Le olimpiadi che dovevano essere sostenibili
Le Olimpiadi di Milano e Cortina dovevano essere quelle nel segno della sostenibilità, economica ed ambientale. Almeno queste erano le promesse. E invece..
Lo scorso febbraio
il taglio di decine di larici a Cortina d’Ampezzo ha dato il via ai
lavori per la nuova pista da bob, prevista per le Olimpiadi invernali
del 2026. Gli alberi tagliati avevano dimensioni considerevoli,
avevano più di cento quarant’anni anni, sono nati alla fine
dell’ottocento spiega Silverio Lacedelli a Report: per completare
la nuova pista si stima che verranno tagliati 400-500 alberi
“distruggiamo un ecosistema composto da alberi, arbusti, licheni e
costruiamo una cementificazione sul territorio con strade, piste ed
edifici.”
Gli ambientalisti e tutti gli abitanti di Cortina ci
tengono a questo bosco, che la politica ha scelto di sacrificare,
perché è un pezzo di Cortina, “la pista poteva essere realizzata
senza dover fare questo grande ambaradan, questo distruzione”
conclude l’intervista Lacedelli.
L’ultimo progetto
esecutivo della pista da bob ha previsto il taglio di 19980 metri
quadrati di bosco ma allo stesso tempo ha prescritto il mantenimento
delle alberature esistenti nelle due aree, dietro l’anfiteatro e
all’interno della curva cristallo.
Nonostante ciò, gli alberi
sono stati tagliati – racconta la consigliera regionale Cristina
Guarda che ha mostrato a Report le immagini del bosco prima e dopo
l’abbattimento. Per questo motivo hanno fatto un esposto ai
carabinieri della forestale.
Dicevano tutti che dovevano essere
olimpiadi sostenibili e rispettose dell’ambiente ma non sarà così:
il presidente della regione Veneto ha tenuto un atteggiamento quasi
sprezzante dei rilievi portati da Report, “avete contato tutti gli
alberi”, “voi volete dimostrare che le olimpiadi non servono”,
come se fosse questo il punto.
Il punto è che ci sono delle
incongruenze tra il progetto presentato al Cio e quello che verrà
realizzato: ha spiegato che è vero, sono stati tagliati 500 alberi,
ma verranno piantati 10 mila alberi, e che la pista sarà più
corta..
Ha poi aggiunto che esisteva una pista che era la più
vecchia del mondo e che loro hanno bonificato un bob abbandonato.
Ma, numeri alla mano, alla fine saranno ripiantati alberi solo per 4200 metri quadrati: “lei è più brava di me” è stato il commento di Zaia.
Secondo il dossier
del 2019 con cui l’Italia si è aggiudicata le Olimpiadi la vecchia
pista da bob di Cortina andava solo ristrutturata, invece nel 2023 è
stata demolita per costruirne una nuova di zecca. La giornalista di
Report ne ha chiesto conto al presidente del comitato olimpico
Giovanni Malagò che ha risposto così “se lei va a guardare
nell’ambito del dossier l’impianto di Cortina era previsto”.
In
realtà nel dossier si parlava di ristrutturazione, mentre la pista è
stata demolita “ma non si è mai parlato di ristrutturazione..”.
Ma nelle carte del dossier, che Claudia di Pasquale ha mostrato al
presidente c’era proprio scritto così: “lei non voleva che
questa pista si facesse” ha ribattuto Malagò, tirando in ballo
anche posizioni ideologiche della giornalista, ma allora è
ideologico anche il CIO che era contrario alla nuova pista, per
motivi di legacy, però – aggiunge Malagò “la politica, il
governo hanno ritenuto che fosse giusto rifarlo, più chiaro di così
cosa vi devo dire?”.
E cosa deve dire il ministro
Salvini? “Io ci tengo che ci facciano le Olimpiadi e che l’Italia
abbia l’immagine che merita di avere in tutto il mondo”.
Anche
se con questo progetto light per la pista sono state tolte le
coperture a verde che mimetizzavano la pista, sono stati tolti dei
servizi per i disabili: “parlatene con le aziende” la risposta
del ministro, che preferisce fare la figura di quello che non sapeva
niente.
Intanto lo scorso 21 novembre sono partiti i
lavori per la nuova arena Santa Giulia dove si svolgeranno le gare di
Hockey maschile, la struttura sarà costruita e finanziata da
capitali privati, cioè dalla società tedesca Eventim, per un costo
da 180 ml di euro. Il colosso tedesco si occupa di gestione eventi, è
proprietario di Ticket one: si faranno carico dei costi per l’opera
che però, per i ritardi e per l’inflazione sono cresciuti, si
stima che alla fine si passerà da 180 a 270ml di euro.
Eventim
ha fatto presente al comune che ci sarà questo incremento –
racconta a Report l’assessore alla rigenerazione urbana del comune
di Milano Tancredi – “ci stiamo attivando per evidenziare il
problema” che tradotto dal politichese significa che dovrà
intervenire il governo con soldi pubblici “penso che sia anche
ragionevole chiedere questo..”.
Alla faccia delle promesse.
Anche Livigno
ospiterà alcuni eventi per le Olimpiadi: qui sono già presenti 115
km di piste ma da piano sono previste nuove opere i cui costi delle
opere aumentati di quasi dieci volte.
Claudia Di Pasquale ha
chiesto al presidente Fontana se è preoccupato di questo. Viste le
non risposte ottenute, viene da pensare che, no, la regione, come il
comune di Milano, come il ministro non siano preoccupati di questo.
“Lei sa tutto, è inutile che viene a chiederle a me le cose” –
questa la battutina con cui Fontana ha cercato di uscire
dall’impasse, per poi passare ad una accusa felpata “voi le avete
già preconfezionate le risposte”.
Peccato che Report parli coi dati forniti dagli stessi enti pubblici, coi dati presenti nel dossier di candidatura. Alla fine, quando le battute non sono bastate ha sbottato “posso chiederle di lasciarmi stare?”.
Chiedere un po’ di trasparenza a questi amministratori è quasi un atto di lesa maestà.
La scheda del servizio: SFORO OLIMPICO Di Claudia Di Pasquale
Collaborazione Giulia Sabella
Nel 2019 l'Italia con il tandem Milano-Cortina si è aggiudicata le Olimpiadi invernali del 2026, c'è riuscita presentando un dossier di candidatura che aveva alcuni punti saldi: Olimpiadi sostenibili sia da un punto di vista ambientale che economico, utilizzo di impianti sportivi già esistenti così da non costruire nuove cattedrali nel deserto, solo due nuove strutture permanenti ma finanziate da investitori privati. Lo Stato in pratica non doveva spendere un soldo. Olimpiadi a costo zero s'era detto. A distanza di quasi cinque anni le cose sono un po' cambiate. L'ultimo piano delle opere olimpiche, che risale al settembre 2023, prevede 3,6 miliardi di costi, finanziati per la maggior parte dallo Stato, e dentro non ci sono solo gli impianti sportivi, ma anche opere infrastrutturali, soprattutto strade. Saranno veramente sostenibili le Olimpiadi del 2026, per l’ambiente e per le nostre tasche?
Il tesoro della Lega
Report torna ad occuparsi della Lega a 12 anni dall’inchiesta sui
fondi del partito che venivano usati dal tesoriere Belsito per
occuparsi della famiglia, quella del segretario Bossi.
Gli
investigatori hanno sequestrato nella cassaforte dell’ex tesoriere
una cartellina con su scritto “the family” e altri documenti
riservati della famiglia.
Belsito aveva sostituito nel ruolo di
tesoriere l’ex senatore Balocchi nel 2010 mettendosi a disposizione
della famiglia Bossi per tutti i loro desideri, “come faceva
Balocchi prima di me” racconta al giornalista Luca Chianca “per
risolvere i problemi di qualsiasi natura”, il fax, la stampante, il
telefonino, tutto pagato coi soldi del partito.
Di questo caso,
i fondi della Lega spesi per la famiglia del segretario, si era
occupato per primo l’ex magistrato Alfredo Robledo nel 2012: “venne
fuori una questione abbastanza strana, Renzo Bossi si sarebbe
diplomato nel luglio 2009, e nel settembre del 2010 si sarebbe
laureato a Tirana ..”
E’ la storia della famosa laurea albanese del “trota” che a
Report però racconta un’altra storia: su quel documento la data di
nascita era sbagliata, prima di tutto: “quella mattina qualcuno
autorizzò ad entrare in tutti gli uffici, la cosa che non si è mai
spiegata bene è che di questo pezzo di carta non si contesta neanche
il titolo, la magistratura non contesta il titolo, perché io non ho
mai dichiarato di essere laureato..”
Come spiega anche
Robledo, qualcuno ha preparato quel pezzo di carta per lui: “si
cercava di precostituirgli un titolo che avrebbe potuto servirgli per
la sua carriera personale e politica.”
Quel documento, la
laurea di Tirana, è un documento falso.
Ad essere informato di
tutto era l’ex tesoriere Belsito che pagava i servizi resi per la
famiglia: a chi è venuto in mente di far laureare Renzo Bossi a
Tirana? “Sarà stato qualche collaboratore, immagino, che avrà
avuto qualche aderenza con quell’università lì, Riccardo andava
alla Cepu.. noi pagavamo le rette, punto.”
Dalle carte
dell’inchiesta è spuntata fuori anche un’azienda
agricola aperta dai Bossi chiamata “Tera nostra”, alla
romana, a pochi km da Gemonio, la residenza della famiglia. “Tera
nostra e non si sa nemmeno che cos’è” – il divertito commento
del consulente di Report Gaetano Bellavia: dalle foto sui social si
scopre che fa formaggi, ci sono le capre.
L’azienda è stata
costituita con un capitale iniziale di 200 euro: a Report è arrivata
una mail da un ascoltatore su un’altra società aperta da Renzo
Bossi a Londra, omonima di quella italiana “tera nostra ltd”.
Questa sarebbe dotata di un capitale sociale di ben 1,5ml di
Sterline: questa sarebbe stata chiusa dopo un anno e mezzo: un fatto
curioso, cosa ci sono andati a fare in Inghilterra i Bossi? Gli
agricoltori? Non ci sono evidenze su quello che ha fatto questa
società.
La scheda del servizio: TERA NOSTRA Di Luca Chianca
Collaborazione Alessia Marzi
A far scoppiare lo scandalo dei fondi della Lega è Giovanni Mari, un giornalista del Secolo XIX di Genova, che ai primi di gennaio del 2012 pubblica la notizia dei conti offshore del partito. Un'operazione da 1 milione di euro in corone norvegesi, circa 1,2 milioni in un fondo basato a Cipro e soprattutto i 4,5 milioni di euro in Tanzania. Tutto ruotava intorno alla figura del tesoriere della Lega Francesco Belsito che dopo quella vicenda viene cacciato dal partito e indagato dalla Procura di Milano e da quella di Genova per truffa aggravata ai danni dello Stato, poi prescritta, appropriazione indebita per la gestione dei fondi della Lega, costati al partito una confisca da 49 milioni. Soldi che nessuna Procura ha mai trovato. Dopo 7 anni da quelle indagini scopriamo che Belsito e il figlio del Senatur, Renzo Bossi, hanno fatto ancora affari insieme. Una storia inedita che ci ha messi sulle tracce della Tera Nostra, una società aperta a Londra proprio da Bossi con un capitale sociale di 1,5 milioni di sterline e poi chiusa dopo poco tempo. Un viaggio tra imprenditori nel mondo dell'arte, visionari, fiduciari e cavalieri prima a Londra, poi a Malta, Lugano e infine a Bucarest, per capire se una parte dei 49 milioni di euro fosse stata distratta in conti offshore e società all'estero.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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