19 maggio 2024

Anteprima inchieste di Report - le famose olimpiadi sostenibili e il tesoro della lega

Le olimpiadi che dovevano essere sostenibili

Le Olimpiadi di Milano e Cortina dovevano essere quelle nel segno della sostenibilità, economica ed ambientale. Almeno queste erano le promesse. E invece..


Lo scorso febbraio il taglio di decine di larici a Cortina d’Ampezzo ha dato il via ai lavori per la nuova pista da bob, prevista per le Olimpiadi invernali del 2026. Gli alberi tagliati avevano dimensioni considerevoli, avevano più di cento quarant’anni anni, sono nati alla fine dell’ottocento spiega Silverio Lacedelli a Report: per completare la nuova pista si stima che verranno tagliati 400-500 alberi “distruggiamo un ecosistema composto da alberi, arbusti, licheni e costruiamo una cementificazione sul territorio con strade, piste ed edifici.”
Gli ambientalisti e tutti gli abitanti di Cortina ci tengono a questo bosco, che la politica ha scelto di sacrificare, perché è un pezzo di Cortina, “la pista poteva essere realizzata senza dover fare questo grande ambaradan, questo distruzione” conclude l’intervista Lacedelli.

L’ultimo progetto esecutivo della pista da bob ha previsto il taglio di 19980 metri quadrati di bosco ma allo stesso tempo ha prescritto il mantenimento delle alberature esistenti nelle due aree, dietro l’anfiteatro e all’interno della curva cristallo.
Nonostante ciò, gli alberi sono stati tagliati – racconta la consigliera regionale Cristina Guarda che ha mostrato a Report le immagini del bosco prima e dopo l’abbattimento. Per questo motivo hanno fatto un esposto ai carabinieri della forestale.
Dicevano tutti che dovevano essere olimpiadi sostenibili e rispettose dell’ambiente ma non sarà così: il presidente della regione Veneto ha tenuto un atteggiamento quasi sprezzante dei rilievi portati da Report, “avete contato tutti gli alberi”, “voi volete dimostrare che le olimpiadi non servono”, come se fosse questo il punto.
Il punto è che ci sono delle incongruenze tra il progetto presentato al Cio e quello che verrà realizzato: ha spiegato che è vero, sono stati tagliati 500 alberi, ma verranno piantati 10 mila alberi, e che la pista sarà più corta..
Ha poi aggiunto che esisteva una pista che era la più vecchia del mondo e che loro hanno bonificato un bob abbandonato.

Ma, numeri alla mano, alla fine saranno ripiantati alberi solo per 4200 metri quadrati: “lei è più brava di me” è stato il commento di Zaia.

Secondo il dossier del 2019 con cui l’Italia si è aggiudicata le Olimpiadi la vecchia pista da bob di Cortina andava solo ristrutturata, invece nel 2023 è stata demolita per costruirne una nuova di zecca. La giornalista di Report ne ha chiesto conto al presidente del comitato olimpico Giovanni Malagò che ha risposto così “se lei va a guardare nell’ambito del dossier l’impianto di Cortina era previsto”.
In realtà nel dossier si parlava di ristrutturazione, mentre la pista è stata demolita “ma non si è mai parlato di ristrutturazione..”. Ma nelle carte del dossier, che Claudia di Pasquale ha mostrato al presidente c’era proprio scritto così: “lei non voleva che questa pista si facesse” ha ribattuto Malagò, tirando in ballo anche posizioni ideologiche della giornalista, ma allora è ideologico anche il CIO che era contrario alla nuova pista, per motivi di legacy, però – aggiunge Malagò “la politica, il governo hanno ritenuto che fosse giusto rifarlo, più chiaro di così cosa vi devo dire?”.

E cosa deve dire il ministro Salvini? “Io ci tengo che ci facciano le Olimpiadi e che l’Italia abbia l’immagine che merita di avere in tutto il mondo”.
Anche se con questo progetto light per la pista sono state tolte le coperture a verde che mimetizzavano la pista, sono stati tolti dei servizi per i disabili: “parlatene con le aziende” la risposta del ministro, che preferisce fare la figura di quello che non sapeva niente.


Intanto lo scorso 21 novembre sono partiti i lavori per la nuova arena Santa Giulia dove si svolgeranno le gare di Hockey maschile, la struttura sarà costruita e finanziata da capitali privati, cioè dalla società tedesca Eventim, per un costo da 180 ml di euro. Il colosso tedesco si occupa di gestione eventi, è proprietario di Ticket one: si faranno carico dei costi per l’opera che però, per i ritardi e per l’inflazione sono cresciuti, si stima che alla fine si passerà da 180 a 270ml di euro.
Eventim ha fatto presente al comune che ci sarà questo incremento – racconta a Report l’assessore alla rigenerazione urbana del comune di Milano Tancredi – “ci stiamo attivando per evidenziare il problema” che tradotto dal politichese significa che dovrà intervenire il governo con soldi pubblici “penso che sia anche ragionevole chiedere questo..”.
Alla faccia delle promesse.

Anche Livigno ospiterà alcuni eventi per le Olimpiadi: qui sono già presenti 115 km di piste ma da piano sono previste nuove opere i cui costi delle opere aumentati di quasi dieci volte.
Claudia Di Pasquale ha chiesto al presidente Fontana se è preoccupato di questo. Viste le non risposte ottenute, viene da pensare che, no, la regione, come il comune di Milano, come il ministro non siano preoccupati di questo. “Lei sa tutto, è inutile che viene a chiederle a me le cose” – questa la battutina con cui Fontana ha cercato di uscire dall’impasse, per poi passare ad una accusa felpata “voi le avete già preconfezionate le risposte”.

Peccato che Report parli coi dati forniti dagli stessi enti pubblici, coi dati presenti nel dossier di candidatura. Alla fine, quando le battute non sono bastate ha sbottato “posso chiederle di lasciarmi stare?”.

Chiedere un po’ di trasparenza a questi amministratori è quasi un atto di lesa maestà.

La scheda del servizio: SFORO OLIMPICO Di Claudia Di Pasquale

Collaborazione Giulia Sabella

Nel 2019 l'Italia con il tandem Milano-Cortina si è aggiudicata le Olimpiadi invernali del 2026, c'è riuscita presentando un dossier di candidatura che aveva alcuni punti saldi: Olimpiadi sostenibili sia da un punto di vista ambientale che economico, utilizzo di impianti sportivi già esistenti così da non costruire nuove cattedrali nel deserto, solo due nuove strutture permanenti ma finanziate da investitori privati. Lo Stato in pratica non doveva spendere un soldo. Olimpiadi a costo zero s'era detto. A distanza di quasi cinque anni le cose sono un po' cambiate. L'ultimo piano delle opere olimpiche, che risale al settembre 2023, prevede 3,6 miliardi di costi, finanziati per la maggior parte dallo Stato, e dentro non ci sono solo gli impianti sportivi, ma anche opere infrastrutturali, soprattutto strade. Saranno veramente sostenibili le Olimpiadi del 2026, per l’ambiente e per le nostre tasche?

Il tesoro della Lega

Report torna ad occuparsi della Lega a 12 anni dall’inchiesta sui fondi del partito che venivano usati dal tesoriere Belsito per occuparsi della famiglia, quella del segretario Bossi.
Gli investigatori hanno sequestrato nella cassaforte dell’ex tesoriere una cartellina con su scritto “the family” e altri documenti riservati della famiglia.
Belsito aveva sostituito nel ruolo di tesoriere l’ex senatore Balocchi nel 2010 mettendosi a disposizione della famiglia Bossi per tutti i loro desideri, “come faceva Balocchi prima di me” racconta al giornalista Luca Chianca “per risolvere i problemi di qualsiasi natura”, il fax, la stampante, il telefonino, tutto pagato coi soldi del partito.
Di questo caso, i fondi della Lega spesi per la famiglia del segretario, si era occupato per primo l’ex magistrato Alfredo Robledo nel 2012: “venne fuori una questione abbastanza strana, Renzo Bossi si sarebbe diplomato nel luglio 2009, e nel settembre del 2010 si sarebbe laureato a Tirana ..”

E’ la storia della famosa laurea albanese del “trota” che a Report però racconta un’altra storia: su quel documento la data di nascita era sbagliata, prima di tutto: “quella mattina qualcuno autorizzò ad entrare in tutti gli uffici, la cosa che non si è mai spiegata bene è che di questo pezzo di carta non si contesta neanche il titolo, la magistratura non contesta il titolo, perché io non ho mai dichiarato di essere laureato..”
Come spiega anche Robledo, qualcuno ha preparato quel pezzo di carta per lui: “si cercava di precostituirgli un titolo che avrebbe potuto servirgli per la sua carriera personale e politica.”
Quel documento, la laurea di Tirana, è un documento falso.
Ad essere informato di tutto era l’ex tesoriere Belsito che pagava i servizi resi per la famiglia: a chi è venuto in mente di far laureare Renzo Bossi a Tirana? “Sarà stato qualche collaboratore, immagino, che avrà avuto qualche aderenza con quell’università lì, Riccardo andava alla Cepu.. noi pagavamo le rette, punto.”

Dalle carte dell’inchiesta è spuntata fuori anche un’azienda agricola aperta dai Bossi chiamata “Tera nostra”, alla romana, a pochi km da Gemonio, la residenza della famiglia. “Tera nostra e non si sa nemmeno che cos’è” – il divertito commento del consulente di Report Gaetano Bellavia: dalle foto sui social si scopre che fa formaggi, ci sono le capre.
L’azienda è stata costituita con un capitale iniziale di 200 euro: a Report è arrivata una mail da un ascoltatore su un’altra società aperta da Renzo Bossi a Londra, omonima di quella italiana “tera nostra ltd”. Questa sarebbe dotata di un capitale sociale di ben 1,5ml di Sterline: questa sarebbe stata chiusa dopo un anno e mezzo: un fatto curioso, cosa ci sono andati a fare in Inghilterra i Bossi? Gli agricoltori? Non ci sono evidenze su quello che ha fatto questa società.

La scheda del servizio: TERA NOSTRA Di Luca Chianca

Collaborazione Alessia Marzi

A far scoppiare lo scandalo dei fondi della Lega è Giovanni Mari, un giornalista del Secolo XIX di Genova, che ai primi di gennaio del 2012 pubblica la notizia dei conti offshore del partito. Un'operazione da 1 milione di euro in corone norvegesi, circa 1,2 milioni in un fondo basato a Cipro e soprattutto i 4,5 milioni di euro in Tanzania. Tutto ruotava intorno alla figura del tesoriere della Lega Francesco Belsito che dopo quella vicenda viene cacciato dal partito e indagato dalla Procura di Milano e da quella di Genova per truffa aggravata ai danni dello Stato, poi prescritta, appropriazione indebita per la gestione dei fondi della Lega, costati al partito una confisca da 49 milioni. Soldi che nessuna Procura ha mai trovato. Dopo 7 anni da quelle indagini scopriamo che Belsito e il figlio del Senatur, Renzo Bossi, hanno fatto ancora affari insieme. Una storia inedita che ci ha messi sulle tracce della Tera Nostra, una società aperta a Londra proprio da Bossi con un capitale sociale di 1,5 milioni di sterline e poi chiusa dopo poco tempo. Un viaggio tra imprenditori nel mondo dell'arte, visionari, fiduciari e cavalieri prima a Londra, poi a Malta, Lugano e infine a Bucarest, per capire se una parte dei 49 milioni di euro fosse stata distratta in conti offshore e società all'estero.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

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