era la ndrangheta? Klaus Davi ne è convinto, “la ndrangheta è stata il regista in tutti questi anni di tutte queste operazioni, è stato un regista occulto, ma anche palese. Consideriamo che la ndrangheta, le singole famiglie criminali, Lucci da una parte e Beretta dall’altra, le chiamavano a sé per rafforzare la loro reputazione all’interno delle curve.”

Anche il fratello di Antonio Bellocco, Umberto, rimane coinvolto nell’indagine di Milano: sempre Klaus Davi “Certo, rimane l’architrave di questa storia di estorsioni, lui, suo cognato, suo cugino secondo le intercettazioni viene demandato il compito della vendetta. In una intercettazione la suocera gli dice ‘devi fare una strage, la famiglia si appoggia a te’.. ”
Proprio Klaus Davi ha incontrato Berto Bellocco, oggi indagato dalla procura di Milano per aver tentato di costringere Beretta a cedere ad esponenti della famiglia Bellocco le attività della società di merchandising della curva.

Per la ndrangheta il dolore, per la morte di Antonio, si cura col tempo ma anche con la vendetta, quella annunciata nei confronti di Andrea Beretta anche secondo un altro affiliato illustre delle cosche.

Questo, in forma anonima, racconta a Report che Andrea Beretta è già morto, “è morto pure sotto protezione, te lo posso assicurare io. Questi fanno una strage sulla parola. Questi a livello di sangue non guardano in faccia a nessuno, sono pericolosissimi. Beretta è stato preso per il collo, è stato messo giù e gli hanno detto: ‘se tu non collabori ti fanno la famiglia a pezzettini’, ma gliela mandavano veramente a pezzettini. A Beretta e ai suoi familiari fino alla settima generazione gliela faranno pagare.”

La scheda del servizio: I PADRONI DI SAN SIRO

di Daniele Autieri

Collaborazione Alessandra Teichner, Andrea Tornago

Il ruolo della ‘ndrangheta negli affari di San Siro, una storia che inizia nel 2021 quando l’Inter combatteva per non fallire e le cosche infiltravano le curve, spedendo dalla Calabria a Milano i sicari incaricati degli omicidi e delle gambizzazioni eccellenti.

Così, mentre la Società era impegnata a far tornare i conti dopo una crisi dovuta anche all’impatto del Covid-19, l’anima criminale della Curva prendeva il controllo degli affari dello Stadio grazie a un patto di non belligeranza siglato con il direttivo della Curva del Milan guidato dal boss dei tifosi rossoneri Luca Lucci. Le intercettazioni inedite di Luca Lucci e Andrea Beretta, unite alle testimonianze esclusive delle vittime dei pestaggi degli Ultras, concorrono a tratteggiare un’immagine di San Siro come di un luogo dove la legge non esiste e il territorio viene controllato da bande criminali quando non dalle mafie stesse.

Report manderà in onda un audio messaggio esclusivo di Antonio Bellocco, il rampollo della ‘ndrangheta ucciso da Andrea Beretta nel settembre scorso, come prova delle attività delle consorterie criminali che per anni hanno gestito i lucrosi business intorno allo Stadio.

Nella melma della laguna – come funzionano i trasporti a Venezia

Report torna ad occuparsi del sindaco di Venezia e della sua gestione "personale" della cosa pubblica, dove si fa fatica a comprendere dove finisce il Brugnaro sindaco e il Brugnaro imprenditore.

La scheda del servizio: LE ALI SULLA LAGUNA

di Walter Molino e Andrea Tornago

Chi è il più importante imprenditore dei trasporti a Venezia? E che cosa c'entra con il patriarcato di una delle città più antiche e belle del mondo?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

22 maggio 2025

Delitto di benvenuto: Un'indagine di Scipione Macchiavelli, di Cristina Cassar Scalia

 

Il vento pungente dei Balcani, che già da qualche giorno sferzava il resto dello stivale, nottetempo aveva raggiunto la Sicilia orientale spazzando via le piogge africane che imperversavano sulla costa. Un cambio talmente repentino e inaspettato che nessuno aveva ancora avuto il tempo di accorgersene.

Il maresciallo Calogero Catalano si strinse addosso il cappotto d’ordinanza, alzò il bavero, calcò meglio il cappello e affrettò il passo.

Ci sono commissari (o, meglio, vicequestori) che, per motivi disciplinari, vengono trasferiti da Roma ad Aosta, in mezzo alle montagne e alla neve, ve ne sono altri che, sempre per punizione, vengono mandati a Noto, la capitale del barocco in Sicilia, ma pur sempre una piccola città rispetto alla capitale. È quello che succede al commissario Scipione Macchiavelli che si ritrova, a pochi giorni dal Natale del 1964, su un treno che lo sta portando al sud.
Dietro si lascia la sua città, il commissariato di via Veneto, la “dolce vita” che aveva frequentato e che erano stata causa del trasferimento.

Mentre la costa dello Ionio gli scorre davanti, la mente del commissario è piena delle tante domande per quel futuro pieno di incognite: riuscirà a tirare avanti in quella nuova città, così distante (non solo come chilometri) da quel mondo da cui proviene?

.. ma viri tu se è normale mandare un cristiano in una città sconosciuta proprio a Natale

A Noto nel frattempo la sua squadra lo sta aspettando in stazione: il maresciallo Catalano e il brigadiere Mantuso in primis e anche il giudice Giuseppe Santamaria, compagno di studi a Roma di Scipione, una faccia amica in quel nuovo mondo.

Ma a Noto lo aspetta anche un altro benvenuto: in commissariato, poco prima che partisse per la stazione, davanti al maresciallo Catalano si è presentata una donna, Maria Luisa Brancaforte, che denuncia la scomparsa del marito.

Mi chiamo Vizzini Maria Laura, coniugata Brancaforte. Debbo… sporgere una denuncia, [..]
Tutto avrebbe immaginato il maresciallo tranne quello che sentí. – Mio marito è scomparso.

Gerardo Brancaforte è il direttore della banca di Trinacria: è uscito di casa il sabato precedente per dei suoi giri, anche in farmacia, per non tornare più a casa.

Sarà questo il primo caso su cui si troverà ad indagare Scipione: un uomo ben conosciuto in città, attorno a cui giravano tante voci, non proprio uno stinco di santo, in un nuovo contesto, con a fianco nuovi collaboratori che si aspettano proprio da lui che dia una direzione alle indagini, prorio lui, il poliziotto venuto da Roma. Peccato che a Roma a Scipione fosse stato affibbiato come soprannome “paparazzo”, per il suo essere incline alla bella vita. Fino a quell’episodio spiacevole che gli era costato l’allontanamento dalla capitale.

Nel mentre Scipione si adegua alla nuova vita, con una alloggio in pensione (lui che era abituato a stare da solo) e a dover lavorare a fianco del maresciallo Catalano, in città le voci iniziano a girare: il povero Brancaforte? È stato rapito

Tutti sanno che è stato rapito… E chi gliel’ha detto? – La mia commare Paolina Scimemi

Macché rapimento, come nei classici cliché siciliani, se ne è scappato con una bella donna:

Un amico disse alla moglie che potrebbe esserci pure una terza ipotesi… – Abbassò la voce, circospetta. – Potrebbe essersi allontanato… in buona compagnia, – ammiccò.

Un contesto difficile quello in cui si deve muovere il commissario Macchiavelli: scansare le voci, che potrebbero pure portarli a perdere tempo su piste improbabili e scansare pure le occhiate e le domande dei “notini”, tutti incuriositi da questo commissario romano.

L’approdo dentro il commissariato di Noto sarà però meno drammatico di quanto temeva il commissario: prima di tutto perché i suoi collaboratori si dimostreranno validi segugi, a cominciare dal maresciallo Catalano, fino ai brigadieri Mantuso e Giordano.

Poi nella procura di Siracura, da cui dipende Noto, Scipione può contare sull’amico Santamaria, giudice istruttore.

Infine un’ottima aiutante, nel raccogliere e filtrare le “voci” del popolo, si dimostrerà la farmacista Giulia Mirimeo, un bella e indipendente ragazza di fronte a cui lo “sciupafemmine” Macchiavelli si trova intimidito.

Le cose si complicheranno ulteriormente quando la scomparsa di Branciaforte si trasformerà in un caso di omicidio: il suo corpo verrà trovato vicino ad un monastero, abbandonato vicino ad un sentiero poco frequentato.

Chi potrebbe averlo ucciso? Si tratta di un delitto nato all’interno degli affari “poco puliti” di Branciaforte, oppure è un delitto passionale, il famoso delitto d’onore per una delle tante amanti che si portava a letto?

Eravamo ancora in quell’Italia in cui, grazie all’articolo 587 del c.p., il coniuge maschio che uccideva la moglie o la sorella in un momento di impeto per difendere il suo onore, rischiava solo pochi anni di carcere.

Pirchí un marito cornuto, in Sicilia quantomeno, all’amante della moglie lo va ad ammazzare personalmente, se no non vendica l’onore. – Già. E al massimo se fa ’n paio d’anni. Tre, se non ha altre attenuanti. Articolo 587, – concluse Scipione.

Scipione sarà destreggiarsi tra false piste e facili colpevoli che colpevoli non lo sono: scoprirà di avere delle doti da vero investigatore in questo suo primo caso di omicidio che servirà a stabilire un primo rapporto fruttuoso coi suoi uomini. Forse questa punizione in Sicilia non sarà vissuta come un dramma.

L’intreccio della storia funziona bene, come in tutti i gialli di Cristina Cassar Scalia ma quello che più si apprezza è la capacità nel saper riprodurre su pagina l’ambientazione nel pieno degli anni sessanta, in un paese ben lontano da quello di oggi.

Era l’Italia del delitto d’onore come si è detto, dei pregiudizi contro le donne che volevano emanciparsi, dei lunghi spostamenti in treno e delle telefonate in interurbana passando per il centralino. Degli sceneggiati sui canali Rai, che c’erano solo quelli in televisione e rigorosamente in bianco e nero.

E, infine, sullo sfondo questa città siciliana, Noto la capitale del barocco , ben diversa dall’affollatissima città di oggi: una città che è stata ricostruita, scrive l’autrice, anche grazie al ricordo dei suoi tanti amici notini.

PS ma che avrà combinato Scipione Macchiavelli per essere cacciato da Roma?

La scheda del libro sul sito di Einaudi
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18 maggio 2025

Anteprima inchieste di Report – non fu solo mafia (in ricordo di Falcone,Borsellino e di tutte le vittime della mafia)

Il 23 maggio del1992 il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della sua scorta (Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro), furono uccisi da una bomba fatta esplodere sotto l’autostrada nei pressi di Capaci.

A distanza di tanti anni, dopo tante sentenze che hanno condannato come responsabili della strage i vertici di cosa nostra, appartenenti all’ala corleonese, questa strage fa ancora discutere. “Ad ucciderli non è stata solo la mafia” spiega nell’anteprima Sigfrido Ranucci: la soluzione consolatoria della mafia, Riina, Brusca e gli altri mafiosi come unici responsabili non regge di fronte alle tante domande ancora senza risposta di cui parlerà il servizio che andrà in onda questa sera.

A seguire un servizio sui conti dell’Inter e un aggiornamento sull’inchiesta “doppia curva” dello scorso autunno: chi aveva ragione sui conti, Report o chi protestava?
Poi un servizio dedicato al sindaco di Venezia Brugnaro, gli affari privati della deputata Michela Brambilla e di come il comune di Benevento spenderà i fondi ricevuti dal PNRR.

LAB REPORT: LE STREGHE SON TORNATE

Di Chiara De Luca

Collaborazione Greta Orsi

La leggenda narra che Benevento fosse il punto di ritrovo di tutte le streghe del mondo, le cosiddette “Janare” e oggi a distanza di secoli all’ombra dell’arco di Traiano e tra le mura longobarde è ancora forte la tentazione di attribuire all’opera delle streghe quello che invece c’è di malefico nelle decisioni umane. Benevento insieme ad altri comuni italiani ha ricevuto dal ministero dell’Istruzione e del merito circa 17 milioni di euro, su fondi Pnrr per abbattere e ricostruire due scuole. Come è stato calcolato l’indice sismico delle due scuole che ha permesso al comune di Benevento, per un pelo, di ricevere il finanziamento?

Report parlerà anche di un progetto maestoso: il più grande campo da golf di tutto il sud Italia.

Non fu solo mafia -il passato che ritorna 

Da una parte la versione consolatoria, la mafia, l’ala corleonese, come unica responsabile delle stragi del 1992- 1993. Dall’altra una versione forse più complessa da comprendere, che mette dentro sia i vertici di cosa nostra, che pezzi dello stato, ex esponenti di quei servizi deviati responsabili delle stragi negli anni di piombo, la massoneria, la manovalanza nera.

Come i NAR, i nuclei armati fuoriusciti dal movimento sociale, per fare la lotta allo stato in modo spontaneista, che poi nemmeno spontaneista era.

Gente come Gilberto Cavallini e Valerio Fioravanti, condannati per svariati omicidi e per la strage di Bologna (in modo definitivo) eppure oggi libero, Cavallini in semilibertà.

Giovanni Falcone li aveva considerati anche responsabili della morte del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella per cui sono stati processati ma poi definitivamente assolti.

Piersanti Mattarella fu ucciso otto mesi prima della strage di Bologna a Palermo: era considerato il delfino di Aldo Moro, destinato a succedergli al vertice della Democrazia Cristiana che in regione aveva deciso di governare coi comunisti.

Dopo 45 anni la procura di Palermo ha indicato in due mafiosi, oggi in carcere, i suoi assassini: Falcone si era convinto che i killer fossero proprio Cavallini e Fioravanti.

In una audizione di fronte alla commissione antimafia del 1988, Falcone aveva parlato della complessità dell’omicidio Mattarella che “deriva dall’esistenza di indizi a carico di esponenti della destra eversiva e quindi un’indagine estremamente complessa perché si tratta di capire se e in quale misura la pista nera sia alternativa rispetto a quella mafiosa, oppure se si compenetri con quella mafiosa. Il che potrebbe significare altre saldature, soprattutto la necessità di rifare la storia di certe vicende del nostro paese, anche da tempi assai lontani.”

Sono parole che oggi vengono riprese dall’ex magistrato Scarpinato che definisce quell’omicidio come uno “largamente irrisolto” nelle sue origini.

Falcone in commissione antimafia, nel 1988 e nel 1990, lancia il suo allarme: aveva capito che le indagini sull’omicidio Mattarella incontrano diversi ostacoli, ma ha in mano una carta decisiva, le dichiarazioni di Cristiano Fioravanti, il fratello minore di Giusva e anch’egli militante dei NAR.

Sempre in commissione antimafia Falcone racconta della realtà che stava faticosamente emergendo dalle dichiarazioni di Cristiano Fioravanti “che era passato da un convincimento che il fratello Valerio fosse coinvolto nell’omicidio Mattarella, nell’affermazione sicura, convinta, perché diceva che era stato il fratello stesso a dirglielo. ”

Falcone parlava dell’omicidio Mattarella come un caso Moro bis – racconta oggi a Report l’ex giudice Pino Arlacchi – “perché fu ucciso Moro? Perché eravamo nella guerra fredda, fu un episodio della guerra fredda, quando chi rompeva certe regole, e in Italia la regola numero uno era che i comunisti non dovevano arrivare al governo mai, per nessuna ragione, chi usciva fuori da questo campo, entrava in un’area a rischio.”

La corte di Cassazione ha condannato all’ergastolo Cavallini per la strage alla stazione di Bologna: da quel processo sono emersi nuovi particolari particolarmente interessanti come per esempio una quantità di tesserini di ufficiali dei carabinieri, in possesso ai NAR, forniti dal colonnello Giuseppe Montanaro, appartenente alla P2.

Così Loris D’Ambrosio e Falcone (avevano entrambi lavorato assieme dentro il ministero della Giustizia) si rendono conto che i terroristi dei NAR non sono affatto quei ragazzini spontaneisti, isolati, come si è sempre cercato di farli passare. Erano diventati, fin dal 1977 erano diventati il braccio armato della Loggia P2.

Il servizio di Paolo Mondani racconterà anche delle altre stragi, quelle del 1993 a Firenze, Milano e Roma: come la bomba esplosa in via Pilastro a Milano il 27 luglio 1993, vicino al PAC dove morirono cinque persone e 12 rimasero ferite.

I magistrati ritengono che ci siano 48 ore di buco nella ricostruzione della preparazione della bomba perché nessuno dei collaboratori di giustizia sa dire quello che accadde dopo la fase iniziale. Come se i mafiosi avessero passato nelle mani di altri l’esecuzione della strage

Gianfranco Donadio, procuratore nella DNA fino al 2024 definisce la strage di Milano come una delle più misteriose: “la storia di via Palestro è come la punta di un iceberg e di questa punta si conosce perfino poco. Che cosa si sa? È certamente una operazione che vede una macchina Fiat parcheggiata dove sciaguratamente poi esploderà, generando vari morti, da cui scende una donna, che colpisce l’attenzione dei testimoni oculari perché ha i capelli biondi, platino, si legge questo negli atti. All’epoca in via Palestro, di donne di cosa nostra, di donne in grado di fare un’operazione del genere, semplicemente non ne esistevano.”

Il boss Giuseppe Ferro, sentito dal magistrato Donadio, parla di a verbale di alcuni particolari che riguardano le squadre di mafiosi che si sono occupati delle stragi.

Ferro padre è un esponente importantissimo della vecchia mafia alcamese, dice che esiste un livello abbottonatissimo di cosa nostra che gestisce operazioni di natura terroristica. Di questo livello l’organizzazione cosa nostra non ne è al corrente [la base], lui [il capomafia Ferro] ne è al corrente e lo riconduce a Matteo Messina Denaro e ai Graviano e lascia intendere che questo livello sia un livello che si interfacciava con entità esterne.”

Giuseppe Pipitone ha scritto sul Fatto Quotidiano una anticipazione del servizio:

Il racconto del pentito La Barbera: “Capaci, a mettere la bomba vidi degli estranei alla mafia”

di Giuseppe Pipitone

Supervisionavano la strage”. La pista nera: l’ipotesi di un filo che va dall’omicidio Mattarella all’attentato a Bologna, fino alle morti di Falcone e Borsellino

C’erano anche personaggi esterni a Cosa Nostra durante la preparazione della strage di Capaci. A sostenerlo è uno dei boss che all’attentatuni contro Giovanni Falcone ha partecipato: Gioacchino La Barbera da Altofonte. “Per fare i sopralluoghi partivamo da un casolare e lì talvolta ho notato persone che non conoscevo. Si trattava di soggetti non appartenenti a Cosa Nostra”, è quello che avrebbe detto il mafioso, da trent’anni collaboratore di giustizia. Le rivelazioni di La Barbera sono ancora oggi top secret, anche se risalgono al 5 luglio del 2012, durante un colloquio investigativo con Gianfranco Donadio, all’epoca procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia. A ricostruirle è la puntata di Report: alle 20 e 30 su Raitre, la trasmissione di Sigfrido Ranucci torna a indagare sulla partecipazione della destra eversiva alle stragi di mafia. Un filo unico che lega l’omicidio di Piersanti Mattarella alla bomba alla stazione di Bologna fino a Capaci e via d’Amelio. “Si tratta di capire se e in quale misura la pista nera sia alternativa rispetto a quella mafiosa, oppure si compenetri con quella mafiosa. Il che potrebbe significare altre saldature e soprattutto la necessità di rifare la storia di certe vicende del nostro Paese, anche da tempi assai lontani”, diceva Giovanni Falcone alla Commissione Antimafia nel 1988, riferendosi all’omicidio del fratello dell’attuale capo dello Stato. Nell’inchiesta di Paolo Mondani c’è anche la voce del giudice, restaurata con l’intelligenza artificiale.

La scheda del servizio: Un passato che ritorna

di Paolo Mondani

Collaborazione Roberto Persia

Il 23 maggio del 1992, sull’autostrada che da Palermo porta all’aeroporto, furono assassinati il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e tre uomini della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Report racconterà — e continuerà a farlo — che non morirono solo per mano della mafia. La verità completa su Capaci non è stata ancora detta. Troppi silenzi, troppe zone d’ombra, troppe connivenze rimaste senza nome.

E si chiede: com'è possibile che, a 45 anni dall'omicidio di Piersanti Mattarella, il fratello del Presidente della Repubblica, non si sappia ancora chi siano i mandanti politici e mafiosi di quel delitto? Possibile che lo Stato, in tutto questo tempo, non sia riuscito scoprire la verità?

I bilanci dell’Inter (e il controllo dello stadio da parte delle cosche)

Si ritorna a parlare dei bilanci dell’Inter, del controllo sullo stadio e del tifo organizzato, della vendita dei biglietti.

Lo stadio dell’Inter era territorio gestito dalle cosche – racconta nell’anteprima Report - territorio controllato grazie a squadre di picchiatori che mettono in riga i ribelli e vendicano i torti subiti.

Come l’aggressione subita da Cristiano Iovina nel marzo 2024, il personal trainer che ha dichiarato di aver avuto una relazione con Ilary Blasi. Secondo la procura di Milano tra gli autori del pestaggio ci sarebbe anche Cristian Rosiello, body guard di Fedez, braccio destro dell’ultras Luca Lucci (arrestato lo scorso anno e oggi a processo per l’inchiesta “Doppia curva”). Tutto sarebbe nato per uno scontro avvenuto all’interno della discoteca The Club, come documentano le immagini trasmesse nell’anteprima del servizio. Le telecamere di sorveglianza inquadrano Iovino seguito da due donne, poco dopo si vede lo scontro accendersi, e poi Rosiello e Fedez vengono trascinati via dai buttafuori del locale.

Da qui Rosiello e altri, secondo la Procura, avrebbero deciso di andare a prendere Iovino fuori casa per dare una lezione.

Il Tribunale di Milano ha archiviato il procedimento contro Fedez e Rosiello anche perché Iovino non ha denunciato né presentato un certificato medico. Ma le parole del cantante Emis killa confermerebbero una diversa verità, dove parla di una spedizione.

Secondo la Procura della cricca farebbe parte anche Emis Killa indagato per associazione a delinquere assieme agli ultras e presente al pestaggio di uno stuart che tentava di far rispettare le regole all’ingresso di San Siro. Nel corso della perquisizione a casa del cantante gli uomini della Mobile hanno trovato 35 mila euro in contanti all’interno di una scatola di scarpe. Oltre ad una collezione di coltelli e tirapugni.

La scheda del servizio: I padroni di San Siro

di Daniele Autieri

Collaborazione di Alessandra Teichner e Andrea Tornago

Immagini di Carlos Dias, Alfredo Farina, Davide Fonda, Fabio Martinelli e Alessandro Sarno

Ricerca immagini di Eva Georganopoulou

Montaggio di Andrea Masella

Grafica di Michele Ventrone

Affari e violenza intorno a San Siro

Le mani degli ultras anche sugli affari intorno allo Stadio di San Siro, in particolare quelli legati al merchandising, tanto per le partite di calcio quanto per i concerti. I picchiatori della Curva dell'Inter vengono infatti ingaggiati per assicurare un servizio di guardiania clandestino con l'incarico di cacciare i venditori abusivi in occasione dei grandi eventi. Un compito che svolgono con la violenza e l'intimidazione.

Gli affari privati del sindaco di Venezia

Dopo otto mesi di assenza il sindaco Brugnaro è tornato ad affacciarsi al consiglio comunale di Venezia lo scorso 3 aprile, dove è stato accolto dai suoi concittadini che, dopo le inchieste sul suo blind trust poco blind e sulle operazioni del comune in cui avrebbe fatto più gli interessi personali che quelli pubblici, gli hanno espresso tutto il loro dissenso.

Anche in questa occasione non si è dimenticato di Report, che ha dedicato alla sua gestione del comune diversi servizi. Oggi Brugnaro è accusato di concorso in corruzione insieme al suo capo di gabinetto Morris Ceron e al vice Derek Donadini: qualche “vergogna” urlato da cittadini esasperati da questa gestione dei beni pubblici non è un qualcosa di così intollerabile.

Al capo di gabinetto sarebbe stata sequestrata una lista nera di giornalisti – racconta la consigliera PD Sambo Monica – di cittadini, di lavoratori del comune: una lista per fare cosa?

Forse sono questi i metodi fascisti, altro che le urla dei cittadini, il famoso popolo tanto caro alla nostra destra. Una schedatura di massa grottesta e paranoica – racconta a Report il consigliere Marco Gasparinetti della Lista Civica Terra e Acqua – perché a partire dal settembre 2020 a quanto pare c’erano dipendenti comunali pagati dal sindaco per passare la giornata su facebook. Instagram, twitter, e schedare tutti i cittadini che avevano espresso opinioni anche vagamente negative o critiche nei confronti del sindaco.

La scheda del servizio: L’ORA DEL GIUDIZIO

di Walter Molino e Andrea Tornago

La Procura di Venezia ha chiesto il rinvio a giudizio di Luigi Brugnaro. Il Sindaco è accusato di corruzione in concorso con i suoi più stretti collaboratori. E poi finanziamenti irregolari al partito e una lista nera custodita negli uffici comunali: giornalisti e semplici cittadini da citare in giudizio per aver criticato il Sindaco.

I salmoni della Brambilla

Da una parte c’è l’immagine di paladina degli animali, veicolata anche grazie alla trasmissione su Mediaset. Ma la deputata Michela Vittoria Brambilla ha anche un secondo volto, di imprenditrice nel settore alimentare, molto poco vegano e dove il rispetto delle condizioni degli animali lascerebbe a desiderare.

Dopo le inchieste sulla sua fondazione, usata come bancomat per la sua carriera politica, e delle altre imprese in cui è coinvolta, Report con Giulia Innocenzi ci racconta dei salmoni allevati in Scozia commerciati tramite una delle aziende della deputata.

La giornalista di Report è andata fino in Scozia per capire come vivono questi salmoni: assieme ad un investigatore, le telecamere di Report mostreranno la presenza di animali malati, altri con la coda mangiata, altri con gli “occhi scoppiati” ovvero che sporgono in maniera eccessiva. Questo succede a causa di una patologia batterica o per problemi legati alla qualità dell’acqua. Come racconta l’investigatore che ha aiutato Report in questo servizio: “Questo allevamento ha il bollino RSPCA che è il certificato che garantisce il più alto standard di benessere degli animali, il certificato impone che i pesci siano ispezionati due volte al giorno e di raccogliere quelli moribondi”.

Il servizio mostrerà poi altre immagini dall’alto, dove si individuano dei salmoni moribondi nell’allevamento che vanno sbattere contro le pareti: “i pesci malati dovrebbero essere prelevati quando si trovano in superficie, cioè quando stanno morendo, ma sono requisiti che valgono solo sulla carta.”

La scheda del servizio: SALMONI VEGANI

Di Giulia Innocenzi

Collaborazione Greta Orsi

Nuovi sviluppi sul caso Michela Brambilla, la deputata animalista che Report ha scoperto essere impegnata nel commercio di salmone. Giulia Innocenzi è andata in Scozia, per verificare le condizioni in cui vivono i salmoni negli allevamenti. Grazie all'aiuto di un investigatore le telecamere di Report hanno potuto filmare diverse criticità, come l'infestazione di pidocchi, un vero e proprio allarme per gli allevamenti, dove muore un salmone su quattro prima di arrivare al macello.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

15 maggio 2025

Lungo viaggio senza ritorno di Ed Mc Bain


In una bella giornata di primavera la gente non pensa alla morte. È l'autunno il tempo adatto a morire, non la primavera. L'autunno stimola i pensieri lugubri, invita alle fantasie macabre, favorisce i desideri di morte, [..]

Tra il 21 marzo e il 21 giugno, la morte è assolutamente proibita. Ma c'è sempre qualcuno che infrange la legge; perciò, cosa volete farci? L'uomo che uscì dal palazzo d'uffici sulla Culver Avenue era sul punto di violare la legge.

Un avvocato di un importante studio legale, il vicepresidente di una azienda, poi una prostituta.. sono le prime vittime di un cecchino che spara e uccide a distanza usando proiettili Remington 380 da un fucile silenziato. Un cecchino è l’assassino peggiore da gestire per gli agenti investigativi dell’87 distretto.

Per l’agente investigativo Carella, ad esempio: perché non riesci mai a capire le motivazioni di questo genere di assassini, persone che si mettono pazientemente in attesa prima di sparare un colpo.. a meno di essere persone importanti per un delitto politico.

Ma qui le vittime sono di diversa estrazione sociale, non si conoscevano. Dunque?

Gli investigatori hanno un compito ingrato, trovare il filo comune che lega assieme questi delitti (i primi di una lunga catena), ma ne hanno anche un altro

C'è una sola differenza tra gli altri impiegati e un agente investigativo: gli altri non devono guardare in faccia la morte, e soprattutto non tutti i giorni. Un agente investigativo, invece, vede la morte sotto tutti gli aspetti, e nelle sue varie forme

La morte degli sfruttatori, dei rapinatori. E poi il dover comunicare ai parenti delle vittime queste morti ed essere costretti, in quei momenti difficili, a dover fare domande scomode.

Aveva nemici vostro padre? C’era qualcuno che gli voleva male? Aveva avuto una lite?

Ci sono poi parenti che vorrebbero anche dare un loro contributo alle indagini, magari anche con un punto di vista originale (l’assassino rivive un fatto “primario” che l’ha traumatizzato nell’infanzia, è uno che spia senza essere visto ..), per sentirsi dire che, no grazie, le indagini le fanno loro.

Quello di Carella e Meyer sarà un lungo lavoro fatto da estenuanti interrogatori, andando a spulciare tutti i possibili punti in comune delle vittime, persone che nemmeno si conoscevano. Siamo negli anni sessanta – si capisce leggendo tra le righe che dovremmo essere nel 1963 – dunque il supporto della scientifica è ancora limitato. Dunque tante scarpinate, tante domande, tante ore passate a leggere le carte. E tanta pressione dall’alto, perché questo cecchino, che rimarrà oscuro fino alla fine, continua ad uccidere, imperterrito, che significa tanta pressione sui poliziotti da parte del procuratore, del capo della polizia, del tenente dell’87 esimo distretto.

Attraverso questa indagine Ed McBain ci racconta tante storie: quelle dei protagonisti dell’indagine, gli agenti dell’87 esimo, ma anche quelli delle vittime, nelle poche righe in cui vengono messe, purtroppo, al centro di un mirino. La prostituta col problema della bottiglia:

Il Codice Penale descrive la prostituzione con ricchezza di particolari, ma, per quanto riguarda la prostituta in sé, non c'è nemmeno una parola.

L’assistente del procuratore distrettuale con le sue ambizioni di carriera, interrotte da un Remington 380. Poi l’emigrato arrivato dall’Italia per scappare dal fascismo che è arrivato qui in America, la terra delle opportunità, per costruirsi un’altra vita.

Ha fatto tutto con le sue forze, sapete? La casa, il negozio... Tutto, dal niente. A poco a poco, risparmiando sulla sua paga di scaricatore, ha studiato l'inglese, e si è comprato un carrettino da ambulante

Un ex galeotto che finisce nelle mani di due agenti di polizia dalle mani pesanti, per confessare qualcosa che non può aver fatto.

E poi l’attenzione morbosa della stampa, o di una certa stampa, alla ricerca di titolo acchiappa lettori sopra ad articoli che riescono solo ad ingarbugliare la storia.

Un’intera umanità che viene raccontata attraverso questo caso, veramente complesso, che troverà una soluzione grazie alla pazienza di Carella e degli altri agenti, che si aggrapperanno attorno a quel filo che, all’improvviso, sembra essere un vero legame tra le tante vittime.

La bomba con la miccia che bruciava a tutto spiano era uno sconosciuto cecchino, che si teneva nascosto, chissà dove, in una città di dieci milioni di abitanti
Si possono odiare tante persone, forse un intero popolo, per quello che hanno fatto tanti anni prima?

È questa la domanda che rimane nella testa dei protagonisti della storia. Si riferiscono al popolo tedesco, testimone (a volte anche complice) del genocidio degli ebrei come Meyer Meyer. Ma si riferiscono anche a questo oscuro cecchino, anche lui mosso da un odio per un fatto nato “in un altro posto e in un'altra epoca”.

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11 maggio 2025

Anteprima inchieste di Report – le pressioni sovraniste sulla chiesa, lo sparo di capodanno

Giovedì dalla Cappella Sistina si è alazata la fumata bianca: il nuovo papa è americano, come Bergoglio, ha gestito la diocesi di Chicago, è stato missionario nel Perù e poi dal 2023 è stato chiamato a Roma.

Il primo servizio della stagione di Report sarà dedicato proprio al Vaticano e a quello che si sta muovendo dentro la Chiesa.

Poi a seguire un servizio sullo sparo di Capodanno di due anni fa, quando un agente della scorta del sottosegretario Delmastro fu ferito da un colpo di pistola, su come riconvertire le miniere del Sulcis e sulle compagnie marittime di traspor: to.

I collegamenti con le isole minori

Molte volte tu arrivi qua, fai una corsa e non trovi l’aliscafo non trovi il traghetto, magari arrivi sul porto e trovi la saracinesca della biglietteria chiusa, quindi non puoi nemmeno chiedere il motivo, ‘ma non c’era un aliscafo alle sette?’ A chi lo chiedi? A nessuno Abbassano la saracinesca, chiudono e via. Il problema è tuo.. ” - il giornalista Gianni Vuoso su sfoga così davanti alle telecamere di Report, perché per spostarsi sulle isole “minori” deve avere a che fare coi capricci delle compagnie di trasporto per muoversi da e verso l’isola di Capri.

Anche il comitato utenti del servizio di trasporto pubblico per l’isola di Capri ha certificato che le compagnie viaggiano molto meno nel periodo invernale: nel mese di novembre 2023 sono state soppresse 264 corse, mentre in cinque mesi di rilevamenti le corse cancellate sono state oltre 800.

Corse soppresse, nessuna spiegazione da parte delle compagnie e dei loro addetti, questa è la situazione di chi deve muoversi verso coi traghetti e gli aliscafi: racconta uno di questi viaggiatori che Alilauro quando c’è l’allerta meteo della protezione civile cancella le corse anche se il mare è calmo.

Eppure è un mercato redditizio quello verso le maggiori isole del Golfo: padrone indiscusso è Gianluigi Aponte proprietario di MSC che oltre a Caremar possiede Snav e NLG e spartisce le tratte con poche altri armatori.

Il loro obiettivo è governare una filiera – spiega a Report Pietro Spirito presidente dell’autorità di sistema del Tirreno tra il 2016 e il 2021 – “io ho avuto personalmente molto da dire con questi signori sul tema della stazione marittima di Berello, quando sono arrivaot mi hanno detto c’è un grande progetto di privatizzazione, i 4 dell’apocalisse diciamo, i quattro armatori, Lauro, D’Abbundo, Aponte, al che io ho detto, vediamolo .. era un foglietto di carta. Io ho detto, così questa cosa qua non si fa, perché per me la stazioni marittima la costruisce lo stato e lo stato la affida in concessione”.

Ora chi la gestisce in concessione? Un solo soggetto che è il solito consorzio, sempre i soliti quattro.

LAB REPORT: FIGLI DI UN’ISOLA MINORE

Di Roberto Persia

Collaborazione Stefano Lamorgese

Nonostante la Costituzione garantisca la continuità territoriale, per gli abitanti delle isole minori spostarsi resta difficile, soprattutto d’inverno. I collegamenti saltano, i fondi pubblici non bastano, e la precarietà è la norma. La privatizzazione delle compagnie non ha introdotto concorrenza: bandi e convenzioni assicurano sussidi a operatori senza rivali, che continuano a usare navi obsolete. In assenza di alternative, gli armatori non rischiano, non innovano — e vincono sempre.

Lo sparo di Capodanno

Report ha intervistato l’onorevole di FDI Emanuele Pozzolo che è stato a lungo indicato come colui che ha sparato all’agente della scorta del sottosegretario Delmastro: “lei si ricorda che eravate tutti dentro?” chiede la giornalista a Pozzolo, che risponde “ho parlato con Andrea appena dopo lo scoppio, poi ho appreso di altre dichiarazioni che sono state rilasciate anche dagli altri” - tutte persone legate a Delmastro fa notare la giornalista, che hanno rilasciato dichiarazioni per cui Delmastro era fuori dalla stanza dello sparo.”
Pozzolo spiega: “l’operazione comunicativa è stata molto semplice, che il fango di tutto quello che è successo, di quell’incidente, doveva cadere politicamente su di me, punto. E tutti gli altri dovevano essere assolutamente tenuti fuori.”

Ma l’operazione politica è riuscita anche perché Pozzolo nei giorni successivi non ha parlato, non ha spiegato: “io non ho parlato perché mi è stato detto chiaramente di non parlare, dal partito.”
Nel colloquio con Giulia Presutti Pozzolo parla anche di un incontro col sottosegretario in cui ci fu l’invito a ritirare la querela, la direzione era quella “torniamo amici” spiega Pozzolo “per arrivare ad una diminuzione dell’attenzione mediatica ..”
Così il deputato di FDI accetta l’indicazione del partito contravvenendo anche al consiglio del suo legale che “suggeriva una valutazione più ponderata”, ovvero di andare a processo a farsi assolvere.
Alla fine Pozzolo e Delmastro sono tornati amici? Pozzolo viene nominato in commissione Difesa a novembre, oltre al posto in commissione che già aveva (affari esteri) e dopo due giorni escono sui giornali dichiarazioni rigorosamente anonime in cui si dice “ah no, Pozzolo in commissione Difesa c’è finito per errore .. ci starà due o tre giorni .. direi che ad ora non siamo tornati amici politicamente ”

Pozzolo in questo momento è sospeso dal gruppo parlamentare ma tecnicamente ne è ancora appartenente, “sarà il gruppo a sospenderlo coi tempi che vuole” spiega a Report il deputato Donzelli (responsabile organizzativo di FDI).

Siamo maliziosi a pensare che siccome il gruppo prende i rimborsi in base al numero dei parlamentari, allora si è scelto di non toglierlo? “Non mi occupo dei rimborsi di Pozzolo” ha risposto Donzelli.

La scheda del servizio: FRANCHI TIRATORI

di Giulia Presutti

Il 31 dicembre 2023, durante i festeggiamenti per il Capodanno nella pro loco di Rosazza, in provincia di Biella, uno sparo accidentale ferisce alla gamba uno dei partecipanti. Alla festa era presente un gruppo di amici che militano nelle file di Fratelli d'Italia: fra loro c'era anche il Sottosegretario Delmastro. A sparare è la pistola dell'onorevole Emanuele Pozzolo, all'epoca uomo di Fratelli d'Italia a Vercelli e da sempre vicinissimo al Sottosegretario Delmastro. Pozzolo è a processo per porto abusivo d'armi e di munizioni da guerra ed è stato subito l'unico indagato per la vicenda, ma ha sempre detto di non aver sparato lui. Su quale sia stata la dinamica dell'incidente restano i dubbi.

Le pressioni sul conclave in Vaticano

Il servizio di Giorgio Mottola ci racconterà di un’inchiesta (o un dossier) fatta sui principali “papabili” fatta da laici, anche ex agenti dei servizi americani qualche anno fa: un’inchiesta fatta da una “organizzazione” che aveva a disposizione un budget da 1 ml di euro e che in pochi mesi ha raccolto quasi 100 collaboratori con l’obiettivo di passare al setaccio i principali prelati di tutto il mondo a caccia di scheletri nell’armadio. Un’operazione senza precedenti nel passato portata avanti da laici con metodi da intelligence tanto che vengono assoldati 15 ex agenti dell’FBI e persino alcuni ex agenti della CIA.
I giornalisti di Report hanno incontrato un ex agente FBI Philip Scala che parla di questa indagine: “nel 2018 fui contattato da una organizzazione chiamata Better Church Governance, chiesero se fossi interessato a organizzare una squadra di investigatori che andasse in giro per il mondo a condurre indagini sui cardinali elettori. Mettemmo assieme una organizzazione di 15 ex FBI di alto livello, tutti investigatori eccellenti. Non era un attacco contro il papa, né contro i cardinali. Si trattava di redigere un dossier dettagliato su ciascun cardinale da consegnare in via confidenziale alla Chiesa in modo che al momento del conclave, ciascun cardinale avrebbe ricevuto un fascicolo informativo , dato che molti cardinali al Conclave non conoscono tutti i candidati. Questo era il nostro compito.”



Massimo Faggioli, professore di teologia all’università di Philadephia è molto diretto: “c’è un tentativo di trovare qualche cosa su qualche candidato e di usarlo non tanto per eleggere questo o quel candidato ma per evitare che qualche candidato sgradito venga eletto. C’è il rischio non solo di un conclave influenzato dal report ma chhe che il risultato del conclave possa essere contestato da chi dice di avere queste informazioni, che il conclave potrebbe aver avuto, o non aver avuto..”
Un altro documento interno trapelato dal Red Hat Report, rivela
il nome di uno dei cardinali da screditare prima del conclave, si tratta del segretario di Stato Pietro Parolin, braccio destro di papa Francesco: in questo documento viene definito come “molto corrotto” tanto da volerlo rendere una disgrazia per la Chiesa agli occhi del mondo.

Report ha ricevuto la smentita dal gruppo “College of the cardinal Report” per cui non ci sarebbe nessun collegamento col “Red Hat Report”.

Cos’è questo Red Hat Report? È un documento riservato uscito nel 2018, presentato ad un evento del Catholic University di Washington, di cui Report è entrato in possesso.

Ci si chiese a quell’evento se Bergoglio sarebbe stato eletto se quel rapporto fosse stato fatto prima del conclave del 2013: in una slide era proprio scritto così, con quel rapporto Bergoglio non sarebbe diventato papa.

Jacob Imam – fondatore dell’Università St Joseph The Worker: “volevamo solo assicurarci che sapessero chi stavano votando, non avevo nessuna intenzione se non supportare il loro lavoro. Questo progetto è nato su richiesta di diversi cardinali, non rivelerò i nomi dei cardinali che lo hanno richiesto.”
Secondo Report dietro questo documento c’è il coinvolgimento diretto del cardinale Burke, nonostante quest’ultimo non fosse direttamente dentro il progetto, nel documento si comprende come Burke esortava i promotori a diffondere rapidamente il dossier, anticipando la possibilità imminente di un conclave.

Si legge nel documento che nell’ottobre 2018 Jacob Imam ha passato un mese a Roma ospitato nella residenza di Burke beneficiando di una rete di contatti per portare avanti la sua indagine.

Questo fatto è stato confermato dallo stesso Imam, Burke supportava questa iniziativa, ma non era un qualcosa di parte perché avevamo diversi sostenitori dietro.

Imam però, sempre col sorriso in faccia, ha scelto di non rispondere ad altre domande sul Red Hat Report.

Gli organizzatori della Better Church Governance sostengono che pochi giorni prima del Conclave questo rapporto tradotto in varie lingue sarebbe stato consegnato ai vari cardinali elettori e reso disponibile online sotto il nome di “College of the cardinals report”.

Sempre Jacob Imam ha voluto aggiungere : “è proprio questa settimana che precede il conclave stanno stampando il report, in inglese e italiano, io non sono coinvolto da diversi anni, ma sono felice che i cardinali abbiano ricevuto quanto richiesto”.
Dunque la ricerca fatta dall’organizzazione (con dentro agenti FBI e altro) nel 2018 è tornata in circolazione oggi col nome di College of the cardinals report”? Esatto, ha confermato Imam.


Questo report è stato usato per le elezioni che hanno poi portato alla nomina di Robert Prevost? Nicola Seneze autore del libro “Lo scisma americano” ritiene che sia stato usato: “credo che rappresenti un pericolo concreto per il prossimo conclave ..”

Ci sarebbe stata, dunque, un’azione di lobbying per forzare la mano ai cardinali e spingere verso un papa sovranista. Giorgio Mottola ha incontrato una vecchia conoscenza di Report Benjamin Harnwell presidente del Dignitatis Humanis Institute, l’istituto vicino a Steve Bannon che voleva prendersi l’abbazia di Trisulti per farne una scuola di formazione della nuova destra europea.

Lei per conto di Steve Bannon sta incontrando dei cardinali? – Gli ha chiesto Mottola: ci sarebbero una dozzina di cardinali che fanno riferimento all’area politica di Steve Bannon con cui Harnwell si sarebbe incontrato e che non si sarebbero molto dispiaciuti della morte di papa Bergoglio. Insieme a molte altre organizzazioni ultra conservatrici americane, anche questa di Harnwell avrebbe provato a condizionare dall’esterno l’esito del voto per il nuovo papa.

Steve Bannon chi vorrebbe come papa?

La nostra strategia non è tanto chi vogliamo come papa” spiega il politologo “perché tutti i nomi cari a noi non hanno grande probabilità, la nostra strategia dei conservatori è più capire chi non vorremmo, ad esempio il cardinale Zuppi, c’è anche questo americano Prevost [poi diventato papa] ..”

Immagino voi sognate un papa come Raymond Leo Burke? “Il cardinale Burke, il cardinale Sarah.. sono i nomi buoni, però a mio parere non hanno i numeri.”

Il fronte degli americani anti-bergogliani ha sede a Roma dietro l’antica basilica di Santa Balbina: varcata la soglia della basilica c’è la sede della fondazione Lepanto presieduta dal professor De Mattei esponente dell’aristocrazia romana e che Berlusconi aveva nominato vicepresidente del CNR nonostante l’opposizione del mondo accademico.

De Mattei è uno scienziato (?) su posizioni anti evoluzioniste: “assolutamente” risponde a Mottola “’evoluzionismo è un mito,è una leggenda”.

Questo professore crede veramente che tutti gli uomini discendano da Adamo ed Eva. L’impero romano? Sarebbe caduto come punizione di Dio per l’omosessualità nell’impero: “l’omosessualità è un peccato grave condannato da Dio che può determinare la fine di una civiltà.”
Dallo scorso anno la fondazione Lepanto ha iniziato ad organizzare preghiere di protesta nelle piazze contro la gestione della chiesa da parte di Bergoglio. Si definiscono un “esercito regolare”, lo scorso settembre si sono radunati in piazza Sant’Angelo. Qui erano presenti i rappresentanti delle più importanti associazioni americane e i direttori di Lifesite news, di Church militant, i siti che hanno indicato nella punizione divina inflitta al papa la causa del corona virus.

Papa Francesco sta contribuendo a determinare la confusione all’interno della chiesa ” continua De Mattei che nel passato aveva parlato di fumo di satana che avvolgeva la chiesa.

Oggi ci troviamo, per la prima volta nella storia, in una situazione dove il papa anziché essere la soluzione del problema è la causa del problema, perché è egli stesso, papa Francesco, purtroppo un fattore di autodemolizione della chiesa e quindi di diffusione del fumo di satana all’interno della chiesa.”
In un tempo di grande confusioneafferma il cardinale Burke, patrono dell’ordine di Malta “come errori nella cultura e perfino nella chiesa, siamo veramente chiamati a difendere e combattere le verità della fede”: quanta distanza dalle parole di Bergoglio o al primo discorso del nuovo papa Prevost con la sua pace disarmante.
Il cardinale Burke ha stretti rapporti con esponenti dell’amministrazione Trump sebbene con Steve Bannon la relazione si sia molto raffreddata. In Italia invece Burke non ha mai nascosto le sue simpatie per Matteo Salvini: quando era ministro dell’interno e il papa lo criticava per i blocchi in mare delle ONG, il cardinale lo ha più voolte difeso in pubblico.

Io penso che sia comprensibile” commentava di fronte ai giornalisti sulla questione dei blocchi “la nazione deve prendersi cura per prima dei propri cittadini e poi esaminare attentamente chi sono questi immigrati, se sono davvero rifugiati politici o se sono persone che emigrano per migliorare le loro condizioni..”
Forse ad avere confusione non era papa Francesco, ma questo cardinale che forse dimentica le parole del Vangelo,
"Amerai il prossimo tuo come te stesso" (MC 12, 29-31)

La scheda del servizio: MAKE VATICANO GREAT AGAIN

di Giorgio Mottola – Sacha Biazzo

Collaborazione Greta Orsi, Alessia Pelagaggi

Report ricostruirà le sfide che Papa Leone XIV dovrà affrontare, tra l'importante eredità di Francesco, che il neoeletto pontefice ha raccolto sin dal primo discorso, e le resistenze che nei dodici anni del pontificato di Bergoglio hanno remato contro il messaggio di apertura al mondo e le riforme interne al Vaticano per la trasparenza e contro sprechi e corruzione.

La rinascita delle miniere del Sulcis

Era nato da un servizio di Michele Buono dove si immaginava un nuovo futuro per le miniere del Sulcis oggi abbandonate: perché non usarle come base per costruire nuovi impianti di accumulo per l’energia pulita?

Energy Vault si era interessata alla proposta di Report e così Michele Buono aveva raccontato a loro della sua visita in Sardegna. I tecnici svizzeri a sua volta si sono messi in contatto coi tecnici della Miniere CarboSulcis SPA che si sono resi disponibili a concedere dei pozzi per questo progetto rigenerativo. Servono infatti dei dislivelli per creare gli effetti gravitazionali necessari all’impianto: il pozzo 2 della miniera scelta ha una profondità di 500 metri, dal fondo saliranno le masse spinte dall’energia in arrivo dagli impianti. Masse che poi, quando la rete chiederà energia, caleranno fornendo loro energia alla rete.

Si può usare la terra ma anche i materiali di scarto della ex miniera, o scarti delle demolizioni, la materia prima non manca nel sito minerario, si può riciclare tutto, acqua compresa, quella della stessa miniera che viene presa per evitare che le cavità si inondino.

I dati raccolti dalla miniera sono stati raccolti a Lugano e così il progetto inizia a prendere la forma: si useranno serbatoi di acqua per conservare le masse, serbatoi la cui forma assomiglia ad una goccia d’acqua, “vogliamo ricopiare le forme della natura” spiegano gli ingegneri della Energy Vault “nella goccia abbiamo ovunque la medesima tensione, la goccia sfrutta in modo ottimale la superficie.”

Così una goccia gigante chiude il cerchio di una economia in cui si riutilizza l’acqua a ciclo chiuso e per produrre energia rinnovabile non c’è spreco di materiale.


Ma per chiudere il cerchio con le carte serve l’ok della regione, la CarboSulcis è una società regionale: la regione dovrà deliberare e finanziare il progetto entro il 2026, se non si fa in tempo si chiude tutto. Per accelerare i tempi l’azienda svizzera ha deciso di investire direttamente nel progetto: Luca Manzella, vicepresidente europeo, spiega a Report che prevedono un investimento da 70 ml di euro, “alla regione Sardegna vogliamo dimostrare che la tecnologia più innovativa funzioni e anche dei ritorni potenziali economici.” aggiungendo anche che la realizzazione del progetto sarà affidata ad imprese italiane. La macchina si mette in moto e comincia fin da subito a produrre valore, a Gela si iniziano a preparare i tubi di acciaio per agganciare i serbatoi, a Castelnuovo Scrivia in Piemonte realizzeranno i serbatoi in tessuto flessibile.
Tutto questo cosa significa per le miniere? Avere energia a km zero, alle spalle dei serbatoi c’è la centrale dell’Enel – spiega l’amministratore di CarboSulcis Francesco Lippi – si potrebbe pensare che un domani gli accumuli di energia possano servire per andare oltre a quello che sarà presente nel complesso industriale nostro.

Infatti, dismessa l’attività mineraria, si libererebbero degi spazi nei capannoni e rustici in un’area di oltre 200 ettari: “abbiamo un patrimonio immobiliare di 60mila metri cubi a disposizione” continua l’amministratore Lippi.

Capannoni che potrebbero essere destinati ad altre aziende a bordo delle attività industriali, a centri di ricerca e ad incubatori di imprese.

Ad esempio i vecchi locali degli spogliatoi di Serucci, una struttura architettonicamente straordinaria, potrebbe ospitare un centro di prototipazione industriale proprio per le imprese che verranno ad investire qua.

Altri punti da unire sono nel territorio – continua il racconto di Michele Buono – nasce una nuova economia e e arriverà altra popolazione per lavorare, divertirsi, abitare. I paesi svuotati dalla crisi del Sulcis dovranno prepararsi ad una rigenerazione urbana per accogliere nuovi abitanti e nuove attività.

La scheda del servizio: MINIERE DI ENERGIA

di Michele Buono

Le miniere di carbone del Sulcis iglesiente in Sardegna sono in dismissione, la Carbosulcis ha tempo fino al 2026 per pensare ad altre attività ma che non devono avere a che fare con il carbone, sennò si chiude e tutti a casa. In questa storia Report è protagonista. Ci viene un’idea.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.