31 dicembre 2021

Un anno di competenti

C'eravamo lasciati, un anno fa, con le tensioni contro il governo da parte delle opposizioni interne ed esterne.

Perché il governo non chiede il MES all'Europa? O MES o morte..

Perché Conte si tiene la delega sui servizi e non fa come Gentiloni?

Perché questo governo lavora col favore delle tenebre, con le conferenze stampa la notte, coi suoi DPCM che (ci diceva il giurista Sabino Cassese) sono un vulnus della democrazia?

Che fine hanno fatto i piani per il pnrr? 

Serve una nuova legge elettorale, per riequilibrare il taglio dei parlamentari..

In piena terza ondata abbiamo vissuto una crisi di governo per passare dal Conte II (maggioranza PD, IV e M5S, con Leu) al governo dei competenti, con dentro anche Lega e Forza Italia, grazie Renzi, grazie Draghi.

Come ci ritroviamo dopo un anno di competenti?

Il governo Draghi ha proseguito coi suoi decreti, ha tagliato fuori il Parlamento e perfino i suoi ministri, che devono approvare le proposte in cdm senza leggerle troppo.

Ci ritroviamo alle prese con una nuova ondata di covid, col caos tamponi (guarda caso sempre qui in Lombardia, la regione delle eccellenze) e con l'incredibile scelta di togliere la quarantena ai contatti di covid ma asintomatici. Perché, come c'è stato detto nel marzo 2020, non possiamo bloccare il paese per quella che è poco più di una influenza.

Fate autosorveglianza ma non permettetevi di stare a casa, perché c'è da lavorare, lavorare e lavorare.

Altro che i fannulloni in smartworking, altro che i furbetti del reddito di cittadinanza.

Nei giornali, nelle settimane scorse, le manovre per il Quirinale rubavano la scena ad altre notizie forse più importanti: l'inefficacia del vaccino passati sei mesi, rendendo inutile e pericolosa l'estensione del greenpass oltre i sei-nove mesi.

Mentre nel paese le persone morivano sul lavoro, per i mancati controlli (perché le aziende vanno avvertite prima, come succedeva già al Mottarone, sulla funivia), sui giornali pagine e pagine dedicate alla discesa in campo di Berlusconi, ai santini degli altri papabili.

Il ministro dell'intransizione ecologica sembra più preoccupato di non infastidire la lobby del fossile, sul nucleare di nuova generazione (che ad oggi esiste solo sulla carta).

Questo governo che ha trovato modo di legiferare su bonus terme, sul servizio idrico, non ha fatto nulla su scuole e trasporti.

Non si devono mettere a gara le concessioni balneari, mentre i comuni devono giustificare la scelta di tenersi in casa questo servizio pubblico su cui gli italiani si erano già espressi col referendum del 2011.

Ma ai competenti tutto è perdonato. Per fortuna che c'è Draghi, che non mente agli italiani (e se lo fa, non ci sono giornalisti che glielo fanno notare, eccetto il reporter del FattoQuotidiano.it).

29 dicembre 2021

Prima gli italiani (sì, ma quali?) di Francesco Filippi

Gli italiani non esistono

Chi è italiano?

- "Chi abita in Italia!"

In Italia il primo gennaio 2020 risiedono egalmente cinque milioni e quatteocentomila persone che hanno cittadinanza estera, l'8,9% della popolazione.

- "E' italiano chi ha la cittadinanza italiana!"

Oltre cinque milioni e quattrocentomila possessori di cittadinanza italiana vivono stabilmente fuori dai confini del paese.

- "E' italiano chi parla italiano!"

L'italiano è la lingua ufficiale in Svizzera, dove oltre seicentomila persone di madrelingua italiana sono cittadini svizzeri, è la lingua ufficiale pure in Croazia, Slovenia, a città del Vaticano e a San Marino.

[..]

- "E' italiano chi ha origini italiane!"

Secondo le ultime statistiche i discendenti di italiani sparsi nel mondo, i cosiddetti "oriundi", sono tra i sessanta e gli ottanta milioni. Più di chi risiede in Italia.

- "E' italiano chi nasce sul suolo italiano!"

Questa definizione, che peraltro sembra tra le più lineari e semplici da applicarsi, al momento (2021) non è prevista nell'ordinamento giuridico italiano. Essere nato in Italia non basta per essere italiano, secondo la nostra legge, la legge italiana.

Caspita, quanto è difficile definire chi siano gli italiani, quelli a cui dare per primi certi diritti, quelli a cui garantire il welfare pubblico!

Chi sono gli italiani? Sono le persone che vivono all'interno dei confini geografici tracciati dalle Alpi e dal mar Mediterraneo, modificati più volte dall'unità d'Italia nel lontano 1861, l'ultima alla fine della seconda guerra mondiale?

Per definire chi siano gli italiani non vale nemmeno il concetto della cittadinanza italiana perché, come si è visto con la vicenda del calciatore Suarez, stavamo per dare la cittadinanza a persone che nemmeno parlano la nostra lingua.

Nemmeno il concetto di avere nonni o genitori che si potrebbero definire italiani va bene: molti di questi sono oggi cittadini stranieri che dovremmo includere tra i “veri” italiani..

Cosa vuol dire essere italiani, si chiede e ci chiede lo storico Francesco Filippi in questo interessante (e molto attuale) saggio: è una questione di cultura, sociologica, di colore della pelle?

Sono molte le domande che dovrebbero sorgere quando si pone il tema dell'identità nazionale, quella che i nostri sovranisti difendono strenuamente.

Il tema delle identità nazionali, scrive l'autore, nasce tra fine settecento e l'ottocento, un concetto vecchio di secoli, che poco di concilia con questo mondo iper connesso e globalizzato.

Il caso italiano, della sua identità nazionale, non spicca per originalità ed è, rispetto ad altri paesi europei, è anche relativamente recente, avendo la nostra nazione meno di due secoli di vita.

Ed è da due secoli che si combatte per costruire questa identità, all'interno di un territorio che comprende popolazioni che questa identità non la conoscevano o non la sentivano propria, non accettandola proprio.

Dal sito di Micromega:

Termini come “origine”, “territorio” o definizioni legali come “cittadinanza” appaiono solo tentativi, peraltro molto approssimati, di inquadrare un insieme reale assai più vasto e complesso.

Si tratta, secondo la definizione del sociologo Benedict Anderson, di una “comunità immaginata”, vale a dire di un insieme di persone che, pur non conoscendosi e non essendosi mai incontrato, sente di appartenere, tutto, a un gruppo definito che le distingue da altre persone.

Eppure, per quanto fittizio, frammentato e disomogeneo possa essere il racconto che tiene unito questo insieme di persone, esso è tutt’altro che irrilevante: perché nel corso del tempo, rimanendo solo al caso italiano, è riuscito a convincerle che lo hanno fatto proprio per prendere scelte economiche controproducenti, imbarcarsi in avventure dannose per i più, combattere, uccidere e infine morire. È il racconto di una madrepatria in pericolo che ha prodotto le centinaia di migliaia di morti nelle trincee della prima guerra mondiale; è la volontà di dare gambe al racconto della rinascita del Paese ad aver prodotto un miracolo economico sostenuto da salari bassissimi e scarsa sindacalizzazione negli anni Cinquanta e Sessanta; è il racconto della necessità per un “grande Paese” di avere una propria compagnia aerea di bandiera ad aver permesso di buttare miliardi di euro per tenere aperto un vettore senza prospettive economiche. Questo racconto viene definito “pubblico” non solo perché indirizzato a tutto l’insieme degli individui che compongono la possibile comunità, ma perché costruito, approvato e propagato da chi questa comunità la governa, dandone la visione ufficiale.

Nel corso dei vari capitoli Francesco Filippi racconta dello sforzo fatto dalle élite molto combattive riescono a creare una lingua comune (parlata da una minoranza), delle istituzioni (imposte dall'altro che mal si conciliano con i territori locali), sistemi di valore che vengono imposti all'interno dei confini che questo paese si è dato.

Per raccogliere i pezzi di questa identità quanto indietro si deve andare - si chiede l'autore? All'Italia di Roma antica e alla sua gloria, oppure all'Italia di Dante da cui abbiamo preso la lingua che sarebbe diventata l'italiano?

O alle repubbliche marinare che, libri di storia alla mano, erano proiettate verso il Mediterraneo e in guerra tra loro.

Chi siamo noi italiani? Gli eredi dei greci, dei romani, delle città stato rinascimentali?

La realtà è che la definizione di Italiani risale ad una popolazione che viveva dalle parti di Catanzaro, gli italioti. E i romani avevano un concetto di cittadinanza molto più esteso del nostro, usato per unire le varie popolazioni conquistate dando loro una legge comune da rispettare in cambio dei diritti dell'essere cittadino romano.

Che cosa unisce quell'insieme di città, territori, geograficamente situato tra le Alpi e i confini dei mari che ha trovato una unione dopo le guerre di indipendenza nel Risorgimento? Molto poco, di fatto: non la lingua, non una visione comune (che la maggior parte degli italiani di allora non aveva), non una visione politica (che non era di certo la stessa dei Savoia).

L'autore racconta gli sforzi fatti, sin dall'unità d'Italia, per costruirla questa definizione di italiani, sfruttando in modo retorico l'epopea risorgimentale e nascondendo tutti gli attriti nati con l'unione: la leva obbligatoria, la piemontesizzazione del paese, la calata da nord di prefetti e forze militari per combattere il fenomeno del brigantaggio.

Problemi che ancora dovevano essere risolti quando, i nostri governanti, decisero che il destino del regno sabaudo, la nuova Italia, dovessero realizzarsi andando a conquistarsi lo spazio al sole in Africa, impegnando in questa guerra coloniale risorse che avrebbero potuto essere meglio usate per uniformare il paese, combattere l'analfabetismo, la miseria delle zone rurali del paese.

Serviva una narrazione, uno storytelling avremmo detto oggi, per uniformare il paese, un ideale per cui valeva la pena morire: ecco allora la mitizzazione del Risorgimento, la creazione dei nemici esterni, l'Austria prima e la Francia, colpevoli di voler rendere succube l'Italia che invece doveva liberarsi delle sue catene per essere libera.

Ecco allora il libro Cuore, uscito nel 1886, diventato subito testo di lettura nelle scuole:

il libro di De Amicis parla parla di una società cittadina ad un'Italia ancora fortemente rurale; parla dei valori borghesi a un'Italia contadina; racconta del valore della cultura e dello studio a un'Italia ancora in maggioranza analfabeta. Cuore raccoglie storie di un'Italia totalmente maschile: le pochissime figure femminili sono personaggi di contorno..

Lo scoppio della prima guerra mondiale da, alle èlite e alla macchina della propaganda un altro strumento per dare agli italiani una visione e un ideale comune: la guerra per conquistare i territori irridenti, le zone del sud Tirolo e di Trieste, escluse dagli accordi della terza guerra di indipendenza e che ora reclamavano come parte del nostro territorio, parte della patria comune. Patria, confini sacri, iniziano a circolare queste parole (che sentiamo ancora ai giorni nostri) e che fanno pensare più ad un gergo religioso che non ad una questione di geopolitica.

Poco importa, per la propaganda che gli austriaci fossero nostri alleati, traditi per allearci a Francia e Inghilterra per sole questioni politiche, poco importa che fossimo noi gli aggressori nei confronti dell'Austria.
La prima guerra mondiale, coi suoi milioni di morti negli insensati attacchi alle trincee nemiche, con le decimazioni nei confronti di chi si rifiutava di andare all'attacco, col fango e il terrore delle bombe, per la prima volta fa scoprire a molti italiani il volto della patria.
Una nazione impreparata, provinciale, con tante ambizioni da grande potenza, ma che ha mandato alla morte i propri figli per un bottino ben misero. Che ha represso con la forza chi scioperava per condizioni migliori, accusato di antipatriottismo.

Ancora oggi si sente parlare della prima guerra mondiale come prosecuzione delle guerre risorgimentali, ma non fu così se consideriamo i lutti e i sacrifici enormi fatti e le promesse fatte al paese.

Il prezzo di questa guerra sarà anche il favorire la ricerca di nuovi modelli, l'italiano nuovo che risolve i problemi con la forza, spazzando via gli scioperanti e i governanti inetti.

Peccato che questo italiano nuovo vesta di nero, come la camicia dei fascisti, e che porterà l'Italia dentro il buio ventennio della dittatura.

La fine del fascismo mette temporaneamente da parte termini come patria o confini da difendere: l'identificazione ora avviene per l'appartenenza ai due partiti di massa e all'appartenenza alle due aree del blocco, il blocco occidentale e quello comunista.

L'arrivo del boom servirà a costruire una nuova immagine degli italiani desiderosi di comprare quegli elettrodomestici pubblicizzati nella televisione, comprarsi la macchina, secondo il copione della società dei consumi.

Nascondendo però tutto il resto: l'emigrazione di massa dal sud al nord, lo sfruttamento di questa massa di lavoratori con salari bassi, accusati di insidiare le donne, di non volersi adattare ai costumi del nord civilizzato, di rubare il lavoro perché accettavano salari bassi.

Tutte accuse che torneranno quando ad essere incolpati di questo saranno gli immigrati che arrivano da noi dal sud del mondo.

Rimaniamo comunque un paese pieno di fratture, su cui pesano gli anni della strategia della tensione fino al culmine del rapimento Moro che spazzerà via del tutto la possibilità di una conciliazione almeno politica tra i due grandi partiti di massa. Saranno i mondiali vinti nell'82 in Spagna a ridare un minimo di unità al paese, col ritorno del tricolore sventolato per strada e l'orgoglio di appartenere ad una nazione vincente.

Ma sarà un fuoco di paglia: gli anni ottanta terminano con i grandi stravolgimenti del secolo passato, la fine della prima repubblica, le stragi mafiose della mafia e il ricatto allo Stato, i trattati europei che cedono parte della sovranità nazionale a strutture superiori.

E poi l'arriva delle ondate migratorie, gli albanesi prima, i nordafricani poi, strumentalizzati da parte della politica per un personale tornaconto.

Altro che italiani popolo accogliente, avendo avuto un passato di emigrazione alle spalle: a partire da fine anni novanta si torna a parlare di confini da difendere anzi, di nuovi confini da tirar su, come la Padania, la strana macro regione del nord che secondo i sogni della Lega di Bossi avrebbe dovuto separarsi dall'Italia di Roma ladrona.

Chi sono gli italiani dei primi anni del duemila? Sono persone scottate dalla crisi, con una forte paura del futuro, precario e con poche speranze di veder migliorare la propria vita. Sono persone a cui i partiti (di destra, ma anche a sinistra) hanno indicato gli immigrati come nemico da cui difendersi.

Ancora una volta, i sacri confini, le donne da difendere, la patria.

Non sorprende a questo punto vedere Giorgia Meloni inginocchiarsi di fronte al monumento del Milite Ignoto a Roma, uno dei milioni di soldati uccisi magari nel corso di quegli attacchi scriteriati decisi dai nostri Stati Maggiori.

Siamo un paese dove la memoria è stata svuotata, dove si sono persi tanti riferimenti comuni, che avevamo almeno un tempo, tra cui l'antifascismo come base della nostra democrazia.

Si dice “prima gli italiani”, “padroni a casa nostra” intendendo il paese come un bene di proprio possesso, perdendo di vista il concetto di beni comuni, perdendo di vista la stessa democrazia.

Si comanda su ciò che si possiede, si ha il diritto di decidere per sé e per gli altri in un determinato ambito, quello di ciò che si sente proprio. In questo contesto si perde di vista anche il senso democratico del bene comune, perché “è mio e ne faccio quello che voglio, giusto o sbagliato che sia.” Un principio di proprietà da difendere anche praticando violenza contro chi pensa di insidiarlo.

Una visione sicuramente minoritaria, quella dei nuovi-vecchi sovranisti che ha dentro componenti xenofobe che intossica il discorso politico ogni giorno.

La difesa della famiglia tradizionale (che secondo i dati Istat del 2018 è solo il 33% delle famiglie italiane), del presepe, del rosario, delle immagini sacre nei luoghi pubblici. Del prima gli italiani, prima noi: senza spiegare cosa siano questi italiani di cui si parla.

La scheda del libro sul sito di Editori Laterza e qui il video di presentazione dell'autore.
Su Micromega è stato pubblicato un estratto del primo capitolo.
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

28 dicembre 2021

Report – i controlli sugli impianti sciistici e il cartello sulle scale mobili

Report ha ricostruito la tragedia del Mottarone, per capire le responsabilità ma anche come sono controllati i 200 impianti sciistici in Piemonte. Poi un viaggio in Cina per capire come va la pandemia e come viene tenuta sotto controllo.

Le smart TV: le stiamo comprando per il passaggio al nuovo digitale, ma come viaggiano i nostri dati? Nell'antprima, le scale mobili in Italia: come mai servono tanti mesi per le riparazioni?

Le fantastiche 4 di Roberto Persia

L'Italia è il secondo paese al mondo per ascensori, abbiamo la scala mobile più lunga al mondo, a Matera: ma la manutenzione di queste scale e ascensori è la gallina delle uova d'oro per le multinazionali che seguono questo settore.

Dell'importanza della manutenzione ce ne siamo accorti nel 2018 quando dei tifosi del CSKA furono inghiottiti a Roma, per un problema delle scale mobili, da cui è partita una indagine della procura.

Sono 4 le multinazionali che producono pezzi di ricambio e che condizionano il mercato e le aziende che fanno manutenzione: le ricadute sono a carico dell'utente, che si trova davanti impianti non sicuri e più costosi. C'è poi la questione delle manutenzioni che durano mesi, come successo a Roma per le scale mobili delle fermate del Policlinico e Castro Pretorio: serve una migliore programmazione degli impianti, spiega il neo assessore alla Mobilità.

Ma rimane il problema delle “fantastiche 4” che monopolizzano il mercato: l'Europa ha condannato il cartello messo in piedi da queste aziende Otis, Schindler, Kone e Thyssen Krupp che comunque continuano a gestire impianti in Italia.

Queste aziende costringono i clienti a ricorrere solo a loro, acquisendo le piccole aziende per concentrare il mercato in poche mani: si ammazza la concorrenza ai danni del libero mercato e dei clienti, per lo più aziende pubbliche, come i comuni di Assisi (impianti gestiti da Kone), Napoli (Otis Italia), che si ritrovano poi le scale ferme perché mancano pezzi di ricambio.

A Roma le scale mobili sono spesso chiuse, creando un danno d'immagine importante che si aggiunge al problema per la mobilità delle persone diversamente abili: qui sono presenti tutti e 4 i gruppi, l'ultima gara d'appalto è stata vinta da una associazione temporanea di impresa la Metro Roma SCARL per un bando di 3 anni, poi ritirato dalla sindaca Raggi dopo l'incidente dei tifosi. I quattro gruppi avevano fatto ostruzionismo non mandando i pezzi di ricambio?

Alla fine anziché stimolare la concorrenza si è ridotto il mercato a poche aziende.

Cronaca di una tragedia annunciata di Walter Molino

Il 23 maggio di quest'anno a Stresa una funivia si stacca, per il cedimento del cavo, precipitando nel vuoto: muoiono 14 persone tra cui due bambini, con un solo superstite.

Di fronte ai soccorritori si trovò di fronte uno scenario mai visto prima: i freni di emergenza non sono scattati perché bloccati, dai forchettoni, come ammesso dal capo servizio Tadini, il factotum della funivia.

L'altro protagonista è il direttore d'esercizio Perocchio, c'è poi il gestore Nerini, che gestiva l'impianto dagli anni settanta l'impianto che prima del covid era una vera miniera d'oro, per l'afflusso dei turisti che salivano in cima al Mottarone per godersi la vista delle montagne.

Un paradiso che il 23 maggio è diventato un inferno: dentro questa tragedia però non c'è solo fatalità, ma una storia di omessi controlli, perché in tante persone che hanno lavorato nelle funivie c'era la consapevolezza che non si gestiva l'impianto in sicurezza.

Tadini, di fronte ai magistrati, ha ammesso di aver messo i forchettoni per impedire blocchi all'impianto, perché quella mattina aveva sentito dei rumori sospetti.
Dopo questo i tre, Nerini Perocchio e Tadini vennero arrestati: i pm sostengono che sapessero di questa gestione superficiale dell'impianto. Dopo qualche giorno il GIP toglie l'arresto per i tre indagati, perché non è certo che sapessero.
Ma Report, nella sua ricostruzione dove ha intervistato anche ex dipendenti, ha scoperto che in tanti sapevano dell'uso dei forchettoni: Tadini ordinava ai conduttori della cabinovia di tenere i forchettoni e chi si opponeva veniva tranquillizzato, “prima che si rompa la fune ce ne vuole”..

Per non perdere 5000 euro d'incasso ogni giorno si dovevano far andare gli impianti coi forchettoni: ma gli altri sapevano o no?

La società di Nerini, dopo il lockdown, ha incassato 130mila euro, ma gravano anche le accuse sull'uso del nero, con schede di ingresso rivendute più volte, accordi con tour operator per non fatturare i costi. Sono tanti soldi incassati in nero da un privato in concessione: accuse da dimostrare ma che peggiorano il quadro.

I due indagati, Perocchio e Nerini sono rimasti a piede libero per mesi prima che il riesame sostenesse la necessità dell'arresto: in questi mesi hanno cercato di minacciare o condizionare dei testimoni? Il sorriso della PM alla domanda del giornalista è eloquente.

Il Tribunale ha creato due gruppi di periti, per la cabina e per la testa fusa per capire come mai la fune si sia rotta, ma servirà altro tempo per arrivare alla verità.

Questa è la volontà di chi decide – spiega uno dei consulenti del collegio: è stata decisa una proroga della perizia di un altro anno, quasi, fino a luglio 2022.

Sappiamo che la fune traente che si è spezzata andava bene, gli esami magneto induttivi erano stati fatti, serve aprire la testa fusa ora, ma servirà tempo.

I controlli sull'impianto del Mottarone e sulla fune sono stati fatto dalla Sateco nel novembre 2020, che ha fatto una ispezione con un magnete. Ma per la testa fusa questi controlli non servono, è un tratto che può essere ispezionato solo a vista non con i magneti, occorre cambiarla ogni cinque anni.

Le direttive europee raccomanderebbero di cambiare la testa fusa ogni 4 anni, quella del Mottarone aveva 4 anni e mezzo: avrebbe dovuto essere controllata a vista dal responsabile di esercizio.

La manutenzione della funivia del Mottarone è in capo alla Leitner, che però ricorre ad altre aziende, come la Sateco per la fune.

Walter Molino ha intervistato ex dipendenti che hanno lavorato con Nerini: raccontano di anomalie non registrate sui verbali, di impianti che non possono essere fermati perché c'è cosa e allora chiama il gestore. Un ex dipendente che si era rifiutato di far partire la cabina, si è visto arrivare alle spalle Tadini che gli disse, “vai a casa ci sono io..”

Tutta gente che sapeva dei problemi ma che però sta scegliendo di non parlare, di non andare dai carabinieri, rendendo difficile il lavoro della procura.
L'avaria sui freni si era manifestata da tempo, Tadini voleva chiudere l'impianto ma poi, con la ripresa della stagione dopo il covid, si decise di non fermare nulla e far ripartire il servizio.

Nerini, il gestore dell'impianto, è oggi tranquillo: aveva un contratto per la manutenzione con la Leitner, stipulato nel 2016, che aveva curato la ristrutturazione dell'impianto, che seguiva la manutenzione ordinaria e un servizio di pronto intervento in otto ore.
Ma l'intervento per i freni arriva ben dopo le otto ore: segnalato a fine aprile, i tecnici di RVS arrivarono ad inizio maggio – racconta Tadini ai magistrati.
La RVS è un fornitore di impianti frenanti: secondo loro tutti gli impegni sono stati rispettati, ma Tadini alla fine si è dovuto arrangiare “finisce che devo mettere i ceppi agli impianti” disse a Perocchio, perché l'intervento della RVS non aveva risolto il problema ai freni.

Stefano Gandini è un ex dipendente che ha consegnato ai carabinieri una registrazione che Report ha mandato in onda in esclusiva: un giorno si rifiuta di far partire quella cabina, per un problema di olio che si perde nell'impianto frenante nel 2019, due anni prima della tragedia: alla fine Gandini viene chiamato da Nerini in ufficio e minacciato di licenziamento.

Non voleva rischiare la vita delle persone, Gandini, che di fronte a Tadini aveva fatto una sinistra profezia, “qui finisce come il ponte Morandi”.

Nerini ha gestito per anni l'impianto, sin dagli anni settanta: ma quando si tratta di fare manutenzione i soldi arrivano dal pubblico, come successo a fine anni novanta, quando si dovettero fare importanti lavori di manutenzione, arrivati dal comune e dalla regione.

Il comune oggi sta dando i soldi che Nerini ha anticipato per i lavori, che è subentrato poi al pubblico dopo la pausa tra il 1997 e il 1999.

Il comune di Stresa ha impiegato sei mesi per revocare la concessione a Nerini, che oggi ha fatto ricorso e che ha continuato pure ad incassare il canone di affitto per un bar alla base della funivia (soldi che non arrivano al comune, oggi amministrato dalla Lega).
Come mai? Come mai Nerini ha avuto questa concessione per tanti anni?

“Bella domanda ..” la risposta dell'attuale sindaca.

Report ha scoperto che Perocchio oltre ad essere responsabile dell'impianto era anche dipendente della Leitner. Un conflitto di interessi: chi doveva controllare su questo? La Ustif, che ha scelto di non rispondere alle domande di Report, il direttore Cumerlato ha risposto telefonicamente a Walter Molino.

“Non posso dire che Perocchio sia un non plus ultra” risponde al giornalista.

E il ministero? Non ha risorse né autonomia politica, perché i gestori degli impianti esercitano importanti pressioni politiche e così i controlli non vengono effettuati.

L'USIF, l'ente di controlli, fa controlli a calendario a scadenza fissa e altri a sorpresa: ma anche qui un altro dipendente della funivia, in forma anonima, racconta che chi gestiva gli impianti sapeva le date dei controlli, “tante volte li andavamo a prendere pure a Torino, per tenerli buoni li portavamo anche a mangiare.”

In Piemonte ci sono 200 impianti e ci sono 3 persone a fare controlli, compreso il responsabile (che è un ex insegnante): come possono fare i controlli? Chi ha controllato che la testa fusa dell'impianto fosse a norma?

Alla fine il controllato comunica al controllore che tutto va bene.

A fine gennaio Ustif verrà assorbita dall'agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture, dovranno controllare autostrade, funivie e ferrovie ma il personale resta lo stesso a livello locale.

In Italia abbiamo 1700 funivie, in Piemonte circa 200: sempre tre persone vigileranno la sicurezza dei turisti che, ogni domenica, ogni giorno, saliranno su queste cabine.

Da una parte controlli che non funzionano, dall'altra l'avidità dei gestori: in mezzo noi, che dobbiamo sperare che vada tutto bene.

Gli altri due servizi:

  • come i cinesi stanno contenendo il covid, con app di tracciamento e con un controllo ossessivo dei nuovi focolai, fino alla cima dei monti del Tibet

  • dietro gli smart tv cosa si nasconde? Siamo noi che guardiamo la TV oppure è lei che guarda noi e comunica ai grandi player (Netflix, Google) cosa guardiamo, per profilarci

27 dicembre 2021

Anteprima inchieste di Report: la manutenzione delle funivie e delle scale mobili, Netflix e la strategia cinese

Report ha deciso di rovinarci la digestione del panettone e di tutto il pranzo di Natale con una serie di inchieste, per la chiusura dell'anno, particolarmente drammatiche come la tragedia del Mottarone e i contagi in Cina. A seguire un'inchiesta sulla manutenzione delle scale mobili e uno sulle smart TV (siamo noi o sono loro a guardarci?).

Una tragedia annunciata

Ha suscitato forti reazioni la strage del Mottarone: 14 persone sono morte nello schianto, per la rottura del cavo, della funivia che portava sulla cima del monte, tra cui due bambini. Forti polemiche suscitò anche lo scontro iniziale tra GIP e PM sulle richieste di arresto. Ma poi, piano piano, la notizia ha iniziato a finire sempre più in fondo, nei giornali e nei TG: al momento siamo nella fase del rimpallo delle responsabilità tra gestore e i tecnici dell'impianto.

Il gestore è tranquillo, Report lo ha raggiunto a casa (in attesa del giudizio della Cassazione sulla richiesta di arresto): “ero tranquillo perché avevo due professionisti che mi seguivano per la parte tecnica e una ditta leader mondiale .. se ci fossero state delle manutenzioni da fare, erano già pagate, perché versavo 150mila euro l'anno alla Leitner.”

La ditta, leader mondiale sugli impianti a fune, ha curato la ristrutturazione dell'impianto e aveva un contratto per la manutenzione straordinaria e ordinaria per 1,656 ml di euro, circa 150mila euro l'anno che prevede un servizio di pronto intervento entro 8 ore.

Ma allora, cosa non ha funzionato? Un ex dipendente della funivia racconta a Report che i controlli fatti dal ministero spesso non funzionano per colpa delle grandi pressioni da parte di chi gestisce questi impianti i quali spesso fanno importanti pressioni ai politici.

L'USIF, l'ente di controlli, fa controlli a calendario a scadenza fissa e altri a sorpresa: ma anche qui un altro dipendente della funivia, in forma anonima, racconta che chi gestiva gli impianti sapeva le date dei controlli, “tante volte li andavamo a prendere pure a Torino, per tenerli buoni li portavamo anche a mangiare.”

Quello era il sistema, spiega l'ex dipendente: un sistema in cui in 3 devono controllare tutti i 200 impianti. Le unità territoriali ora saranno assorbite dall'agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture, dovranno controllare autostrade, funivie e ferrovie ma il personale resta lo stesso.

La tragedia del Mottarone si poteva evitare? Chi ha scelto di far funzionare lo stesso l'impianto, con l'uso dei forchettoni (per disattivare i freni di emergenza) ha delle colpe?

La scheda del servizio: CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA di Walter Molino con la collaborazione di Federico Marconi

23 maggio 2021, è passato da poco mezzogiorno, la cabina numero 3 della Funivia del Mottarone precipita nel vuoto. Muoiono 14 persone, l’unico superstite è il piccolo Eitan, 5 anni. È la più grande tragedia mai avvenuta su una funivia. L’inchiesta della Procura di Verbania accerta che la cabina è caduta perché si è spezzata la fune traente e i freni di emergenza risultavano disattivati.

Sono passati sei mesi dalla strage del Mottarone, la cabina numero 3 è stata recuperata solo poche settimane fa con un’operazione spettacolare dei Vigili del Fuoco, ma il collegio dei periti nominati dal Tribunale, che dovranno accertare le cause della rottura della fune, sono appena all’inizio delle loro analisi e hanno già chiesto una proroga di sei mesi.

Ma perché quella fune di acciaio si è spezzata? L’inchiesta di Report approfondisce tutti gli aspetti legati ai controlli e alla manutenzione, sottolineando le carenze di personale e di risorse degli organi statali di vigilanza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Organi che avrebbero dovuto vigilare anche sui conflitti d’interesse.

Grazie a documenti inediti e testimonianze esclusive, Report ricostruisce anche la storia della concessione pubblica dell’impianto, gestito fin dagli anni ‘70 da società riferibili alla famiglia di Luigi Nerini.

La strategia cinese

Mentre in Italia sono saltati i controlli sui contagi, con la tracciatura dei positivi, in Cina si prosegue con la strategia zero contagi, che passa per l'utilizzo di app e di una organizzazione per la logistica molto ben organizzata: “quando sbarchi in Cina per tre settimane hai contatti esclusivamente con persone coperte da tute bianche. Potresti essere su una stazione orbitante” racconta il giornalista Gabriele Battaglia, inviato a Pechino per la Radiotelevisione Svizzera.

La scheda del servizio: ZERO CONTAGI di Giuliano Marrucci

A quasi due anni dallo scoppio della pandemia, la Cina è rimasta sostanzialmente l'unico paese al mondo a perseguire con determinazione la strategia "zero contagi". Al centro, una serie di app per il tracciamento e una macchina logistica e organizzativa poderosa in grado di avviare in poche ore campagne di test di massa coinvolgendo milioni di persone non appena emerge un focolaio. Seguono lockdown mirati e restrizioni severissime sugli spostamenti, a prescindere se si sia effettuato o meno il vaccino.

La manutenzione delle scale mobili

Una volta costruiti gli impianti per le scale mobili, nelle metropolitane, negli aeroporti, nei grandi centri commerciali, queste vanno seguite con un programma di manutenzione, dietro cui girano milioni di euro, grazie ad appalti della pubblica amministrazione.

Manutenzione che spesso costa più di quanto dovrebbe a discapito della nostra sicurezza.

A Roma questo novembre ha riaperto la fermata della metropolitana di Castro Pretorio, il 24 dicembre ha riaperto quella la fermata del Policlinico ferma da un anno: la motivazione delle chiusura è stata per entrambe la manutenzione delle scale mobili, ma, si chiede nel servizio la coordinatrice di Potere al popolo Margherita Cantelli, “ci vuole effettivamente tanto tempo per cambiare e sostituire queste scale mobili?”

Ci sono stati problemi nel reperimento dei pezzi, spiega l'assessore alla mobilità di Roma, Eugenio Patané (al momento del servizio era assessore da meno di due mesi): sugli impianti ci sono diversi problemi sugli impianti “di traslazione”, quello che si è sbagliato negli anni è stata la programmazione, “tu sai quando un impianto di traslazione arriva a fine vita e tu non devi farlo arrivare a fine vita per programmare la sua manutenzione..”

La scheda del servizio: LE FANTASTICHE 4 di Roberto Persia

Nelle metropolitane di tutto il mondo, nei centri commerciali e negli aeroporti le scale mobili muovono 3 miliardi e mezzo di persone ogni giorno che si spostano su 800.000 impianti. Una volta installate, la partita che si gioca sui bandi delle pubbliche amministrazioni è quella della manutenzione e vale molti milioni di euro. Soldi che dovrebbero garantire la sicurezza dei passeggeri, ma che fanno i conti con la struttura oligopolistica di questo mercato. I ritardi nella fornitura di pezzi di ricambio sono soltanto la punta di un iceberg fatto di medie e grandi aziende che tendono ad assumere un atteggiamento autoprotettivo a discapito della clientela. Così i fermi degli impianti si prolungano e il disagio per l'utenza aumenta.

Chi guarda chi?

Siamo noi a guardare la smart TV oppure è la smart TV a controllare e monitorare noi, tracciando cosa vediamo, sui canali tradizionali o sui canali web, come Netflix?
L'algoritmo di questa piattaforma fa come il commesso di blockbuster che ti consigliava il film successivo dopo che ne avevi finito uno – racconta la giornalista Gina Keating che ha seguito Netflix sin dall'inizio.

“Hanno iniziato col noleggio dei DVD per posta, poi hanno capito che se volevano far fuori la concorrenza dovevano diversificarsi, così è nato il concetto di abbonamento e la possibilità di fare tutto online è stata la ciliegina sulla torta..”
200 milioni di abbonati nel mondo, un fatturato da 7 miliardi di dollari, oggi Netflix è un colosso nel mondo dello streaming: ha imparato a conoscere i gusti del pubblico e questo le permette di capire su quali produzioni investire e come evitare che si disdica l'abbonamento.

L'algoritmo di Netflix sa tutto di noi mentre noi non siamo in grado di sapere quali nostre informazioni sono in possesso di Netflix: quali sono gli show più visti, quanto tempo passano davanti i loro programmi gli abbonati? La mancanza di trasparenza e la riservatezza nel custodire questi dati sono parte del loro business, spiega la giornalista.

La scheda del servizio: SMART TV IS WATCHING YOU di Lucina Paternesi

In Italia ci sono quasi 120 milioni di televisioni, 15 milioni delle quali ormai hanno una connessione a internet. La pandemia ha fatto decollare dotazioni e connessioni digitali e la lunga permanenza in casa ha fatto sì che fosse maggiore anche il tempo trascorso davanti a uno schermo. Con l’arrivo del nuovo digitale terrestre e dei bonus stanziati dal Governo stiamo rottamando le vecchie tv affascinati dalle infinite possibilità offerte dalle piattaforme streaming. Film, serie televisive, documentari, cartoni animati, partite di calcio: l’obiettivo è non spegnere mai lo schermo. Nei laboratori dell’Imperial College, a Londra, Report ha testato ogni funzione e ogni piattaforma per scoprire che tra gli elettrodomestici intelligenti sono proprio le smart tv quelle che più di tutti contattano terze parti, condividono informazioni sensibili e, soprattutto, tracciano ogni nostra attività. Ma cosa sanno di noi queste piattaforme? Siamo sicuri che siamo solo noi a guardare la tv o è lei, ormai, a guardare noi?


26 dicembre 2021

Il cavallante della Providence, di Georges Simenon

 


La chiusa 14
La ricostruzione pur minuziosa dei fatti non chiariva nulla, se non che la scoperta dei due cavallanti di Dizy era a dir poco inverosimile.
Quella domenica – era il 4 aprile -, alle tre del pomeriggio aveva cominciato a cadere una pioggia torrenziale.

In questo romanzo troviamo il commissario Maigret in un contesto completamente diverso dal solito: non più la sua Parigi, le sue vie illuminate, i suoi bistrot dove fermarsi a prendere un pernod.. Il commissario deve seguire un caso complicato, un delitto scoperto dentro una stalla lungo un canale che si collega alla Marna, a Dizy, nei pressi della Chiusa 14: si tratta di una donna, vestita con un abito di seta, non una contadina del posto, il cui corpo è stato trovato da due “cavallanti” sotto la paglia usata come ricovero degli animali

.. l'imbarcazione non aveva ancora raggiunto il ponte, quando i due cavallanti fecero la loro scoperta.
Mentre uno tirava i cavalli verso l'alzaia, l'altro, frugando nella paglia per cercarvi la frusta, sentì sotto la mano un corpo freddo.
Gli sembrò di riconoscere un viso: sconvolto, andò a prendere la lanterna e con essa illuminò il cadavere che avrebbe messo sottosopra l'intera Dizy e turbato la vita del canale.

I cavallanti sono i conduttori dei cavalli usati per spostare le chiatte lungo il canale, ingaggiati dalle barche senza motore: si tratta di un lavoro faticoso, si cammina tutto il giorno per riposarsi la sera, magari scaldandosi con un bicchiere di vino in uno dei locali che si trovano vicino alle chiuse, dove regna “un odore misto di stalla e finimenti, catrame e nafta, coloniali e petrolio.”
Per poi riprendere il mattino successivo.

«Che diavolo ci faceva quella donna in un posto simile?».

In una stalla, con gli orecchini di perle, il braccialetto firmato, le scarpe di camoscio bianco!

Doveva essere arrivata ancora viva, visto che il delitto era stato commesso dopo le dieci di sera.

Ma in che modo? E perché? E nessuno aveva sentito nulla! Lei non aveva gridato, e i cavallanti non si erano neppure svegliati...

Se non fosse stato per quella frusta che non si trovava, probabilmente sarebbero passati anche quindici giorni o un mese prima che qualcuno scoprisse il cadavere, per caso, nel rivoltare la paglia!

E altri cavallanti sarebbero venuti a russare accanto a quel corpo di donna!.

Sono tante le domande che affollano la mente di Maigret che si trova a gestire questo caso da solo e lontano dal suo ufficio: come ha fatto questa donna ad arrivare fin lì per essere poi uccisa dentro in una stalla? Com'è possibile che nessuno abbia sentito niente, nel café de La Marine a fianco? Per scoprire l'identità della vittima, Maigret inizia ad interrogare i proprietari e gli ospiti di tutte le imbarcazioni passate per quella Chiusa.

La prima parte del libro è interamente dedicata al racconto del mondo in cui aveva vissuto questa donna, che si chiamava Mary ed era la moglie di un colonnello inglese che viaggiava sul suo yacht, il Southern Cross, assieme ad una specie di segretario, la sua amante e un marinaio russo.
Un mondo decadente, di festini, whisky, soldi e belle donnine fatte salire a bordo per rallegrare le feste e poi lasciate a terra con qualche soldo in tasca.
Al centro questo strano personaggio, un colonnello messo in pensione a seguito di uno scandalo, all'apparenza imperturbabile, anche di fronte alla notizia della morte della moglie.

Ma tutto questo non aiuta Maigret nella sua indagine, a dare una risposta ai suoi perché? Cosa ci faceva quella donna, coi suoi orecchini, con le sue scarpe col tacco, col suo bel vestito in quella stalla?

La soluzione arriverà andando alla ricerca di un'altra imbarcazione che, nei giorni precedenti, aveva incrociato la navigazione dello yacht dell'inglese. Qui, nella seconda parte, incontreremo “il cavallante della Providence” che dà il titolo al romanzo e Maigret ancora una volta, più che della scoperta dell'assassino, sarà interessato ai perché del delitto per soddisfare la sua curiosità personale che lo porta ad entrare dentro l'animo umano, alle conseguenze di un amore tradito, a come si reagisca nascondendosi dentro la propria tana.

Scoprendo infine che, tra l'assassino e il marito della vittima, non ci siano tante differenze, tutti e due hanno trovato rifugio, per sopravvivere ai propri demoni, dentro la propria tana

Maigret guardò il colonnello negli occhi, ma l'altro girò la testa. Poi, prendendo il bicchiere, aggiunse: «Ci sono tane di ogni genere.. Tane che sanno di whisky, di acqua di colonia e di donne..»

La scheda del libro sul sito di Adelphi

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


23 dicembre 2021

L'Italia ai tempi di Draghi

Ieri abbiamo visto un presidente del Consiglio che si autocandidava alla presidenza della Repubblica, specificando anche che il governo che verrà dovrà essere in continuazione col suo.

Abbiamo anche visto la platea di giornalisti applaudire, entusiasti, al copione. Pazienza se la Costituzione veniva un po' strappata, se le risposte alle domande contenevano delle mezze bugie (l'estensione del green pass è stata una scelta politica non suffragata da dati tecnici), che su alcuni temi si è volutamente sorvolato (le morti sul lavoro, la precarietà).

A quanto pare la missione del governo, o quanto meno di Draghi, è finita: i punti sono stati raggiunti.

Una crescita superiore alle aspettative (ma considerando il crollo del PIL c'è poco da essere allegri) che si basa su occupazione a tempo determinato per lo più maschile.

Che si accompagna ad un aumento della povertà, dei morti sul lavoro.

Tra gli obiettivo mettiamo anche il caos tamponi, l'impennata degli infetti di dicembre, aver chiuso lo smart working nella pubblica amministrazione, le scuole con le classi in quarantena e le famiglie lasciate sole dalle ATS per un tampone..

E gli altri obiettivi, quelli per i progetti sul PNRR che Draghi ha dichiarato (senza che nessuno controllasse) essere raggiunti, come cambieranno il paese? Lo renderanno migliore, meno disuguale? Oppure completeranno la trasformazione verso un paese diviso in caste dove la politica è una cosa che interessa a pochi perché considerata inutile per risolvere i tuoi problemi di tutti i giorni? 

Eppure questo è il governo migliore che potessimo avere, ce lo invidiamo tutti. Così bravi da poter fare contemporaneamente da esecutivo, parlamento e pure presidenza della Repubblica.

Manca solo la magistratura, ma ci penserà la riforma Cartabia.

Questo dicono i giornali, questo ci dicono i TG.

Un mondo distopico, come quello descritto da Orwell o in altri romanzi.

Un mondo dove una colata di cemento come il nuovo stadio di Milano viene mostrata al popolo con un rendering con tanto verde che nemmeno nella foresta equatoriale.

22 dicembre 2021

Deserto d'asfalto di S.A. Cosby

 


Shepherd’s Corner, Virginia, 2012

Beauregard pensò che il cielo notturno sembrava un dipinto. Le risate riempivano l’aria solo per venire soffocate da una cacofonia di motori accesi, mentre la luna faceva capolino da dietro le nuvole.

Che libro potente, Deserto d'asfalto! Poche volte mi è capitato di avere tra le mani un libro così intenso, che ti tiene incollato alle pagine fino alla fine, come le gomme di una macchina da corsa sono incollate alla strada (e il paragone non è caso).

Un thriller dove si mescolano diversi temi, da quello razziale (la storia è ambientata in Virginia e ha come protagonista una persona di colore), al rapporto padre figlio, alle colpe dei padri che ricadono sui figli e a quando sia impossibile rinunciare alla sua natura, vincere i demoni che ci si porta dentro e che non puoi far finta che non esistano. E poi il racconto della provincia americana, coi ruderi del passato industriale “edifici vuoti erano adesso lì come monoliti dimenticati di una civiltà perduta”.

Ci troviamo in Virginia, nella contea di Red Hill: Beauregard Montague è un meccanico in gamba ma soprattutto è un pilota capace di fare miracoli alla guida di un auto, tanto è vero che lo incontriamo all'inizio di una storia ad una corsa clandestina, in una strada di campagna al volante della sua Plymouth Duster 340.

Potrebbe essere una vita felice la sua: una bella famiglia, due figli e una moglie che lo ama, Kia, un'altra figlia, Ariel, avuta da un'altra donna, in una vita precedente, che ora è diventata una ragazza. Un lavoro che ama, quello in officina a riparare le macchine.
Ma le cose non gli stanno andando bene: la sua officina soffre la concorrenza di un centro di riparazioni che fa prezzi migliori, servono soldi per coprire le spese in famiglia, per i figli e per quella figlia che ora vorrebbe mandare al college, per allontanarla dai guai. Ci sono anche le spese per tenere la madre in una casa di cura, dove possono curarla col suo tumore...

Le chiacchiere erano solo rumore. Aveva mille dollari in tasca. La somma dei guadagni delle ultime due settimane in officina [..]

Gli toccava scegliere se pagare l’affitto o gli occhiali per il suo figlio più piccolo.

Ecco perché quelle gare clandestine con la sua Duster, che è più di una bella macchina è anche un ricordo di quel padre che un giorno se ne è andato: ma anche quelle gare ora non bastano più, servono più soldi se non vuole rinunciare all'officina, se non vuole vendere la Duster (che considera come una “lapide di suo padre”).

Una vita fa aveva fatto dei lavoretti, perché Beau abbiamo detto che è uno bravo al volante, capace di seminare la polizia dopo un colpo. Ma a quella vita aveva detto basta, l'aveva promesso alla moglie, Kia, che non voleva più tormentarsi la sera nell'attesa che qualcuno gli comunicasse che suo marito era finito con un proiettile in corpo. L'aveva anche promesso a sé stesso, che non avrebbe fatto la fine del padre, che non è scappato per un'avventura, ma è scappato perché era quella la sua natura. Perché Anthony Montague, anche lui un asso al volante, oltre ad essere suo padre era anche un criminale e ubriacone. Quel vuoto, di un padre, di una persona che ti insegna come vivere, Beau l'ha riempito col mito, coi bei ricordi che gli ha lasciato in quei pochi momenti in cui sono stati felici. Come quando giravano assieme sulla Duster...

Guida come se avessi il cazzo di diavolo alle calcagna. Beauregard sentiva la voce di suo padre ogni volta che guidava la Duster.
Ma ora servono quei soldi, dannati e subito: così quando alla sua porta si presentano due piccoli criminali come i due fratelli Ronnie e Reggie che gli raccontano di un loro piano per fare dei soldi, non riesce a dirgli di no, nonostante che in passato Ronnie l'avesse già fregato una volta.

Questa volta si tratta di diamanti: diamanti non registrati da rubare dentro una gioielleria dove lavora la ragazza di Ronnie e che si possono poi vendere a Washington ad un tizio che conosce.

Fanno gola quei soldi, sistemerebbero per un po' i problemi di Beau e toglierebbero dai guai Ronnie, uno dei tanti bianchi cresciuti ai margini della sussistenza, costretto da una vita a desiderare i soldi degli altri, aspettando il momento giusto

Ronnie bevve un altro sorso di birra. Quando cresci povero, ti abitui ad aspettare. Aspetti l’assegno di disoccupazione. Aspetti in fila la scatola per i poveri alla chiesa. Aspetti che i parrocchiani ti guardino con un'espressione amara di pietà sui loro volti..

Ma le cose non andranno tutte lisce come pensavano. Per uno strano gioco del destino, quei diamanti appartengono ad un criminale pericoloso, nonostante il suo nome Lazy, pigro.

E ora Beauregard scopre che quel confine che aveva tracciato tra il suo mondo criminale e la sua famiglia è estremamente fragile.

La sua disperazione e l’avidità di Ronnie li avevano portati dritti in un nido di vespe circondato da vipere.

All'improvviso Beau deve decidere chi vuole essere: se Bug, quello che scappa al volante della sua Duster, oppure Beauregard, l'onesto padre di famiglia con due bambini svegli e un'altra figlia che hanno bisogno di lui.

Boonie, un uomo deve essere una cosa o l'altra. O rottami auto o le usi per scappare. Un uomo non può essere due tipi di bestie”.

Chi è lui? E' Bug, un uomo sente l'adrenalina crescergli dentro quando sta al volante, prima di un colpo ma anche un uomo che lascerà i figli senza un padre, finendo sparato come forse è successo al padre? Oppure è Beauregard, il padre di famiglia che si preoccupa di mandare al college la prima figlia e di proteggere i due bambini prima che prendano la sua malattia?

Cercavo di tenerle separate, queste due persone, Beauregard e Bug. Ma mio padre aveva ragione. Un uomo non può essere due tipi di bestie ..

Giungla d'asfalto non è solo un thriller con un finale adrenalinico, è anche un romanzo psicologico dove l'autore ci porta dritti nella mente del protagonista, nei suoi pensieri più cupi, il suo desiderio di riscatto (come persona di colore in un mondo di bianchi), il suo rapporto col padre, che rivive nei ricordi, come quella Duster che diventa simbolo della sua dannazione.

La scheda del libro sul sito di Nutrimenti e il pdf del primo capitolo

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


21 dicembre 2021

Report – la riforma del calcio, i soldi del pnrr sulle ferrovie e le telecamere cinesi

Palla avvelenata di Daniele Autieri

C'è il calcio di Messi e Ronaldo e c'è il calcio popolare, c'è un calcio dentro cui non girano soldi ma solo passione e c'è un calcio su cui stanno indagando finanza e magistrati sulle plusvalenze nell'acquisto dei calciatori, sui bilanci reali o fittizi.
Questo calcio può essere riformato? I presidenti delle squadre di calcio di serie A che si sono ritrovati nell'assemblea annuale sono consapevoli dei problemi con squadre che non hanno pagato tutte le tasse e che competono ancora nel campionato.

Ci sono squadre coi conti a posto come Napoli e Fiorentina, altre che invece rischiano di rimanere fuori, a campionato in corso.

Il presidente del Napoli De Laurentiis è duro: “non mi fate parlare perché se mi metto a parlare del calcio scoppia il finimondo, io ne ho talmente le palle piene, mi hanno impedito per due anni di andare a casa mia a Los Angeles, non vedo l'ora di fare un mese rigeneratore.. ”
Il Napoli è uno dei pochi club coi conti in ordine: se si permette ad alcune squadre di partecipare al campionato e a fare acquisti, non avendo però i conti a posto, non è concorrenza sleale? “Lo ha detto lei, non glielo devo dire io, ci si arriva da soli. Ma queste sono le responsabilità della Federcalcio, la Lega se è una associazione di società per azioni, quindi indipendente, dovrebbe pagare la Federcalcio solo per fare segretariato, invece è diventato un centro di potere perché ognuno istituzionalmente si mette una medaglia.”

Ma più che le medaglie sono le visite della Finanza ad arrivare: le accuse toccano anche i procuratori con l'accusa di riciclaggio, serve un giro di vite nel calcio se vuole diventare una casa di vetro.
Il presidente della Fifa Infantino ha rilasciato un'intervista esclusiva a Report:

Cosa non funziona in questo sistema?
La Fifa nel 2014 decisa una deregolamentazione nel mondo degli agenti e questo ha fatto si che sia successo un caos, 7 miliardi sono portati dentro un sistema di far west.
Sono i miliardi per le transazioni dei calciatori di cui solo una piccola parte sono destinati alla formazione nel calcio.

La Fifa sta lavorando ad una riforma nel sistema dell'intermediazione: si sta lavorando per una riforma nel 2022, con regole sul conflitto di interessi, tetti alle commissioni, regole da mettere in atto rapidamente per correggere il sistema dei trasferimenti.
Non sarà possibile che un agente possa rappresentare assieme il club acquirente e il giocatore, servirà un trasparenza nei pagamenti per tracciare dove finiscono i soldi, come accade oggi con le transazioni bancarie.

La via di fuga non è il super club europeo, la super lega a cui si partecipa per diritto di nascita: una rivoluzione finita in 24 ore, dopo la rivolta dei tifosi e l'ostilità della Fifa.
Era un tentativo per evitare il rischio insolvenza dei club europei: un leaks uscito nel 2015 aveva anticipato questa situazione, sono documenti fatti uscire da Rui Pinto dove si parla delle transazioni per i calciatori finiti nei paradisi fiscali.

La Fifa oggi deve guardare anche le questioni finanziarie, deve occuparsi su come organizzare un mondiale, magari in modo biennale per creare posti di lavori e pil.
Il calcio, per ovviare ai problemi di solvibilità hanno fatto ricorso alle plusvalenze fittizie: il problema – racconta Infantino – sta nell'arbitrarietà nello stabilire un valore del calciatore.

C'è una intercettazione inedita, contenuta nel fascicolo del fallimento del Cesena: i due intercettati parlano del virus nel calcio, stanno raccogliendo prove per “far saltare il sistema”, quello delle plusvalenze, parlano di cento giocatori coinvolti nel sistema in serie A.
“Non credo che ci sia nessuno pulito nel calcio” racconta l'ex presidente del Cesena, Lugaresi.

E' questo l'unico modo di fare calcio?
Il presidente della Lega Gravina aveva accusato Report di aver dato dei dati falsi, dopo la scorsa puntata di Report sulle plusvalenze.

Binario d'oro di Danilo Procaccianti

Arriveranno 31 miliardi dal PNRR per le Ferrovie dello Stato, ma come verranno spesi? Dal 1990 al 2016 lo Stato ha messo 500 miliardi dentro questa che è la più grande stazione appaltante, una società controllata dallo Stato. A tanti contributi corrispondono servizi di qualità?
Lo Stato non controlla i servizi e i manager delle FS dovrebbero mettere in discussione i loro benefit, i loro premi e stipendi e le buonuscite.

Danilo Procaccianti ha provato a fare il turista, spostandosi in treno da Catania a Trapani: partenza non in treno ma in bus per lavori sulla linea. Da Palermo a Trapani, solo 100km, ma servono due coincidenze perché quella linea è interrotta dal 2013, racconta un coordinatore dei pendolari siciliani, dopo anni, solo ora è stato fatto il bando per la Palermo Trapani.

Morale della favola, 11 ore per 330 km.

Danilo Procaccianti ha provato il viaggio inverso, da Ragusa a Catania, provando l'ebbrezza del furgoncino sostitutivo: a maggio 2011 è crollata un'arcata di un ponte tra Caltagirone e Gela e da allora il traffico è interrotto, spiega Giosuè Malaponti del comitato pendolari siciliani che, aggiunge “oggi assistiamo ad un rifinanziamento di 10ml per la progettazione del viadotto.. non possiamo aspettare altri dieci anni per la riapertura della Catania Caltagirone Gela.”

In Sicilia non vale nessun modello Morandi, il ponte è stato fatto saltare nel 2014 e di lavori per la ricostruzione neanche l'ombra, così per fare 100km si impiegano 4 ore, un disastro che nemmeno i politici non possono non vedere.

11 ore da Catania a Trapani, 13 ore da Trapani a Ragusa, 4 ore per fare 100km da Ragusa a Catania: questi i tempi per muoversi in Sicilia, che se paragonati al alcune tratte del nord gridano vendetta. Milano Bologna, 210 km, solo un'ora con l'AV.

Sono ferrovie da terzo mondo – ammette il presidente della regione Sicilia Nello Musumeci - “ed è quello che ho detto al ministro dei trasporti, l'ho detto a Giovannini, l'ho detto alla De Micheli e prima di dirlo alla De Micheli l'ho detto a Toninelli.. ” Ma Musumeci, pur essendo uno che conta, non è al momento riuscito ad ottenere molto dal governo o dai governi. Perché rimane solo la vocazione suicida, mettersi in mezzo ai binari con un biglietto con su scritto “mi ammazzo perché i governi centrali da settantanni non potenziano le ferrovie in Sicilia..”.

Ecco perché si fanno chiamare governatori, perché contano fino a dieci e nessuno a colpa dei problemi dei trasporti in regione.
In Sicilia, giova ricordarlo in un momento in cui si celebra con gaudio la linea ad AV tra Milano e Parigi, su 1369 km di rete ferroviaria, 1146 sono a binario unico e 578 sono non elettrificate.

Eppure le ferrovie dello stato sono finanziate con le tasse di tutti i cittadini, anche di quelli siciliani: Francesco Ramella, docente di Trasporti a Torino, racconta a Report che “dal 1990 al 2016 la spesa è di poco inferiore a 500 miliardi, ogni anno Ferrovie ci costa come Alitalia in tutto il dopoguerra.”

Ogni anno lo Stato investe in FS 10-12 miliardi, ma in questa regione non hanno freccia rossa o AV: pochi giorni prima del servizio si è fatto festa per la partenza del freccia bianca tra Palermo-Catania-Messina, quei freccia bianca che nel resto d'Italia sono entrati in servizio dieci anni fa e che in altre tratte sono in corso di dismissione.

Ma è comunque un motivo per brindare e vantarsi del passo in avanti, per il sottosegretario siciliano ai trasporti, Cancelleri del m5s: in realtà i numeri dati dal sottosegretario non sono veri, da Palermo a Catania il freccia bianca impiega 3 ore e 7 minuti, il regionale veloce ne impiega 3 ore e 9 minuti. Cambia solo il prezzo: la freccia costa 28 euro, il regionale 14 euro.

La solita manovra di marketing, che arriva ora dal partito a 5 stelle che una volta criticava le inaugurazioni in pompa magna degli altri partiti: il nuovo treno non va più veloce, semplicemente garantisce le coincidenze, cosa che si poteva già fare con un regionale veloce. E un bel bar a bordo.

Anche i siciliani devono avere il bar sul treno, tanto paga sempre pantalone e il servizio freccia bianca ad oggi è in perdita: non esiste nessuna rendicontazione degli investimenti fatti a Ferrovie dello Stato, come i freccia bianca in Sicilia.

Nel pnrr ci sono 25 miliardi per le ferrovie di cui 2 miliardi per la Sicilia: ma sono progetti che erano rimasti nel cassetto e resi riproponibili per il pnrr.
Ovvero l'AV Palermo Catania, che dovrebbe essere quasi ultimata: i soldi del pnrr sostituiscono investimenti esistenti in realtà, vecchi piani del 2001 della legge Obiettivo di Berlusconi.

Già in base al piano attuale alcune tratte dell'AV saranno ultimate solo nel 2029 (oltre i tempi stabiliti del pnrr) e non sarà nemmeno una vera alta velocità, i treni andranno a 100km ora, non a 300km /ora.
Basta attraversare lo stretto e la musica cambia: esiste un progetto (che al momento è solo un piano di fattibilità) per
l'AV Salerno – RC, opera irrealistica che ha un costo da 27 miliardi (al momento, senza gli extracosti durante la fase realizzativa).

Questa è un'opera che rischia di diventare un'eterna incompiuta, come la Salerno – RC su strada: con i soldi del pnrr si farà solo un pezzetto della linea, il resto rimane a debito.
Ma per i costruttori va tutto bene perché per loro l'importante è aprire i cantieri, tanto si sa che non potranno poi essere bloccate le opere.

Ma per accedere al PNRR si dovrebbero completare le opere nel 2026? Come mai allora sono stati approvati questi progetti, in Sicilia e in Calabria?
Non siamo riusciti a chiudere questi progetti nel passato, siamo sicuri che li chiuderemo per tempo? Nemmeno parliamo di alta velocità: sarà solo una manutenzione della linea venduta in un bel pacchetto, buono solo a riempire i tg nazionali e a far fare bella figura ai nostri politici.

I siciliani pagano l'AV per chi percorre la tratta tra Milano e Roma, non per attraversare la sua Sicilia. Pagano per gli autoservizi sostitutivi del treno, per le linee che rimangono interrotte per anni, come i fratelli Cuffaro.

Alcuni degli appalti delle FS sarebbero poi finiti ai casalesi, ai parenti del boss Sandokan, come Nicola Schiavone: lo ipotizza una inchiesta dei pm napoletani che hanno seguito i suoi movimenti dentro e fuori il palazzo di FS.
Nicola Schiavone è un imprenditore compare del boss Francesco Schiavone: non è mai stato condannato per camorra ma è ritenuto dai pm il riferimento pulito per gli investimenti clan.

Il figlio di Sandokan Schiavone, oggi collaboratore, parla di lui come di una sorta di facilitatore per i casalesi e secondo gli inquirenti sarebbe il riferimento di consorzi di aziende non direttamente ascrivibili a lui.

Siamo sicuri che i soldi degli appalti del PNRR non arriveranno anche alla mafia?

Secondo l'inchiesta della procura alcuni ex dipendenti di RFI, oggi licenziati, avrebbero fatto da consulenti occulti per Nicola Schiavone: quest'ultimo dava regali a tutti questi dirigenti di RFI, come Massimo Iorani (che era responsabile di molte gare di appalto), come una vacanza a Positano.

Tutte circostanze negate dall'imprenditore e dai suoi avvocati, che hanno accettato di rispondere alle domande di Report: il lavoro di Schiavone era da consulenza per le aziende che partecipavano agli appalti di RFI.
Vedremo come proseguiranno le indagini, se confermeranno queste ipotesi o meno.
Di certo è la familiarità di questa persona col top management di RFI, come l'ex AD di RFI Gentile.

Il nuovo management di RFI assicura che i vecchi dirigenti sono stati cacciati, per violazione del codice etico, ma Vincenzo Iorami è oggi direttore di una importante opera pubblica.
Come anche Mauro Moretti continua a cumulare incarichi: era AD di Ferrovie dello Stato quando avvenne la strage di Viareggio il 29 giugno 2009.
Un incidente ferroviario senza colpevoli, che si è trascinato per anni tra perizie e controperizie: chi aveva responsabilità del deragliamento di quel treno cisterna che trasportava gas gpl?

Quel gas fece da innesco ed esplose, distruggendo un'intera via: lo scorso gennaio la sentenza della Cassazione, dopo 12 anni, ha escluso l'aggravante del delitto colposo mandando in prescrizione il reato per gli imputati, tra cui l'ex AD di RFI Moretti.

Quello di Viareggio, dicono i giudici della Cassazione, non è un incidente sul lavoro: cos'è un incidente sul lavoro allora? Come lo si spiega ai familiari delle vittime, come Piagentini, che ancora sul volto porta i segni delle ustioni.

Ora è rimasto solo il reato di disastro ferroviario: per cosa sono morte quelle 32 persone, solo per profitto, solo per i soldi?
“Sono state cancellate 32 vite per i soldi, per il profitto, per il guadagno” è il commento amaro di Daniela Rombi, dell'associazione dei familiari delle vittime della strage: quel reato non esiste più per la giustizia italiana, qualcosa che è difficile da accettare per i parenti delle vittime che, a prescindere dal corso del processo, ritengono i vertici di RFI ancora oggi responsabili dell'incendio che ha ucciso queste 32 persone che, racconta ancora Daniela Rombi, erano in casa.

Il pm che ha sostenuto l'accusa in primo e secondo grado è Salvatore Giannino, ora sta preparando il nuovo processo d'appello: “i familiari delle vittime hanno ragione” ammette a Danilo Procaccianti, “[la sentenza della cassazione che ha tolto l'omicidio colposo] è un non senso, perché il fatto è lo stesso, quelle stesse condotte poste in essere nello stesso tempo hanno fatto si che morissero 32 persone, ci fosse l'incendio e l'esplosione delle case e ci fosse il disastro ferroviario.”

Le indagini e i processi hanno stabilito le cause e le responsabilità dell'incidente: il treno cisterna è deragliato perché un asse era arrugginito e si è spezzato, per questo sono stati condannati i proprietari stranieri del carro. E le nostre Ferrovie dello Stato? L'allora AD Mauro Moretti disse subito che loro non centravano nulla perché il carro lo avevano noleggiato: “ogni proprietario fa i controlli sui suoi” spiegava nell'intervista al TG1 del giugno 2009.

Il processo ha stabilito che quanto ha detto Moretti sui controlli non corrisponde al vero, sconfessandone la linea difensiva, le società italiane dovevano controllare i carri, non dovevano accontentarsi del foglio che la società tedesca (i proprietari di quel carro) dava a FS. E in ogni caso, racconta il pm, nemmeno quei fogli avevano controllato, “perché in quei fogli i nostri consulenti si sono accorti che il carro non poteva circolare in sicurezza, una omissione gravissima per scelta, perché la loro politica era proprio questa, io noleggio all'estero e non mi occupo più di nulla.”

La sentenza della Cassazione dice anche qualcosa sulla prescrizione di Moretti: se l'ex AD intende rinunciarne deve ritornare in aula e richiederla (la rinuncia) nuovamente. E' un inciso delle motivazione della sentenza che ha fatto sobbalzare i parenti delle vittime, che in aula avevano udito bene le parole di Moretti di voler rinunciare alla prescrizione, pur consapevole che quella rinuncia non era solo per il processo in appello ma sarebbe stata valida anche per gli ulteriori gradi di giudizio. La Cassazione avrebbe dunque offerto all'ex amministratore una via d'uscita “adesso vediamo se veramente ha rinunciato perché è una persona coerente oppure no” commenta Marco Piagentini dell'associazione vittime.

Moretti cosa deciderà sulla prescrizione? Le condanne non hanno causato ripercussioni sulla sua carriera: prima in Ferrovie dello Stato, poi in Finmeccanica e infine nel 2021 AD di PSC Group. Nel 2010, l'anno dopo la strage, era stato nominato dal presidente Napolitano cavaliere del lavoro, una scelta che ha fatto arrabbiare i parenti delle vittime dell'incidente.
“Ma lo stomaco, dove l'anno, la coscienza dove l'hanno ...”

Lo Stato ha rinunciato a presentarsi come parte civile in questo processo, a Viareggio, lasciando la palla alle assicurazioni, che si sono accordate con le controparti per evitare che si presentassero a processo.
Ogni vittima ha preso 330mila euro, cifra diversa da 1,6 milioni di euro come indennizzo per una polizza di Generali per l'ex AD di Ferrovie dello Stato.
All'inizio Ferrovie non attivò nemmeno le assicurazioni, perché – diceva Moretti – non era colpa loro: le assicurazioni hanno cercato di togliere le parti civili dal processo, con cifre basate su tabelle come fossimo al supermercato. Una vita umana vale al massimo 300mila euro. La sofferenza delle vittime è stata quantificata fino a 500mila euro.

Ma per la polizza di Gianfranco Battisti, ex capo della visione AV ed ex AD di Ferrovie, queste tabelle non valgono:
ha incassato 1,6 ml di indennizzo dalla sua polizza per una malattia invalidante molto strana, considerando che non ha avuto nemmeno un giorno di malattia.
Questa polizza è venuta fuori da un esposto anonimo che ha portato ad un audit che ha fatto emergere un sistema di controlli interni molto carenti.

La procura di Roma ha aperta un fascicolo per corruzione, che coinvolge il responsabile della parte assicurativa dentro Ferrovie (che anni fa pagava circa il 95% dei premi assicurativi alla sola Generali): dentro questa storia c'è anche la sparizione di alcune pratiche tra cui anche quella relativa alla polizza dell'ex AD Battisti.

Dopo la nomina di Mazzoncini, col governo Renzi, le cose cambiano: al posto di D'Onofrio arrivano due altri manager (Conti e Binazzi), poi fatti fuori dallo stesso Battisti perché, dice Battisti stesso, complici in un piano per far fuori l'amministratore.

Qui entrano nella storia lettere anonime, dossier, una interrogazione parlamentare di un esponente di Italia Viva (Nobili) che parla proprio della polizza di Battisti.
E di una pen drive dimenticata su un treno, contenente le tre lettere anonime contro Battisti, dimenticata dal presidente di Ferrovie Castelli:
“io so che girava una chiavetta, che sia attribuita a me non posso dirlo concertezza” si difende Castelli, “non sono io il corvo..”.

Una di queste lettere anonime è entrata dentro una interrogazione parlamentare presentata di Italia Viva dal deputato Nobili che ha scelto la via del riserbo non rispondendo alle domande di Report.

Ilritorno del dragone Luca Chianca

Il sistema di videosorveglianza dell'aeroporto di Fiumicino ha avuto un problema con le telecamere Hikvision: cercavano di contattare un indirizzo esterno, di cui ancora oggi non è conosciuta l'origine. Come mai cercavano di contattare questo IP: era un attacco oppure era un tentativo di carpire qualche informazione sensibile?

Non è un caso isolato, lo scorso maggio Report aveva scoperto che le telecamere di sorveglianza della Rai, sempre della Hikvision, contattavano server cinesi. Che dati si stavano scambiando?

Consip, dopo il servizio di Report, ha chiesto come comportarsi ai nostri servizi, trattandosi di sistemi che riguardano dati sensibili.

C'è il sospetto, dopo l'incidente di Fiumicino che le telecamere, quelle telecamere possano essere state usate come strumenti informatici per un attacco informatico.

O un attacco per far passare qualcuno da Fiumicino senza che le telecamere se ne potessero accorgere.

Quelle telecamere sono oggi davanti le procure e altri obiettivi sensibili: possiamo essere sicuri? Cosa vogliamo fare con le telecamere già installate in Italia?