L'impatto di Cecilia Bacci
Dobbiamo scongiurare che le mascherine e i dispositivi vengano gettate per strada o smaltite in modo sbagliato perché potrebbero diventare fonte di nuovo contagio, oltre a creare problemi nell'ambiente. Possibile che non esista alternativa all'inceneritore?
E come mai esistono due strade per smaltire le mascherine a seconda se usate a casa o al lavoro?
I DPI domestici devono essere smaltiti nell'indifferenziata, eppure nei luoghi di lavoro i dispositivi seguono un percorso diverso.
L'informazione su come smaltire mascherine usate in casa non c'è stata, per esempio quanti sanno che dovrebbero essere messi in un doppio sacchetto?
Non tutte le regioni poi smaltiscono i dispositivi allo stesso modo, in Emilia ad esempio sono considerati rifiuti potenzialmente tossici come quelli degli ospedali.
A Rimini alla Newster hanno inventato una macchina che garantisce costi inferiori per lo smaltimento e garantisce una piena sterilizzazione, tutto in sicurezza: hanno fatto joint venture anche in Cina.
Ma è corretto sterilizzare i dispositivi direttamente negli ospedali?
Sui dispositivi Ispra, regioni e comuni sono stati colti di sorpresa, ancora non sanno come gestire e cosa farne delle mascherine una volta gettate.
Creare un nuovo circuito per ridare nuova vita?
Oppure sperare che il virus sparisca presto e allora meglio non investire e gettare tutto nel bruciatore?
Meglio pensarci prima, altrimenti poi corri il rischio di nascondere dei documenti..
Che Dio ci aiuti di Chiara De Luca
A Latina mancano posti in ospedale per i malati Covid, così hanno messo dei letti anche in Cappella: “una situazione di programmazione futura”, assicurano dall'ospedale, è solo una misura precauzionale, ma rimane l'impressione che ci sia qualcosa che è sfuggito di mano.
Perché a Latina arrivano malati dalla provincia, dopo che dal 2010 sono stati cancellati degli ospedali nella provincia, trasformati in punti di assistenza.
Se un cittadino ha bisogno di soccorso, questi ex ospedali sono chiusi e la gente deve andare a Latina: davanti al pronto soccorsi si formano file di ambulanze, con i pazienti dentro ad aspettare, anche per ore.
Aspettano così a lungo che dall'ospedale gli portano da mangiare.
Ma anche per altre patologie ci sono code: per essere ammessi al ricovero in altri ospedali serve il tampone ma questi li fanno solo a Latina.
La regione ha sottostimato il problema: il DG Casati ha preferito non rispondere alle domande di Report, ha solo dato i numeri della regione sui ricoveri, che oggi sono sei ma possono arrivare a sessanta. Questa estate potevamo aprire gli ospedali chiusi, assumere medici, prendere ambulanze.
Ottimismo o assenza di un piano?
Il ministro Speranza aveva scritto un libro questa estate, doveva uscire ad ottobre, ma la sua uscita è rimandata, “per motivi politici” dicono alla libreria dove è andata Report.
Il libro non può essere distribuito, vedrà la luce forse a novembre.
Anche un dossier dell'Oms è sparito: era molto imbarazzante per il governo, perché criticava l'assenza di un piano pandemico e l'approssimazione con cui abbiamo gestito i momenti iniziali della pandemia.
Il report è stato redatto da dieci ricercatori dell'Oms a Venezia: il titolo è “Una sfida senza precedenti, la prima risposta dell'Italia al Covid”, ed è una descrizione quasi in tempo reale di quello che è successo in Italia. Un dossier fatto bene che però è sparito: come mai?
Il dossier è stato pubblicato per errore, non era un documento dell'Oms – la risposta data dall'organizzazione, eppure era un documento firmato da alti dirigenti della stessa.
Report a marzo aveva denunciato il fatto che l'Italia aveva un piano pandemico vecchio e non aggiornato: tra i responsabili di ciò l'ex dirigente della Sanità Ranieri Guerra, oggi all'Oms.
Una manina, dopo la puntata di Report di marzo, ha inviato due documenti alla redazione: il piano nascosto e un documento fatto da un ricercatore che aveva ipotizzato uno scenario della pandemia, basato sui dati della Cina, dove si prevedeva la morte di 70mila italiani.
Virus e segreti di Stato – Valesini e Ciccolella
Valesini ha incontrato il capo dei ricercatori che ha lavorato sul report fatto sparire, Francesco Zambon: oggi sono amareggiati in quel gruppo di lavoro, perché in quel lavoro hanno speso delle energie.
Era un rapporto che alimentava dei sospetti contro il governo, puntando il dito contro i piani non aggiornati, contro l'impreparazione di regioni e ministero. Ora lo stesso ricercatore teme per un suo licenziamento, perché è un pesce piccolo che può essere scaricato.
Nel rapporto si mette in imbarazzo un pesce grosso, l'ex DG Ranieri Guerra, perché smentisce il suo racconto sui piani pandemici che in Italia erano sotto la sua responsabilità.
Il report dei ricercatori di Venezia è stato firmato anche da Ranieri Guerra, che oggi si difende dicendo che l'obbligo era solo avere un piano, non di tenerlo aggiornato.
Cosa c'è scritto in questo rapporto: assenza delle scorte per gli antivirali, assenza di dispositivi per medici e infermieri, assenza di test per scovare i positivi, gravi ritardi nella reazione delle regioni e del ministero della Salute.
“Il rapporto faceva una fotografia impietosa della situazione italiana” racconta una ricercatrice dell'OMS a Giulio Valesini “con aggettivi come improvvisata, caotica, creativa”.
Intorno alla rimozione del dossier si è scatenato una guerra all'interno dell'Oms arrivata fino a Roma: Ranieri Guerra ha minacciato il redattore del rapporto di licenziamento racconta un ricercatore a Report, rapporto che è stato letto anche dal ministero della sanità, dal ministro Speranza.
Ecco perché il paziente zero non lo trovavamo perché sbagliavamo a cercarlo e, in effetti, a Codogno lo si è trovato solo perché non si sono rispettate le procedure.
Nell'Oms non hanno voluto commentare la vicenda, dicendo che è stata solo una vicenda regionale.
Meglio un video rassicurante sulla pandemia, con logo dell'Oms, che non un rapporto che mostra il re nudo, che racconta delle pecche di questo governo e dei governi precedenti.
Un piano pandemico aggiornato ce lo chiede l'Europa dal 2013, ma noi ogni anno facciamo copia e incolla del piano del 2006, ma la Commissione salute dell'Europa racconta che non è compito suo controllare. Nessuno controlla, nessuno ha responsabilità in questo paese e in Europa.
Dopo Ranieri Guerra è arrivato D'Amario, che è rimasto al ministero fino a pochi mesi fa: il piano non ha scadenza come uno yougurt racconta al giornalista, e poi è colpa del titolo V, della divisione delle competenze con le regioni.
Ma un componente del CTS, in forma anonima racconta che il piano è stato gettato nel cestino perché inutile, non entra nei dettagli, ha creato un danno al paese, non parlava di possibili scenari.
Per fermare i contagi avremmo potuto usare un sw che ci forniva l'Oms stesso: la stima dei dispositivi da comprare e da produrre deriva da un algoritmo che tiene conto di contagi, posti letto, ..
Quanti posti avremmo potuto salvare se avessimo avuto un piano aggiornato?
Il generale Pierpaolo Lunelli preparava piani pandemici per la difesa batteriologica e nucleare: un piano aggiornato avrebbe potuto evitare tutti questi molti, almeno diecimila morti. Il suo dossier è finito sui tavoli della procura di Bergamo che su quelle morti sta indagando.
Ma anche le regioni hanno le loro colpe: avrebbero dovuto formare infermieri e medici, verificare lo stato degli ospedali, fare scorte, fornire dati corretti allo Stato centrale (attraverso il CCM, unità dove lavoravano D'Amario e Ranieri Guerra).
A Brescia, a Bergamo, hanno fatto formazione? Quanto erano flessibili i posti in terapia intensiva in regione? Come mai le persone erano spostate in reparti covid senza formazione?
Anche in Lombardia il piano era ferma al 2006.
Giulio Valesini ha intervistato Guido Marinoni, presidente dell'ordine dei medici di Bergamo, la provincia maggiormente colpita dalla prima ondata del covid: nessuna esercitazione è stata fatta in questi anni e questa è stata un'omissione gravissima, “abbiamo visto i risultati, è chiaro che è un'omissione, un piano è un qualcosa dove sta scritto chi deve fare che cosa, dove lo deve fare e quando lo deve fare. E un piano si prova.”
Eppure già nel 2010, con la pandemia per l'aviaria, la giunta Formigoni aveva valutato l'applicazione del piano pandemico del 2006 e fu giudicata critica.
Massimo Tedeschi, giornalista e autore del libro “Il grande flagello” spiega come nella relazione fosse indicato che non avevano funzionato le linee di comando, sono mancati i piani per i posti letto nei singoli ospedali, è mancato lo stoccaggio degli antivirali, dei medicinali dei sistemi protettivi. Non è stata potenziata l'assistenza domiciliare integrata, è mancato il supporto dei medici di base.
“C'è un punto che è veramente inquietante” prosegue Tedeschi “è mancato il rapporto con le RSA, le case di riposo per gli anziani.”
A distanza di quasi dieci anni è una autovalutazione quasi profetica, vedendo quello che è successo in primavera.
“Si, è impressionante perché tutte le lacune che allora si manifestarono di fronte ad una mite pandemia, col Sars Cov2, il Covid19 sono diventati problemi drammatici, che hanno avuto effetti esplosivi, effetti drammatici sulla popolazione lombarda.”
Nella delibera viene anche indicata la necessità di aggiornare e rivedere il piano che non aveva funzionato, ma non risulta che sia mai stato fatto alcun aggiornamento.
“La regione Lombardia ha in mano un piano che risale al 2006 e che nel 2010 era stato giudicato sostanzialmente fallimentare dalla stessa giunta regionale.”
La Lombardia aveva già testato il piano nel 2010 ma non ha preso nessuna azione per rimediare alle criticità emerse: ora la procura di Bergamo sta indagando per capire se qualcuno ha sbagliato.
I parenti delle vittime del virus hanno presentato degli esposti: Luca Fusco è presidente dell'associazione “Noi denunceremo”. Voglio arrivare alla responsabilità politica su quanto è successo, “partendo dalla mancata chiusura di Alzano e Nembro e arrivando al piano pandemico che manca, tutto quello che c'è in mezzo è una gestione eroica di medici, infermieri, operatori sanitari, guidatori delle ambulanze, che hanno cercato di fare quello che potevano. Con quello che avevano. E' per questo che continuiamo ad insistere sulla responsabilità politica”.
Questa associazione aprirà una class action sulle carenze dell'azione politica in Lombardia.
Il ricercatore Stefano Merler aveva ipotizzato uno scenario sull'evoluzione del coronavirus, basandosi sui dati provenienti dalla Cina, dove si parla di 35mila a 70mila morti e 42mila posti occupati in terapia intensiva.
Il piano, redatto a febbraio, è stato girato ai vertici della sanità in Italia: ma il governo lo ha secretato e messo in un cassetto.
Quel piano, della fondazione Kessler oggi mette in difficoltà il governo perché racconta di scenari poi avveratisi e perché indica che il virus era già in circolazione da settimane. Altri studiosi hanno trovate tracce del virus nelle acque di scarico a dicembre, a Torino e Milano.
Il piano anti covid, redatto in fretta e furia a marzo, è stato poi superato dai fatti: Speranza aveva quel piano, ma sulla sua esistenza c'è un mistero. A questo mistero contribuisce il fatto che i verbali del CTS siano secretati.
Così il piano nazionale pandemico esiste, ma è stato declassato in un semplice scenario.
Una confusione alimentata dagli stessi vertici della sanità e della politica: il piano nazionale c'è per D'Amario (ex DG al ministero della salute) che aggiunge anche come sia stato messo a disposizione della politica.
Ma quando Speranza va in audizione davanti al Copasir il verbale viene e il piano per le pandemie è declassificato a scenario.
La procura di Bergamo sta indagando sul dossier sparito dell'Oms, sul piano pandemico che non esiste o forse no. Per un discorso di giustizia nei confronti delle persone che non abbiamo saputo difendere.
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