Prologo
Sono bambina. Devo avere sei o sette anni. Sto mangiando dei succosi acini d’uva mentre scruto il dorso delle grandi mani di mio padre sporche di terra. Siamo seduti sui gradini del patio che si affaccia sul giardino di casa, avvolti dalla luce ambrata del tramonto.
Lui è appena tornato dai campi. Profuma ancora di vigna. Con un fazzoletto bagnato gli mondo le dita dalla sfarinatura del terriccio e tampono i graffi freschi procurati dai tralci della vite.
Forse uno dei
migliori romanzi di Piergiorgio Pulixi, almeno tra quelli letti
finora: per la delicatezza con cui tocca temi come la violenza di
genere, l’ossessione d’amore di uomini malati che considerano le
loro donne come beni in loro possesso. Un romanzo quanto mai attuale,
purtroppo, perché si parla di patriarcato, di “uomini che odiano
le donne”, le donne che si permettono di vivere una loro vita, di
prendersi le loro libertà, di non sottoporsi ubbidienti al maschio,
che sia il marito, il compagno, l’ex fidanzato..
Tutto parte
da quello che si chiama un “cold case”, l’omicidio rimasto
irrisolto di Donata Seu, una ragazza uccisa nel suo appartamento a
Milano: uccisa con una coltellata al cuore da un assassino che, prima
di lasciarla, l’ha vestita da sposa.
Sono suoi i pensieri che leggiamo nel prologo, quando da bambina aspettava il padre di ritorno dalla vigna, l’ultimo pensiero è per quel padre lasciato in Sardegna, “perché il legame tra padre e figlia è sacro”, padre che non potrà più rivedere..
Otto mesi dopo quella persona, arrivata a Milano per prendersi cura del nipote Filippo, si trova davanti la Questura di Milano: Italo Seu è uno che ha sempre faticato, per la famiglia, per la figlia, sulle sue mani ci sono i segni dei tanti sacrifici. L’ultimo sforzo della sua vita è cercare di dare giustizia alla figlia e a quel bambino rimasto solo:
Erano passati otto mesi da quel maledetto giorno. Il senso di oppressione e la morsa di ingiustizia che gli serravano lo stomaco [..]
“Io ci sto provando, bambina mia” confessò alla figlia, con cui intratteneva un fitto dialogo mentale..
Negli uffici della
Mobile, Italo Seu riesce ad incontrare l’ispettore “Bepi”
Pavan, reduce da una seduta dalla psicologa, ultimo passo per provare
a perdere peso dopo che la moglie lo ha sbattuto fuori di casa.
Chissà che puntare sui sensi di colpa non riesca a bloccare quelle
tentazioni, quelle “voci” che gli arrivano dal cibo.
Pavan,
accoglie Italo e ascolta la sua storia e fa qualcosa che i poliziotti
dovrebbero evitare: fare delle promesse ai parenti delle vittime, ma
quella storia ha qualcosa che lo colpisce (e sarà lo stesso
ispettore a raccontarlo più avanti), così decide di rileggersi le
carte e fare tutto il possibile perché l’indagine, ormai ferma,
non venga archiviata.
Dove sono gli altri membri della squadra
“speciale” del professor Vito Strega, chiamata a gestire omicidi
“speciali” dalle varie Questure italiane per dare il loro
supporto?
L’ultima indagine in Sardegna sulla morte di
Maristella
Coga aveva creato una prima frattura tra il vicequestore e Mara
Rais, che aveva deciso di abbandonare il gruppo. Lo stesso Strega si
era imbarcato per un mese su una nave addetta ai soccorsi dei
migranti in mare, sperando di tenere a bada quelle voci che sente
nella testa che lo costringono a prendere delle medicine, mettendo a
rischio la sua concentrazione sul lavoro.
Il Canto degli innocenti, il suo pericoloso segreto, quel coro di lamenti che udiva nella testa sin da bambino, aveva ripreso a tormentarlo, obbligandolo a rintanarsi nell’effetto stordente dei neurolettici..
Purtroppo le voci non lo hanno abbandonato nemmeno sul mare, che le tanti morti per i naufragi hanno trasformato in un enorme cimitero.
Ci sono uomini che
non rimangono insensibili di fronte al dolore degli altri, specie se
persone indifese, le donne vittime di violenza domestica.
Ma ci
sono anche altri uomini: nostalgici dei bei tempi in cui era l’uomo
a comandare, quando era tutto più chiaro e semplice, l’uomo lavora
e la donna sta a casa ad accudire i figli. Persone
che parlano come certi politici del nostro paese e che pensano
pure di essere moderni quando invece rappresentano la parte più
oscurantista.
«L’emancipazione femminile non ha portato che squilibrio sociale, crisi economica, disoccupazione e problemi psicologici. Quando le donne non lavoravano, secondo te, c'erano tanti uomini a spasso senza un'occupazione?
No, c'era lavoro per tutti, e i figli potevano crescere con la loro madre e non turati su da una squadra di sconosciute che ne allevano a mazzi, senza cura né amore, come fosse un processo industriale.»
Ivan assentì deciso.
«La radice del problema, in fondo, sta qui. Oggi si lamentano di violenza e femminicidi. Ma la violenza contro le donne non è che la naturale risposta della società che hanno creato le care femministe.
Sono loro ad avere le mani sporche di sangue, non noi. Perché se esistesse davvero il patriarcato in questo paese, ci sarebbero famiglie sane, in cui la donna darebbe rispettata e protetta per il proprio ruolo, in cui l'uomo sarebbe guida, faro ed esempio, in cui verrebbero insegnati valori fondamentali come il rispetto, l'onestà e la responsabilità..»
Sono
solo persone frustrate, che devono sfogare in qualche modo la rabbia
che covano dentro per la loro incapacità di costruirsi una vita,
prendendosela con le donne. Con alcune di loro in particolare.
Qui
la storia si sdoppia, come punti di vista del racconto: da una parte
la squadra di Strega che si mette all’opera per riaprire l’indagine
su Donata Seu, andando a rileggersi le carte, immergendosi nella sua
vita (quella di una donna destinata a fare carriera nel lavoro, per
le sue capacità), riascoltando tutti i testimoni. Stando attenti a
non farsi coinvolgere personalmente, per non perdere quella lucidità
necessaria nel loro lavoro.
In parallelo seguiamo questi “uomini
che odiano le donne” mentre organizzano la loro vendetta, i loro
propositi di raddrizzare queste mogli, compagne, perfino le
responsabili sul lavoro (perché ora si permettono pure di
comandare..): “per riprendere in mano la situazione, sei
costretto a usare le maniere forti, a mettere tutti in riga, e così
ti danno del fascista”.
L’indagine su Maria Donata
si rivela molto difficile, non solo perché fa riaffiorare il dolore
nel povero padre, ma perché non si riescono a trovare elementi
utili: sebbene tutto faccia pensare che l’assassino sia stato il
compagno, che lei aveva lasciato dopo le minacce e le violenze,
questa si era rivelata una pista senza sbocchi, perché quest’ultimo
aveva un alibi di ferro per il giorno del delitto.
Servirebbe
capire se la causa di quel delitto e del perché quel vestito da
sposa, risale agli anni in cui Donata era ancora in Sardegna.
Servirebbe l’aiuto di Mara Rais che, nel frattempo a Cagliari, sta
subendo gli effetti dello scontro con Vito Strega.
La
chiave sta nel passato, come i poliziotti della squadra avevano
intuito e questa consentirà loro di svelare un disegno criminale più
ampio: non si tratta di casi isolati come confermano le statistiche
sui crimini di genere, ma di un qualcosa che fa ancora più paura e
che (ci) racconta quanto sia malata la nostra società. L’intuizione
per arrivare alla soluzione arriverà grazie ad un film di Hitchcock
(di cui non farò cenno per non rovinar nulla).
Come nei
precedenti romanzi, le pagine sulle indagini che li coinvolgono, si
alternano a pagine dove si raccontano le vicende personali dei membri
della “squadra speciale” a cominciare dal vicequestore Strega.
Riuscirà a gestire le voci, il “canto degli innocenti” che sente
nella sua testa e a nascondere la sua malattia ai suoi
collaboratori?
Che fine ha fatto la stalker, la donna che sta
spiando la sua vita personale, arrivando perfino ad entrare in
possesso dei suoi segreti?
Ma ci sono anche le vite degli altri
poliziotti: scopriremo da dove nasce l’ossessione per il cibo per
Bepi Pavan, cosa ha causato la ferita che ancora si porta dentro Eva
Croce, “l’irlandese”.
C’è spazio anche per raccontare della Milano che fa da sfondo in questa storia di dolore, di rimosi e di amore malato: una Milano frenetica, che tende a lasciar indietro le persone che non riescono a mettersi al passo, isolandole:
Milano è una città crudele, da questo punto di vista. Tutti mi sembrano soli, ognuno per i fatti propri. La farò ridere: io in paese ero abituato a salutare tutti, e quando sono venuto qua facevo lo stesso..
C’è
un piccolo/grande colpo di scena nel finale che, in modo anche
leggermente crudele, fa da apripista al prossimo romanzo della serie.
Non ci resta che aspettare…
Buona lettura!
Gli
altri romanzi della serie
La scheda del libro
sul sito di Rizzoli
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