16 novembre 2020

Anteprima inchieste di Report – la guerra del vaccino

Al centro dei servizi della puntata di Report di questa sera c'è ancora il Covid: si parte con la guerra per arrivare primi al vaccino, il paese che arriverà per primo avrà una forte leva politica nei confronti degli altri.

Non è nemmeno sicuro se questo poi sarà garantito ad un prezzo onesto a tutti i cittadini: l'Europa ha già investito centinaia di milioni (di soldi dei cittadini europei) in contratti di acquisto che sono rimasti segreti.

Uno dei vaccini più promettenti è quello della AstraZeneca, che sta lavorando assieme ad un centro di ricerca italiano la Irbm di Pomezia.

Il presidente della Irbm di Pomezia

Una delle aziende lavorando al vaccino è la Irbm di Pomezia, in team assieme alla Oxford University e AstraZeneca: presidente è Pietro Di Lorenzo, produttore televisivo, esperto di marketing, lobbista e sindacalista. Un bel salto, da produttore di fiction a produttore del vaccino che potrebbe salvare milioni di vite. In mezzo un'attività di lobbing con la sua BDL Lobbyng che ha tra i suoi maggiori clienti la British American Tobacco. Nel 2009 acquisisce la IRBM dalla multinazionale farmaceutica Merck: “io mi occupavo dei rapporti istituzionali di Merck da 15 anni” racconta Di Lorenzo, “e quindi conoscevo ed ero conosciuto dai vertici della Merck”.

Merck ha lasciato in dote a Di Lorenzo anche una serie di composti chimici che, anche se di proprietà di un privato, viene mantenuta dallo Stato attraverso un consorzio misto pubblico privato,il CNCCS, finanziato con circa 6ml di euro l'anno.

Del consorzio, IRBM detiene il 70% delle quote, il CNR il 20% e l'ISS il 10%

La scheda del servizio: MR. VACCINO di Chiara De Luca collaborazione di Edoardo Garibaldi

Report è entrato nell'azienda italiana che sta producendo insieme a Oxford e Astrazeneca il vaccino per il Covid.19. L'Irbm gestisce anche una collezione di composti chimici, lasciata in eredità dalla multinazionale farmaceutica Merck, che viene manutenuta dallo Stato attraverso un consorzio pubblico-privato, il CNCCS. Ma la collaborazione con Oxford come è nata?

La guerra per il vaccino

Nonostante il ministero della Salute nei mesi scorsi abbia raccomandato a tutti di vaccinarsi contro l'influenza, la disponibilità di questo vaccino non è garantita per tutti: ci sono persone che, per vaccinarsi contro l'influenza, han fatto ricorso a centri privati arrivando a spendere anche 60 euro. Ecco quello che succede quando lo Stato lascia mano libera al privato in questioni di interesse pubblico, quando lo Stato ovvero le regioni, fanno in ritardo e male le gare d'acquisto per i vaccini come successo in Lombardia.

Potete immaginare ora cosa succederà col vaccino contro il Covid: è in corso una gara per chi arriverà per primo tra le nazioni, il nazionalismo è arrivato vergognosamente fin qui. Mentre Conte annuncia già la disponibilità delle prime dosi per fine anno, le aziende private annunciano la disponibilità di nuovi vaccini facendo crescere il valore del titolo in borsa su qualcosa che ancora non c'è.

Si tratta di ricerche finanziate anche dagli Stati, come ha fatto lo Stato italiano, ma però l'Unione Europea ha firmato già contratti con società private accollandosi eventuali rischi.

Come spiegherà stasera il giornalista, per il vaccino la UE attingerà ad un fondo da 2,7 miliardi di euro per contratti dove noi paghiamo subito e se il prodotto non arriva il privato si tiene i soldi.

Siccome i contratti sono secretati, non sappiamo né i costi, chi siano i negoziatori, né altre clausole: nemmeno gli europarlamentari possono sapere queste informazioni, da parte della presidente Von del Leyen. La spiegazione è per non mettere in difficoltà i negoziatori, per non fargli arrivare pressioni: uno di questi negoziatori è l'ex presidente dell'associazione delle aziende farmaceutiche a Bruxelles, un bel caso di conflitto di interessi.

C'è il vaccino russo, c'è il vaccino della Pfizer, c'è poi quello dell'università di Oxford in collaborazione con Astra Zeneca (su cui lavora anche il centro di ricerca IRBM della italiana Advent di Pietro De Lorenzo).

Ci sarebbe anche il vaccino italiano (quello annunciato da Zingaretti, presidente della regione Lazio), quello a cui lavorano allo Spallanzani, ma il brevetto è della società Reithera, controllata dalla svizzera Keires AG, per cui, nonostante lo stato italiano ci abbia messo 8 ml di euro, tutti i proventi finirebbero oltralpe.

Possibile che nessuno se ne fosse accorto? “Noi abbiamo finanziato lo Spallanzani che è un istituto scientifico ..chiederemo conto allo Spallanzani” la risposta del presidente Zingaretti.

A ciascuno il suo vaccino, anziché unire le forze per arrivare ad un vaccino europeo, o comunque pubblico, è in corso una guerra che ci tocca da vicino.

Perché non è detto che questo vaccino sarà disponibile per tutti, come ha raccontato ieri sera a Che tempo che fa il conduttore Ranucci, il 90% delle dosi sono già state prenotate dai paesi più ricchi.

La scheda del servizio: LA GUERRA DEL VACCINO di Manuele Bonaccorsi in collaborazione di Marzia Amico e Lorenzo Vendemiale

Per sconfiggere la pandemia bisogna trovare il vaccino anti-Covid. In settimana sono arrivati gli ennesimi annunci, il traguardo sembra vicino. Ma quale partita economica e geopolitica si nasconde dietro la corsa al vaccino? Report racconterà il “nazionalismo del vaccino”, la concorrenza tra potenze mondiali per arrivare alla prima, preziosissima dose. Un business che vale miliardi, affidato tutto ai privati, che saranno proprietari del brevetto e intanto volano in borsa. Mentre il pubblico finanzia la ricerca e se ne prende i rischi, firmando contratti segreti e pagando in anticipo un prodotto che ancora non esiste. Con interviste esclusive e documenti riservati, Report svelerà come “big pharma” ha provato a trasferire sugli stati gli oneri per i risarcimenti in caso di difetti e reazioni avverse. In questo scontro tra giganti, si muove anche l’italiana Advent, la società di Piero Di Lorenzo che sta collaborando al vaccino di Oxford-Astrazeneca, che potrebbe essere uno dei primi a ricevere l’approvazione. Ma l’Italia ha voluto anche imbarcarsi nell'impresa di realizzare un “vaccino tricolore”: ad agosto è iniziata all'Istituto Spallanzani di Roma la sperimentazione del candidato prodotto dalla società ReiThera. Report ha seguito le sue orme, partendo dall’intuizione di alcuni scienziati nel lontano 2004 e arrivando fino in Svizzera. Per scoprire, alla fine, che il vaccino italiano finanziato dal governo forse non è poi così italiano.

Le app per il contact tracing

Non c'è solo Immuni, come app di contact tracing (di cui Report se ne era occupata la scorsa settimana): questa estate sono spuntate altre app create dalle regioni: in Sicilia è stata creata “Sicilia si cura” ed è stata rilasciata il 2 giugno e l'operazione porta la firma di Guido Bertolaso, l'ex capo della Protezione Civile chiamato dal presidente Musimeci a gestire la pandemia nell'isola per la fase 2.

“Una cosa è organizzazione ospedali per la rianimazione per il trattamento di casi gravissimi, un'altra cosa è organizzare un sistema informativo e preventivo per assicurare il maggior numero possibile di turisti in visita a quest'isola straordinaria” - sono le parole di Bertolaso durante la conferenza stampa del 3 giugno.

Per usare la app bisognava comunicare tutti i luoghi di permanenza sull'isola e anche aggiornamenti periodici sullo stato di salute.

Ma c'è un problema: come racconta il consigliere regionale De Luca del M5S, dell'app non se ne sa più nulla, “Si sa che ha ricevuto un sacco di critiche sull'app store, che non si riesce ad accedere, salta la password, ma soprattutto non si conosce quante persone l'hanno scaricata perché questo dato è sconosciuto.”

Questa è un app molto più invasiva di Immuni, “Sicilia si cura” può seguire gli utenti tramite gps: come spiega Nicola Bernardi presidente di Federprivacy, “un app di contact tracing non può avvalersi della localizzazione del gps degli utenti ma deve usare la minor quantità di dati personali possibile, deve usare i dati di prossimità, attraverso uno strumento ideale come è il Bluetooth e non il gps”.

Ma in caso di trattamento illecito, chi controlla e chi paga l'abuso? “L'autorità potrebbe anche decidere di stoppare oppure potrebbe anche sanzionare.”

L'app siciliana è stata programmata dalla Ies Solutions, una società romana con sede operativa nella silicon valley siciliana in provincia di Catania, si è aggiudicata 80mila euro di convenzione Consip.

Ma in regione pare che non sappiano queste informazioni, almeno a sentire l'assessore alla salute Razza: “non conosco la società, posso solo dire che ci siamo rivolti ad una convenzione Consip.”

Che rispondono in regione del tracciamento del turista? “Il gps si attiva nel momento della richiesta di aiuto” risponde l'assessore alla salute, “per conoscere la posizione, siamo nell'ambito di una epidemia.”

Di chi è questa Ies Solutions: il 40% è di Massimo Cristaldi, cugino di Michele Cristaldi assessore al comune di Catania e figlio di Salvatore Cristaldi ex assessore in provincia ai tempi in cui a capo della provincia di Catania c'era Musumeci.

Allo stesso modo nell'altra isola meta del turismo, la Sardegna, si è fatta una sua app “Sardegna si cura”.

Un turista ha raccontato la sua esperienza a Report: si tratta di una applicazione di contact tracing che fa uso dei dati della posizione, tramite GPS.

Sardegna sicura doveva servire a monitorare gli ingressi e le permanenze su tutto il territorio regionale: per per entrare sull'isola serviva sia la registrazione al sito che scaricare questa applicazione.

Tuttavia coi contagi al rialzio, nessuno in aeroporto ha controllato la giornalista: “si tratta di un doppione dell'app immuni”, racconta il consigliere Li Gioi del M5S, “un doppione anche fatto male, perché non c'è mai stato in controllo negli aeroporti ”.

Dopo più di un mese e mezzo di attesa, l'assessore agli Affari Regionali Satta non ha voluto incontrare Report, che avrebbe voluto porre qualche domanda sulla app regionale.

Solo una breve telefonata in cui l'assessore spiega che la loro era una app concepita in anticipo rispetto ad Immuni. E il tracciamento della posizione (ritenuto illegittimo dal garante della privacy)?

“Non la definirei illegittima ” la risposta dell'assessore.

La scheda del servizio: TUTTI PAZZI PER L’APP di Lucina Paternesi in collaborazione di Alessia Marzi

Non solo Immuni: durante i mesi più bui della pandemia in Italia sono spuntate come funghi applicazioni di telemedicina per gestire i pazienti a distanza ma anche brutte copie dell'app di Stato: quelle di Lazio, Lombardia, Bergamo città, ora anche del Veneto di Zaia e soprattutto di Sicilia e Sardegna. App invasive, che spesso utilizzano il gps e che, in base alle ordinanze regionali, sembrano obbligatorie per poter andare in vacanza nelle due isole. Ma sono legittime? Se per Immuni il Garante per la privacy ha stabilito la volontarietà e l'uso del Bluetooth, le app regionali possono essere obbligatorie e tracciare i turisti col Gps? Tra affidamenti senza bandi e bug tecnologici, erano proprio necessarie altre app fatte a spese dei contribuenti?

Lo spauracchio cinese (nella guerra per le tecnologie)

Perché Trump ha scatenato una guerra contro l'app cinese Tik Tok?

A differenza di altre app che ti suggeriscono i contenuti nuovi in base a quelli che hai già visto, questa app cerca di suggerirti cose nuove che, in base ad un algoritmo, potrebbero interessarti.

Il giornalista Giuliano Marrucci ha voluto proprio sperimentarle di persona queste cose nuove, coinvolgendo in una serie di video tutti componenti della famiglia, compresa la nonna.

240mila visualizzazione per un video in cui la simpatica nonna faceva la parodia dei video in cui gli youtubers si vantano del costo dei capi che indossano.

E così il giornalista ha iniziato a venire risucchiato da questa app, controllando i like, cercando altri video per prendere spunto, perdendo ore davanti lo smartphone.

Tutta l'architettura di questo social è pensata per il fine di monetizzare – spiega Andrea Sales psicoterapeuta: l'obiettivo della piattaforma è farci stare più tempo possibile dentro e per fare questo oggi gli sviluppatori oggi studiano il funzionamento del cervello.

Tik Tok ti da delle indicazioni semplici su quello che puoi fare e tu, standone dentro, hai subito delle gratificazioni, riesci a produrre dei contenuti adatti e dunque il ritorno è immediato. Una sorta di droga, secondo lo psicoterapeuta.

I like, le condivisioni crescono in maniera molto più esponenziale rispetto al altri social, in tempi molto più rapidi: numeri alti per tempi sempre più bassi di concentrazione, “intrattenere su Tik Tok un utente per più di 15 secondi già è buono” racconta al giornalista il social media manager Alessio Atria. Tik tok è il modo più geniale per far lavorare gratis la gente sulla piattaforma ..

La scheda del servizio: CHI HA PAURA DI TIKTOK? di Giuliano Marrucci in collaborazione di Eleonora Zocca

Con due miliardi di download in poco più di due anni Tiktok si sta affermando come la piattaforma social con la più rapida diffusione di sempre. Per capire come funziona Giuliano Marrucci ha coinvolto la nonna di 93 anni, l’ha vestita da trapper all’ultima moda, ha lanciato un nuovo profilo ad hoc, e in pochi giorni ha raggiunto numeri da capogiro. Fino a quando dagli Usa non è arrivato l’altolà. Ma come ha fatto un social dove i ragazzini condividono video di balletti e di sketch comici a diventare il cuore di uno dei conflitti geopolitici più caldi degli ultimi decenni?

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