31 ottobre 2023

Presa diretta – intelligenza artificiale

Sono sorpreso come da una rappresentazione statistica si possa creare una previsione del mondo: anche Horvitz, capo dei ricercatori di Microsoft, non ha ben chiaro il modo con cui “lavora” l’intelligenza artificiale.

Sappiamo però che cambierà la nostra vita: ci consente ora di parlare altre lingue, costruirà un corso (di qualsiasi materia) con un finto avatar che presenta i contenuti. Questo è quello che si può fare ora con ChatGPT.
Ci sono imprenditori che, con ChatGPT hanno inventato un’azienda, che non esiste realmente, che vende magliette e felpe con loghi creati dall’intelligenza artificiale.
L’uomo, Joao Ferrao Dos Santos, è solo un assistente umano che deve negoziare il suo stipendio con l’AD, ovvero ChatGTP.

Si possono creare nuovi brand, articoli, ricerche: l’intelligenza artificiale costa meno di un giornalista free lance.
Costano anche meno dei venditori online, quelli che ti chiamano al telefono per aiutarti in un acquisto: NL Pearl è un’azienda israeliana che ha realizzato assistenti virtuali indistinguibili da quelli umani. Basta ChatBot che parlano come robot: Pearl può essere addestrata per avere una sua sensibilità. E non deve essere pagata quando è in ferie o in malattia.
Tutti gli umani saranno sostituiti nei call center.

ChatGPT ha lasciato senza parole persino i suoi inventori: in 5 giorni ha raggiunto milioni di utenti, è l’invenzione più rivoluzionaria dopo internet, secondo Bill Gates.
Non serve essere programmatori per usarla, ha una interfaccia utente come ogni servizio online: ChatGPT sa indovinare la sequenza di parole che ci interessa, sa riconoscere gli errori e, per gli utenti premium, sa anche parlare.
Dietro c’è OpenAI un laboratorio con la missione di creare una intelligenza artificiale per tutto il mondo: dietro c’è Elon Musk e Artman, inventore di Dropbox e AirBnb.
Nasce come no profit, Open AI, nel 2019 cambia forma, per raccogliere dei fondi: entra Microsoft nel 2019, che investe miliardi di dollari in questo progetto.
La start up californiana si trasforma in una azienda meno Open, col rischio che questa tecnologia rimanga nelle mani di pochi: si quali informazioni si è addestrata, su quali computer?

Per comprendere come sono fatti questi supercomputer, su cui si addestra l’intelligenza artificiale, Presadiretta è andata a Bologna a visitare Leonardo, uno dei più grandi computer al mondo: ha una grande capacità computazionale, necessaria per elaborare informazioni per l’AI, che si appoggiano ad una rete neurale simile a quella nel nostro cervello.
Leonardo è composto da 25mila server, con km di tubi di acqua per raffreddarlo e altrettanti km di cavi che collegano i server tra loro.

Che applicazioni si possono realizzare con questa tecnologia? Persone non vedenti possono essere aiutate da App montate sul cellulare “Be my eyes”, che raccontano del mondo attorno che non possono vedere.
Che libro ho un mano? Che quadro ho in mano? Cosa posso cucinare con quello che ho in cibo?

L’intelligenza artificiale generativa sta trasformando anche il mondo dell’istruzione: si scrivono relazioni e tesi da studenti pigri.
Ci aiuterà in casa, non solo accendendo le luci, ma dandoci le informazioni cercandole in rete, gestendo gli elettrodomestici di casa. Come un altro essere umano in casa.

Secondo Matt Wood, di Amazon, l’intelligenza artificiale impatterà la nostra vita più di Internet: Alexa sarà considerata come una di famiglia, imparerà a conoscere i nostri gusti.
GPT4, secondo i ricercatori di MS, dimostra scintille di intelligenza generale, sa fare qualunque cosa possa fare un cervello umano. Ovvero GPT4 ha risolto un captcha, gli strumenti per riconosce se di fronte al video è un umano, ricorrendo all’aiuto di un umano, “non ci vedo bene”.

Sono emerse anche proprietà emergenti, cose che non ti aspetteresti in una macchina, parlare di filosofia e di fisica, è capace di vedere: secondo Horvitz GPT4 la macchina crea una rappresentazione del mondo, “come se tutte le storie digitalizzate aiutano il computer a comprendere il mondo ..”.
Viene in mente Hal 9000, non proprio un esempio positivo del futuro che ci aspetta.

L’intelligenza artificiale ha aiutato anche a comprendere la struttura molecolare delle proteine: questo grazie al lavoro di Deepmind, di AlphaFold, che ha accelerato il lavoro dei ricercatori, che oggi grazie all’algoritmo hanno in pochi minuti una previsione della struttura molecolare che devono solo verificare.
Se domani dovesse arrivare un nuovo virus come il Covid, in pochi minuti avremmo la visione della sua struttura, risparmiando tempo e anche vite umane.
L’algoritmo può essere usato per trovare nuove medicine: è il lavoro che stanno facendo in Svizzera a Losanna, partendo dalla molecola colpita dal tumore.

A Seattle c’è il più grande laboratorio per creare le proteine: da una cellula cancerogena possono, potenzialmente, arrivare a medicine per curarle.
Lo hanno fatto a Boston, nel laboratorio di Bioingegneria, dove grazie all’intelligenza artificiale hanno trovato un antibiotico resistente ai nuovi batteri.

Ma servono soldi, servono strutture: qui il pubblico dovrebbe guidare, ma alla fine tutto questo potere è nelle mani di poche compagnie private.
Una sessione di training di ChatGPT costa 100ml di dollari – racconta una ex ricercatrice di Google Meredith Whittaker, licenziata dal colosso perché non voleva collaborare con l’esercito.
L’intelligenza artificiale ha un lato oscuro, racconta a Presadiretta: poche aziende si sono arricchite coi nostri dati personali, con cui hanno costruito questi modelli. Sono Google, Amazon, Facebook.
Gli stessi che hanno guadagnato fino a ora continueranno a guadagnare coi nostri dati: non saremo noi i diretti beneficiari, nemmeno i governi e nemmeno le università.
Come faremo a fare la ricerca sull’intelligenza artificiale se non si hanno i mezzi? Se questa tecnologia è chiusa?

L’Europa ha pianificato di spendere 2 miliardi di dollari, Microsoft nello stesso anno ne ha speso il doppio di miliardi: globalmente nel 2021 le aziende private hanno speso 340 miliardi di dollari, ua cifra superiore a quella che i governi nel mondo hanno speso.
Le aziende private si sono lanciate in questa corsa all’oro: si stanno accaparrando i migliori ricercatori, i migliori docenti che vengono tolti dalle università, prosciugandone la possibilità di ricerca.

Questo costringe i governi a fare accordi con le aziende private: così Amazon entrano nelle università, e questa è una grande forma di influenza, si crea una grande concentrazione di potere, chi critica questo modello delle industrie private è tenuto lontano dalla ricerca, dai fondi.

Non possiamo permetterci che sia solo l’industria privata a lavorare sull’intelligenza artificiale, perché queste hanno interessi diversi, si preoccupano solo del profitto. E non della ricerca contro le malattie, per esempio.


L'illusione della realtà e la realtà illusoria.

L’intelligenza artificiale consente di realizzare immagini e video falsi: case bombardate, persone che osservano le rovine, immagini che susciterebbero grande commozione. Peccato che siano false: siamo immersi in un mondo di immagini, racconta a Presadiretta la fotografa Zanon e oggi con queste tecnologie si creano foto indistinguibili o quasi dal vero.
Come possiamo fidarci allora di quello che vediamo? Crolla la nostra empatia, diventeremo tutti più diffidenti? Se nemmeno i video sono più la testimonianza di una realtà, che futuro ci aspettiamo? Solo una serie di possibili verità alternative…
Oppure, di fronte ad una immagine vera, potremmo pensare che, non è reale, è stata creata con ChatGPT.

Con l’intelligenza artificiale sono proliferati i siti generati da BOT, siti che portano clienti verso altri portali per fare profitto: sono siti di politica, sanità, attualità e che diventano la lente con cui guardiamo il mondo.
Con ChatGPT le notizie false possono proliferare o, meglio, non è in grado di bloccare notizie false.

Anche le nostre relazioni sociali potrebbero cambiare: Replika è un altro frutto dell’intelligenza artificiale che crea un amico artificiale, coi nostri gusti. Sono software che forse potranno anche aiutare qualcuno, ma ci renderanno sempre più distanti dagli altri.

30 ottobre 2023

Anteprima Presa diretta – intelligenza artificiale

In Inghilterra a presiedere la commissione sull’intelligenza artificiale il governo ha messo un ricercatore di 38 anni. Con esperienza nel settore dell’AI. In Italia il governo Meloni ha scelto l’ultra ottantenne Giuliano Amato: anche da questo si capisce quanto sia diverso l’interesse verso questo mondo dalla nostra classe politica, capace solo di pensare alla propaganda dell’oggi (sulla finta riduzione delle tasse, sulla guerra ai migranti), senza alcuna competenza per comprendere queste nuove tecnologie né voglia di pensare all’Italia di domani.

L’intelligenza artificiale è considerata la rivoluzione tecnologica del secolo, cambierà ogni aspetto della nostra vita, il lavoro, la scienza, le relazioni, ma chi ne sarà il proprietario? Non certamente noi, nemmeno l’Europa, che sta perdendo l’ennesimo treno.


Al termine del servizio ci sarà un reportage molto accurato sulla tragedia di Cutro, il naufragio di migranti avvenuto lo scorso febbraio dove sono morti 94 persone, per la maggior parte donne e bambini.

La scheda della puntata:

L'intelligenza artificiale e il naufragio di Cutro
Con “Intelligenza Artificiale”, in onda lunedì 30 ottobre, alle 21.20 su Rai 3, PresaDiretta propone l’ultimo appuntamento della stagione. Obiettivo anche sul  naufragio di Cutro. L’Intelligenza Artificiale promette di cambiare in meglio la nostra vita, è una rivoluzione, una rottura totale tra il prima e il dopo. E già adesso molte di quelle promesse sono realtà. Grandi opportunità, dunque, ma quali sono i rischi?  L’AI è una tecnologia che ha permesso alla scienza di progredire in modo impensabile, in tutte le sue discipline. Per la biologia, ad esempio, basta un dato: dal dopoguerra a due anni fa erano state scoperte 200mila strutture di proteine, oggi grazie all’AI siamo arrivati a 200 milioni.
Per essere sviluppata però, l’Intelligenza Artificiale ha bisogno di grandi capitali in grado di far lavorare macchine gigantesche, con enormi quantità di dati. Fino a pochi anni fa questa tecnologia veniva sviluppata quasi esclusivamente nelle più importanti università, poi il settore privato ha fiutato l’affare e ha cominciato a investire. Enormi investimenti e reclutamento delle migliori menti al mondo che nessuno Stato può permettersi. Qualche numero: nel 2021 l’Unione Europea ha investito nel settore 1 miliardo di euro, lo stesso anno il settore privato ha investito più di 340 miliardi di dollari. E il trend è destinato a crescere.
Quali saranno le conseguenze di questa concentrazione di potere e di ricchezza? E le strepitose opportunità offerte dall’AI per combattere il cambiamento climatico o le grandi malattie, saranno compatibili con gli interessi dei privati proprietari di questa tecnologia?
A seguire, l'inchiesta di PresaDiretta sul naufragio di Cutro. Cosa è successo la notte del 26 febbraio 2023, quando a poche centinaia di metri dalla costa calabrese, sono morti in mare più di 100 migranti? Cosa non ha funzionato nella macchina dei soccorsi? La ricostruzione di quelle ultime drammatiche ore attraverso la lettura dei documenti e con le voci dei primi soccorritori accorsi sulla spiaggia, le testimonianze dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime, i video esclusivi inviati dalla barca. 
“Intelligenza Artificiale” è un racconto di Riccardo Iacona, con Lisa Iotti, Giuseppe Laganà, Irene Sicurella,
Eugenio Catalani, Fabio Colazzo, Alessandro Marcelli, Massimiliano Torchia.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

Report – desideri sauditi

Falda e faldoni di Lucina Paternesi

Il riso Vialone nano è molto pregiato in Europa ed è il primo ad aver vinto la denominazione IGP: viene prodotto anche nel piccolo comune di Sorgà a Verona, dove il Vialone viene ancora servito alla vecchia maniera.
La regione ha concesso un fondo da 400mila euro per promuovere il Vialone nano, ma la stessa regione ha approvato la realizzazione di una discarica per “car fluff” vicino ai campi, dove arriveranno tutti gli scarti delle autovetture non riciclabili, proprio vicino ai campi dove è presente una falda pregiata.
Gli abitanti del paese si sono arrabbiati contro la regione, siccome non hanno avuto ascolto, hanno dunque minacciato di istituire un referendum per andare in Lombardia.
In tutta Europa viene mandato negli inceneritori, la regione Veneto ha autorizzato una azienda privata
a creare un impianto proprio in questo piccolo comune, maliziosamente si può pensare perché porta pochi voti ed è lontano dalle grandi città.

Secondo i dati dell’azienda privata, la falda sarebbe a cinque metri, ma al comune risulta che la falsa si trova sotto un metro di terra di profondità: la regione su cosa ha fatto la valutazione?

Il geologo del comune ha fatto le valutazioni assieme a Report e la falda è a 1,73 metri: la regione Veneto ha preso per buoni i dati dell’azienda RMI, del gruppo Cordifin, ora comprata dal gruppo Rotamfer che gestisce un’altra discarica nel bresciano, finita sotto indagine. Poi è finito tutto tra assoluzione e prescizione.
In questo comune temono l’inquinamento della falda ma anche fenomeni di combustione interna, già verificatesi nell’altra discarica “car fluff” di RMI a
Sora.
LA regione ha fatto altre verifiche nel comune di Sorgà? Non pare, così il sindaco si è rivolto al TAR.

RMI ha offerto denaro al comune per compensazione dei disagi, ma il comune ha rifiutato: non è solo un problema ambientale, ma anche di traffico, per tutti i camion che dovrebbero passare sulle piccole strade del paese.
Il comitato anti discarica ha deciso di indire un referendum per finire sotto la provincia di Mantova, da sempre contraria all’opera: al momento il TAR ha sospeso i lavori e così la regione dovrà riaprire il procedimento.

Zero in condotta di Luca Bertazzoni

I deputati di FI è andato in commissione di Vigilanza TV per accusare la condotta cialtronesca di Report, perfino criminale: la fonte di Forza Italia esiste veramente e semplicemente Bertazzoni l’ha tutelata non mostrandone il volto. Tajani ha voluto pure dare lezioni di giornalismo a Report: ma nessuno dei senatori e deputati ha saputo smentire quanto riportato dalla fonte. Dove sarebbero le diffamazioni, dove sarebbero le azioni criminali?
Il buco di 90 milioni di Forza Italia? I bilanci in rosso?

Tutta fuffa dicono.
E per questo hanno convocato Ranucci in commissione?

Desideri sauditi di Daniele Autieri

L’Arabia Saudita si propone come king maker mondiale per la risoluzione del conflitto in Ucraina e a Gaza: dopo l’inchiesta sul soft power del Qatar, Report ha cercato di capire chi siano gli uomini del soft power saudita, in che modo si muove, con lo sport washing e con le pressioni per portare Expo e mondiali a Ryad nel 2030.
Ma dalle scorie dell’attentato alle Torri Gemelle emerge un altro imbarazzo contro l’Arabia: la verità su questo attentato non è ancora stata scritta, manca chi ha aiutato e addestrato gli attentatori in America.
I parenti delle vittime, come Bret Eagleson, si stanno battendo per far emergere questa verità: il padre di Bret
dopo l’attacco alle Torri, dove lavorava, era tornato in ufficio per recuperare dei Walkie Tokie da dare ai vigili, pochi minuti dopo la Torre sud crollò.
La storia che è rimasta oggi è che i 19 attentatori non avevano conoscenza dell’inglese, avevano pochi soldi, ma non è così.
Nel 2021 il presidente Joe Biden firma un ordine esecutivo per declassificare alcuni documenti top secret della CIA e dell’FBI, sono i documenti dell’operazione Encore, un’inchiesta segreta aperta nel 2006 da FBI.
Kenneth Williams era un agente in servizio all’FBI tra il 1991 e il 2017: “l’operazione Encore ha portato a galla attività di numerosi individui impiegati dal governo Saudita e in particolare dal ministero per gli affari islamici che hanno dato supporto agli attentatori fin
dall’arrivo negli Stati Uniti nella California del sud.”
Quali sono le prove che dimostrano il coinvolgimento del regno Saudita nell’11 settembre?
“All’arrivo degli attentatori negli Stati Uniti d’America nell’aeroporto internazionale di Los Angeles, l’Imam di una moschea di Los Angeles finanziata dai sauditi gli ha assicurato assistenza e protezione. Poco dopo, un altro saudita, Omar Al Bayoumi, che al tempo viveva a San Diego, si è messo in viaggio verso LA dove ha incontrato diversi terroristi presso un caffè.”
Secondo le indagini del Bureau, Al Bayoumi era in realtà un agente del regime saudita e teneva rapporti diretti con l’allora ambasciatore a Washington DC, il principe Bandar Bin Sultan, membro della famiglia reale ma anche grande amico della famiglia Bush.

Le indagini dell’FBI hanno trovato dei contatti telefonici tra Al Bayoumi e l’ambasciata saudita, in particolare con un funzionario di nome Al Jarrah, che lavorava col ministero degli affari islamici presso l’ambasciata a Washington.
Tutto questo ci fa dire, continua il signor Eagleson, “che gli attentatori quando arrivarono qui due anni prima trovarono una cellula istituzionale saudita vicina ad Al Qaeda, che li stava aspettando negli Stati Uniti per assicurargli supporto. Questa cellula li ha aiutati a trovare alloggi, denaro, ad imparare l’inglese. Li ha perfino iscritti alle lezioni di volo ..”
Grazie ai risultati delle indagini dell’operazione Encore i familiari delle vittime degli attentati alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 hanno intentato un processo presso la Corte Federale di New York contro il Regno Saudita.

In quel processo è consulente di parte anche Kenneth Williams: l’FBI non gli ha concesso di assistere alle famiglie dell’11 settembre, perché il governo americano non voleva rovinare le buone relazioni col governo saudita.
Questo processo imbarazza il governo americano e quello saudita: la lobby saudita è molto influente in America, sui politici, sui media, sull’industria dell’intrattenimento.
O anche sui legami con l’industria degli armamenti: ogni anno l’Arabia compra armi per miliardi, spende soldi per esercitare la sua influenza nelle segreterie dei presidenti, sui membri del Congresso.

L’ambasciata araba si
affaccia provocatoriamente su via Khashoggi,: ma ormai sono passati diversi anni dall’omicidio del giornalista, l’indignazione è già passata da parte del governo americano.

O
ggi il governo di Bin Salman si sta proponendo come mediatore presso le democrazie europee per la risoluzione dei conflitti, questo sebbene le tante ombre sulla violazione dei dritti civili.

Con il suo fondo sovrano PIF l’Arabia compra azioni delle grandi multinazionali, è dentro le banche d’affari, dentro il fondo Black Rock, è azionista di Nintendo. In Italia il PIF sta trattando l’acquisto di ville e hotel in Italia.
Freedom iniziative è una piccola organizzazione che in America lavora per il rispetto dei diritti civili nel mondo arabo:
a Report hanno raccontato di come con l’arrivo di Moamed Bin Salman la repressione nel paese è cresciuta.
Secondo un rapporto dell’ONU e della Cia sarebbe
proprio lui dietro l’omicidio del giornalista Khashoggi: ci sono degli scambi tra l’agente che ha diretto l’agguato col principe, gli uomini del commando facevano parte della cerchia di MBS, i jet che sono stati usati dagli uomini del commando fanno parte di una società del fondo PIF, lo stesso fondo che sta pagando gli stipendi miliardari delle stelle del calcio in Arabia, Benzema, Neymar, Ronaldo.

Cacio e sport sono diventate una piattaforma per affermare una autorevolezza politica, come hanno fatto prima gli oligarchi russi: i soldi per il calcio servono a ripulire la propria immagine per i crimini commessi in Yemen e nel loro paese.

Il sogno di MBS è ospitare un mondiale di calcio: per questo sogno l’Arabia ha cercato la sponda dell’Italia, avvenuta per tramite di diversi incontri con la Federcalcio italiana.
Nel 2020 – racconta il servizio di Report – ci fu un incontro tra l’ex presidente Conte e esponenti di Ryad per presentare il progetto di un mondiale a tre con l’Egitto, incontro
a cui partecipò anche il presidente Fifa Infantino e quello della FGCI Gravina. Infantino propose un mondiale a tre con Egitto e Arabia. Ricorda Conte che “già dall’incontro col consigliere diplomatico Benassi convenimmo che non c’erano le condizioni per costruire un progetto del genere.”

C’è stato anche un altro incontro tra Bin Salman e Conte nel corso del G20 in Argentina a fine 2018 (a ridosso dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, il 2 ottobre 2018) e in quella occasione in un incontro bilaterale l’ex presidente espresse il suo disappunto per quell’omicidio “inaccettabile” (in un contesto in cui c’era un forte imbarazzo da parte dei leader europei – così ricorda Conte) “gli dissi che l’unico modo per uscirne era consentire un processo con osservatori internazionali ..”

Nonostante i no di Gravina e Conte, gli incontri dei sauditi in Federcalcio andarono avanti.

Pur di portare avanti il loro progetto di un mondiale a tre con Egitto e Italia i sauditi si propongono come mediatori sulla questione Regeni, : la fonte anonima dentro la Federcalcio racconta al giornalista di Report di come un giorno arrivò una lettera col timbro confidenziale e la firma del presidente della Federazione “in realtà però dietro c’era il governo saudita che di fatto parlava al governo italiano .. si proponevano come mediatori per cercare di risolvere la crisi tra il governo italiano e quello egiziano per via dell’omicidio Regeni e sul caso Zaki”.

Sfumato il campionato del 2030, l’Arabia sta puntando ai mondiali del 2034: la nostra supercoppa verrà disputata in Arabia, dietro l’accordo per 150 ml, dentro cui ci sarebbe anche l’acquisto di una squadra italiana. Tutti investimenti per migliorare l’immagine di Bin Salman nel mondo.
Ma la realtà è diversa: in Arabia le donne sono condannate per aver guidato l’automobile, specie le attiviste che si battono per i diritti civili.
I prigionieri politici rinchiusi nelle carceri sono torturati, rischiano la condanna a morte: altro che rinascimento calcistico, comprando squadre di calcio e campioni.

Anche la Champions League è a rischio?

Il fondo saudita sarebbe stato interessato anche all’acquisto della Fiorentina – racconta Daniele Autieri: la società è in un momento di crisi anche per la situazione dello stadio, su cui c’è un vincolo che ne blocca la demolizione. Il presidente Comisso avrebbe voluto usare i fondi anche del PNRR, ma il senatore Renzi aveva criticato l’utilizzo del PNRR bloccando il progetto.

Il direttore generale Barone in una intervista telefonica a Report ha raccontato di questa notizia dell’interessamento degli arabi, uscita in un momento di crisi per la società.
Barone (DG della Fiorentina)
racconta anche di un messaggio ricevuto da parte dell’ex premier Renzi in cui si proponeva un incontro con gli amici dove si giocava la supercoppa (gli arabi).
Erano i giorni in cui Renzi attaccava il comune e la squadra per l’uso dei fondi pubblici per la costruzione dello stadio: “gli arabi non sono interessati alle squadre di calcio” risponde
l’ex presidente a Report, nessuna mediazione, sono solo un tifoso della Fiorentina, “voi pensate solo ai soldi”.

I legami tra Bin Salman e Renzi sono noti, come anche i bonifici ricevuti in questi anni per le sue conferenze. Ha partecipato anche all’evento del fondo FII, nella Davos del deserto.
Come anche è
altrettanto noto che, nel governo Renzi nel 2016, sono state vendute armi in Arabia, usate nel conflitto in Yemen, un conflitto in cui sono morte migliaia di civili.

Sono bombe prodotte in Sardegna, dalla RWM nel Sulcis, un territorio bellissimo e poverissimo, come le lontane terre dello Yemen.
Dopo il blocco col governo Conte, il governo Meloni ha ri-autorizzato la vendita di armi in Arabia:
i rapporti con questo paese sono cambiati tanto che oggi esiste un intergruppo di “amicizia” col paese arabo nel Parlamento italiano, che era pure presente all’evento romano al Saudi Village. Questi parlamentari dovrebbero vigilare sul rispetto dei diritti civili: un parlamentare in forma anonima ha raccontato di incontri tra gli arabi e questi parlamentari, facendo loro regali, invitandoli ad eventi.

Esiste una forma di pressione sui parlamentari italiani da parte del governo arabo?
La senatrice Murelli, membro dell’intergruppo di amicizia, ammette che il problema è Report: “so che l’ambasciatore
saudita non vi rilascia l’intervista e non la rilascio nemmeno io ..”

Il servizio pubblico ha il diritto dovere di sapere se i nostri parlamentari sono liberi nelle loro scelte o meno, chi ha pagato i loro viaggi oppure no?

L’Arabia ha investito 500 miliardi di dollari nella città del futuro, Neom che, come la rosa del deserto, spunta dal nulla del deserto e le acque calde del mar Rosso: qui si vorrebbe che fosse ospitato l’Expo del 2030.

Varrebbe 50 miliardi il giro d’affari per l’Expo: per vincerlo servirebbe il voto di 100 tra i delegati del bureau a Parigi, il BIE.
Il consenso per prendersi l’Expo si compra con gli investimenti: la sponsorizzazione della Roma e l’acquisto della catena degli alberghi di lusso che garantirebbe a CDP una plusvalenza da 200 ml.

Un modo per rendere più digeribile a Roma che dovrà accettare la sconfitta per Expo?

Da una parte il finanziamento nascosto e le pressioni, anche presso il BIE (dove in Francia hanno ingaggiato un uomo delle istituzioni), dall’altra il finanziamento alla luce del sole ai paesi in via di sviluppo o in situazione di crisi: anche Cuba è finita in questo giro di investimenti, soldi per costruire una moschea in cambio dell’appoggio per il voto su Expo.

Un consulente del BIE racconta dell’atteggiamento di sudditanza dei vertici del bureau nei confronti dell’Arabia: pochi giorni prima del voto, la maggioranza dei votanti del BIE (che arrivano dalle ambasciate) sono ospiti a Ryad.

Nessun giorno vi cancelli dalla memoria”: questa la frase scritta sul memoriale delle vittime dell’11 settembre a NewYork. Ma la memoria a quanto pare può essere messa da parte, se dall’altra parte ci sono i soldi, le sponsorizzazioni, i regali.

29 ottobre 2023

Anteprima inchieste di Report – la rete di influenza dei sauditi

Tre i servizi che andranno in onda questa sera: il soft power saudita e l’ipocrisia occidentale (per cui pecunia non olet). L’incidente a Mestre, che non è stato di certo causato dalle batterie elettriche del bus. Infine una storia incredibile sul Veneto che per un’ordinanza sull’interramento dei rifiuti.

Il soft power saudita

L’Arabia Saudita è il nuovo king maker del mondo, in un rapporto strano con le potenze occidentali da una parte e con i paesi del gruppo Brics dall’altra (come ha raccontato lunedì scorso il servizio di Presa diretta). In bilico tra le ombre interne di una dittatura e l’immagine di sinceri riformatori che viene venduta all’estero.
Per vendere questa immagine positiva comprano le stelle del calcio mondiale, realizzano i progetti più costosi e avveniristici e puntano ad ospitare mondiali di calcio ed Expo nel 2030.
Chi sono gli uomini del soft power arabo?

Il servizio di Daniele Autieri parte da molto lontano, dall’11 settembre 2001, dall’attacco di Al Qaeda alle Torri Gemelle: per anni si è raccontata la storia di 19 attentatori dalla scarsa conoscenza dell’inglese, pochi soldi a disposizione, ignoranza totale della cultura occidentale, assoluta inesperienza nel pilotaggio dei grandi aerei. Capaci però di portare a termine il più grave attacco terroristico della storia degli Stati Uniti.

Brett Eagleson è il figlio di una vittima di quell’attentato: “22 anni dopo i cittadini americani, il mondo intero meritano di sapere cosa è accaduto veramente l’11 settembre, chi ha aiutato gli attentatori e in che modo siano riusciti a realizzare quel piano”.
Nel 2021 il presidente Joe Biden firma un ordine esecutivo per declassificare alcuni documenti top secret della CIA e dell’FBI, sono i documenti dell’operazione Encore, un’inchiesta segreta aperta nel 2006 da FBI.
Kenneth Williams era un agente in servizio all’FBI tra il 1991 e il 2017: “l’operazione Encore ha portato a galla attività di numerosi individui impiegati dal governo Saudita e in particolare dal ministero per gli affari islamici che hanno dato supporto agli attentatori fin negli Stati Uniti nella California del sud.”
Quali sono le prove che dimostrano il coinvolgimento del regno Saudita nell’11 settembre?
“All’arrivo degli attentatori negli Stati Uniti d’America nell’aeroporto internazionale di Los Angeles, l’Imam di una moschea di Los Angeles finanziata dai sauditi gli ha assicurato assistenza e protezione. Poco dopo, un altro saudita, Omar Al Bayoumi, che al tempo viveva a San Diego si è messo in viaggio verso LA dove ha incontrato diversi terroristi presso un caffè.”
Secondo le indagini del Bureau, Al Bayoumi era in realtà un agente del regime saudita e teneva rapporti diretti con l’allora ambasciatore a Washington DC, il principe Bandar Bin Sultan, membro della famiglia reale ma anche grande amico della famiglia Bush.

Vi ricordate il film di Michael Moore Fahrenheit 11/9? Nel film del 2004 si parlava già di tutto questo, in internet si trova ancora un articolo di Guido Olimpio del 2006 sui grandi misteri attorno all’11 settembre:

Mistero numero 3

Ci porta in California, e precisamente a San Diego, dove vivono due sauditi assai intriganti: Omar al Bayouni e Osama Basnan. Il primo è stato dipendente governativo, e si è poi stabilito sulla costa occidentale degli Usa. Il senatore repubblicano Bob Graham ha precisato alla rete Cbs che l’Fbi lo aveva schedato come membro dei servizi segreti sauditi. È lui ad assistere, nel 2000, Khalid al Mihdar e Nawaf al Hazmi quando arrivano da Los Angeles. Paga l’affitto di un appartamento e aiuta insomma due degli attentatori dell’11 settembre. Sosterrà di averli conosciuti per caso in un ristorante, e sempre per caso l’incontro coincide con una visita al consolato del regno. Omar non chiarirà mai la sua posizione, in quanto andrà all’estero nel 2001, due mesi prima dell’attacco.

I legami di Osama Basnan sono ancor più interessanti. Ha ricevuto forti somme di denaro dall’ambasciatore saudita negli Stati Uniti, il principe Bandar Bin Sultan (foto sotto, Reuters), e da sua moglie, la principessa Haifa. Bandar è da decenni uno degli uomini più influenti del regno, ed è amico personale del presidente George W. Bush. Che lo riceveva persino più spesso del segretario di Stato Colin Powell. La verità di Basnan sarà sempre la stessa: il denaro era una donazione per curare e assistere la moglie. No, ribattono gli accusatori: i soldi sono finiti nelle mani o nelle tasche dei dirottatori, o meglio degli organizzatori del più grave attentato della storia recente. Basnan verrà espulso, senza conseguenze legali. L’idea prevalente è che i sauditi — a titolo personale o perché hanno obbedito a ordini? — abbiano costituito una sorta di base avanzata per il team incaricato di compiere le stragi. A gestire il team sarebbe stato il diplomatico Fahad al Thumairy, ritenuto assai vicino agli ambienti più estremisti e dunque pericolosissimo. Nel 2003 gli verrà negato l’ingresso negli Usa.

Le indagini dell’FBI hanno trovato dei contatti telefonici tra Al Bayoumi e l’ambasciata saudita, in particolare con un funzionario di nome Al Jarrah, che lavorava col ministero degli affari islamici presso l’ambasciata a Washington.

Tutto questo ci fa dire, continua il signor Eagleson, “che gli attentatori quando arrivarono qui due anni prima trovarono una cellula istituzionale saudita vicina ad Al Qaeda, che li stava aspettando negli Stati Uniti per assicurargli supporto. Questa cellula li ha aiutati a trovare alloggi, denaro, ad imparare l’inglese. Li ha perfino iscritti alle lezioni di volo ..”
Grazie ai risultati delle indagini dell’operazione Encore i familiari delle vittime degli attentati alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 hanno intentato un processo presso la Corte Federale di New York contro il Regno Saudita.

Sarebbe la prima volta negli Stati Uniti che una corte federale condanna un governo straniero: questo darebbe al mondo un messaggio molto forte e potente – è sempre il signor Eagleson a parlare - “ovvero che le vittime del terrore non dimenticheranno mai.”

Torniamo ai giorni nostri: l’Arabia sta puntando molto sulla gara per Expo 2030 e i mondiali di calcio (se sono andati al Qatar, perché non l’Arabia?), arrivando anche ad avvicinare politici stranieri e italiani. Daniele Autieri ha intervistato un parlamentare italiano “Ho partecipato ad incontri a porte chiuse ma non sono mai stato in Arabia Saudita ..” racconta al giornalista, aggiungendo che nei viaggi in Arabia sono stati offerti molti regali ai nostri parlamentari.

Sul Fatto Quotidiano è uscita una anticipazione del servizio dove si parla dell’attivismo del senatore Renzi, che provò ad fare da intermediario tra i proprietari della Fiorentina e Ryad

“Così Renzi offriva ai sauditi di Bin Salman la Fiorentina”

SPORTWASHING - “Matteo il tifoso” attaccava sullo stadio di Firenze, ma faceva arrivare proposte al dg viola Barone per conto di Riya
DI VINCENZO IURILLO 
29 OTTOBRE 2023

L’ex sindaco di Firenze, Matteo Renzi, tifa Fiorentina. E questa non è una notizia. Lo è invece quella che il nostro Renzi d’Arabia, l’amico del principe regnante dell’Arabia Saudita, Bin Salman, provò a intermediare un incontro a Riyad tra il management della squadra viola e gli “amici” sauditi dell’ex premier, che sarebbero stati interessati all’acquisto della Fiorentina. Nei mesi scorsi, infatti, il senatore Renzi ha inviato un messaggino al direttore generale della Fiorentina, Joe Barone, braccio destro del presidente Rocco Commisso, per proporre questo incontro.

Si usa lo sportwashing e i mega progetti per conquistare l’opinione pubblica mondiale, come il progetto per la città di Neom che, come la rosa del deserto, spunta dal nulla del deserto e le acque calde del mar Rosso: qui il regime ha investito 500 miliardi di dollari per costruire una metropoli ultra moderna, una delle frecce nell’arco del principe Bin Salman per convincere il mondo che l’Arabia è il posto ideale per ospitare i grandi eventi del 2030, contesi con Roma.
Un consulente del Bureau International des Expositiones (l’ente che valuterà le candidature) racconta a report “a me la cosa che mi ha fatto impressione è che alcuni dirigenti BIE, quando gli arriva la telefonata del saudita che lo cerca anche a livello apicale, sbiancano.”


Moamed Bin Salman è l’erede al trono scelto da re Salman, l’ultimo rappresentante della famiglia Saud che dal 1926 guida l’Arabia Saudita. Per alcuni è un riformatore, per altri un tiranno spietato: secondo un report della CIA e dell’Onu è lui il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.
Ma il calcio è uno strumento formidabile per far dimenticare le violazioni dei diritti umani e costruire un consenso unanime attorno all’Arabia Saudita: prima di vincere un mondiale (magari con Mancini come allenatore) il sogno di MBS è di ospitarne uno.

L’obiettivo è far diventare la lega calcio araba una delle prime dieci al mondo entro il 2030: chissà fino a quando la champions League rimarrà in Europa.
Daniele Autieri, oltre ad aver intervista l’ex presidente Renzi sulla vicenda della Fiorentina, ha intervistato anche l’ex presidente Giuseppe Conte: ci fu un incontro nel 2020 in cui l’Arabia presentò il suo progetto per i mondiali del 2030 a cui partecipò anche il presidente Fifa Infantino e quello della FGCI Gravina. Infantino propose un mondiale a tre con Egitto e Arabia. Ricorda Conte che “già dall’incontro col consigliere diplomatico Benassi convenimmo che non c’erano le condizioni per costruire un progetto del genere.”
Lo stesso consigliere Benassi conferma la ricostruzione “Me ne parlò Conte esprimendomi più di un pensiero di perplessità. Allora partire lancia in resta con l’Egitto, in pieno caso Regeni eccetera, lei immaginava che, insomma, destava qualche perplessità d’immagine per il nostro governo. Feci proprio un sondaggio su indicazione del presidente, mi disse ‘veda di approfondire..’ però la posizione iniziale, insomma, ci fa alzare più di un sopracciglio.. ”
C’è stato anche un incontro tra Bin Salman e Conte nel corso del G20 in Argentina a fine 2018 (a ridosso dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, il 2 ottobre 2018) e in quella occasione in un incontro bilaterale l’ex presidente espresse il suo disappunto per quell’omicidio “inaccettabile” (in un contesto in cui c’era un forte imbarazzo da parte dei leader europei – così ricorda Conte) “gli dissi che l’unico modo per uscirne era consentire un processo con osservatori internazionali ..”
Racconta il servizio che a volere questo mondiale condiviso sarebbe stata l’Arabia che identifica nel nostro paese la porta d’ingresso per l’Europa, ma ha bisogno del supporto del più fedele degli alleati, l’Egitto.
Il parlamentare Erasmo Palazzotto fu presidente della commissione di inchiesta su Regeni: “I sauditi, soprattutto in una prima parte hanno molto sostenuto l’Egitto quando era escluso dai consessi internazionali.”
Ci sono state pressioni da parte dell’Arabia sul caso Regeni dunque? Sarebbe da escludere “Che si siano interessati non mi è mai apparso in nessuno degli elementi di approfondimento” – ricorda Palazzotto – “su questo punto abbiamo scavato molto.”
C’è stata anche una mini-trattativa tra la federazione dell’Arabia che ha coinvolto sia la FGCI che il governo Conte, dopo il primo diniego: una consulente di Federcalcio rivela a Report che dopo i primi incontri ce ne furono altri in cui gli arabi presentarono un piano dettagliato su come mettere su i mondiali, “Gravina è sempre stato contrario all’ingresso dei sauditi in Italia.
Tutto confermato da quest’ultimo, “abbiamo deciso con molta fermezza di non condividere questo appoggio di una candidatura a tre.”
E gli altri incontri dei sauditi in Federcalcio? Erano incontri precedenti a questa ipotesi dei mondiali – spiega Gravina – “arrivammo ad una convenzione che prevedeva una collaborazione in diversi settori, collaborazioni che già prevediamo con diversi paesi”. La partnership poi saltò quando fu evidente che l’Italia non era d’accordo con la scelta del mondiale a tre.

Sul tavolo non c’è lo sport, ma la conquista di un peso geopolitico nel Mediterraneo e in Europa che il regno è disposto a raggiungere a qualunque costo anche andando sopra la nostra sovranità nazionale, racconta il servizio: la fonte anonima dentro la Federcalcio racconta di come un giorno arrivò una lettera col timbro confidenziale e la firma del presidente della Federazione “in realtà però dietro c’era il governo saudita che di fatto parlava al governo italiano .. si proponevano come mediatori per cercare di risolvere la crisi tra il governo italiano e quello egiziano per via dell’omicidio Regeni”

La scheda del servizio: Desideri sauditi di Daniele Autieri

Collaborazione di Federico Marconi e Carlo Tecce

Immagini di Giovanni De Faveri, Davide Fonda, Alfredo Farina, Cristiano Forti, Paolo Palermo e Marco Ronca

Ricerca immagini di Alessia Pelagaggi

Montaggio di Andrea Masella

Grafiche di Michele Ventrone

Le opache operazioni per ottenere l’assegnazione dell’Esposizione Universale del 2030.

Gli incontri segreti dei parlamentari; le mediazioni dei politici italiani sugli affari del calcio; i viaggi pagati dai sauditi; le ingerenze politiche sul caso Regeni che arrivano fino alla presidenza del Consiglio di allora; le opache operazioni per ottenere l’assegnazione dell’Esposizione Universale del 2030 che si deciderà il prossimo 28 novembre a Parigi. Il piano del Regno Saudita per conquistare una leadership geopolitica tra i paesi arabi e un consenso diffuso tra i paesi del blocco occidentale ha come obiettivo anche l’Italia, il primo paese dell’Unione europea che dal 2019 viene scelto per penetrare politicamente il Vecchio Continente. Un piano che Report ricostruisce con documenti e testimonianze finora inedite. Per la prima volta emergono le attività di pressione e lobbying esercitate negli Stati Uniti, in Europa ma anche su parlamentari italiani, così come gli incontri a porte chiuse organizzati a Roma alla presenza di membri del governo saudita. Sullo sfondo il grande circo del calcio mondiale, dove l’Arabia Saudita ha trasformato la più grande e dispendiosa campagna acquisti nella storia in una strategia per la conquista del consenso globale, che ha coinvolto anche la Federcalcio e l’ex Ct della Nazionale Roberto Mancini. Oggi però il Principe ereditario Mohammad Bin Salman deve fare i conti con le conseguenze degli attentati di Hamas del 7 ottobre, che avevano tra gli obiettivi anche quello di far saltare il dialogo di pace avviato tra l’Arabia Saudita e Israele con gli Accordi di Abramo, e che riaprono il dibattito sul ruolo della monarchia saudita nella regione.

La tragedia di Mestre

All’indomani della tragedia, il ministro delle infrastrutture aveva pubblicato un tweet dove si faceva intendere come dietro l’incidente di Mestre (che causò 21 vittime) ci fosse anche un problema coi bus elettrici e le loro batterie, che si incendiano facilmente.
Il servizio di Report si occuperà invece dello stato di manutenzione del guardrail: perché il guardrail era interrotto in un punto e comunque era inadatto?
L’assessore alla mobilità del comune di Venezia ha spiegato che il progetto realizzato da Anas è stato realizzato anni fa con quei varchi. Un progetto vecchio dunque fa intendere l’assessore, ma nel 2001 Anas ha ceduto quel tratto al comune: la legge sulle barriere stradali è del 1992 e prevederebbe un guardrail più alto e continuo, ma questo viadotto è stato costruito 30 anni prima e perciò a quella legge non è soggetto, è rimasto lì senza che nessuno se ne preoccupasse.
A chi spettava la manutenzione? C’è un atto commissariale, ha risposto l’assessore, che dice che la manutenzione è del comune. Il progetto per la sostituzione dei gardrail risale al 2018 ma l’approvazione per il finanziamento è arrivata solo nel 2022 e prevede l’uso di 5,4 ml dai fondi del PNRR.
Colpa dei tempi lunghi delle gare, commenta l’assessore: si poteva almeno mettere in sicurezza quel tratto? Non faccio il tecnico – ha concluso l’assessore – ci sono dei periti del Tribunale che faranno le valutazioni su queste cose, “lasciate alla procura fare le loro indagini”. Come se fare domande ad un nostro rappresentante fosse un ostacolo alle indadini..
La giornalista voleva porre qualche domanda al sindaco di Venezia Brugnaro ma quest’ultimo ha risposto che no, a Report non intende concedere interviste, “report no per carità”. Il sindaco ce l’ha ancora per quella volta in cui Walter Molino, uno dei reporter della trasmissione, aveva chiesto al sindaco se avessero aggiornato la pratica antimafia su una azienda che oggi gestisce in concessione un bene del comune: “siete lo schifo dell’Italia” aveva risposto Brugnaro.
La colpa di Report è essere una trasmissione faziosa: forse perché altri giornalisti non pongono certe domande, scomode, difficili al sindaco. Per esempio come mai sono stati approvati i lavori su un altro cavalcavia, quello sulla rampa Rizzardi finanziato con fondi del Mise.
I nostri rappresentanti devono imparare ad avere un rapporto più sereno coi giornalisti, anziché accusare di faziosità le persone, devono rendere conto delle loro azioni.
Ma gli autisti hanno ricevuto formazione per guidare questi bus elettrici?
Secondo l’azienda La Linea SPA, l’autista riceve una formazione, perché ha un diverso sistema di frenatura, perché elettrico.
Report ha intervistato un ex autista dell’azienda che a Venezia usa questi bus elettrici e che racconta una realtà diversa da quella raccontata dal manager: i corsi di formazione per questi bus non sarebbero stati fatti, “i bus sono arrivati, lo abbiamo solamente provato il giorno prima e il giorno dopo siamo andati lì, abbiamo fatto una riunione .. ci hanno spiegato l’impianto frenante, le batterie in alto, l’energia dove va e come se la prende.”
La riunione sarebbe stata fatta dopo l’incidente, non prima, racconta l’autista:


La scheda del servizio: La tragedia del bus di Giulia Presutti

Collaborazione di Lidia Galeazzo e Andrea Tornago

Immagini di Paolo Palermo e Davide Fonda

Ricerca immagini di Alessia Pelagaggi e Paola Gottardi

Montaggio di Sonia Zarfati, Andrea Masella

Grafica di Giorgio Vallati

Il 3 ottobre scorso un pullman con a bordo 35 turisti è precipitato da un cavalcavia di Mestre.

Nello schianto sono morte 21 persone mentre le altre 15 sono state portate in ospedale con ferite gravissime. Secondo i primi rilievi, il bus si è accostato a destra strusciando sul guard rail per quasi 50 metri. Poi è precipitato in corrispondenza di un varco di servizio. Ma perché la continuità della barriera era interrotta da un'apertura che si è rivelata fatale? E perché il bus, guidato da un autista esperto, sembra esser stato negli ultimi istanti privo di controllo? Il tratto di strada dove è avvenuto l'incidente è sottoposto alla gestione del Comune, che stava svolgendo dei lavori per la messa in sicurezza del viadotto, ma non li aveva ancora terminati. Il bus, invece, è di proprietà dell'azienda Martini Bus, controllata da La Linea Spa, e fa parte di una flotta di 20 pullman elettrici prodotti dal colosso cinese Yutong che sono l'avanguardia della mobilità a zero emissioni. Per l’incidente, intanto, la procura ha iscritto nel registro degli indagati due tecnici del Comune e l'AD di La Linea.

Riso ai veleni

Dal Veneto arriva questa storia incredibile che racconterà Lucina Paternesi: Sorgà è uno dei pochi comuni del veronese dove si può coltivare la qualità di riso chiamata Vialone nano, le risorgive creano l’ambiente ideale per la raccolta del chicco a fine estate. Il Vialone nano è la ricchezza di questo territorio lo sa bene la regione Veneto che ha concesso un finanziamento di 400 mila euro per promuovere i suoi prodotti IGP. Da un lato la regione promuove, dall’altro azzoppa: accanto ai campi di riso si sta preparando la discarica di “car fluff”: un’enorme montagna che andrebbe a raccogliere circa il 40% del car fluff nazionale, lo scarto non riutilizzabile derivante dalla demolizione delle autovetture.

La scheda del servizio: Falda e faldoni di Lucina Paternesi

Collaborazione di Giulia Sabella

Immagini di Davide Fonda, Marco Ronca e Andrea Lilli

Montaggio di Sonia Zarfati

Grafica di Giorgio Vallati

Come è possibile che la Regione Veneto abbia permesso a un’azienda privata di interrare quei rifiuti a due passi dalle risaie?

Tra i 24 comuni del veronese in cui si coltiva il riso vialone nano, tra i più pregiati e l’unico insignito del marchio I.G.P. in Europa, c’è anche il piccolo comune di Sorgà, in provincia di Verona. Tra un campo di riso e l’altro, però, incombono le ruspe che hanno iniziato gli scavi per realizzare una discarica per rifiuti speciali non pericolosi: il “car fluff”, un pulviscolo contenente tutto ciò che non si può più riciclare dalle auto che rottamiamo. Come è possibile che la Regione Veneto abbia permesso a un’azienda privata di interrare quei rifiuti a due passi dalle risaie e dalle acque pure che inondano quei terreni? Il terreno su cui sorgerà la discarica è privato, l’azienda l’ha acquistato e ha iniziato a pagarlo prima di ottenere il via libero definitivo dalla Regione, nonostante la contrarietà della comunità locale. Ma non è l’unica stranezza. Secondo il progetto che l’azienda ha presentato alla Regione la falda acquifera si troverebbe ben al di sotto di dove si dovrà scavare; è toccato alla piccola amministrazione di Sorgà rifare tutti i rilievi sul terreno fino a che il Tar ha sospeso gli scavi e ora si dovrà pronunciare sul futuro della discarica e del piccolo Comune. Ma quanto è costato tutto questo?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

26 ottobre 2023

Il piccolo libraio di Archangelsk di Georges Simenon


 

Fu un errore mentire. Se ne rese conto nel momento stesso in cui apriva bocca oer rispondere a Fernard Le Bouc. E solo per timidezza, per mancanza di disinvoltura, non cambiò le parole che gli salivano dalla bocca.

«E' andata a Bourges» disse.

Le Bouc, mentre risciacquava un bicchiere dietro al bancone, chiede;

«La Loute vice ancora là?».

E lui, senza guardarlo: «Credo di si».

Erano le dieci del mattino e, poiché era giovedì, nel mercato fervevano le attività.

Nella copertina di questo piccolo gioiello di Simenon compare un uomo che di spalle osserva l'interno di una libreria: perfetta rappresentazione di quello che succede al lettore, preso per mano e portato dentro la vita di questo mite libraio, Jonas Milk, da anni abitante in un paesino del Berry la provincia francese, dove per tutti è sempre e solo il "sognor Jonas". Protagonista di questo racconto che inizia con una fuga, la moglie di Jonas che si chiama Gina, per finire in tragedia.

Una tragedia che è nata da una piccola bugia, uscita per caso, nemmeno senza troppa malizia: al bar del signor Ferdinand Le Bouc, dove ogni giorno era andato a prendere il suo caffè, gli viene chiesto della moglie.
Non è andata a Bourges, come racconta alle persone del bar che incontra.
In realtà, come leggeremo qualche pagina avanti, è uscita la sera avanti, dicendo che sarebbe andata ad accudire il figlio di amici, per poi non ritornare.
Non è tornata la notte e nemmeno la mattina appresso.
Per vergogna, o forse anche per nascondere anche a sé stesso quello che forse aveva già capito, Jonas ha raccontato quella bugia che, sa già, potrebbe essere smontata subito.
Perché non è la prima volta che Gina va via di casa per tornare poi dopo qualche giorno, dopo essere stata da uno dei suoi amanti.

Scappata, dunque, senza nemmeno una borsa, senza soldi. Sarebbe lui la vittima, Jonas, se non fosse che lui in quel paese non è mai riuscito a farsi considerare uguale agli altri, sebbene questo fosse sempre stato il suo sogno. Lui, figlio del quartiere dove tutti si conoscono, figlio ma non del tutto. Anche per quel suo carattere mite, per essere stato a lungo scapolo. E per aver sposato la sua Gina, di cui conosceva bene tutte le chiacchiere che giravano nel paese, per poter continuare la sua vita tranquilla. No, forse non solo per questo: anche per dare a Gina, l’irrequieta Gina che era entrata a casa sua come domestica a ore, un po’ della sua tranquillità.

«.. non sono il tipo di ragazza che può rendere felice un uomo come lei».
«
Non è di me che mi importa».
«
Di chi, allora?».
«
Di lei».
Era sincero. Mentre pronunciava quella parole traboccava di tenerezza al punto che non osava muoversi per paura di lasciarsi sopraffare dall’emozione.

D’altronde Jonas Milk ha sempre vissuto in un universo chiuso, sebbene nella sua prima infanzia si sia trasferito coi genitori dalla Russia fino alla Turchia, per arrivare poi in Francia a Parigi, dopo la rivoluzione russa: nessun parente, nemmeno i genitori, scomparsi in Russia per rintracciare il resto della famiglia (lui, no, doveva rimanere al sicuro in Francia, perché almeno un Milk doveva rimanere).
Non è mai stato geloso di Gina, dei suoi amanti, come non gliene mai interessato di quello che si diceva in paese.

Non era per sé che si angustiava tanto, e nemmeno perché si preoccupava del decoro o di quel che poteva dire la gente. Era per lei. Anche se gli aveva portato via i francobolli – che a parte Gina, erano ciò a cui teneva di più al mondo -, si sentiva comunque in dovere di proteggerla. Non sapeva ancora da cosa. Era in preda, soprattutto al mattino, a una vaga inquietudine..

Avrebbe potuto non dire quella prima bugia. Avrebbe potuto cercare di dire subito la verità, Gina è andata via. E invece quella bugia diventa per Jonas Milk una gabbia da cui non può più scappare. Deve costruirci sopra un castello di altre bugie. Sentendosi sempre più sotto il peso di qualcosa che lo sta un poco alla volta schiacciando.
Perché nonostante tra lui e la moglie non ci fosse un vero rapporto intimo, a volte lei nemmeno lo guardava, lo trattava male, Jonas provava per questa donna un senso di gratitudine perché si può dire che prima di conoscere questa ragazza molto più giovane di lui che era entrata nella sua vita portandosi dietro un “caldo odore di ascelle”, “era come se lui non avesse nemmeno vissuto”.

Questa vertigine per l’abbandono della ragazza si accompagna a qualcos’altro. La bugia, da piccola palla di neve, è cresciuta mentre scende a valle e diventerà presto una slavina, senza che Jonas riuscirà ad accorgersene in tempo.
Sono gli sguardi delle persone del suo quartiere, quello in cui voleva sentirsi come tutti gli altri, tanto da smettere di essere ebreo, battezzarsi, fare le loro stesse cose.
Sono sguardi via via più sospettosi, non solo quelle mezze parole della madre di Gina o del padre, sempre mezzo ubriaco.
O del fratello, che non aveva mai sopportato quel matrimonio.

All’improvviso Jonas scopre di essere osservato, che la sua vita, le sue abitudini, le sue azioni, sono state setacciate, esaminate, vivisezionate. E quello che per lui poteva essere la normalità, visto con altri occhi potrebbe sembrare un atteggiamento sospetto. L’atteggiamento di una persona pericolosa.
Eccolo, l’uomo che osserva dalla vetrina l’interno di una libreria: siamo noi quando giudichiamo dal di fuori, senza voler nemmeno avvicinarci troppo, una persona o un fatto.
Non basterà alla fine raccontare la verità al poliziotto che lo interroga, o al commissario che cerca perfino di capirlo, senza riuscirci fino in fondo. Perché quel peso della slavina è destinato a schiacciarlo, perché nonostante tutti i suoi sforzi alla fine non è riuscito ad per essere come gli altri e ad essere accettato. C’è una sola soluzione per scappare da quella gabbia in cui si trova.

Fino a qualche giorno prima credeva di esserci riuscito a furia di pazienza e di umiltà. Si era anche mostrato umile, infatti. Non dimenticava di essere uno straniero, di un’altra razza, nato nella lontana Archangelsk e trapiantato, in seguito alle vicende della guerra e della rivoluzione, in una piccola città del Berry.

Pagina dopo pagina, l’angoscia del protagonista diventa anche l’angoscia del lettore, per la bravura di Simenon nell’entrare nella psicologia del protagonista. Un uomo col destino segnato, come tanti dei protagonisti dei romanzi dell’autore belga.

La scheda del libro sul sito dell'editore Adelphi

Il blog dell'autore

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

24 ottobre 2023

Presa diretta – l’economia della guerra

Il gas è salito del 14%, come il prezzo del petrolio e del gas: come per la guerra in Ucraina, la guerra di Gaza ha fatto alzare il costo dell’energia. C’è la guerra e ci sono quelli che ci speculano sopra: la guerra ha fatto salire anche l’inflazione in Italia, di fatto la guerra la stiamo combattendo anche noi.

L’occidente ha cercato di combattere la Russia di Putin con la sanzioni, ma hanno funzionato?

Francesca Nava è andata a Stupina, vicino Mosca, ad incontrare Irina nella sua dacia di campagna: è una pensionata che si informa sulla televisione di stato, dunque appoggia Putin e la sua guerra, perché è necessaria, tutta colpa degli ucraini che lasciano dietro loro distruzione.
Le sanzioni? Sono felice per le sanzioni, faremo le cose in casa, risponde Irina.

Lanfranco Cirillo è l’architetto di Putin, ha progettato il suo palazzo sulle rive del mar Nero: è ricercato dall’interpol, vive da oltre 30 anni a Mosca con una cittadinanza onoraria russa.

Questo imprenditore è stato ambasciatore del made in Italy in Russia, ha portato i miliardari russi in Sardegna, gli amici di Putin: è accusato di frode dalla procura di Brescia, accuse che oggi respinge.
Racconta a Francesca Nava che gli oligarchi russi erano accolti coi tappeti rossi in Italia: sulle sanzioni ha le idee chiare, Cirillo, semplicemente non stanno funzionando.
La maggior parte della popolazione del mondo non ha sanzionato Putin, noi compriamo la benzina dall’India che viene dalla Russia.
Qui si trova tutto per lo shopping: il made in Italy, anche prodotti sotto sanzione, anche i marchi del lusso. L’effetto politico delle sanzioni è fallito perché la guerra non si è fermata: lo spiega bene sia il sociologo Gudkov che la ricercatrice dell’ISPI Ambrosetti. In Russia le auto tedesche arrivano in Russia passando dal Kazakistan: oggi l’Europa vorrebbe colpire queste triangolazioni.
Ci sono però anche imprenditori italiani che hanno scelto di rimanere in Russia, solo il 10% delle aziende italiane ha lasciato la Russia che rimane, piaccia o meno, un mercato molto attrattivo, lasciare il mercato russo è doloroso, se te ne vai ce ne sono altre di aziende pronte a prendere il tuo posto.

Siamo venuti qui per fare un piacere al nostro paese, racconta Torrembini, presidente dell’associazione delle imprese che lavorano in Russia. Non vogliono sentirsi criminalizzati, le sanzioni non hanno fatto cadere la Russia, scegliamo un’altra strada – racconta a Presadiretta. Anche perché l’economia di guerra in Russia sta facendo crescere il PIL: la spesa militare raddoppierà nel 2024, arriverà al 6% del PIL, a dispetto delle sanzioni, la Russia ha aggirato i controlli prendendo i beni di cui ha bisogno da altri paesi.
Torrembrini ammette candidamente che noi occidentali abbiamo fatto una scelta masochista, pagheremo l’energia di più.

Lodigiani è un imprenditore agricolo in Russia, in una regione della Russia dove è anche console: il settore merceologico è stato colpito dalle sanzioni già nel 2014, racconta a Presadiretta.

Adesso la Russia comprerà le macchine agricole dalla Cina, e il made with Italy non ci sarà più.

Le sanzioni hanno riconfigurato l’economia russa in senso autarchico: i prodotti alimentari non sono più importati dall’Italia ma prodotti in Russia, perfino ricotta e mozzarella.
Donato Parisi è un imprenditore napoletano che lavora in Russia dove produce latticini proprio a Mosca: il metodo tradizionale per fare i formaggi è stato spostato a Mosca e i consumatori russi sono anche contenti.

Ci sono anche ristoratori italiani a Mosca: i prodotti italiani arrivano lo stesso, nonostante le sanzioni, col contrabbando, “abbiamo tutti, anche più di prima, perché qui stanno aprendo caseifici”.

Siamo arrivati dunque al pizzaiolo russo: Valentino Bontempi è un ristoratore italiano che possiede diversi locali, importa dall’Italia quello che non è bloccato dalle sanzioni, il resto è auto prodotto in Russia.

C’è però il settore tecnologico: la Russia dipendeva dalle importazioni dall’occidente e la Cina non riesce a colmare le importazioni in questo campo.
Il punto, racconta la ricercatrice dell’Ispi, è che la Russia è destinata a rimanere isolata in termini di ricerca scientifica, culturale.

Cambiando le esportazioni e le importazioni per la sua economia, la Russia si sta preparando ad un nuovo ordine mondiale: nell’area di Stupino Quadrat la Russia ha creato una zona speciale per attirare imprese straniere. Ci sono anche impianti della Barilla, che oggi però ha abbandonato il paese.
Le sanzioni hanno bloccato gli investimenti qui in Russia, lasciando spazio agli asiatici, turci, indiani e cinesi, racconta la direttrice del distretto industriale.
È una sostituzione di partner industriali: in questa sfida chi sta vincendo saranno le aziende che rimarranno in Russia, che sta portando avanti una sua battaglia contro le imprese che vogliono andarsene, arrivando a dei veri e propri espropri.

Chi sono i protagonisti del nuovo ordine mondiale? I Brics, con nuovi attori, come Vietnam e Iraq. L’occidente non è più al centro di questo ordine, conclude la direttrice di Stupino Quadrat.

In studio il giornalista Fubini ha spiegato come, senza sanzioni, avremmo continuato a finanziare la guerra di Putin: l’occidente ha sopravvalutato il potere delle sanzioni, noi non potevamo continuare a vendere la mozzarella in Russia facendo finta di niente.
Non è vero, ha continuato Fubini, che le cose vanno bene in Russia: mancano lavoratori, o perché nell’esercito o perché sono scappati.

C’è ipocrisia sulle sanzioni, ma la Russia vale come l’economia come il Belgio e il Lussembrugo, non è tra le prime dieci destinazioni dell’esportazione, ha continuato il giornalista del Corriere.

Il vertice di Johannesburg

Presadiretta, lo scorso agosto è andato al Brics Summit, l’incontro dove è stato sancito l’accordo per includere nuovi membri, Arabia, Iran e Emirati Arabi Uniti: il Brics rappresenta il 36% del pil mondiale e una buona fetta dei produttori di petrolio.

Dentro i Brics, un ruolo fondamentale lo ha la Russia di Putin: qui il presidente russo ha tutti gli alleati, dall’India alla Cina. Il sud del mondo sta con la Russia e non con l’occidente e gli Stati Uniti.
Presadiretta è stata l’unica trasmissione italiana presente eppure questo summit è stato molto importante per i paesi africani, che qui espongono i loro prodotti.
Anche prodotti per scopi militari sono esposti in questa fiera: il mercato dei paesi in via di sviluppo fa gola a tanti paesi, i Brics propongono di non usare il dollaro (che è diventato una moneta pesante) per gli acquisti ma le monete locali.

Tanti paesi, nostri partner, vogliono entrare nei Brics, dall’Egitto all’Algeria.

Ma, racconta il giornalista Fakude, l’ingresso di Iran e di altre autocrazie, fa paura: i sauditi sono i primi esportatori di petrolio e usano il dollaro. I sauditi sono alleati degli USA, ma intendono diversificare i loro mercati, anche verso la Cina.

I Brics hanno anche una banca che si chiama New Development Bank: stanno emettendo Bond in valuta cinese, fanno finanziamenti in rupie indiane in India, nel lungo termine non vogliono più avere a che fare col dollaro.
Cosa attrae i paesi africani nel Brics: l’occidente sta bloccando i finanziamenti al Sudafrica per la decarbonizzazione, chiedendo la chiusura delle centrali a carbone.
Il Sudafrica oggi è alle prese coi black out organizzati per questi problemi energetici: è un problema per l’economia, per le piccole imprese, per i commercianti, costretti a dover comprare dei generatori.

I black out causano problemi anche negli ospedali, dove le persone muoiono perché i macchinari si devono bloccare: la transizione energetica sta mettendo a rischio la sicurezza del paese, questo è quello che pensano in SudAfrica.
La Cina oggi si è impegnata per aiutare questo paese a superare i black out: le centrali di energia verde non bastano, la Cina ha donato generatori mentre l’Europa si sta importando il carbone che serve ai loro paesi.
Ecco, cosa attrae i paesi africani verso il Brics: il fondo monetario internazionale, la banca mondiale, il G7 sono il passato, il sud del mondo oggi sta guardando ai Brics come opportunità per crescere senza alcuna costrizione.

Il segretario dell’Onu Guterres era presente al summit dei Brics: ha ammonito i paesi presenti, il multilateralismo è un bene, ma qui si parla solo di affari, di scambi commerciali, ma mai dei diritti civili. I paesi dei Brics hanno fatto fatica a condannare la guerra in Russia perché con questo paese fanno affari.

Quello che tiene assieme i Brics, che dentro ha sia autocrazie che democrazie, è l’ostilità verso l’occidente – ha commentato Fubini: la Cina poi sta portando avanti una sua strategia per prendersi gli asset dei paesi a cui concede beni e aiuti.

La guerra di attrito in Ucraina

Mentre i due eserciti sono bloccati uno davanti l’altro in una guerra di posizione, la Russia sta bombardando le città ucraine, per terrorizzare la popolazione e distruggere l’economia che rimane in piedi.

Iacona è andato nella regione di Karkiv, nella città che da il nome alla regione: l’allarme antiaereo annuncia un attacco aereo, uno dei tanti sulla città. I russi hanno cercato anche di conquistarla con l’esercito. Le persone da qui se ne sono andate, per colpa della guerra, per non venire uccisi dalle bombe.

Questa è una strategia dei russi per far bloccare l’economia delle città ucraine, per spopolarle, per tenerle sotto pressione.

Poco fuori dalla città di Isum il servizio ha mostrato le fosse comuni, scoperte dopo che i russi hanno abbandonato la zona, dopo la confroffensiva ucraina che si è fermata a Bakhmut.

Dei morti durante la battaglia a Bakhmut non ne parlano i russi e nemmeno gli ucraini, perché danneggiano la propaganda di guerra.
Presadiretta ha mostrato i feriti di questa battaglia, gli invalidi, i soldati con le ferite visibili sul corpo e invisibili dentro: tutto questo è un altro prezzo della guerra.

Iacona ha incontrato la squadra di Medici senza Frontiere a Micolaiv: ha seguito il team di MSF mentre preparavano i laboratori mobili nei villaggi dove è passata la guerra, per visitare donne, persone anziane, portare medicine.

Da Micolaiv ad Odessa dove la guerra non ha risparmiato la cattedrale.

I russi hanno colpito i porti per bloccare le esportazioni del grano: anche questo fa parte della strategia di Putin, distruggere le aziende siderurgiche, distruggere l’economia agricola, con l’aumento dei disoccupati, di persone senza soldi da spendere.

Dagli alleati sono arrivati 42 miliardi di dollari, ma Putin punta ad una guerra di logoramento, puntando al fatto che i paesi occidentali si stanchino di finanziarla.

Tutto questo si somma ai costi per la ricostruzione, che aumentano per ogni giorno di guerra, una guerra che non vede ancora la fine.

La guerra a Gaza

950 bambini sono già stati uccisi, come risposta alle migliaia di morti israeliani di Hamas: nessun paese civile può accettare questa punizione contro un popolo.

Le guerre non porteranno mai da nessuna parte, non metteranno in sicurezza il popolo israeliano e nemmeno il popolo palestinese – racconta a Presadiretta una esponente del partito arabo di opposizione nella Knesset Aida Touma.

Israele sta militarizzando il paese, si vogliono armare i cittadini – spiega la deputata che oggi si sente tra l’incudine e il martello.

Israele è in guerra contro sé stessa: Orly Noy, attivista per i diritti umani la racconta così la protesta durata otto mesi contro le riforme autocratiche del governo israeliano.
Il governo ha spostato l’esercito a protezione dei coloni che occupavano i territori in Cisgiordania rendendo la zona attorno a Gaza vulnerabile.

La sconfitta di Hamas cambierà poco le cose, occorre comprendere come mai Hamas ha questo potere a Gaza.