30 novembre 2020

Anticipazione delle inchieste di Report: la fine di Alitalia e il piano pandemico

Sono tutti temi su cui Report si è già occupata nel recente passato quelli toccati dai servizi di questa sera: la fine dell'esperienza araba dentro Alitalia, il piano pandemico che è mancato all'Italia (come sarebbe potute andare le cose?) e infine come vengono reclutati infermieri e medici per gestire questa seconda ondata.

Che fine ha fatto Alitalia

Ora che Alitalia è tornata pubblica, sono tutti pronti a criticare il governo (questo governo) che ha stanziato altri fondi per tenere in vita Alitalia, quel pozzo senza fondo che ha drenato denaro pubblico senza mai uscire dalla crisi.

Eppure in Alitalia sono entrati anche i privati, prima i capitani coraggiosi (definizione dell'ex presidente Berlusconi) coi loro bravi manager. E poi gli arabi nell'avventura durata due anni sponsorizzata dal governo Renzi: alle spalle hanno lasciato tre miliardi di debiti e manager sotto inchiesta.

Allacciatevi le cinture, Alitalia decolla, sono le parole con cui l'ex presidente del Consiglio Renzi annunciava la nuova era della ex compagnia di bandiera, che finiva sotto la gestione di Etihad.

Report è venuta in possesso della relazione di alcuni periti della procura: cosa rimane sul groppone degli italiani di quella Alitalia? Privilegi sindacali, sprechi e un aereo un po' arrugginito.

L'avventura di quella Alitalia con Etihad durò appena due anni e mezzo e poi furono portati i libri in tribunale. Perché i padroni arabi chiedevano e i manager italiani non si opponevano – racconta il giornalista Danilo Procaccianti: l'Italia ha dovuto pagare un nuovo sistema di prenotazione dei biglietti, costato circa 63 milioni in più rispetto al precedente, voli vuoti effettuati dalle compagnie regionali di Etihad, 99,4 milioni offerti ad Alitalia Sai e poi le nuove divise di Alitalia.

Al di là dell'aspetto, quelle divise sono costate almeno 6 milioni di euro e ora sono finite dentro dei cartoni, mai usate.

Il giornalista è andato a vederle, tolte dall'imballaggio di plastica, dal magazzino dove sono conservate: più di 1 milione di euro di materiali che è lì a marcire.

Il magazzino è quello della Egv1 di Gallarate a cui era stato appaltato l'ordine e che è invece stata pagata solo per il primo lotto.

Alitalia doveva altri soldi alla Egv1 che oggi è creditore per circa 240mila euro, azienda che ha dovuto mantenere nel suo capannone tutta quella merce, per un eventuale controllo.

A questo si è aggiunta la beffa: all'azienda è stato chiesto di restituire 900mila, gli ultimi 3-4 mesi di fatturato della gestione Etihad-Alitalia.

Di questa merce, cappotti, divise, nessuno sapeva niente – racconta l'AD – perché poi Etihad ha rifatto le divise, quelle in tonalità rosso: l'azienda ha preferito spendere 6 milioni di euro per quelle divise piuttosto che prendersi quelle della Egv1.

Non è l'unico spreco della gestione araba: l'ex consulente del ministro Toninelli Gaetano Intrieri ne ha trovati altri: “ho trovato persone di Alitalia che vendevano componenti di Alitalia a 1200 euro per poi ricomprare lo stesso componente a 250mila euro, gente [dirigenti Alitalia] che si è fatta trasportare la casa giocattolo del figlio da Roma a Londra.”

I manager sembravano come l'orchestrina sul Titanic, talmente sprezzanti del bene pubblico da lasciare in un ristorante, mentre Alitalia affondava, una mancia da 1000 euro (e il pranzo lo ha pagato Alitalia): Montezemolo che avrebbe dovuto tutelare gli interessi italiani dalla disinvoltura degli arabi non si è accorto di nulla.


L'inchiesta racconterà anche della multa presa da Etihad-Alitalia dagli ispettori del lavoro per la gestione “allegra” degli ammortizzatori sociali nel 2015 e nel 2017: l'azienda non aveva consentito la fruizione dei riposi per il personale navigante – racconta Antonio Amoroso di Cub trasporti – per oltre 160mila giornate, come se in una azienda metalmeccanica il lavoratore il sabato e la domenica, anziché a riposto lo si mettesse in cassa integrazione, scaricando sulle tasche dei contribuenti il suo costo.

Gli ispettori del lavoro hanno anche inviato una informativa riservata alla procura di Civitavecchia dov'è stata aperta un'inchiesta per truffa: nelle carte gli ispettori puntano il dito sul ministero del lavoro dell'epoca per “omissione di controllo sugli atti”.

Danilo Procaccianti ha voluto sentire l'allora ministro in proposito, Giuliano Poletti: “me ne parla per la prima volta, non ne so assolutamente nulla.. non è che il ministro controlla”.

Ma nessuno al suo ministero controllava gli ammortizzatori sociali concessi ad Alitalia?

Non c'è solo il ministero che non ne sapeva nulla (“questa la sua opinione” dice Poletti): anche i sindacati non avevano fatto alcuna verifica.

Ivan Viglietti di Uil Trasporti ha risposto al giornalista sostenendo che l'ispettorato del lavoro, sul tema dei riposi, ha interpretato male il contratto di lavoro: ma il sospetto è che i sindacati abbiano chiuso un occhio dopo aver firmato un accordo del luglio 2017 con l'azienda in cui si concedevano 3432 giornate annue di permessi per ogni sindacato, un'enormità per un'azienda in amministrazione straordinaria.

Secondo il sindacalista della Uil, dopo quell'accordo ce ne sarebbero stati altri di riduzione, ma al momento il segretario Viglietti non ha portato a Report alcun accordo successivo.

E' come se settanta posti di lavoro fossero dispensati dal lavoro – spiega l'altro sindacalista della Cub Amoroso: “mentre si risparmiava sul costo del lavoro, mentre si tagliava con Alitalia Etihad, mentre si bloccavano gli scatti di anzianità, mentre i lavoratori subivano la cassa integrazione, quindi sospesi dal lavoro, questo non è una tutela ma è un privilegio, siamo nel campo del privilegio più sfacciato. Per altro sono accordi che prevedono il pagamento della diaria, l'azienda gli pagava il pranzo ..”.

Che ne pensano i commissari che dovevano controllare i conti dell'azienda?

Giuseppe Leogrande, su questo accordo è stato laconico: verificheremo, ne prendo atto, .. l'accordo è stato fatto da Gubitosi nel 2017, non di certo dagli attuali commissari. Che facciamo di questo accordo? Lo cambiamo prima di concedere altri fondi a sostegno?

Il mistero del drone della Piaggio.



Un drone dell'azienda Piaggio è caduto in mare il 31 maggio 2016, dopo essere decollato dall'aeroporto di Birgi a Trapani: il relitto è stato recuperato e, racconta il generale Vecciarelli (capo di Stato Maggiore della Difesa) se sia caduto da solo o se sia stato abbattuto.

E' il secondo prototipo della Piaggio Aereo, il primo era stato appena mandato agli Emirati Arabi Uniti.

L'indagine sulla caduta del drone è stata secretata ma Danilo Procaccianti ha incontrato un ex alto rappresentante della difesa che ha raccontato come sarebbero andate le cose.

“La cosa è semplicissima, l'aereo è andato giù, tra l'altro, nella sala di comando degli aeroplani, c'erano due piloti del mio corso, loro hanno azionato l'autodistruzione dell'aeroplano che è un pulsante che sostanzialmente porta ai piani di coda dell'aereo.”

E' stato distrutto apposta?

“E' stato fatto apposta perché in quel momento siano noi che gli emirati avevamo avuto l'autorizzazione dagli americani ad armare i droni, per cui eravamo tutti appagati da questo punto di vista. La mattina alle 9 l'aero arrivato agli emirati, caricato il prototipo, l'altro dopo un ora va in volo, libero da ogni traffico, non c'erano barche, non c'era niente in giro, .. quindi nell'arco di un'ora il programma non c'è più.”

Il programma di sperimentazione è compromesso, Piaggio si ritrova senza droni e senza soldi, eppure pochi mesi prima l'AD di Mubadala Development Company (la società di investimenti di Abu Dhabi che ha poi acquisito Piaggio Aerospace) ricevette il riconoscimento della gran croce come Cavaliere della Repubblica, su proposta del presidente Renzi, per il suo lavoro in Piaggio.

Report ha intervistato Rossella Daverio, ex capo comunicazione di Piaggio Aerospace: “è un po' curioso che l'Italia attribuisca una delle sue più alte onorificenze a una persona che ha lasciato dietro si se tante macerie.”

A Piaggio fu anche detto di non divulgare la notizia, il comunicato stampa fu bocciato dai legali della Piaggio, dal ministero della Difesa (ministro Pinotti).

E infine c'è l'Air Force Renzi: è l'Airbus che l'Italia, governo Renzi (che diversamente da altri politici, ha accettato di rispondere alle domande), ha preso in leasing da Etihad: l'ex presidente dà la colpa ai dirigenti del ministero, sono loro ad aver scelto quella formula, erano stati pagati per quello..

Ma sono stati soldi spesi bene?

Ora l'aereo è fermo in un piazzale dell'aeroporto di Fiumicino, dopo che è stato rescisso il contratto, almeno da fine febbraio 2018.

Etihad lo considerava così un rottame che non è nemmeno preoccupata di andarselo a riprendere: anche i generali dell'aeronautica avevano sconsigliato la scelta, perché troppo costosa: viaggi con più di 200 persone per tratte internazionali sono solo il 5% degli spostamenti, e un quadrimotore ha costi di carburante troppo alti.

C'è un documento, del sottosegretario De Vincenti, in cui si giustifica la scelta sostenendo che gli altri aerei in dotazione erano obsoleti (anche se del 2005). De Vincenti consiglia poi la strada del leasing, altra scelta poco parsimoniosa, perché sarebbe costato 200/300 ml di euro.

Un aereo gemello è stato acquistato ad un costo di 7ml di dollari, racconta l'ex consulente del ministero Intrieri.



In consulente ha fatto rescindere un altro contratto da 168ml, aereo che aveva un valore di mercato tra i 5 e i 10ml: lo stato italiano ha pagato subito 25ml per questo aereo che non era nemmeno di Etihad.

Lo stato avrebbe pagato 167 ml per un leasing di un aereo che Etihad aveva dato in leasing ad Alitalia a 67ml.

Il Fatto Quotidiano oggi da una anticipazione del servizio con un articolo di Vincenzo Bisbiglia

Prima di vendere le quote, nel 2014, Alitalia aveva svalutato in maniera “non corretta” le quote di una sua partecipata, Alitalia Loyalty, risultando così più appetibile all’acquirente Ethiad. Tutto ciò mentre l’azienda degli Emirati Arabi produceva verso la compagnia di bandiera italiana fatture probabilmente gonfiate. E mentre si accavallavano gli extra-costi, fra straordinari considerati in quota cassa integrazione – e dunque pagati dai contribuenti – costi di catering abnormi e lussuosi voli di Stato sull’Airbus 340-500, noto come “Air Force Renzi”. Sono alcune delle conclusioni di Ignazio Arcuri e Stefano Martinazzo, nelle loro 526 pagine di relazione tecnica consegnata alla Procura di Civitavecchia e, nelle scorse settimane, alla Corte dei Conti di Roma, che indagano sul crack di Alitalia, nonostante il salvataggio “tentato” dall’ex premier Matteo Renzi insieme a Luca Cordero di Montezemolo.

Se Etihad ci ha cannibalizzato, la responsabilità sarà di qualcuno, Report cercherà di dare qualche risposta.

La scheda del servizio: ALLACCIATE LE CINTURE di Danilo Procaccianti in collaborazione di Roberto Persia

In questo periodo si parla tanto di Alitalia perché il governo Conte ha deciso di stanziare 3 miliardi di euro per salvarla. Si aggiungono ai tanti soldi pubblici messi in campo in quello che sembra un pozzo senza fondo. E quando è toccato ai privati? L’ultima avventura è stata quella con gli emirati di Etihad, una partnership fortemente sponsorizzata dall’allora premier Matteo Renzi. Come è finita? Molto male. Dopo due anni e mezzo hanno portato i libri in tribunale. Ma il rapporto degli Emirati con l'Italia in epoca Renzi non si esaurisce con Alitalia: Report mostrerà tutti i documenti sul famoso Air Force Renzi, l'aereo di Stato voluto dall'ex premier. Si era siglato un accordo, sempre con Etihad, di svariati milioni di euro per un aereo che valeva pochissimo ed era fuori produzione dal 2011. Inoltre, l’inchiesta racconterà la vicenda di Piaggio Aerospace, l'azienda aeronautica del settore sicurezza e difesa anch'essa entrata in possesso degli Emirati Arabi in epoca renziana. E poi c'è un drone militare in sperimentazione, precipitato misteriosamente.

Il piano pandemico che non c'è(ra)

Come sarebbero andate le cose, in Italia, se avessimo avuto un piano pandemico efficace per fronteggiare la prima ondata del Covid?

Se il ministero e le regioni non si fossero mosse in base ad indicazioni sbagliate, in modo approssimativo, improvvisando anche.

Quante persone si sarebbero salvate?

Report e Giulio Valesini tornano sul tema e sulle domande senza risposta al direttore aggiunto Ranieri Guerra, ex dirigente del ministero della Salute e responsabile proprio di quel piano.

Pare che Ranieri Guerra sia coperto da immunità diplomatica: così sostiene l'Oms che ha scritto alla Procura di Bergamo e ai ministri Di Maio e Speranza, dove mostrava una certa irritazione nei confronti della procura lombarda e ricorda che i loro ricercatori e funzionari godono di una immunità e che dunque non sarebbero tenuti a rispondere ai magistrati italiani.

L'Oms ha invitato i suoi ricercatori a non presentarsi di fronte ai giudici anche contro la loro volontà di testimoniare: una fonte del ministero della sanità racconta di come l'Italia in questo momento sia al centro di uno scontro diplomatico istituzionale a livello internazionale, per via dell'indagine della procura di Bergamo.

“I magistrati avevano chiamato a testimoniare oltre a Ranieri Guerra anche gli autori del rapporto poi censurato, ma l'Oms non vuole che si presentino e ha creato ostacoli. La procura ha allora chiesto sponda alla Farnesina, per sentirli il 25 novembre, anche in questo caso l'Oms ha messo il veto facendo intendere ai ricercatori che se fossero andati il loro posto di lavoro sarebbe stato a rischio.”

In che modo l'Oms può ostacolare la giustizia italiana, nonostante le migliaia di morti?

Con lo strumento dell'immunità: sempre la fonte anonima del ministero “legga questa comunicazione che gira nei nostri uffici, l'Oms dice che preferiscono rispondere per iscritto, si appellano ai trattati internazionali.”

Uno dei ricercatori che avrebbe dovuto presentarsi di fronte ai magistrati è il dottor Zambon, del gruppo di ricerca di Venezia: le risposte date al giornalista fanno capire quanto sia complicato in questo momento esporsi, mettersi al di fuori dalla linea di condotta che Oms ha dato.

“La prima volta sono stato convocato come persona informata sui fatti, se vogliono risentirmi certamente ci vado.”

E sulla questione dell'immunità diplomatica? Come mai Ranieri Guerra è andato a parlare ai magistrati?

Il giornalista racconta che nella sua deposizione, Ranieri Guerra avrebbe criticato il rapporto dei ricercatori di Venezia sostenendo che fosse pieno di inesattezze.

“Questa è una cosa che respingo al mittente, il rapporto è stato scritto da una persona che ha scritto quattro modelli per la salute, scrive su Lancet, non è assolutamente pieno di inesattezze, questa non è una cosa che è possibile dire.”

Valesini ha chiesto poi a Zambon se fosse vero che Ranieri Guerra ha fatto pressioni sul suo gruppo perché avevano detto che il piano pandemico non era aggiornato, ma che era stato riproposto dal 2006, sempre uguale.

Su questo Zambon non ha voluto parlare: c'è ancora la sensazione di essere a rischio licenziamento, “da maggio non è una situazione piacevole, io non so come andrà a finire ..”

Pensa di essere finito in qualcosa più grande di lei? - Chiede Valesini: “Non lo so, sicuramente in qualcosa sono finito ma non so in cosa...”

La scheda del servizio: IL PARAFULMINE di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella con la collaborazione di Norma Ferrara, Eva Georganopoulou e Alessia Pelagaggi

Un documento dell’Oms denunciava che il piano pandemico italiano è del 2006, come scoperto da Report. Poche ore dopo la sua pubblicazione viene rimosso. Secondo le stime del Generale Lunelli, esperto di difesa batteriologica, un piano aggiornato avrebbe salvato diecimila vite. Report tornerà a raccontare con documenti esclusivi cosa è successo davvero nelle stanze dell’Oms e perché il rapporto scomparso è una bomba mediatica, tra incidenti diplomatici, cattivo uso di fondi della cooperazione, immunità diplomatica usata da scudo contro le convocazioni della procura di Bergamo e una curiosa comunione di intenti tra i pezzi grossi dell’Oms e il nostro ministero della Salute.

Cosa non è stato fatto per fronteggiare questa seconda ondata

“Il pronto soccorso è la porta d'ingresso dell'ospedale, dovrebbe essere il fiore all'occhiello di un ospedale” dice Mirko Schipilliti membro dell'associazione nazionale dirigenti medici in Veneto.



Servono medici specialisti e infermieri adatti a lavorare nel ramo emergenza, ma da anni non se ne trovano abbastanza: lo racconta un altro medico, Beniamino Susi dirigente del Pronto Soccorso del San Paolo a Civitavecchia “faccio un esempio, la nostra ASL ha fatto un concorso per 53 posti a tempo indeterminato, medici di urgenza, si sono presentati in cinque.”

In Italia mancano i medici specialistici, dunque, e così ospedali e Asl, già da prima di Covid-19, hanno delegato il compito di reclutare personale alle coop private: “è come quando io ho avuto bisogno di una badante per mia madre sono andato in un'agenzia e ho chiesto mi serve una badante dal 1 al 31 agosto, oppure quando fai un catering e ti mandano i camerieri” è sempre il dotto Susi a parlare.

Ma medici e infermieri non sono come i camerieri, con tutto il rispetto per quest'ultimi.

“C'è un vulnus a mio modo di vedere” dice Andrea Benazzato responsabile associazione medici dirigenti in Veneto “perché non hanno modo di vedere chi sono i medici della cooperativa perché la selezione la fa la cooperativa ”

Come fanno la selezione le cooperative? Adele Grossi ha fatto finta di essere un medico e ha provato a candidarsi: anche se non si hanno esperienze nel settore, la branca del pronto soccorso è l'unica – dice il selezionatore – che permette di inserire professionisti anche non specialisti.

Ovvero inserire nelle strutture di primo soccorso persone senza esperienza: negli ordini di servizio delle strutture si legge dunque “medico coop”, una sigla senza nemmeno un nome e un cognome.

Senza nemmeno sapere se il collega medico, somministrato dalle cooperative, che ti sta affiancando ha veramente una specialità, forse non lo sa nemmeno il primario.

Come siamo arrivati a questo, dopo aver visto coi nostri occhi gli effetti della prima ondata di Covid?

Perché non sono stati rinforzati i pronto soccorsi e i presidi territoriali (dove ci sono) per tempo?

Si torna al solito problema, mancano i medici: mancano da almeno cinque anni e gli aumenti non sono stati nemmeno previsti dalla riforma di un anno fa per ridurre i tempi di attesa e promettendo standard di cura più elevati.

Chiara Pivetti – segretaria dell'associazione medici dirigenti in Piemonte- racconta di come in questi anni nulla sia cambiato, si continuano ad avere code dei pazienti, difficoltà a ricoverarli, burnout del personale che chiede di andare via.

Il perno delle nuove norme è via i codici bianco, verde, giallo e rosso per passare ai numeri, dall'uno (l livello più grave) al cinque, con tempi massimi di attesa predeterminati, accesso immediato in emergenza, quindici minuti per il codice due, 60 per il tre, 120 minuti per il codice 4, e per il 5 l'utente non deve aspettare oltre le 4 ore.

E se l'utente aspetta cinque ore invece? Non succede niente, è una presa in giro per gli utenti.

“Se non si riesce a migliorare l'organizzazione del territorio, l'organizzazione dell'ospedale, soprattutto aumentare il personale, rimane tutto su carta, l'organizzazione non potrà che peggiorare” - commenta Chiara Pivetti.

Sulla carta è rimasto anche il ticket, previsto dalla maggior parte delle regioni a carico dell'utente che va in pronto soccorso senza reali urgenze e a cui viene assegnato il codice bianco, oggi codidce 5.

“Ma se a Roma devo far pagare il ticket a tutti dopo un po' devo chiamare la vigilanza” racconta alla giornalista Sandro Petrolati responsabile dell'area urgenza dell'associazione medici dirigenti: perché le aggressioni contro medici e infermieri sono in media tre al giorno, 1200 i casi denunciati, 456 in Pronto soccorso, che è anche il reparto dove ogni anno si registrano più sinistri, ossia errori diagnostici, terapeutici.

“Perché il codice è un semaforo: vedo prima te, poi altri, ma non è la diagnosi. In un codice bianco può nascondersi una patologia tempo-dipendente che mette a rischio la vita del paziente e serve personale qualificato per identificarla”, dice Mirko Schipilliti.

Personale che oggi arriva da cooperative senza aver avuto tempo di fare una formazione.

La scheda del servizio: MISSION IMPOSSIBLE? di Adele Grossi in collaborazione di Norma Ferrara

L'Italia avrebbe dovuto farsi trovare pronta alla seconda ondata: c'erano addirittura sul tavolo 192 milioni di euro stanziati dal Governo per potenziare i pronto soccorso e altre risorse per incrementare il numero dei medici, eppure i primi restano insufficienti e spesso inadeguati; i medici, invece, sono pochi, o meglio sono pochi gli specialisti, soprattutto nel ramo emergenza-urgenza. È così che ospedali e Asl, già da prima dell'emergenza sanitaria, hanno delegato il compito di reclutare personale alle cooperative private che inviano medici negli ospedali italiani, spesso neolaureati e privi di esperienza.


29 novembre 2020

Oregon Hill di Howard Owen

 


Il South Anna non è mai stato un gran fiume, e quell’autunno aveva piovuto meno del solito.

Il corpo era incagliato su un ramo a una cinquantina di centimetri di profondità. Sono arrivato mezz’ora dopo l’annuncio del vicesceriffo, quando nessuno si preoccupava di “preservare la scena del crimine” o idiozie del genere. Almeno non ancora. In realtà ho anticipato di qualche minuto perfino gli agenti della polizia di Richmond.

Oregon Hill è un quartiere storico di Richmond in Virginia, un quartiere popolare, dove i ragazzini crescevano secondo delle leggi note a tutti anche se non scritte. Mai tenersi un'offesa, sapersi difendere con le proprie mani, mai indietreggiare di fronte ad un nemico.

A Oregon Hill, se all’una di domenica mattina qualcuno ti spintona e ti chiama ‟ladro di birra” di fronte a una buona metà dei ragazzi del quartiere, restare con le mani in mano non è una possibilità ..

Da qui arrivano tutti i protagonisti di questo noir scritto da un ex giornalista e raccontato in prima persona da Willie Black, giornalista vecchio stampo, tre matrimoni falliti alle spalle, una figlia dal primo matrimonio, un'incapacità di smettere di bere e di fumare.

Willie ci porta dentro questo mondo e dentro questa storia, un passo alla volta: non ci racconta tutto fin da subito. Non ci racconta del suo essere per metà di colore, un fatto non da poco nell'ambiente razzista che era il suo quartiere, da cui è riuscito ad andarsene.

Non ci racconta subito dei tre matrimoni, di come sia stato capace di rovinare quei rapporti, specie con Janette, la prima moglie.

A quei tempi, Oregon Hill era bianco come il vestito da sposa di una vergine. Era nato come quartiere popolare, una specie di villaggio operaio nascosto nelle viscere di una città, ..

Un poco alla volta veniamo a conoscere la madre, Peggy, una vera calamita per disgraziati, diventata madre giovanissima dopo essersi innamorata di un sassofonista di colore e, successivamente, abbandonata dalla famiglia. Un specie di hippie, con tante relazioni sbagliate ma che ora convive con un ex giocatore di baseball che, ma solo ogni tanto come un sonnambulo, deve salire sul tetto di casa. E qualcuno lo deve riportare giù.

E poi Abe, un nativo americano, cresciuto nello stesso quartiere di Willie e, di fatto, uno dei pochi amici veri dell'infanzia. Uno di quelli che gli è sempre rimasto vicino. Anche ora, coinquilino nell'appartamento nel quartiere di Prestwould.

In quei primi anni Abe è stato il mio migliore amico, e forse anche l’unico. Solo in quarta elementare decidemmo di allearci con Goat, R.P., Andy e Sammy.

Tutto ruota attorno a quel quartiere e alle persone che li sono nate e cresciute, tanti anni prima. Anche le radici di quell'omicidio di cui Willie si deve occupare quella mattina di martedì.

Isabel Ducharme, una studentessa che frequentava la Virginia Commonwealth University e che era scomparsa da qualche giorno: è lei la ragazza ritrovata morta nelle acque del fiume South Anna.

Tutti hanno capito la domanda: perché qualcuno dovrebbe rapire una ragazza, ucciderla e gettarla nel South Anna per poi lasciarla in balìa degli uccelli e dei ratti? E perché, nel nome di dio, dovrebbe tagliarle la testa?

Sembra un delitto complicato, ma la polizia arriva subito al presunto assassino: si tratta del ragazzo di Isabel, con cui aveva litigato quella sera, l'ultima in cui era stata vista in giro.

Si chiama Martin Fell, uno studente molto fuori corso che amava frequentare le studentesse giovani come Isabel, spacciandosi per uno studente. Gli piaceva le ragazzine ingenue che sapeva ammaliare.

E poi, c'è quella confessione, che la polizia ha raccolto proprio dal sospettato: ad interrogare Martin è stato proprio un poliziotto venuto da Oregon Hill, David Shiflett. Come Willie e Abe.

Ma qualcosa in questo caso non torna a Willie. Lo abbiamo detto: Willie Black non è come si dice un vincente: la tolleranza estrema all'alcool, i matrimoni, la figlia Andi che non ha visto crescere e poi la sua carriera al giornale.

Fa parte di quella categoria che chiameremo dei “vecchi tromboni”, quei giornalisti che hanno delle regole da osservare nel proprio lavoro, nel rispetto del giornalismo e del lettore.

Per questo è stato retrocesso dalla cronaca politica alla cronaca nera, ad un passo dal licenziamento, cosa che ogni tanto succede nel suo giornale perché la direzione deve far quadrare i conti e l'unico modo che sa per farlo è licenziare giornalisti. Specie quelli anziani, specie quelli che in tanti anni hanno avuto degli aumenti di stipendio.

Troppe cose non tornano nella soluzione del caso: l'alibi della madre, un pezzo della registrazione dell'interrogatorio che manca, il carattere del ragazzo, non certo uno capace di uccidere e tagliare la testa ad una ragazza. E inviarla al padre.

E poi c'è il caso Leonard Pikarski, uno dei primi a cui Willie aveva lavorato (una storia di omicidi con stupri), sposando in pieno la tesi colpevolista. Tesi franata quando il vero assassino era stato trovato.

I primi dubbi, le prime perplessità le scrive sul blog del giornale. Andando a prendersi una lavata di capo dal direttore. E un pestaggio da due tizi incappucciati in un parcheggio.

Ed è proprio questo a spingerlo ad andare avanti, oltre al fatto che la terza moglie, Kate, è l'avvocato del presunto assassino.

Scoprire il vero responsabile della morte di Isabel è anche un modo di dimostrare a Kate di valere qualcosa.

«L’ho vista. Quella sera. La ragazza a cui hanno tagliato la testa». Grande Amico adesso ha tutta la mia attenzione.

C'è un altro personaggio di Oregon Hill, Grande Amico, un vagabondo amico di Willie e della madre, che quella sera ha visto qualcosa: non è che perché una persona viva all'addiaccio, senza un tetto sulla testa, ci veda male. E Grande Amico (chiamato così per il suo modo di rivolgersi alle persone) quella sera ha visto Isabel salire su un'auto. E non era Martin Fell.

Ormai posso andare solo avanti. Non si torna più indietro. Devo infilarmi nello strettissimo tunnel in cui mi sono cacciato e procedere verso la luce.

Con ostinazione, con metodo, mettendo assieme tutti i pezzi di questo puzzle, il cui disegno porta indietro ad un fatto di cronaca avvenuto proprio a Oregon Hill quasi quaranta anni prima, Willie Black riuscirà a scrivere il suo pezzo, la verità sul delitto di Isabel Ducharme, perché “tutti nella vita hanno la possibilità di fare almeno una cosa giusta”.

Un noir in cui al centro troviamo il classico delitto, ma dove attorno, come cerchi concentrici vediamo allargarsi altri piani di lettura: il racconto della vita di quartiere di Oregon Hill dove tutto e nato e tutto torna. La distanza tra quel quartiere popolare e quello dell'alta borghesia classista e anche un po' razzista di Prestwould. Il mondo del giornalismo vissuto e raccontato dal di dentro: il confronto tra i “vecchi tromboni” e le giovani generazioni, in un mondo dove contano i numeri (le copie vendute, i conti, ..) non sempre la qualità dell'informazione.

Willie Black è un esempio di anti-eroe imperfetto ma proprio per questo credibile e che impareremo a fine lettura ad apprezzare. Perché, nonostante tutto, ama il suo lavoro, ama ancora le sue ex mogli e la sua figlia.

Perché non si è fermato di fronte alla verità di comodo, scegliendo la strada più complessa, anche più rischiosa.

Perché è uno dei ragazzi che viene da Oregon Hill!

La scheda sul sito di NN Editore

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

26 novembre 2020

Il vaccino che verrà

Una delle raccomandazioni (si, proprio così, raccomandazioni) della FDA per dare l'autorizzazione al vaccino della Pfizer riguarda il suo tracciamento, ovvero mettere in piedi un meccanismo di controllo del vaccino, per capire se e quali effetti collaterali può causare.

Un database che tracci i nomi delle persone a cui è stato somministrato, il suo stato di salute prima e dopo.

Lo stesso dovrebbe fare l'equivalente l'ente europeo: in Italia significa mettere in piedi quel meccanismo di tracciatura che è saltato con la seconda ondata, che non ha funzionato con Immuni.

Significa dare come ulteriore compito di monitoraggio alle persone che fino ad oggi han litigato sulle competenze, sulle zone rosse, sui vaccini che non ci sono...

25 novembre 2020

Voci nel silenzio di Bruno Morchio

 


Prologo

«April is the cruellest month.» T.S. Eliot

La telefonata è arrivata ai primi di aprile, nel mezzo del lockdown decretato dal governo per contrastare la pandemia da Covid-19.Alle dieci del mattino, dirimpetto alle finestre di casa, un sole luminoso e beffardo illuminava il prato della facoltà di architettura, bello e deserto come il giardino dell'Eden dopo il peccato originale.

Ho scoperto lo scrittore Bruno Morchio solo da poco, prima col romanzo Dove crollano i ponti, una storia di disperazione giovanile in un quartiere fuori Genova.

E ora col suo Bacci Pagano, in un giallo intenso e drammatico ambientato nei mesi del lockdown.

La consegna di non uscire di casa, contro cui qualcuno ha rivolto una discutibile indignazione, non mi è pesata. L’ho presa come un’altra prova, forse l’ultima, a cui la vita ha voluto sottopormi, quasi a testare la mia capacità di sopportazione con l’avanzare dell’età.

Si può ambientare un romanzo ai tempi del Covid: per dare azione ai personaggi, confinati in casa per le regole di contenimento della pandemia, basta aggiungere un piano temporale alla storia, come fa Bruno Morchio in questo romanzo che parla di morti e di segreti e della difficoltà nel prendere una decisione: si può raccontare una verità ad una persona sapendo che questa potrebbe non reggerne il peso?

Il tutto parte, al tempo dell'oggi, con una telefonata e una lettera che l'investigatore privato Bacci Pagano riceve da una ragazza

«Parlo con Bacci Pagano, l’investigatore?» Una voce di donna fresca e giovanile..

Si chiama Lara Tanzi ed è la figlia di un ex cliente di Bacci Pagano, Beppe Bortoli che, prima di morire per il covid, aveva scritto una lettera proprio per lui, dove si ripercorrono tutte le fasi della loro conoscenza e dove alla fine gli viene chiesto di fare una nuova indagine per lui. Nel 1998 Bortoli, ex brigatista che aveva trascorso anni di latitanza all'estero, l'aveva assunto per trovare delle prove che potevano scagionarlo dall'accusa di omicidio.

Un piccolo criminale rinchiuso in carcere lo aveva denunciato, riportando le confidenze di un altro brigatista suicida in carcere a Torino, a Le Vallette, Paluzzi.

Secondo quest'ultimo, nel 1980 aveva fatto parte di un commando di BR dove era stato ucciso un carabiniere: ma Bortoli era stato un pesce piccolo nelle BR, non aveva fatto nessuna azione e quando aveva iniziato ad avere paura di finire in trappola era scappato in Brasile, dove era tornato solo nel 1992, quando il suo avvocato (un nome importante del foro di Torino) aveva patteggiato per lui la pena.

Una ricerca dolorosa, perché lo costringe a tornare indietro con la memoria, ai cinque anni passati in carcere per un accusa falsa, negli anni migliori della propria gioventù, anni in cui per un semplice sospetto, per delle accuse solo indiziarie, potevi finire in galera per mesi, in attesa di un processo. O per colpa di una condanna sbagliata.

Dal tempo moderno ci trasferiamo al tempo passato, fine anni 90, più di un decennio dopo la fine della stagione del terrorismo rosso. Quando l'Italia passò dalla rivoluzione del proletariato a Tangentopoli per arrivare al nuovo sogno italiano:

Vorrei rispondere che la rivoluzione l’hanno fatta gli altri, visto che, dopo Tangentopoli, al potere è andata l’immaginazione delle reti Mediaset e al governo si sono insediati gli epigoni del Movimento Sociale, ..

Perché questa accusa nei confronti di Bortoli così dopo tanti anni?

Ci sono cose che non convincono Bacci Pagano in questa storia: per esempio il suicidio di Paluzzi, l'accusatore di Bortoli. Pure lui finito in cella molti anni dopo la fine della stagione del brigatismo quando si era anche rifatto una vita.

Come mai Marra, un ex brigatista pentito che oggi si è trasformato in un professionista rispettabile, lo ha accusato con tanti anni di ritardo?

Come ha fatto Bortoli a tornare in Italia, dopo anni di latitanza, senza finire in galera, patteggiando una pena mite? Certo, nel 1992 l'emergenza era la mafia, non le BR.

Non è un'indagine facile, c'è questa impressione che Bortoli non gli stia raccontando tutto, che ci sia dell'altro dietro il suo rientro dalla latitanza. Come non è facile avere a che fare con pentiti come Marra, nei cui occhi si vede ancora quel luccichio dell'ideologia malata.

O come l'avvocato Canessa, un avvocato importante, troppo per uno come Bortoli:

Più che uno studio legale questo austero appartamento nasconde una fabbrica che ingurgita clienti, macina diritto penale e civile e defeca soldi a palate.

La lettera di Bortoli, però, finisce con una richiesta ben precisa: l'ex brigatista vuole scoprire l'origine del rancore da parte della moglie, Marina, nei suoi confronti. Rancore, un vero e proprio odio, nato pochi mesi prima di morire per un tumore e pochi mesi dopo che il processo a suo carico nel 1998 lo avesse assolto.

Ora ti domanderai a quale scopo ho chiesto a Lara di recapitarti questa lettera. Quello che ti chiedo è semplice: scopri perché Marina ce l’aveva tanto con me. Rintraccia la sua amica, Tania Serao, e convincila a parlare.

Questa seconda parte dell'indagine sarà un viaggio indietro nel tempo ancora più doloroso.

Perché Marina e Bacci Pagano si erano incontrati nel lontano 1980 a Cuba, in una piantagione di zucchero, quando i giovani come loro coltivavano un sogno di costruire un mondo nuovo.

Erano trascorsi quasi quarant’anni da allora. E di Marina Tanzi, oltre alle tracce, avevo perso anche il ricordo. Non potevo certo immaginare che nel 1998, grazie a un personaggio come Beppe Bortoli, i nostri destini fossero sul punto di incrociarsi.

La voce di Lara, la figlia di Marina e Beppe Bortoli, ricorda quella della madre, una donna conosciuta in una piantagione di zucchero, dove tra loro era anche successo qualcosa, e poi dimenticata. Come aveva fatto a perderla?

Un'indagine che si sposta al tempo di oggi, un'indagine su fantasmi, che lo riporta a bar e locali chiusi da anni, quelli in cui incontrava vecchi “compagni” come Ardigò

.. reduci che avrei voluto interrogare non avevano niente da dire perché non c’erano più, o erano finiti in qualche discarica della storia. Fantasmi che esistevano solo nella mia mente

Quello in cui lo aveva trascinato Bortoli è un viaggio in un territorio dominato solo dal buio e dal silenzio, ma

Bacci Pagano riuscirà a fare luce su quel buio e a mettere in fila tutte le risposte alle sue domande: come mai Marina in quegli ultimi frenetici mesi della sua vita, avesse iniziato ad odiare Bortoli.

Quale fosse il segreto di questo ambiguo personaggio che, agli occhi della figlia appariva come un combattente, un rivoluzionario che voleva cambiare il mondo e che non aveva fatto nulla di male …

Una verità di un passato le cui ferite fanno ancora male e il cui peso dovrà Bacci Pagano tenersi addosso, “su questa schiena provata dagli anni, dalle ferite e dalla pioggia buscata nel corso di centinaia di appostamenti”.

Voci nel silenzio è la dimostrazione che si può ambientare un romanzo, un giallo, anche ai tempi del Covid. Facendo un'indagine senza quasi uscire di casa, telefonando a vecchie conoscenze del passato, ex poliziotti in pensione o guardie carcerarie con cui si era diventati (nonostante le sbarrre) amici.

E' un romanzo che tocca diversi temi: dal racconto della lotta armata da parte dei reduci di quegli anni (con riflessioni molto profonde su cosa sia stata quella stagione per molti reduci), al peso della memoria, di cui a volte ci si vorrebbe liberare.

Un racconto in cui il protagonista si mette a nudo mostrando tutte le sue vulnerabilità, come il rapporto difficile con la compagna, il dolore per quelle cose perse dietro di sé, le amicizie, gli amori, i ricordi e gli spettri del passato ..

La scheda sul sito di Garzanti

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

24 novembre 2020

Report – i proprietari del Milan e le app di contact tracing regionali

L'eco della passata inchiesta sulla Sardegna e sulla riapertura delle discoteche si sente ancora: è stata una trasmissione vergognosa, faziosa, dicono i consiglieri sardi, difendendo Solinas.

Ma quella trasmissione è uscita grazie alle rivelazioni di un consigliere di maggioranza: il danno all'immagine lo ha fatto Solinas e la sua giunta.

La giunta e la decisione del CTS che ancora non salta fuori, come forse non esiste nemmeno il CTS regionale.

Sardegna Si cura di Lucina Paternisi

La Sardegna si è fatta la sua app di contact tracing, che però tracciava la posizione delle persone: senza la app e senza la registrazione non si poteva entrare nell'isola, ma ad agosto nessuno controllava, col flusso dei turisti.

Così alla fine questa app si è rilvevata un doppione, non sappiano dove sono finiti i dati raccolti: si è perso tempo per questa app e non si è fatto contact tracing.

L'azienda che l'ha fatta è la Engineering, su scelta dell'assessore Satta: come mai un'altra app di contact tracing? L'assessore spiega che l'app si è fermata, non ha raccolto dati in modo illecito. Non spiega come mai non è stato fatto il bando. E basta intervista..

Quanto è servita per contrastare i contagi in regione? Quanto è costata la sorella di immuni?

In Sicilia hanno fatto una app gemella che si chiama Sicilia Si cura: il garante della privacy ha aperto una istruttoria su queste due app, per capire rispettano le norme come Immuni.

Ma altri presidenti hanno fatto la loro app, tanto solerti nel tracciare i contatti, meno nel tracciare il denaro.

L'emergenza Covid in Piemonte – infermieri cercasi

In Piemonte le palestre per la medicina riabilitativa sono state trasformate in sale per terapie intensive: è mancata la programmazione negli ospedali per gli infermieri.

A settembre sono stati fatti i bandi, dice il responsabile dell'emergenza Covid: ma era solo un bando per infermieri nelle scuole, un altro bando è stato fatto ad ottobre.

Andavano fatti questa estate i bandi: oggi senza personale ci sono pazienti fermi a terra, sulle barelle. E' una strategia voluta, spiega il responsabile dell'emergenza.

Questa situazione è aggravata dal fatto che i pochi infermieri si ammalano: sono sottoposti a tamponi ogni 15 giorni e i risultati arrivano dopo giorni.

“E' un'infezione importante” sempre il responsabile: forse è anche colpa di come lavorano negli ospedali, forse non hanno tutti i dispositivi.

I dispositivi c'erano, ma erano mascherine chirurgiche e non fpp2; i pazienti in attesa del tampone erano messi assieme nelle zone grigie, senza distinzione.

È successo che pazienti negativi si sono positivizzati – racconta un infermiere alla giornalista.

Di questa disorganizzazione chi ci rimette sono medici e infermieri, ma anche i pazienti: ci sono pazienti oncologici che non possono essere operati, per esempio.

Ora la regione sta sottraendo posti letto alle oncologie e alle cardiologie: ora pare che si siano attrezzati per fare più tamponi, anche all'ingresso.

A Report sono arrivate testimonianze di infermieri, di cooperative che danno assistenza a malati cronici, che oggi aderiscono ai bandi, sottraendo queste persone alle cure.

I padroni di casa: un presidente, un cinese e due napoletani

17 ottobre 2020, derby Milan Inter: le tifoserie si danno appuntamento sotto lo stadio, alla faccia del distanziamento, i tifosi del Milan si trovano sul prato davanti al Meazza, dove le due squadre vorrebbero costruire il nuovo stadio, di fronte alle case confinanti, cosa di cui i residenti non sembrano molto felici.

Report ha scoperto chi siano i proprietari del Milan, due imprenditori napoletani, Cerchione e D'Avanzo: sono due professionisti della finanza e dell'offshore.

Come sono arrivati a diventare padroni del Milan?

Comprando i crediti che la sanità convenzionata vantava con la regione Campania: sono poi andati ad incassare i crediti alla regione, con gli interessi, regione che poi è andata in crisi coi conti, dovendo poi fare dei tagli.

Ora i due finanzieri, per tramite di Elliott trattano col comune di Milano, che però non sa chi siano i veri proprietari della squadra.

I due progetti per il nuovo stadio sono stati presentati al Politecnico: il rettore Resta è poi andato in comune dove ha espresso i suoi dubbi nel voler ristrutturare lo stadio. Peccato che il rettore fosse consulente in uno dei progetti che prevedono la demolizione del Meazza.

Ma il vecchio (e glorioso) Meazza è proprio da abbattere? Il professore del Politecnico Aceti ha proposto un progetto per recuperare lo stadio, trasformando il terzo anello in una galleria panoramica: “in questi volumi si possono collocare spazi polifunzionali quali spazi commerciali, ristoranti, musei, spazi sportivi e negozi di vario genere, può essere riempito con quelle funzionalità che sono quelle richieste agli stadi moderni.”

Il costo di questo progetto è circa 250ml di euro comprensivi anche dell'ammodernamento degli anelli sottostanti: nel progetto delle due squadre milanesi solo lo stadio costerebbe 600ml di euro.

Aceti ha proposto il suo progetto alle squadre che hanno risposto negativamente: forse il loro obiettivo non è avere uno stadio moderno, ma costruirne uno nuovo da zero con tutte le altre costruzioni a corollario.

Scaroni, presidente del Milan, rassicura, il pubblico non ci metterà un euro, gli investitori vogliono essere rassicurati sull'investimento da 1,2 miliardi di euro.

Serve aumentare la metratura per costruire su questi terreni (che verranno rilasciati in concessione): l'operazione nuovo stadio sta in piedi solo per gli edifici costruiti attorno allo stadio.

Il comune dovrebbe verificare solo che ci sia l'interesse pubblico: interesse che viene riconosciuto dalla giunta, a patto che le società rivelino i veri proprietari.

Ma le società rispondono dicendo che i proprietari della concessione saranno rivelati, ma solo dopo.

Con chi sta trattando il comune di Milano e l'assessore Tasca?

Risponde l'assessore: “io oggi ho un proponente che è l'AC Milan che ad oggi non è interdetta dall'esercizio dell'attività amministrativa e dall'altra ho l'FC Internazionale.”

Sono due SPA private: ma oggi sappiamo chi è il vero proprietario del Milan?

La procedura prevede che io lo faccia oggi? No. La presunzione che si debba fare necessariamente qualcosa perché c'è un fumus, tutti i fondi hanno lo stesso tipo di problema.”

Peccato che la legge e la Banca d'Italia siano chiare: la società Milan ha una struttura societaria opaca mentre il comune dovrebbe essere certo che Elliott non stia già vendendo la concessione a terzi.

Questa opacità del Milan nasce dalla vendita di Berlusconi a Li: con questa vendita il Milan ha guadagnato milioni la cui provenienza non è nota.

Il Milan ha potuto ridurre la sua esposizione debitoria, peccato però che Lì non sia l'imprenditore che dice di essere: in Cina nessuno conosce mister Li, che da colpa ai servizi scandalistici dei giornali.

Dei problemi di Li parla a Luca Chianca anche il giornalista Gerevini del Corriere: ad affiancare la vendita del Milan è stata la banca Lazard, ma nessuno ha registrato la fragilità finanziaria del cinese.

Il fondo Elliott ha aiutato Li, prestandogli 300ml in un momento in cui sia lui che la Fininvest erano in crisi: mister Li perché aveva problemi di liquidità, Fininvest (e Mediaset) per la scalata ostile di Vivendì.

Dentro Elliott ci sono due finanzieri che oggi sono nel CDA del Milan, D'Avanzo e Cerchione: si arriva ancora a delle società offshore, dentro cui transitano centinaia di milioni.

Per capirci qualcosa serve un esperto come Gian Gaetano Bellavia : la Project ha dato alla Rossoneri Sport 400ml di euro, forse sarà il fondo Elliot a darli.

“Tutti scrivono che c'è il fondo Elliott, ma io vedo dietro ad una catena societaria lussemburghese una società del Delaware, però la dichiarazione della controllante del Milan è che la maggioranza non è di Elliott, ma dei due finanzieri D'Avanzo e Cerchione”.

Sono loro i veri proprietari del Milan: il vero tema, ancora una volta è, da dove arrivano i soldi? Non si può sapere, sostiene Bellavia, perché queste costruzioni offshore sono fatte apposta per non mostrare la provenienza del fondi.

E se in questa operazione c'è dietro una opacità sui titolari, se c'è il timore di una operazione di riciclaggio, il pubblico ufficiale deve denunciarlo.

Nei giorni passati Elliott ha fatto uscire un'Ansa dove si sosteneva che il vero proprietario fosse proprio il fondo: eppure questo è in contrasto con quanto dichiarato nei pubblici registri da queste catene di società.

Li entra nell'affare Milan con un patrimonio di 500ml (il Milan valeva 700ml): in quel momento le sue holding erano già in crisi.

Ad accompagnare mister Li c'era la banca Rotschild di Scaroni, oggi presidente: quando Li ha avuto problemi a pagare l'ultima tranche per l'acquisto chiede aiuto al fondo Elliot, che diventa proprietario delle azioni.

Ma, carte alla mano, quelle lussemburghesi, i veri padroni sono i due finanzieri a capo della Blue Skies, D'Avanzo e Cerchione, società che controlla Rossoneri investment.

Quali sono le origini dei proprietari del Milan? La loro ascesa arriva da Napoli, nel 2006 quando acquistano crediti per 1,2 ml di euro dalla sanità campana, da aziende accreditate.

Crediti accumulate perché le Asl non pagavano, così farmacie e altre società dovevano rivolgersi a finanziarie, che pagavano loro i crediti ad un valore inferiore.

Le società creditrici sono finite in tribunale, i tribunali davano ragione alle finanziarie private: la sanità campana per ridare i soldi ai creditori ha dovuto fare tagli su personale e strutture che ancora oggi si sentono.

D'Avanzo e Cerchione sono intervenuti anche a Venezia per salvare il bar di Hemingway, il bar di Cipriani, compagno di Nicole Minetti, ex consigliere regionale.

Cerchione e D'Avanzo sono stati legati alla finanziaria Sopaf, la finanziaria dove c'era dentro Galliani, ma né Galliani né Scaroni hanno accettato di parlare col giornalista di Report.

In Lussemburgo nel gennaio 2019 hanno istituito il registro dei titolari delle società, sia quelle giuridiche che quelle di persona: sarebbero andati incontro ad una multa da 1,2 ml di euro se non l'avessero fatto.

Come mai questi due finanzieri si dichiarano proprietari di più del 50% delle azioni del Milan in Lussemburgo, ma non lo fanno in Italia? Perché in Italia non abbiamo il registro delle imprese, nonostante ci fosse una direttiva europea in tal senso, per contrastare l'evasione.

L'acquisto della società Fila

Project pencil è la società, creata sempre in Lussemburgo, che controlla oggi la società Fila: l'avvocato che ha gestito la vendita (delle azioni di uno dei due proprietari) è sia avvocato del venditore che del compratore, sostiene Chianca, e i 50 ml usati per comprare la Fila dalla signora Candela, arrivano dalla banca Rotschild.

Un'operazione a somma zero, con 40ml che entrano ed escono: non si capisce il senso dell'operazione, al cui interno si ritrovano sempre le stesse persone, l'assessore che sta gestendo l'operazione stadio a Milano, i due consiglieri del Milan, l'avvocato che ha gestito la vendita della Fila.

Il registro delle imprese servirà ora, con l'epidemia per il covid, per impedire che pezzi del nostro paese finiscano in mano straniere.

23 novembre 2020

Anteprima delle inchieste di Report – i proprietari del Milan, i problemi della sanità piemontese

Roma e Milano al centro delle inchieste di stasera: la capitale d'Italia e quella morale (almeno così dicono), sulla prima si cercherà di scoprire il lato oscuro del corpo della polizia locale e quello che è il loro potere nell'influire nelle vicende della capitale.

Milano è la città che non si ferma: non si fermano i contagi e non si ferma nemmeno il cemento, per le prossime speculazioni edilizie che il comune milanese ha approvato. Come il nuovo stadio di Inter e Milan: chi è il vero proprietario della società calcistica?


Infine un servizio sulle app realizzate dalle regioni in concorrenza ad Immuni, soldi che forse avrebbero potuto essere spesi meglio per la sanità e i trasporti. E per trovare nuovi infermieri, quelli che mancano alla regione Piemonte.


I veri proprietari del Milan

Chi sono i veri proprietari del Milan? Luca Chianca ha provato a chiederlo a Scaroni, ex AD di Eni, indicato come presidente dal fondo Elliot, senza troppo successo:

Buongiorno, sono Luca Chianca di Report.

Eh appunto...

Uno dei progetti su cui sta lavorando la società calcistica milanese riguarda il nuovo stadio, che prenderà il posto di San Siro: sono due i progetti presentati da Inter e Milan, la cattedrale presentata dalla studio Populus e gli Anelli di Milano voluto dal consorzio Sportium, entrambi prevedono la costruzione del nuovo stadio sul prato, accanto al vecchio, che verrà in parte demolito.

Con chi sta trattando il comune di Milano e l'assessore Tasca: “io oggi ho un proponente che è l'AC Milan che ad oggi non è interdetta dall'esercizio dell'attività amministrativa e dall'altra ho l'FC Internazionale.”

Sono due SPA private: ma oggi sappiamo chi è il vero proprietario del Milan?

La procedura prevede che io lo faccia oggi? No. La presunzione che si debba fare necessariamente qualcosa perché c'è un fumus, tutti i fondi hanno lo stesso tipo di problema.”

Dunque al comune nemmeno si sono presi la briga di risalire alla catena di controllo dell'AC Milan, di capire chi sta dietro il fondo: tutto parte con la vendita al cinese Li Yonghong  per 700ml, attraverso società offshore caraibiche e di Hong Kong.



Poi, prima dell'arrivo di Elliot, finisce tutto in Lussemburgo: Report aveva scoperto che qui si trovava la società controllante del Milan, la Rossoneri sport investment, che in un palazzo lussemburghese aveva la sede fiscale.

I registi dell'ingresso del fondo Elliot nel Milan sono due finanzieri, Gianluca D'Avanzo e Salvatore Cerchione che oggi siedono nel CDA della società, hanno base a Londra mentre le società da cui dipende il club rossonero sono in Lussemburgo.

Quando arriva Elliot viene creata la società “Project Redblack” partecipata da due anonime del Delaware e da un'altra lussemburghese, la Blue Sky Financial Partners di D'Avanzo e Cerchione.

Per capirci qualcosa serve un esperto come Gian Gaetano Bellavia : la Project ha dato alla Rossoneri Sport 400ml di euro, forse sarà il fondo Elliot a darli.

Tutti scrivono che c'è il fondo Elliot, ma io vedo dietro ad una catena societaria lussemburghese una società del Delaware, però la dichiarazione della controllante del Milan è che la maggioranza non è di Elliot, ma dei due finanzieri D'Avanzo e Cerchione”.

Sono loro i veri proprietari del Milan: il vero tema, ancora una volta è, da dove arrivano i soldi? Non si può sapere, sostiene Bellavia, perché queste costruzioni offshore sono fatte apposta per non mostrare la provenienza del fondi.

Report ha chiesto un'intervista a Scaroni e all'ex presidente Berlusconi, avranno avuto una risposta alle loro domande?

Quello che sappiamo è che l'origine della fortuna di questi due imprenditori deriva da dei crediti per 12 ml che alcune strutture private accreditate vantavano con la sanità campana, comprati nel 2006.

Ma il vecchio (e glorioso) Meazza è proprio da abbattere? Il professore del Politecnico Aceti ha proposto un progetto per recuperare lo stadio, trasformando il terzo anello in una galleria panoramica: “in questi volumi si possono collocare spazi polifunzionali quali spazi commerciali, ristoranti, musei, spazi sportivi e negozi di vario genere, può essere riempito con quelle funzionalità che sono quelle richieste agli stadi moderni.”

Il costo di questo progetto è circa 250ml di euro comprensivi anche dell'ammodernamento degli anelli sottostanti: nel progetto delle due squadre milanesi solo lo stadio costerebbe 600ml di euro.

Aceti ha proposto il suo progetto alle squadre che hanno risposto negativamente: forse il loro obiettivo non è avere uno stadio moderno, ma costruirne uno nuovo da zero con tutte le altre costruzioni a corollario.

La scheda del servizio: I PADRONI DI CASA di Luca Chianca in collaborazione di Alessia Marzi

Chi è il vero proprietario del Milan? Se lo sono chiesti in tanti da quando Silvio Berlusconi l'ha venduto. Dopo la parabola misteriosa del cinese Mr Lì, oggi tutti parlano del Fondo Elliott ma in realtà i titolari effettivi delle società lussemburghesi che controllano il Milan sono due consiglieri di amministrazione del club rossonero, Gianluca D'Avanzo e Salvatore Cerchione. Report lo scopre perché l'ultima direttiva antiriciclaggio, voluta dall'Europa, impone a ogni paese membro un registro dei beneficiari finali delle operazioni fatte dalle società e questo al di là di accordi privati, tra soci o azionisti per la governance di una società. Mentre l'Italia non ha ancora il suo registro, il Lussemburgo si è da poco adeguato alla normativa ed è lì che leggiamo chi sono i nuovi titolari effettivi del Milan, almeno sulla carta, con una quota di poco superiore al 50%.

Il lato nascosto dei vigili di Roma

Sono tanti e gestiscono un potere diffuso nella capitale: sono i vigili di Roma.

Report ha raccolto diverse testimonianze di persone che hanno subito minacce da parte dei vigili solo per aver fatto delle segnalazioni, tramite IoSegnalo, un sito e una App del comune di Roma dove un cittadino può inviare le sue segnalazioni, una novità introdotta alla fine del mandato dell'ex sindaco Marino.

“Chiederemo alle persone che vogliono collaborare e che si sono già accreditate sul portale di bombardarci di segnalazioni" – racconta in un vecchio servizio Raffaele Clemente comandante della polizia municipale dal 2013 al 2016.

L'idea dell'ex sindaco era giusta in un sistema sano, ma finisce presto, racconta il servizio: qualcuno dopo aver fatto delle segnalazioni viene minacciato di morte. E' un signore che ha dato la sua testimonianza in forma anonima e che racconta di una telefonata ricevuta di notte da una persona che conosceva il suo nome e cognome, che sapeva che aveva chiamato i vigili di zona (per una questione di parcheggi in doppia fila) e che lo minacciava, dicendo che sapeva dove abitava.


Perché a metà settembre questa persona una sera trova un biglietto attaccato al citofono, con nome e cognome, dove era scritto “hai fatto fare multe a centinaia di persone senza motivo ora ti bruciamo casa e diamo fuoco alla macchina.”

La procura di Roma ha scoperto che sono state tante le persone minacciate e denunciate dai vigili per interruzione del pubblico servizio: c'è un particolare di cui tener conto, chi svela l'identità dei denuncianti su IoSegnalo.

Report è venuta in possesso di audio di persone contattate da un comando dei vigili, dove uno di questi dice al segnalante che ha fatto troppe segnalazioni, “Lei come ha fatto ad avere il mio numero mi perdoni? Noi leggiamo tutto, noi siamo la polizia”.

Altra testimonianza raccolta da Daniele Autieri è quella di Augusto Proietti, di professione ambulante: un giorno qualcuno in Campidoglio (la sede del comune di Roma) gli fa sapere che se avesse voluto sistemare le sue licenze avrebbe fatto meglio a pagare.

Augusto non li ha pagati e ha denunciato la cosa in Procura e da lì è iniziato il calvario, una guerra: ha ricevuto multe per sette milioni di euro, lui e il figlio sono stati considerato i maggiori contravvenzionati d'Italia.

Il commerciante però ha fatto i ricorsi e li ha vinti tutti e nelle sentenze si condanna il comune al risarcimento del danno.

Per giorni i vigili, a volte la stessa persona, arrivavano da lui a chiedergli la licenza e, di fronte al suo alzare la voce, parte la denuncia (o la minaccia di denuncia) di oltraggio.

Augusto ha denunciato il tentativo di corruzione e abuso d'ufficio 11 vigili ma nel corso del procedimento giudiziario c'è un colpo di scena, gli agenti vengono prosciolti e lui viene a sua volta indagato per associazione a delinquere, concorrenza sleale. Ma l'accusa cade e l'ambulante viene scagionato già nel corso dell'udienza preliminare.

Loro aspettavano che io reagissi, aspettavano che io glie davo 'na pizza in faccia così se buttavano per terra .. ”

Il 21 settembre scorso la Procura di Roma lo ha indagato per estorsione, concorrenza sleale e occupazione di suolo abusivo: secondo gli inquirenti l'ambulante avrebbe usato i metodi di un clan per governare il settore delle vendite su strada.

La storia è molto più complessa di come sembra: la procura ha denunciato anche dirigenti del comune che avrebbero favorito l'ambulante.

Nel servizio si parlerà anche del comandante dei vigili, Stefano Napoli, allievo dell'ex comandante Antonio Giuliani: quando a seguito di una indagine il primo nucleo è stato sciolto, Stefano Napoli fu protetto dall'allora comandante, perché Napoli lo ha aiutato a risolvere alcune situazioni imbarazzanti, come quella dell'11 settembre del 2011 quando Giuliani telefona a Napoli per un aiuto per l'onorevole Marsilio, in seguito fondatore di Fratelli d'Italia assieme a Giorgia Meloni e oggi presidente della regione Abruzzo.

Stè, una cortesia .. mi sta bombardando l'onorevole Marsilio .. per via del vantaggio c'era stato un nostro intervento edilizio e c'era anche l'ufficio tecnico l'ufficio tecnico doveva mandare una relazione .. se me la puoi un attimino sollecitare ..”.

Pochi giorno dopo Giuliano segnala a Napoli una nuova questione: c'è un'altra persona da aiutare che arriva a nome di Matteo Costantini, un consigliere del primo municipio di Roma.

Report cercherà di capire quanto c'è di vero dietro queste denunce di corruzione, qual è il lato oscuro del corpo di polizia municipale e quale ruolo potrebbe aver avuto nelle guerre di potere nel comune della capitale.

La scheda del servizio: POTERE CAPITALE di Daniele Autieri in collaborazione di Federico Marconi

È uno dei Corpi di polizia cittadina più grandi d’Europa: oltre 6mila vigili con competenze che vanno dal decoro urbano alla verifica delle misure anti-Covid. Ma a dieci anni dalle prime denunce che portarono all’arresto del comandante generale del Corpo di polizia locale di Roma, Angelo Giuliani, il sistema di potere all’interno dei vigili urbani della capitale è ancora in piedi. Un sistema che permette agli agenti della Polizia locale di esercitare un controllo totale sulla città: sui commercianti, sugli imprenditori, sui politici, sugli stessi privati cittadini. Attraverso testimonianze e intercettazioni inedite, l’inchiesta ricostruisce i legami tra l’allora comandante Giuliani e l’attuale comandante generale Stefano Napoli, nominato alla guida del Corpo il 30 giugno scorso dalla sindaca Virginia Raggi. Parlano commercianti vittime di estorsione e cittadini minacciati di morte solo per aver segnalato troppe irregolarità, ed emerge per la prima volta il ruolo di alcuni vigili come fiancheggiatori dei clan nella conquista dei locali del centro di Roma. Un sistema così consolidato che è capace perfino di far tremare un sindaco, al punto da rendere lecita la domanda: quale è stato il ruolo dei vigili di Roma negli scandali che hanno portato alle dimissioni di Ignazio Marino?

La crisi per il Covid in Piemonte

Assieme alla Lombardia, il Piemonte preme per uscire dalla zona rossa: anche qui l'emergenza ha portato alla saturazione dei posti letti e all'emergere dei veri problemi della sanità piemontese (come anche qui in Lombardia), ovvero la carenza del personale.

La scheda del servizio: AAA INFERMIERI CERCASI di Chiara De Luca

La seconda ondata della pandemia di Covid-19 ha travolto anche la Regione Piemonte, che non si è fatta trovare pronta a gestire questa nuova emergenza. È soprattutto la carenza di personale infermieristico ad aver messo in difficoltà le strutture sanitarie a causa di bandi iniziati solo a fine ottobre.

Le app per il contact tracing

Questo servizio doveva andare in onda la scorsa settimana, ma l'aggiornamento sul servizio fatto sull'apertura delle discoteche in Sardegna l'ha fatto slittare a stasera. Regione che vai, app che trovi.

Non c'è solo Immuni, come app di contact tracing (di cui Report se ne era occupata la scorsa settimana): questa estate sono spuntate altre app create dalle regioni: in Sicilia è stata creata “Sicilia si cura” ed è stata rilasciata il 2 giugno e l'operazione porta la firma di Guido Bertolaso, l'ex capo della Protezione Civile chiamato dal presidente Musimeci a gestire la pandemia nell'isola per la fase 2.

“Una cosa è organizzazione ospedali per la rianimazione per il trattamento di casi gravissimi, un'altra cosa è organizzare un sistema informativo e preventivo per assicurare il maggior numero possibile di turisti in visita a quest'isola straordinaria” - sono le parole di Bertolaso durante la conferenza stampa del 3 giugno.

Per usare la app bisognava comunicare tutti i luoghi di permanenza sull'isola e anche aggiornamenti periodici sullo stato di salute.

Ma c'è un problema: come racconta il consigliere regionale De Luca del M5S, dell'app non se ne sa più nulla, “Si sa che ha ricevuto un sacco di critiche sull'app store, che non si riesce ad accedere, salta la password, ma soprattutto non si conosce quante persone l'hanno scaricata perché questo dato è sconosciuto.”

Questa è un app molto più invasiva di Immuni, “Sicilia si cura” può seguire gli utenti tramite gps: come spiega Nicola Bernardi presidente di Federprivacy, “un app di contact tracing non può avvalersi della localizzazione del gps degli utenti ma deve usare la minor quantità di dati personali possibile, deve usare i dati di prossimità, attraverso uno strumento ideale come è il Bluetooth e non il gps”.

Ma in caso di trattamento illecito, chi controlla e chi paga l'abuso? “L'autorità potrebbe anche decidere di stoppare oppure potrebbe anche sanzionare.”

L'app siciliana è stata programmata dalla Ies Solutions, una società romana con sede operativa nella silicon valley siciliana in provincia di Catania, si è aggiudicata 80mila euro di convenzione Consip.

Ma in regione pare che non sappiano queste informazioni, almeno a sentire l'assessore alla salute Razza: “non conosco la società, posso solo dire che ci siamo rivolti ad una convenzione Consip.”

Che rispondono in regione del tracciamento del turista?

“Il gps si attiva nel momento della richiesta di aiuto” risponde l'assessore alla salute, “per conoscere la posizione, siamo nell'ambito di una epidemia.”

Di chi è questa Ies Solutions: il 40% è di Massimo Cristaldi, cugino di Michele Cristaldi assessore al comune di Catania e figlio di Salvatore Cristaldi ex assessore in provincia ai tempi in cui a capo della provincia di Catania c'era Musumeci.

Allo stesso modo nell'altra isola meta del turismo, la Sardegna, si è fatta una sua app “Sardegna si cura”.

Un turista ha raccontato la sua esperienza a Report: si tratta di una applicazione di contact tracing che fa uso dei dati della posizione, tramite GPS.

Sardegna sicura doveva servire a monitorare gli ingressi e le permanenze su tutto il territorio regionale: per per entrare sull'isola serviva sia la registrazione al sito che scaricare questa applicazione.

Tuttavia coi contagi al rialzio, nessuno in aeroporto ha controllato la giornalista: “si tratta di un doppione dell'app immuni”, racconta il consigliere Li Gioi del M5S, “un doppione anche fatto male, perché non c'è mai stato in controllo negli aeroporti ”.

Dopo più di un mese e mezzo di attesa, l'assessore agli Affari Regionali Satta non ha voluto incontrare Report, che avrebbe voluto porre qualche domanda sulla app regionale.

Solo una breve telefonata in cui l'assessore spiega che la loro era una app concepita in anticipo rispetto ad Immuni. E il tracciamento della posizione (ritenuto illegittimo dal garante della privacy)?

“Non la definirei illegittima ” la risposta dell'assessore.

La scheda del servizio IMMUNI E LE SUE SORELLE di Lucina Paternesi in collaborazione di Alessia Marzi

Non solo Immuni: durante i mesi più bui della pandemia in Italia sono spuntate come funghi applicazioni di telemedicina per gestire i pazienti a distanza ma anche brutte copie dell'app di Stato: quelle di Lazio, Lombardia, Bergamo città, ora anche del Veneto di Zaia e soprattutto di Sicilia e Sardegna. App invasive, che spesso utilizzano il gps e che, in base alle ordinanze regionali, sembrano obbligatorie per poter andare in vacanza nelle due isole. Ma sono legittime? Se per Immuni il Garante per la privacy ha stabilito la volontarietà e l'uso del Bluetooth, le app regionali possono essere obbligatorie e tracciare i turisti col Gps? Tra affidamenti senza bandi e bug tecnologici, erano proprio necessarie altre app fatte a spese dei contribuenti?