Si teme una escalation nella guerra in Gaza, con i morti, i dispersi, gli ostaggi. E si teme anche azioni terroristiche di emulazione, come il killer che a Bruxelles ha ucciso due persone.
E poi i bambini che stanno pagando il prezzo più alto di questa guerra senza averne colpe: tutto è iniziato dieci giorni fa con l’azione terroristica di Hamas che ha colpito diverse zone oltre il confine, nei kibbutz, nel rave dove giovani ragazzi si stavano divertendo.
“Sono dei mostri” racconta una testimone che ha assistito alle morti, alle case date alle fiamme: uccidere i bambini non è un atto di libertà, è disumano.
1300 morti quelli di Hamas. La vendetta di Israele è spietata: tutta la popolazione palestinese viene colpita, senza acqua, corrente, beni di prima necessità. Una prigione dove la metà della popolazione (di oltre 2 ml di abitanti) sono bambini.
La situazione sta andando fuori controllo – raccontano i testimoni delle organizzazioni umanitarie da Gaza: rischiamo una catastrofe umanitaria, i raid non risparmiano nemmeno chi si occupa dei soccorsi.
Enas Kabar è una dottoressa palestinese che lavora a Tel Aviv: nella sua casa ospita oggi 20 bambini, cibo e acqua sono razionati, pensando a loro, ma è difficile calmare i bambini quando arrivano le bombe.
In vista dell’offensiva via terra, la popolazione civile è stata invitata ad evacuare la zona nord della striscia: ma si tratta di una evacuazione difficile, non tutti possono scappare.
Più dura la guerra in Ucraina più la guerra sarà legittimata nel resto del mondo, guerra chiama guerra, non c’è soluzione dentro la guerra se non l’allargamento del conflitto: le parole di Riccardo Iacona dovrebbero essere un monito per la classe politica, per i signori della guerra e del terrore.
I bambini rapiti in Ucraina
Presadiretta è andata a Kiev: qui una parte della popolazione è al fronte, altri se ne sono dovuti andare per l’arrivo dei russi.
Le città sul fronte hanno subito i bombardamenti, le violenze della guerra e gli abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case, come Yulia Sidorenko di Save Ukraine: oggi la sua associazione sta cercando di riportare in Ucraina i bambini che erano finiti in Russia, i bambini rapiti.
I russi appena
occupate le città nelle zone di Donetsk e Kerson si sono occupati
subito delle scuole e dei ragazzini, presi e deportati in campi, in
Crimea ad esempio.
Qualcuno di questi ragazzi è tornato, altri
sono rimasti presso famiglie russe: Save Ukraine si occupa oggi di
tenerli, di mandarli a scuola, vengono seguiti per tirar fuori da
loro il trauma della separazione dalla famiglia. Si deve cercare di
ricostruire un rapporto di fiducia con loro.
Iacona ha raccolto la testimonianza di una ragazza Ksenia, finita in Russia dopo essere stata separata dal fratellino e tolti dalla madre, che aveva problemi di alcolismo.
Ad aprile 2022 decide di tornare in Ucraina, assieme al fratellino: ottenuti i documenti che ne attestavano che fosse la sorella, li ha mandati alla famiglia adottiva in Russia e tra molte difficoltà, sono tornati assieme a Kiev.
Sergei è stato salvato dalla nonna Tatiana, con cui viveva a Kerson: dopo l’occupazione dei russi era finito prima in Crimea e poi in Russia.
I parenti di Nikita sono filorussi e hanno conteso i figli alla nonna Tatiana: la guerra ha creato fratture tra le famiglie che difficilmente saranno sanate. Figli strappati ai genitori per colpa della guerra, ragazzi tenuti lontano dai genitori per mesi, costretti a vivere in campi estivi per poi finire in affidamento a famiglie russe.
Dal lavoro di Save Ukraine è nato il mandato di arresto per Putin: hanno ricostruito storie di bambini portati via da parenti filo russi, da soldati e finiti in Russia.
In totale, dal 2014, sono 1,5 ml i bambini finiti nella federazione russa, la politica della Russia è di farne diventare dei cittadini russi, fedeli alla dottrina di Putin e distruggerne l’identità di ucraini.
Save Ukraine ha mandato una lista di 19mila bambini alla Russia, quelli di cui erano a conoscenza, ma si teme che siano molti di più: la Russia ha rubato dunque il futuro all’Ucraina.
La Russia ha un problema di calo demografico: per questo incentiva le famiglie che vogliono spostarsi in Russia, dandogli una casa e aiuti economici.
Per questo i soldati giravano per gli orfanotrofi (come a Kerson) per prendersi i bambini: Volodymir Sahaidak è riuscito a salvare tutti i bambini del suo orfanotrofio, affidandoli a parenti lontani o a famiglie che li hanno accolti prima che arrivassero i bambini. Volodymir stima che siano 2000 i bambini presi da queste strutture dai soldati.
La macchina della propaganda della Russia ha come compito quello di creare i futuri cittadini russi, cresciuti nella grandezza della nazione, del loro leader Putin.
Una macchina che si appoggia alle memorie dei veterani della seconda guerra mondiale, oggi contenti della guerra contro i traditori dell’Ucraina, contro Zelensky.
Propaganda che trova l’apice il 9 maggio, giorno della liberazione: nel discorso di Putin si parla dei nemici della patria, del rischio di finire nelle mani dell’occidente che vuole il collasso del paese, altro che guerra di invasione, quella che racconta Putin è una guerra di difesa.
Francesca Nava ha incontrato a Mosca le belle famiglie russe, che festeggiano la liberazione, coi figli vestiti con abiti militari come i soldati della seconda guerra mondiale.
Nelle scuole e nelle piazze si trovano cartelli che invitano i ragazzi ad arruolarsi, per difendere la patria: quello di Putin è un totalitarismo che copia da quello fascista – racconta il sociologo Gudkov – che non ha paura di esprimere il suo dissenso: i giovani vengono addestrati dal regime ad una futura vita militare, nelle scuole si inculca ai ragazzi l’idea che la Russia è circondata da nemici, gli stessi insegnamenti che giravano ai tempi dell’Unione Sovietica.
La storia viene cambiata per assecondare la propaganda: il presidente stesso dialoga con gli studenti, dove racconta nelle sue lezioni patriottiche che l’Ucraina non è mai stata una nazione.
Dopo la riforma della scuola, i libri di storia raccontano la storia russa arrivando a distorcere anche quello accaduto nell’epoca staliniana, spostando il baricentro verso oriente, allontanando i ragazzi dall’Europa. La civiltà umana sarebbe potuta finire se Putin non avesse iniziato la sua operazione speciale, questo raccontano i libri di testo nella scuola russa.
In queste scuole e su questi libri studieranno anche i bambini ucraini deportati illegalmente e diventeranno un giorno bravi cittadini fedeli a Putin.
“Noi teniamo i bambini lontani dalla politica” racconta Maria Belova – commissaria dei diritti dei bambini - alla giornalista di Presadiretta: le accuse ricevute dal Tribunale dell’Aja sono fumose, sono basate su documenti che arrivano dall’Ucraina e i campi di rieducazione sono in realtà campi dove i bambini passano le vacanze.
Infine le accuse dall’Aja che non sono un viatico per i negoziati – così ha concluso l’intervista alla Belova.
Nonostante la propaganda, la guerra di Putin non sta andando come vorrebbe: la fortezza Russia si è rivelata meno robusta di quanto il presidente vorrebbe.
Le parole che si sentono ripetere dai sostenitori di Putin suonano simili a quelle dei nostri sovranisti, la difesa della patria contro i nemici esterni. Si fa uso della minaccia nucleare, come arma per far paura all’occidente.
Ma la percentuale di persone contrarie alla guerra aumenta, come aumentano le persone che stanno abbandonando il paese: i ragazzi della movida si dimostrano molto freddi nei confronti della guerra, alcuni sono scappati all’estero, in Armenia, per sfuggire alla chiamata al fronte.
Scappare dalla cartolina della leva è sempre più difficile: il codice penale vieta di parlare di questa guerra, dei dispersi, dei renitenti.
Non esiste un database informatico per i capire chi possa essere arruolato: in assenza di questo il reclutamento in questo paese è un caos.
In Russia non si può parlare apertamente di quello che sta accadendo, non si può protestare (specie contro la guerra), non esiste opinione pubblica.
Questa guerra in Israele verrà usata da Putin per far uscire Mosca dall’isolamento in cui si trova – spiega l’analista Cristini – perché la Russia è legata ad Israele e anche alla Palestina (a cui ha fornito armi).
Cercherà di presentarsi come mediatore, per contrastare il ruolo degli Stati Uniti: è questo un periodo di destabilizzazione generale, non c’è solo l’Ucraina, ci sono i tentativi di golpe in Africa, frutto del disimpegno americano nel resto del mondo.
La Russia e la Cina stanno sfidando l’America per un nuovo ordine mondiale: per il momento la guerra è in una situazione di stallo e con l’arrivo dell’inverno la controffensiva ucraina si dovrà fermare.
La guerra si sta trasformando in una guerra di posizione – racconta Mirko Campochiari di Parabellum – chi si fermerà per primo, chi esaurirà per primo gli armamenti?
Bisognerebbe spostare la nostra economia in una economia militare, ma rimane da convincere l’opinione pubblica, sempre più fredda nei confronti della guerra, specie in America.
In Ucraina nessuno vince e tutti perdono e ora che è scoppiata la guerra di Israele a Gaza, l’attenzione del mondo si è spostata in medio Oriente.
Addio agli accordi
Come mai Hamas ha deciso di colpire adesso? C’è un legame tra questo attacco e gli accordi tra Iran e Cina e Arabia Saudita. Accordi che non hanno fatto piacere gli USA e ad Israele: l’Arabia stava firmando un accordo di pace con Israele, molto voluto dagli Stati Uniti che cercavano di arrivare ad una situazione di stabilità in Medio Oriente.
L’Arabia Saudita voleva cercare una situazione di terzietà, che però ha scontentato il regime iraniano e anche Hamas: oggi dopo questo attacco di Hamas è di fatto impossibile andare avanti con questi negoziati per i sauditi.
Questa guerra è un problema per Biden – spiegano gli analisti sentiti da Presadiretta – che oggi devono appoggiare Israele, devono presidiare militarmente il MO, dimenticandosi per il momento della Cina e del fronte del Pacifico.
Gli Stati Uniti vogliono evitare la catastrofe umanitaria a Gaza, una escalation della guerra, l’apertura del fronte nord, verso il Libano degli Hezbollah, di un fronte in Cisgiordania con le tensioni tra i coloni ebrei e i palestinesi. C’è poi la Siria e il mondo arabo che di fronte ad una strage di civili a Gaza non potrebbe rimanere fermo.
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