29 novembre 2019

C'è grossa crisi

Come diceva Guzzanti, "C'è grossa crisi .."

Il sindaco di Milano Sala, forse pensando alle prossime elezioni, si ricorda di Craxi:

"Penso che politicamente sia il momento di affrontare la questione, che non passi ignorato questo ventennale — ha detto il sindaco di Milano interpellato dai giornalisti —. Poi sulle forme siamo qui per ascoltare proposte e, più che prendere iniziative, io vorrei capire la città che tipo di idee ha. Però giustamente nel ventennale credo sia un passaggio storico da non ignorare"

Ecco, non ignoriamo i nani e le ballerine, il finanziamento illegale al partito, le condanne.

Il deputato di Italia Viva (ex PD) Marattin su Berlusconi (alla caccia di elettori nel centro destra)

Berlusconi aveva possibilità di realizzare una rivoluzione liberale e invece nei suoi anni di governo Berlusconi ha alzato le tasse e non ha fatto leggi sulla libera concorrenza. Ha fallito

Il problema non è Mangano, Dell'Utri, le leggi ad personam, la frode fiscale.. Il problema è la balla della rivoluzione liberale.

Sallusti in difesa di Renzi

 Ormai in Italia funziona così, il nemico politico - e Renzi è un ospite indesiderato nel governo, un problema da risolvere - va fatto abbattere dai giudici se non puoi batterlo con gli elettori (noi del centrodestra ne sappiamo qualcosa).

Certe cose una volta Sallusti le diceva di Berlusconi. Come cambiano i tempi  (qui una volta era tutto sinistra..)

Le ultime parole famose

Milano 2015, l'allora presidente del Consiglio così si rivolgeva alla platea, alla borsa di Milano

"In Italia sono cambiati i governi, ma non si sono cambiate le cose", dice il premier all'inizio del suo discorso ufficiale, durante il quale auspica il termine del "capitalismo di relazione, che ha prodotto degli effetti negativi. Bisogna mettere fine a un sistema basato sulle relazioni più che sulla trasparenza e sul rapporto con il mondo che sta fuori, che chiede più dinamismo e trasparenza".

Le inchieste hanno invece raccontato una storia diversa, dove capitalismo, impresa e politica sono tutte mischiate.
Il capitalismo di relazione è ancora vivo e lotta assieme a loro.

(e non basta rispondere, ma dov'è il reato? Il reato lo stabiliranno i giudici, sui comportamenti siamo liberi noi cittadini di avere un giudizio, valeva per l'ex capo del personale della giunta romana, Marra e vale anche adesso).

28 novembre 2019

Piazza Fontana, il primo atto dell'ultima guerra italiana di Gianni Barbacetto



CINQUANT’ANNI DOPO Io so. Noi sappiamo. Basta con la retorica dei «misteri d’Italia». Abbiamo indizi e anche prove che ci dicono chi mise le bombe. La strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 è stata compiuta dal gruppo fascista e filonazista Ordine nuovo,[..]
I dirigenti di Ordine nuovo sono il fondatore Pino Rauti (indagato ma poi uscito dall’indagine) e il capo del gruppo del Triveneto Carlo Maria Maggi [..] I responsabili degli apparati di stato negli anni della preparazione della strage e delle indagini successive sono l’ammiraglio Eugenio Henke e il generale Vito Miceli ..

Siamo arrivati a cinquanta: cinquanta anni dall'esplosione della bomba piazzata dai fascisti di Ordine Nuovo nella banca dell'Agricoltura in quel 12 dicembre 1969, bomba che causò 17 morti e 88 feriti.
Erano agricoltori, allevatori, persone che stavano concludendo accordi quella sera grigia e fredda: perché quella bomba? Perché quelle morti?
Cosa volevano ottenere i fascisti con quella strage e cosa volevano ottenere i mandanti, il livello superiore, che uso i fascisti per i loro fini?

Il saggio di Gianni Barbacetto è una versione aggiornata del suo libro “Il grande vecchio”, uscito nel 2009 sempre per Garzanti: è stato arricchito con tutti gli sviluppi delle indagini e dei processi fino ad oggi (la sentenza di condanna per la strage di Brescia del 26 maggio 1974, il nuovo filo per la bomba alla stazione di Bologna).
Il titolo è quanto mai emblematico, “Piazza Fontana, il primo atto dell'ultima guerra italiana”: in Italia è avvenuta una guerra, a partire dalla fine degli anni sessanta, durata fino ai primi anni ottanta, una guerra a bassa intensità, ma non per questo meno cruenta, una guerra combattuta non con carri armati e cannoni, ma andando a minare la serenità del paese, instillando nella popolazione la paura, il terrore.

Bombe fatte scoppiare dentro delle banche e non per fini dimostrativi, ma per uccidere delle persone (si è detto che quella di Piazza Fontana era una bomba che non doveva fare morti, chi l'ha messa sapeva che le contrattazione si sarebbero prolungate fino a tarda sera).
Bombe fatte scoppiare sui treni, nelle stazioni, nelle piazze gremite di persone, riunitesi per manifestare proprio contro l'ondata di attentati e che stava avvelenando il clima politico.

Bombe e attentanti, come quello davanti la Questura di Milano, inizialmente addossate a movimenti di sinistra, come gli anarchici, cui furono addossate le bombe di Milano alla Fiera e alla stazione: perché non solo si doveva creare un clima di tensione (da cui l'espressione “strategia della tensione” coniata dal settimanale inglese The Observer), ma gli attentanti sotto falsa bandiera avevano il compito di screditare i partiti della sinistra per bloccarne a tutti i costi l'avanzata nei consensi e nei voti del paese.

In Italia tra gli anni sessanta e gli anni ottanta si è combattuta una guerra che forse un giorno verrà raccontata anche dai libri di storia: piazza Fontana, la bomba davanti la Questura di Milano, la strage di Peteano (su cui si è autoaccusato l'ordinovista Vincenzo Vinciguerra), il tentativo di golpe di Borghese la notte dell'Immacolata (e il tentativo di golpe organizzato dal generale De Lorenzo, il “piano solo”), la bombasul treno Freccia del sud nel 1970, il tentativo di Golpe dell'organizzazione Rosa dei Venti , il golpe organizzato da Edgardo Sogno, gli attentati organizzati da Ordine nero nel 1974 culminati con la bomba sull'Italicus, la strage di Brescia fino ad arrivare alla bomba alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980 (assieme a Brescia, una delle poche stragi su cui la magistratura è riuscita ad arrivare ad una sentenza di colpevolezza).

Nei libri di storia si dovrà ricordare il contesto internazionale che bloccava la politica italiana all'interno degli accordi di Jalta: nessuna alternativa era possibile ad un governo della Democrazia Cristiana, c'era l'avanzata delle sinistre da bloccare, a qualunque costo, anche ricorrendo al terrore, a destabilizzare il paese per stabilizzarne la politica attorno ai partiti di centro.
Usare i movimenti neofascisti, Ordine Nuovo (di Carlo Maria Maggi, Franco Freda, Giovanni Ventura, Delfo Zorzi, Marcello Soffiati, Vincenzo Vinciguerra) e Avanguardia Nazionale (Stefano Delle Chiaie, Mario Merlino, Guido Paglia) per le operazioni sporche, paventando un colpo di stato militare (come in Grecia, come in Cile..) che però doveva essere solo nelle intenzioni. L'America, la Cia che di fatto controllava i nostri servizi) non avrebbe mai consentito all'instaurazione di un governo militare qui da noi.

Nei libri si dovrebbe parlare dei finanziamenti ricevuti da questi groppuscoli da parte dei servizi Americani, delle protezioni ricevute da parte di uomini dello Stato, del senso di impunità con cui compivano le loro azioni: il commissario Juliano trasferito da Padova quando stava indagando proprio su Freda e Ventura, pochi mesi prima della bomba di Milano; il bidello Pozzan fatto fuggire all'estero dai servizi (esfiltrazione in gergo) quando stava per raccontare quello che aveva visto, coinvolgendo anche il segretario Pino Rauti.
Le informazioni che il SID non faceva arrivare ai magistrati (la borsa usata per Piazza Fontana, i timer comprati da Freda) e i depistaggi messi in atto per condizionare le indagini e spingerle verso i rossi: il mostro Valpreda costruito dall'Ufficio Affari Riservati (l'intelligence del Viminale), le bombe dell'estate '69 addossate agli anarchici; i depistaggi del Sismi dopo la strage di Bologna (che portarono alla condanna dei vertici dei servizi e di Gelli).

Il ruolo centrale che ha avuto laLoggia P2, in special modo dopo il 1974, l'anno che fu da spartiacque per questa guerra non ortodossa contro il comunismo e le sinistre: quando dall'idea del golpe per sovvertire le istituzioni si decise di occuparle, le istituzioni. Per controllarle in senso autoritario: due soli partiti che si alternavano al governo, partiti controllati da persone fidate che li avrebbero scalati a colpi di milioni; giornalisti amici pronti a fare da portavoce a questi leader; controllo delle procure, delle banche, dei giornali, della finanza … un modello che in parte è stato pure realizzato (a partire da Craxi, fino a Berlusconi e Renzi, che nelle loro riforme sembrano aver ricalcato il piano di Rinascita di Gelli).

Il lungo racconto di Gianni Barbacetto è incentrato attorno ai ricordi dei magistrati che hanno cercato la verità su queste stragi, in solitudine spesso e subendo attacchi anche personali da colleghi, politici e giornalisti (gli stessi giornalisti che alla fine risultavano in combutta con servizi, estremisti di destra...): Barbacetto raccoglie la delusione dei giudici D'Ambrosio e Alessandrini a Milano che per primi hanno inseguito la pista nera a Milano sulla bomba nella banca dell'Agricoltura, finché il processo non fu spostato a Catanzaro per “legittima suspicione” (altra costante di queste indagini, quando si iniziava a toccare qualche filo nascosto, qualche potente, ecco che l'inchieste veniva spostata altrove, a Roma ad esempio, nella procura delle nebbie).
«Ci hanno tolto l’indagine, ma ci siamo salvati la vita». Non sarà vero per Alessandrini, che morirà ucciso da un gruppo di fuoco di Prima linea

Dei giudici Giancarlo Stiz e Pietro Calogero, che a Treviso avevano raccolto la deposizione del professore Lorenzon, che ai giudici aveva raccontato le confidenze fattegli da Ventura, esponente di Ordine Nuovo a Padova, che rivendicava le bombe di Milano e che si rammaricava perché il presidente del Consiglio Rumor non aveva sospeso le leggi democratiche per imporre uno stato di emergenza.

Dei giudici Tamburino a Padova che nel 1973 aveva scoperto un'organizzazione, La Rosa dei venti, composta da militari e civili, che stava organizzando un colpo di stato, che per il suo zero nell'applicare la legge uguale per tutti (anche per l'ufficiale Amos Spiazzi, collegamento tra esercito e civili dentro questa organizzazione), era definito il “Savonarola trentenne”: un'inchiesta che gli fece cambiare la sua concezione dello Stato e delle istituzioni
..davvero la democrazia non è altro che una vertigine di scatole cinesi con, nello spazio più interno, il cuore del potere e tutt’attorno un gioco di finzioni? In quei mesi del 1974 ho subito uno sconquasso psicologico”

Del giudice Gianpaolo Zorzi che ha seguito le indagini per la strage di Piazza della Loggia: all'epoca della strage era uno studente in giurisprudenza e non avrebbe immagino che avrebbe indagato proprio su quei morti:
Quella mattina, in piazza della Loggia, riconobbi per terra, straziato, il corpo senza vita di Alberto Trebeschi, insegnante”

Dell'allora giudice Luciano Violante che a Torino indagò sul golpe bianco che stava per essere messo in atto da Edgardo Sogno (e poi pure rivenditato in un suo libro intervista scritto assieme ad Aldo Cazzullo).

Il giudice Rosario Minna aveva invece seguito le bombe esplose nell'estate del 1974 in Toscana e la bomba esplosa il 4 agosto 1974 sull'Italicus: bombe che avrebbero dovuto preparare il terreno all'ultimo tentativo di golpe, fermato poi dal mutarsi del quadro internazionale (la caduta di Nixon, dopo lo scandalo Watergate), bombe finanziate dalla P2 di Licio Gelli
Siamo arrivati a cinque centimetri dalla verità, ma abbiamo dovuto fermarci lì. Per noi che abbiamo indagato sulle stragi non è stato possibile dimostrare la soluzione ..

Due anni neri, quelli del 1973 e del 1974: dai golpe (tentati o in preparazione) all'escalation di terrore per gli attentati che, messi uno dopo l'altro, fanno accapponare la pelle
il 28 maggio, dopo una miriade di attentati in zona, avviene la strage di Brescia; il 30 maggio c’è il conflitto a fuoco di Pian del Rascino in cui muore Esposti; il 4 agosto esplode la bomba sull’Italicus”.

A Bologna, per la strage della stazione del 2 agosto 1980, hanno lavorato due giudici Claudio  Nunziata e Libero Mancuso: il primo ha dovuto subire attacchi pesanti dai colleghi e dai giornali per aver osato indagare massoneria e neofascisti, è stato definito un “Torquemada rosso”, un'accusa infame, per screditare la sua immagine di giudice imparziale:
.. a fare da amplificatore a quelle accuse pittoresche ci pensano «il Resto del Carlino» e «il Giornale» di Montanelli, oltre al «Sabato», il settimanale di Comunione e liberazione. Nunziata, come il collega Libero Mancuso, farebbe parte della «loggia rossa» che avrebbe «pilotato» le indagini sulla strage del 2 agosto.

Il collega Mancuso ha deciso che, sebbene molte delle indagine siano state bloccate, affossate in Cassazione (spesso dall'ammazza sentenze Carnevale), la verità storica dietro le stragi era chiara, sappiamo il contesto, sappiamo i perché e sappiamo anche chi è stato:
«Ci avete sconfitti, ma adesso sappiamo chi siete. E andremo in giro a dire i vostri nomi a chiunque ce li chieda».

A Venezia il giudice Casson a Venezia partendo dal fascicolo sulla strage di Peteano (su cui esiste la confessione dell'ordinovista Vinciguerra), è arrivato a scoprire l'organizzazione Gladio, quella ufficiale e, dietro, quella nascosta: “La rete chiamata Gladio non è che l’anello più esterno, più visibile, del sistema, è una sorta di «protezione civile» attivata dall’Occidente in guerra contro il blocco sovietico e il comunismo.”
Anche per lui fango e attacchi, dal presidente della Repubblica (dalla memoria tardiva) Cossiga.

E' stato grazie al lavoro del giudice Salvini che, quasi vent'anni dopo la strage di Milano, si è potuto aprire un nuovo fascicolo dopo la scoperta dell'archivio del gruppo Avanguardia Operaia. Grazie al suo lavoro è stato possibile arrivare all'ultima sentenza che mette nero su bianco le colpevolezze di Ordine Nuovo per Piazza Fontana (e purtroppo la non punibilità di Freda e Ventura, già assolti per il medesimo reato, stranezze della nostra giustizia).

Dopo il racconto dell'orrore, delle bombe e delle stragi, molto importanti i capitoli finale del libro: è esistito mai un grande vecchio che ha organizzato, tirato le fila di questa guerra a bassa intensità?
Non è mai esistito un grande vecchio, quella figura va bene solo per complottisti da salotto.
E' esistito invece un “network di poteri illegali. Eversione, criminalità organizzata, corruzione” che ha usato la scusa della guerra al comunismo e l'impossibilità del ricambio nei governi (la DC costretta a governare) per costruirsi un suo grumo di potere, per farsi gli affari personali, abbassando di molto l'asticella dell'illegalità, coltivando rapporti con la mafia e la ndrangheta (ai tempi del golpe Borghese fino alla trattativa Stato mafia).

Qual è stato il ruolo dell'estrema destra in quegli anni, più che polo escluso (dai governi che si sono succeduti fino al 1994), si dovrebbe parlare di polo occulto: perché il MSI è entrato negli apparati di potere, dentro i servizi, si è sporcato le mani coi lavori sporchi: “È esistito dunque in Italia anche un consociativismo di destra” racconta Barbacetto, ricordando come Viceli e De Lorenzo siano diventati, al termine della loro carriera nei servizi, onorevoli del Msi.
Ci sono i rapporti tra molti dei generali coinvolti nelle inchieste di quegli anni ed esponenti del Msi, ci sono i rapporti tra Almirante e Delle Chiaie (considerato un uomo di Federico Umberto D'Amato, direttore dell'Ufficio Affari Riservati), c'è il fatto che Pino Rauti, all'indomani della strage di Milano rientra all'interno dell'ombrello del Msi. Rauti che secondo molti pentiti apparteneva all'Ufficio Z del Sid, lo stesso del finto giornalista Guido Giannettini.
Ci sono poi i rapporti dei missini con la P2, i legami con la mafia (vedi la storia del commercialista della mafia Mandalari).. altro che partito dell'ordine e del rispetto delle istituzioni.

Stessa continuità che si riconosce con la Lega, specie nella Lega sovranista di Salvini: l'autore fa riferimento ai suoi rapporti con Casa Pound, al passato politico di un esponente come Borghezio.

Per non parlare di Forza Italia, il partito di Berlusconi, tessera 1816.

Oggi, passati cinquant’anni, caduto il muro di Berlino, ci sarebbe la possibilità di rendere giustizia ai morti e raccontare questa storia, confessare tutti i segreti.
Perché non lo si fa? Perché da parte della destra ci si ostina a nascondere, a negare, questa guerra, che ha avuto come vittime italiani come noi, colpevoli solo di stare nel posto sbagliato, in una banca, in un piazza, su un treno?
Forse perché la verità che dovrebbero raccontare, i reduci di questa guerra, i politici ancora in vita, gli ex fascisti dalla memoria fragile, è ancora indicibile.
Il paese a sovranità limitata, la teoria del doppio Stato (lo stato della Costituzione e lo stato sovranazionale, atlantista, massonico, reazionario, anti progressista).
E anche perché ancora oggi pare che quel network di potere sia ancora vivo, sia continuato ben oltre la fine del comunismo.

La trattativa stato mafia, la stagione delle bombe della mafia per ricattare lo stato (le bombe ai monumenti e le strane rivendicazioni della Falange Armata); il dossieraggio di Telecom (ve la ricordate ancora la storia di Tavaroli?) e il dossieraggio del Sismi di Pollari, col governo Berlusconi (pure lui legato alla P2 di Gelli).
Fino ad oggi, con il cyberspionaggio dei fratelli Occhionero e della E-surv, che grazie al programma-spia Exodus ha spiato centinaia di italiani...
Si è passati dalla guerra ai comunisti, alla guerra al terrorismo islamico.

Non ce la raccontano, la verità, perché vi è continuità di uomini, metodi, strutture. E perché quella verità avrebbe conseguenze necessariamente penali ..

L'omicidio, la strage, il terrorismo anche se di Stato, non cadono in prescrizione. E le persone che oggi sono eredi di quel network di potere, eversivo e illegale, lo sanno benissimo.

Meglio aspettare la rimozione dolce della smemoratezza e delle sentenze che assolvono. Almeno dentro le aule di giustizia. Fuori, ormai possiamo dirlo: sappiamo chi è Stato.

Altre letture sulla strage di Piazza Fontana:


La scheda del libro sul sito di Garzanti
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

Il mercato della politica

Sono quelli che vorrebbero schedare tutti gli utenti dei social, perché sono loro i responsabili dell'odio in rete e della proliferazione delle fake news.
Ma sono anche quelli che poi usano le fondazioni per raccogliere fondi da privati, imprenditori e non. Imprenditori e imprese (Lottomatica, MSC, Google, ..) che poi ricevono un occhio di riguardo dal governo della corrente politica dietro la fondazione.
Ma forse è solo un caso.

Non è un caso risentire quelle parole, quelle espressioni di accusa contro la magistratura: è vero, ora Renzi non è più presidente.. quando stava lui a Palazzo Chigi la procura era stata tranquilla mentre invece adesso, Firenze si ostina a voler fare indagini su ipotesi di reato avvenuti a Firenze. 

Non è un caso, dunque, se la politica oggi è diventata un grande mercato: prendi i soldi e con quelli scali il tuo partito oppure te ne crei uno tutto tuo, dove all'interno non ci sono passioni, principi, ideali. Solo interessi.

Il vulnus non è la procura (o non solo le procure che si tengono magari i fascicoli nei cassetti): il vulnus è una politica lontano dal paese, non trasparente, che risponde ad interessi di pochi a danno dei molti.
La domanda di trasparenza non valeva solo per l'ex cavaliere, non vale solo per Casaleggio ma vale anche per Open.

27 novembre 2019

Un tranquillo mercoledì di pioggia

Mentre la procura di Firenze cerca di capire se i soldi ad una fondazione privata hanno finanziato un partito, ovvero il giovine rottamatore che l'aveva scalato, crollano i viadotti per colpa dell'incuria dell'uomo, non solo per il maltempo).
Le opere di messa in sicurezza non si fanno. Nè al sud e nemmeno al nord (che nemmeno può più permettersi di raccontare la favola del sud sprecone).
Perché il Mose rimane incompiuto e Venezia (la città, le opere d'arte) sono sempre più a rischio.

Cosa c'entra tutto questo, che relazione c'è tra questi fatti?
Ci dicono quanto oggi i partiti si siano trasformati in strutture private, con finanziamenti occulti.
Ci dicono la distanza tra i leader (Salvini, Meloni, il cav a suo tempo) dal paese: l'invasione dei migranti che non c'è, la chiusura delle frontiere, i cantieri da aprire per risolvere tutti i problemi.

Amare riflessioni di un mercoledì piovoso, dove regna il caos, nelle strade, nei treni dei pendolari strapieni (colpa dei migranti, sicuramente), delle strade piene di pozzanghere.

26 novembre 2019

Le inchieste di Report - Qualcuno ci fa sapere

Reazioni al servizio di Report di ieri ne abbiamo?
Il modello Torino per i giochi del 2006 coi debiti e le opere inutilizzate.
Gli investimento immobiliari che arriveranno su Milano e di cui non sappiamo la provenienza.
Il rischio che i giochi olimpici si trasformino solo in una speculazione immobiliare. 

E anche la questione delle quote latte, forse abbiamo pagato multe per quote che non esistevano, solo per coprire il fatto che le aziende italiane prendevano latte dall'estero.

Qualcuno ci fa sapere?

Report – i tedofori (le olimpiadi di Milano Cortina del 2016)

Prima dell'inchiesta sulle future olimpiadi invernali del 2016, tra Milano e Cortina (chi vince e chi perde con queste Olimpiadi), un servizio dedicato a come la scuola pubblica garantisce il diritto allo studio alle persone con disabilità: perché in Italia mancano sempre gli insegnanti di sostegno?
Infine, quali aziende usano latte non italiano per i loro prodotti?

Senza sostegno di Giulia Presutti

Sara è affetta da un disturbo dello spettro autistico che frequenta le scuole italiane: vorrebbe continuare a disegnare, per far sentir felice la gente. Chi sta rubando i suoi sogni?
In Italia mancano gli insegnanti di sostegno, che aiutano persone con disabilità ad integrarsi nella classe e ad apprendere.
Ad ogni anno, mancano gli insegnanti e si ricorre ai supplenti, interrompendo la continuità didattica e così le famiglie devono ricorrere ai tribunali per veder riconosciuti i loro diritti.
E' solo una questione di conti.
E di professionalità, quelle degli insegnanti, che devono instaurare con i propri alunni un rapporto diretto, un iter che dura anni.

E invece non tutti i ragazzi con problemi hanno insegnanti per un numero sufficiente di ore: così le famiglie devono fare ricorso al TAR. Contro lo stesso stato che non garantisce un numero sufficiente di insegnanti: così il ministero deve nominare in deroga ogni anno 75mila insegnanti, perché non si fa un costante investimento una volta per tutte e per sempre?

E' un problema che accomuna nord e sud, perché il ministero ancora oggi si basa per i suoi calcoli su criteri sbagliati (quelli stabiliti dal ministro del 2006).
E sul fatto che lo Stato non investe a sufficienza nella scuola: un insegnante in deroga costa meno e la qualità non è la stessa di uno di ruolo.
Il ministro Fioramonti ha spiegato alla giornalista che vorrebbe mettere a ruolo altri insegnanti, perché stabilizzare i precari converrebbe pure, per non pagare multe, spese legali, supplenze e deroghe: il Miur per la sola Sicilia ha pagato 15 ml di euro.
Ma va fatto capire a chi gestisce il ministero delle finanze, che conviene assumere e non tenere gli insegnanti in stato di precarietà.

Non si risparmia sui più deboli.
Quest'anno il ministero delle finanze ha deciso di investire 11ml per il sostegno, meno dei risarcimenti in Sicilia.
Vergogna.

PS: vogliamo risparmiare? E allora smettiamola di investire soldi pubblici in grandi opere, come il Mose di Venezia.

I tedofori di Claudia di Pasquale in collaborazione di Giulia Sabella e Lorenzo Vendemiale

Chi vince a prescindere dalle olimpiadi del 2026?
A Milano e Cortina si svolgeranno le prossime Olimpiadi invernali: come hanno vinto, chi decide e con quali criteri? Cosa prevediamo di spendere e per quali opere?
Come mai l'ente che gestirà l'evente è privato, con una fondazione privata. E se le cose vanno male, chi paga alla fine?

A Losanna a festeggiare dopo l'assegnazione, c'era tutta la vecchia guardia, compresa Evelina Christillin, organizzatrice dei giochi di Torino nel 2006, oggi dentro una banca, un'associazione sportiva (la Rider Cup) e molto amica degli Agnelli. A Losanna era assieme al marito, presidente di Generali.
Sempre a Losanna, a festeggiare, era presente Mario Pescante, ex politico ed ex presidente del Cio che ha seguito, per questo, la candidatura di Milano.
Come l'ha seguita anche Franco Carraro: “[come per Torino 2006] ho dato una mano a mettere in piedi la candidatura e a fare la lobby necessaria per cercare di favorire Milano ..”.
Carraro è stato ex presidente del Milano, della Lega Calcio, presidente del settore tecnico, presidente del Coni, pure ministro del Turismo e dello Spettacolo, sindaco di Roma, presidente di Impregilo e vice presidente di Alitalia … è stato definito il poltronissimo per questi incarichi.


L'attuale presidente del Coni, Malagò, inizia la sua carriera come commerciante di auto di lusso, amico degli Agnelli, per anni presidente del circolo canottieri Aniene a Roma, ritrovo di politici, imprenditori e banchieri. Socio del figlio di Susanna Agnelli.
Proprio a Roma lo ricordano per aver presieduto i mondiali di nuoto del 2009, quello delle opere non completate, quello che ha chiuso con un passivo di 8ml.
IL più grande successo sportivo – così lo ricorda Malagò oggi: investire quei soldi “è un scelta degli azionisti che rappresentavano al 1000% il consiglio di amministrazione”. Peccato che tradotto in italiano corrente questo ha significato che i soldi li ha messo il comune di Roma.

E oggi lo stesso Malagò è presidente del comitato organizzatore delle Olimpiadi Milano-Cortina, mentre l'amministratore del comitato organizzatore, che poi sarà una fondazione, è stato scelto poche settimane fa, si tratta di Vincenzo Novari.
Top manager, per anni amministratore della Tre (società telefonica che dietro ha capitali cinesi, che negli anni ha accumulato perdite per 9 miliardi), nel 2016 ha fondato una società di consulenza che lavora con gruppi cinesi interessati ad investire in Europa.
“I cinesi sono molto interessati ad investire nelle Olimpiadi” ha commentato Malagò: viene da pensare che la nomina di Novari non sia casuale, Novari porterà i cinesi a Roma?
Renzi, a suo tempo, lo voleva direttore generale della Rai e nel passato aveva fatto causa a Report per 137 ml di euro, poi persa, per una inchiesta fatta sulla Tre.
Causa però persa.
Novari prederà un compenso da 400mila euro.

Gli amministratori si si ispireranno al modello Torino 2006, un modello non proprio felice, visto lo stato in cui sono state abbandonate le opere: costate 4 miliardi di euro, per 16 giorni di giochi.
Ai tempi nel comitato organizzatore era presente la Chrstillin, era finanziato da denari privati, ma due anni prima aveva un buco di bilancio di 170ml di euro e i governo nomina come commissario Mario Pescante.
E così Pescante, col governo Berlusconi, ha trasferito alcune attività al pubblico: fondi statali sono stati dati ad un ente privato, un escamotage per cui non si è violato la legge, ma non è stato un bell'esempio di uso di fondi pubblici.
Oggi nessuno si ricorda del ruolo di Sviluppo Italia, del ruolo del comune di Torino che si è fatta carico di parte dei costi di cui doveva farsi carico l'organizzatore (l'ente Torc), per 250 ml.

Ci ispiriamo a questo modello allora? Se il privato ha dei buchi, sarà lo stato a pagare? E allora perché si usa una fondazione di diritto privato come una fondazione per gestire i giochi?
Da contratto col CIO, pagheremo noi cittadini veneti e lombardi. Siete contenti?

Come sono state realizzate le opere a Torino? Come stanno messi gli impianti di Torino 2006?
La pista di free style è costato 9ml di euro ma oggi non c'è più nulla, questo sito non era buono per realizzare un impianto con neve artificiale.
Stesso discorso per l'impianto di Bardonecchia, non è stato più utilizzato dopo il 2011.
A Cesana Torinese l'impianto è stato trasformato in campi da tennis ed è costato 24ml di euro.
A Praggelato l'impianto per il salto è costato 34ml di euro, è stata sbancata la collina: oggi è tutto vandalizzato.

Dismetterli costerebbe qualche milione di euro e c'è in regione Piemonte con la delega al post olimpico. Ancora oggi esiste l'ente per gli impianti, con una sua sede e un liquidatore: l'agenzia Torino 2006 costa ancora oggi 600mila euro (per dirimere le questioni legali), il liquidatore costa 100mila euro l'anno.

Ci sono poi i contenziosi per i giochi, per i terreni e, costo dopo costo si è sfiorato il budget iniziale di 843 ml: tutto normale secondo Pescante e Carraro.
Finiti i giochi sono spariti tutti, racconta il sindaco di Cesana dove è stata realizzata la pista di bob: Frattini, Chiamparino, erano tutti a favore dell'impianto e poi hanno lasciato le comunità locali da sole.
E' stata una scelta poco felice ma obbligata – spiega la Christallin: sapevano che stavano realizzando impianti che non avrebbero funzionato, hanno indorato la pillola, o forse meglio una supposta.

Hanno realizzato 4 gare per una pista in Italia, costata milioni.

Oggi c'è un ente privato, la fondazione XX marzo, che si è presa chiavi in mano 20 impianti: la presiede il sindaco di Bardonecchia. Gli impianti non sono funzionanti, in parte sono abbandonati.
In uno dei palazzi, il Pala Alpitour, risiede la società Setup, di proprietà di una persona amica del senatore Esposito, la cui società ha ricevuto una interdittiva antimafia.

E ora che succede a Milano? Aspettiamo la legge Olimpica, le prossime olimpiadi sono state dichiarate low cost, perché si useranno impianti già esistenti.
Ma sarà vero?
Le olimpiadi del 2026 sono il ritorno di un sogno, a Cortina sono già state organizzate le olimpiadi del 1956.

Il 92% delle infrastrutture sono già esistenti – spiega alla giornalista il sindaco di Cortina, Giampietro Ghedina – si tratta solo di realizzare nuove strutture provvisorie o comunque di un rinnovamento di quelle esistenti.
A Cortina c'è già la pista di bob, realizzata per i giochi del 1956, rimodernata poi negli anni '70, ma dal 2008 è chiusa: c'è il rischio che l'impianto, essendo rimasto fermo per 10 anni, debba essere rifatto.
E' questa l'opinione di Gianfranco Rezzadore, presidente del bob club Cortina: sia la pista che l'impianto andrebbero rifatti, per adeguarli agli attuali canoni dello sport.
Un intervento che, secondo la stima del sindaco, costerà 46ml di euro: sommando tutti gli interventi, a quanto ammonterà tutta la spesa?

Ma il presidente dell'associazione giochi invernali ha già dichiarato che i soldi non basteranno.
Perché non usare impianti austriaci? Perché, come a Torino, prevale l'orgoglio italiano.
Qui a Cortina sono già previsti fondi per i mondiali di sci del 2021: riusciremo ad allargare le piste, per i giochi e a tutelare le montagne?
Sono già emerse polemiche su queste scelte: le opere andranno consegnate entro il 2019, faranno in tempo?
I lavori per le nuove strade sono ancora indietro, lo stesso per la nuova cabinovia: ma per i mondiali saranno pronti – si giustifica il presidente della provincia di Belluno.
Eppure sono stati nominati due commissari per i lavori che non hanno rilasciato nessuna intervista.

Le varianti per la statale Alemagna non sarà realizzata nei tempi: colpa dell'Anas non della regione, si giustifica Zaia (la cui regione aveva chiesto delle procedure semplificate, non voleva fare alcuna valutazione di impatto ambientale).
Speriamo che almeno saranno pronte per il 2026.

A Torino è stato costruito per 168ml di euro il Villaggio Olimpico: oggi è abbandonato e dal 2013, 4 palazzine sono state occupate da migranti.
Erano case di un fondo, costituito dal comune, Prelios, che avrebbe dovuto venderle: ma non è riuscito a vendere nulla.

Dietro Prelios c'è una ragnatela di fondi offshore, charities, .. alla fine c'è una società americana che ha sede nel Delaware.
La sede di Prelios ha sede a Milano: qui la società ha in mano i lavori per lo scalo ferroviario di Porta Vittoria. Ma chi è il titolare del fondo Nike che ha in mano i lavori?

Quando si fa uno sviluppo urbanistico, non c'è obbligo dichiarare al comune chi sia la controparte – racconta David Gentili: sono tanti i fondi che stanno investendo nel territorio milanese.
Qui arriveranno investimenti diretti e indiretti quantificabili in 13 miliardi, ma non sappiamo bene né da dove arriveranno i soldi e chi sono i titolari.

Secondo Sala, il sindaco, è una buona notizia: uno dei fondi realizzerà i lavori per il villaggio Olimpico, lavori affidati ad un privato con l'obiettivo di trasformarli poi in case per studenti fuori sede. Un bell'affare.

Terreni assegnati per servizi ferroviari che oggi sono stati trasformati in terreni edificabili grazie ad un accordo di programma del 2017, secondo una operazione speculativa: il comune avrebbe diritto alle plusvalenze sugli ex scali ferroviari, per un totale di 700ml, racconta il professor Camagna.
Ma da questa operazione il comune di Sala ha deciso di incassare solo 50ml: un regalo a Ferrovie dello Stato, che oggi si è trasformato in immobiliarista.
Ma non è un danno erariale? Possibile, commenta Sala di fronte alla domanda della giornalista, “è uno dei rischi del nostro mestiere”.

Tutto il valore dell'operazione immobiliare assomma a 2miliardi di euro, solo per il pubblico.
C'è poi il privato, col fondo Olimpia, che ha venduto al fondo Mistral: ma non sappiamo chi c'è dietro questo fondo? Non interessa al comune e nemmeno a FS sapere chi sia l'acquirente né da dove arrivino i soldi.

Coima SGR è di Manfredi Catella, ritenuto vicino a Renzi, che ha lavorato all'area di Garibaldi: oggi seguirà i lavori per lo scalo di Porta Romana dove sono previsti anche lavori per housing sociale.
Il 30% delle volumetrie dovrebbe essere data per questa finalità: 
“società leader nel settore è Investire Sgr, già coinvolta infatti nell’area di Scalo Greco. Il 50% è di Banca Finnat della famiglia Nattino, che Giovanni Malagò, presidente del Coni e in pectore del comitato organizzatore di Milano-Cortina, conosce bene: ne possiede 7 milioni di azioni con la sua GL Investimenti, società che detiene con lo storico socio Lupo Rattazzi; quest’ultimo siede nel Cda di Finnat, che col Coni condivide pure il revisore dei conti. Non è proprio un conflitto d’interessi (anche perché ad oggi Investire non è coinvolta nel progetto del villaggio). È solo che gli interessi olimpici sono tanti”.
(dall'articolo di Lorenzo Vendemiale)

Le olimpiadi sono la strada per la realizzazione delle opere: siamo certi che Malagò per queste opere sgombererà il campo da ogni equivoco, per non far sorgere dubbi di conflitto di interesse.
Come speriamo che si arrivi a scoprire chi ci sia dietro le società immobiliari che si stanno prendendo pezzi di Milano:
“Il centro di ricerca Transcrime ha realizzato uno studio a campione delle società immobiliari attive a Milano: il 20% ha soci esteri. Tra i Paesi ricorrenti Lussemburgo, Bahamas, Emirati Arabi, paradisi fiscali”.
(dall'articolo di Lorenzo Vendemiale)
Le olimpiadi di Milano dovrebbero essere l'occasione per riqualificare interi quartieri: ma il caso di Londra racconta un'altra storia, il pubblico paga i lavori e poi il privato si prende gli alloggi nell'ex villaggio olimpico.
Anziché housing sociale, si sono tirati su palazzi, dal costo probitivo.
Così accanto ai palazzi del lusso trovi i senza tetto, a Londra.

Lend Lease, la società che doveva realizzare il villaggio olimpico a Londra (poi realizzato con soldi pubblici), realizzerà il villaggio qui a Milano a Santa Giulia: “dobbiamo preoccuparci” si chiedeva Sala?

A vedere con occhi onesti tutte le passate olimpiadi c'è molto da preoccuparci.
Dopo che la fiamma olimpica si sarà spesa, vorremmo che Milano e il paese sia migliore e a non doverci ritrovare con altri debiti sul groppone.

25 novembre 2019

Le inchieste di Report – le olimpiadi a Milano (e il latte italiano)

Per le Olimpiadi invernali che si terranno tra Milano e Cortina nel 2026 si sta già invocando il modello Expo. Chi ci guadagnerà da questo evento?
Quali case italiane usano latte proveniente dall'esterno nei formaggi?

Nell'anteprima, che come di consueto è dedicata a temi di società, si parla di sostegno ai disabili con l'inchiesta di Giulia Presutti.

Senza sostegno di Giulia Presutti

Sono 270mila gli studenti con disabilità che frequentano le scuole pubbliche, ragazzi come Sara la cui sotria è raccontata dalla giornalista di Report: soffre di un disturbo dello spettro autistico, appassionata di disegno.
Lei e gli altri studenti con disabilità sono seguiti da 100mila insegnanti di sostegno, un numero insufficiente, con una deroga sono nominati altri 75mila supplenti, per garantire a tutti il diritto costituzionale allo studio.
Certo, il diritto viene garantito, seppure con nomine fatte in extremis, ma la continuità didattica no: “noi idealmente vorremmo avere posti in organico di diritto, costanti, per tutto il fabbisogno nazionale, ma questo significa un costante investimento da parte dello Stato, quindi da parte del ministero dell'Economia e delle finanze”, sono le parole del ministro Fioramonti.
Secondo l'Istat, gli studenti con disabilità sono 270 mila: il 3,1% degli iscritti nelle scuole italiane. Ad accompagnarli nel percorso formativo c'è l'insegnante di sostegno, una figura necessaria a garantire l'inclusione scolastica. Ma i docenti di ruolo sono solo 100 mila e non bastano a coprire le esigenze. Così, a settembre le classi sono scoperte e le famiglie sono obbligate a rivolgersi ai giudici: è il Tar a raddrizzare la situazione, costringendo il Ministero a provvedere. Il Miur con una deroga nomina d'urgenza oltre 60 mila supplenti. Ma il diritto all'istruzione viene così garantito? E questo sistema emergenziale quanto pesa sulle casse dello Stato?

Le Olimpiadi a Milano: un affare per chi?

L'Italia è riuscita a battere l'organizzatissima Svezia, le Olimpiadi invernali del 2026 saranno organizzati tra Milano e la città alpina, che le aveva già ospitate nel lontano 1956.
Queste del 2026 saranno il ritorno di un sogno, la promessa di un nuovo impulso per i benefici che i giochi porteranno sul territorio, in termini di PIL e per la realizzazione di tutte le opere che si ritengono da ora necessarie.
A Losanna a festeggiare dopo l'assegnazione, c'era tutta la vecchia guardia, compresa Evelina Christillin, organizzatrice dei giochi di Torino nel 2006 (i cui impianti oggi sono in parte abbandonati), oggi dentro una banca, un'associazione sportiva (la Rider Cup) e molto amica degli Agnelli.
A Losanna era assieme al marito, presidente di Generali.

Sempre a Losanna, a festeggiare, era presente Mario Pescante, ex politico ed ex presidente del Cio che ha seguito, per questo, la candidatura di Milano.
Come l'ha seguita anche Franco Carraro: “[come per Torino 2006] ho dato una mano a mettere in piedi la candidatura e a fare la lobby necessaria per cercare di favorire Milano ..”.
Carraro è stato ex presidente del Milano, della Lega Calcio, presidente del settore tecnico, presidente del Coni, pure ministro del Turismo e dello Spettacolo, presidente di Impregilo e vice presidente di Alitalia …


L'attuale presidente del Coni, Malagò, inizia la sua carriera come commerciante di auto di lusso, amico degli Agnelli, per anni presidente del circolo canottieri Aniene a Roma, ritrovo di politici, imprenditori e banchieri.
Proprio a Roma lo ricordano per aver presieduto i mondiali di nuoto del 2009, quello delle opere non completate, quello che ha chiuso con un passivo di 8ml.
“E' un scelta degli azionisti che rappresentavano al 100% il consiglio di amministrazione”: peccato che tradotto in italiano corrente questo ha significato che i soldi li ha messo il comune di Roma.
E oggi lo stesso Malagò è presidente del comitato organizzatore delle Olimpiadi Milano-Cortina, mentre l'amministratore del comitato organizzatore, che poi sarà una fondazione, è stato scelto poche settimane fa, si tratta di Vincenzo Novari.
Top manager, per anni amministratore delegato della Tre (società telefonica che dietro ha capitali cinesi), nel 2016 ha fondato una società di consulenza che lavora con gruppi cinesi interessati ad investire in Europa.
“I cinesi sono molto interessati ad investire nelle Olimpiadi” ha commentato Malagò: viene da pensare che la nomina di Novari non sia casuale.
Renzi, a suo tempo, lo voleva direttore generale della Rai e nel passato aveva fatto causa a Report per 137 ml di euro, poi persa, per una inchiesta fatta sulla Tre.

Lorenzo Vendemiale, sul Fatto Quotidiano di domenica, ha raccontato dell'enigma degli investitori che si stanno muovendo su Milano: chi sono? Da dove vengono i soldi?

Si parla di olimpiadi low cost: il 92% delle infrastrutture sono già esistenti – spiega alla giornalista il sindaco di Cortina, Giampietro Ghedina – si tratta solo di realizzare nuove strutture provvisorie o comunque di un rinnovamento di quelle esistenti.


A Cortina c'è già la pista di bob, realizzata per le Olimpiadi del 1956, rimodernata poi negli anni '70, ma dal 2008 è chiusa: c'è il rischio che l'impianto, essendo rimasto fermo per 10 anni, debba essere rifatto.
E' questa l'opinione di Gianfranco Rezzadore, presidente del bob club Cortina: sia la pista che l'impianto andrebbero rifatti, per adeguarli agli attuali canoni dello sport.
Un intervento che, secondo la stima del sindaco, costerà 46ml di euro: sommando tutti gli interventi, a quanto ammonterà tutta la spesa?
Siamo sicuri che saranno veramente low cost queste olimpiadi? Non vorremmo che si ripetesse qui quanto accaduto con Expo: lavori fatti in fretta, senza gara, con le retate della procura (che ha arrestato molti dei collaboratori dell'allora manager Sala)..


La scheda del servizio: I tedofori di Claudia di Pasquale in collaborazione di Giulia Sabella e Lorenzo Vendemiale
Lo scorso 24 giugno il sogno olimpico è diventato realtà, le Olimpiadi invernali del 2026 sono state assegnate alla coppia vincente Milano-Cortina, che ha sbaragliato la Svezia grazie al suo dossier di candidatura. Quelle di Milano-Cortina promettono infatti di essere delle Olimpiadi low cost, in grado di portare enormi benefici sul territorio. Si prevedono 400 milioni di euro di investimenti per realizzare gli impianti e i villaggi olimpici, 1 miliardo e 400 milioni di euro per l'organizzazione dell'evento sportivo, e un indotto superiore ai 2 miliardi. Ma possiamo fidarci di queste previsioni? Quali sono gli obblighi richiesti all'Italia dal Comitato Olimpico Internazionale? Se i conti alla fine non dovessero tornare chi paga?

I furbetti del latte non italiano

Quante latte non italiano finisce nei nostri formaggi? Questa la domanda a cui il servizio di Rosamaria Aquino cercherà di dare risposta, svelando in anteprima la lista delle aziende che col latte hanno fatto i furbi.
Il servizio cercherà di raccontare come funziona la filiera di trasformazione del latte, dei prodotti di origine protetta, partendo dalla frontiera del Brennero dove, ogni mattina, arrivano i camion pieni di latte straniero.
Decine di camion, dalla Germania e da altri paesi dell'est, che vengono controllati dalla Guardia di Finanza: latte che arriva ad aziende che poi sulle confezioni scrivono, “usiamo solo latte 100% molisano”. Ma il Molise non mi sembra sia una regione della Germania.
Non è un lavoro facile: i trasportatori cercano di mimetizzarsi, usando camion con targa straniera e rimoechi con targa italiana, così come italianissimi risulteranno i formaggi prodotti da queste aziende.
Un miracolo? Certo, come il latte che arriva dalla Spagna, destinato ad aziende agricole del Veneto.


Aziende che poi si vantano pure di usare solo il miglior latte vaccino dagli allevamenti locali ..

La scheda del servizio: Latte versato di Rosamaria Aquino

Dopo oltre trent'anni la magistratura inchioda la politica alle proprie responsabilità sulle quote latte. Ma la musica, in uno dei settori chiave dell'economia del nostro paese, non è cambiata. Chi e perché ha messo un segreto sulle aziende italiane produttrici di formaggio che utilizzano latte straniero? Report entra in possesso in esclusiva della lista secretata per anni dal ministero della Salute. Dalle mozzarelle, alle dop, ai formaggi “similari”: vecchie e nuove incognite affliggono allevatori e produttori. L'etichetta indica sempre l'origine del latte, ma quanti formaggi proposti sul mercato come italiani, sono realmente prodotti con materia prima del nostro paese?


24 novembre 2019

Una diversa forma mentis

Nonostante le polemiche e i titoli di giornale, l'acqua alta a Venezia (e non solo a Venezia) è rimasta lì e il Mose ancora non funziona.
Venezia ha fatto notizia giusto il tempo di un fine settimana, continuare a parlarne probabilmente rovinava il mantra delle grandi opere (i cantieri che salveranno il paese) e degli obiettivi primari. Non mettere in sicurezza il territorio con tanti interventi, coordinati dallo Stato.

Messe da parte la lotta all'evasione e la tassa sulla plastica (che faceva anche cassa, ma dava un segnale), rimane da capire che senso dare ora a questa manovra, a questa legislatura.
Oggi ad Omnibus, un economista di quelle alla moda (senza malizia, solo perché è spesso invitata in tv) indicava come obiettivo primario l'abbassamento delle tasse (per chi le paga, aggiungo io) usando i soldi che versiamo all'Europa, per esempio quelli del fondo Salva Stati.
C'è del giusto nel ragionamento, perché preoccuparci dell'emergenza futuro (che forse si da per scontata) quando potremmo usare quei soldi per fare investimenti.
E qui si torna al punto di partenza: dove mettere soldi?
In Alitalia che di fatto è privata? Nel Mose, che forse nemmeno funziona per Venezia? Per il TAV, mini o grande che sia?
Sempre in studio in quella trasmissione, Marta Fana, ricercatrice sul mondo del lavoro, proponeva di tornare a quelle assunzioni nel pubblico necessarie a colmare quei posti che oggi mancano, infermieri, medici, ingegneri, archeologi, vigili del fuoco, agenti..

Anche questa proposta avrebbe senso, se non chè l'economista alla moda (sempre senza malizia) ribatte col sorriso, torniamo alla forma mentis per cui llo stato crea posti di lavoro .. 
Esatto: lo stato porta posti di lavoro, sembra strano a questi economisti per cui lo stato è solo un bancomat per le imprese private per fargli fare formazione, come incentivi per le assunzioni, per fare quegli investimenti green che altrimenti non farebbero.

Sì, Marta Fana (autrice di un bel saggio sul lavoro "Basta salari da fame" dove si dice basta al lavoro gratis, ai salari bassi, il lavoro va pagato sempre) ha questa forma mentis: dello stato che può essere regolatore, datore di lavoro e non solo attore passivo, per le lobby che chiedono sgravi e leggi su misura (dai trasportatori, ai costruttori, ai big della rete, alle aziende che imbottigliano l'acqua pagando due spiccioli in concessione ..).

23 novembre 2019

Piazza Fontana e le altre stragi - ora sappiamo (dal libro Piazza Fontana di G. Barbacetto)

Per i cinquant'anni dalla strage di Piazza Fontana, il giornalista Gianni Barbacetto ha pubblicato una nuova versione del suo precedente saggio "Il grande vecchio": la nuova edizione si intitola " Piazza Fontana. Il primo atto dell’ultima guerra italiana". 
Al libro uscito nel 2009, ha aggiunto i nuovi spunti e tutti gli aggiornamenti sulle indagini e sui processi per le stragi, da quella data.



Sul Fatto Quotidiano è uscito uno stralcio:
Piazza Fontana e le altre stragi. Ora sappiamo 
Basta con la retorica dei “misteri d’Italia”. Basta con la notte in cui tutto è nero, tutto è buio, tutto è possibile, dunque niente è certo. Basta con il piagnisteo sulle verità negate, che da una parte impedisce di mettere in fila le cose accertate e dall’altra permette di produrre le teorie più strampalate. È vero: cinquant’anni dopo, non abbiamo una sentenza che dica chi ha messo la bomba in piazza Fontana. Molte verità restano nascoste, i depistaggi hanno raggiunto il loro sporco obiettivo. Ma se Pier Paolo Pasolini diceva negli anni Settanta: “Io so… ma non ho le prove”, noi oggi possiamo dire: “Noi sappiamo. Abbiamo indizi e anche prove che ci dicono chi mise le bombe”. 
La strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 è stata compiuta dal gruppo fascista e filonazista Ordine nuovo, ben conosciuto e ben collegato con servizi segreti e apparati dello Stato, oltre che con strutture d’intelligence Usa. I responsabili dell’attentato sono Franco Freda e Giovanni Ventura, come afferma una sentenza della Cassazione del 2005, anche se non possono più essere processati e condannati perché definitivamente assolti per lo stesso reato nel 1987. L’unico di cui è stata riconosciuta processualmente la responsabilità è Carlo Digilio, militante di Ordine nuovo e informatore dei servizi Usa con il nome di “Erodoto”, che ha confessato il suo ruolo nella preparazione degli attentati del 12 dicembre e indicato – seppur con elementi non ritenuti sufficienti a condannare – i suoi complici.
Le inchieste e i processi hanno certificato che la mano che è intervenuta in piazza Fontana è la stessa che, nei mesi precedenti, ha preparato il botto finale con tante piccole bombe sui treni, alla stazione centrale di Milano, alla Fiera campionaria… Gli anarchici che erano stati subito indicati come colpevoli di quegli attentati preparatori sono stati assolti. Le sentenze dichiarano invece colpevoli i neri del gruppo di Freda e Ventura, militanti di Ordine nuovo.
I dirigenti di Ordine nuovo attivi in quegli anni sono il fondatore Pino Rauti (indagato per strage, ma poi uscito dall’indagine) e il capo del gruppo del Triveneto Carlo Maria Maggi (processato, ma poi assolto). I militanti più in vista del gruppo sono Delfo Zorzi, Martino Siciliano, Massimiliano Fachini, Marcello Soffiati. Tutti indagati, ma infine prosciolti.
 
Responsabile di Avanguardia nazionale, il gruppo fascista e filonazista accusato di aver organizzato gli attentati a Roma contemporanei a quelli di Milano in piazza Fontana e alla Banca commerciale, è Stefano Delle Chiaie, recentemente scomparso. Un suo collaboratore, Mario Merlino, si era infiltrato nel gruppo anarchico di Pietro Valpreda.
I responsabili degli apparati di Stato negli anni della preparazione della strage e delle indagini successive sono l’ammiraglio Eugenio Henke e il generale Vito Miceli (in successione direttori del Sid, il servizio segreto militare), il colonnello Gianadelio Maletti (ufficiale di Stato maggiore della Difesa, in seguito capo del controspionaggio del Sid), il capitano Antonio Labruna (ufficiale del Sid) e i dirigenti dell’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno Federico Umberto D’Amato, Elvio Catenacci, Silvano Russomanno.
I politici che avevano il dovere di controllare gli apparati erano in quegli anni i presidenti del Consiglio Mariano Rumor, Emilio Colombo, Giulio Andreotti, il ministro dell’Interno Franco Restivo, i ministri della Difesa Luigi Gui e Mario Tanassi.
 
Dunque sappiamo. Le stesse sentenze che, nell’ultima pagina, assolvono, nelle centinaia di pagine precedenti raccontano la storia vera e terribile di una guerra feroce, l’ultima guerra italiana. Una guerra “psicologica” e “non ortodossa”, come la definiscono i manuali di strategia militare. Una guerra assimetrica combattuta tra il 1969 e il 1980: da una parte un esercito segreto, senza divise e senza bandiere, che riteneva di combattere contro il Male, ovvero il comunismo nel Paese dell’Occidente posto al confine tra i due blocchi; dall’altra parte cittadini inermi con l’unica colpa di trovarsi al momento sbagliato nel luogo sbagliato, una banca, un treno, una piazza, una stazione…
 
In 15 anni, tra il 1969 e il 1984, in Italia sono avvenute otto stragi politiche dalle caratteristiche simili: piazza Fontana (12 dicembre 1969), stazione di Gioia Tauro (22 luglio 1970), Peteano (31 maggio 1972), Questura di Milano (17 maggio 1973), piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974), Italicus (4 agosto 1974), stazione di Bologna (2 agosto 1980), treno di Natale 904 (23 dicembre 1984).
Centocinquanta i morti, oltre seicento i feriti. Tutte le stragi (con qualche differenza solo per quella del 1984, che una sentenza definitiva giudica promossa da Cosa nostra) hanno caratteristiche comuni: per tutte, i responsabili sono stati cercati nei gruppi dell’estrema destra; in tutte, le indagini sono state inquinate dai depistaggi da parte di organismi dello Stato; tutte sono rimaste per molti anni senza spiegazioni ufficiali, senza colpevoli, senza esecutori, senza mandanti. Ancora oggi, quasi tutte sono senza colpevoli, esecutori, mandanti.
Protezioni, coperture e depistaggi istituzionali sono scattati anche per altri episodi, che hanno aggiunto altri morti e feriti: assassinii eccellenti, azioni del terrorismo nero, colpi di Stato tentati o minacciati, piani eversivi, attentati ai treni e ad altri impianti. Rallentate e depistate anche le indagini su alcune organizzazioni segrete, sospettate di fornire copertura e personale alle manovre eversive: dalla loggia P2 alla rete Stay Behind in Italia (Gladio).
 
Hanno trovato soluzione processuale definitiva le stragi di Peteano, di Bologna e di Brescia. Per i carabinieri saltati in aria a Peteano si è autoaccusato Vincenzo Vinciguerra, militante di Ordine nuovo di Udine. Una sentenza definitiva ha condannato alcuni degli esecutori della strage di Bologna: Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini. E ora è sotto processo Gilberto Cavallini. Poi un verdetto storico ha indicato alcuni dei responsabili di quella di Brescia, certificando che è entrato in azione lo stesso gruppo di piazza Fontana: condannato definitivo Carlo Maria Maggi, il medico veneziano a capo di Ordine nuovo nel Triveneto.
Anche quando sono definitive, le sentenze non sono complete: abbiamo detto che mancano i mandanti, alcuni degli esecutori, molti dei complici; eppure, nonostante questo, il disegno è ormai chiaro. Uno dei protagonisti di questa storia, l’ex magistrato Libero Mancuso che indagò sulla strage di Bologna, ripete: “Ci avete sconfitti, ma sappiamo chi siete”.
 
Piazza Fontana è dove tutto iniziò. C’era stato il ’68 degli studenti. Era iniziato il ’69 degli operai. Ci voleva uno shock per raddrizzare una situazione che stava precipitando. Creare il disordine perché la gente chiedesse il ritorno all’ordine. Una strage rossa avrebbe provocato la proclamazione dello stato d’emergenza, avrebbe sollecitato un intervento delle forze armate. I gruppi che entrano in azione puntano al golpe.
 
Ma le cose non vanno come avevano sperato. Il giorno dei funerali delle vittime di piazza Fontana, in piazza Duomo non c’è una folla isterica che chiede la svolta d’ordine. Ci sono migliaia di persone composte, attonite, silenziose. Ci sono gli operai delle grandi fabbriche di Milano e di Sesto San Giovanni. Vogliono capire. Vogliono difendere la democrazia. Chiedono non più ordine, ma verità e giustizia. Chiedono, semmai, più diritti: sul posto di lavoro e nella società.
Anche ai piani alti qualcosa non gira come doveva girare. I golpisti contano sul fatto che, dopo il botto, il presidente del Consiglio proclami lo stato d’emergenza. Ma il democristiano Mariano Rumor non lo fa. In basso, va anche peggio: sui muri di Milano e d’Italia compaiono scritte che dicono: “Valpreda è innocente, la strage è di Stato”.
Una parte dell’opinione pubblica non crede alle verità preconfezionate, alle veline della polizia, al colpevole designato – Pietro Valpreda, anarchico – e al complice – Pino Pinelli, anarchico – che vola di notte dalla finestra del quarto piano della questura di Milano. Si moltiplicano le inchieste, i libri, gli articoli di giornale che scavano e cercano la verità. Alcuni giornalisti non rinunciano a fare il loro mestiere: Camilla Cederna, Corrado Stajano, Marco Fini, Giorgio Bocca… E Marco Nozza, a cui viene affibbiato un nomignolo dispregiativo che lui si appunta al petto come una medaglia: “pistarolo”.
I servizi segreti, intanto, fanno il loro lavoro: depistano, sottraggono prove, inquinano le indagini, fanno sparire testimoni. “Deviati”? No: fedeli al loro compito d’istituto e obbedienti ai loro capi e alle loro alleanze internazionali. Per questo dopo piazza Fontana portano all’estero, con operazioni d’“esfiltrazione”, il bidello di Padova Marco Pozzan, testimone pericoloso, che interrogato dal giudice Giancarlo Stiz sta per cedere e mettere nei guai i camerati di Ordine nuovo; e l’agente dei servizi Guido Giannettini, giornalista fascista, che viene coperto, aiutato, stipendiato dallo Stato anche mentre è latitante e ricercato.
Per capire che cosa succede in Italia, a partire dal 12 dicembre 1969, bisogna fare un volo negli Stati Uniti. Il 12 marzo 1947 il presidente degli Usa Harry Truman aveva pronunciato di fronte al Congresso il celebre discorso sulla disponibilità degli Stati Uniti a intervenire in qualsiasi zona del mondo minacciata dai sovietici e intossicata dal comunismo. La “dottrina Truman” per l’Italia viene declinata, in modi più riservati, nei successivi documenti del National Security Council (Nsc).
Nel documento Nsc numero 1/2 del 10 febbraio 1948, il governo degli Stati Uniti, nell’ipotesi che l’Italia cada in mani comuniste per effetto di un’invasione sovietica o di un’insurrezione interna, prevede l’immediato dispiegamento di forze militari Usa in Sicilia o in Sardegna. Nel successivo Nsc (il numero 1/3 dell’8 marzo 1948, alla vigilia delle cruciali elezioni italiane del 18 aprile) si pone direttamente il problema della possibile conquista del potere dei comunisti “attraverso sistemi legali”: a questa eventualità gli Stati Uniti devono reagire immediatamente, anche fornendo “assistenza militare e finanziaria alla base anticomunista italiana”.
Nella direttiva Nsc 10/2 del 18 giugno 1948 (a pericolo scampato: la Dc ha appena battuto il Fronte popolare) si afferma che comunque le attività ufficiali all’estero saranno affiancate da covert operations, operazioni coperte da cui non deve essere possibile risalire alla responsabilità del governo degli Stati Uniti.
Un delicato documento Nsc del 1951 (il numero 67/3 del 5 gennaio) è disponibile ancor oggi soltanto in una redazione pesantemente mutilata dalla censura; vi si prevedono comunque iniziative degli Stati Uniti “mirate a impedire la presa del potere da parte dei comunisti”. Successivamente (Nsc 5412 del 15 marzo 1954) si stabilisce la creazione di Stay Behind assets: sono le strutture della pianificazione segreta che in Italia sarà chiamata Gladio.
 
Nel maggio 1965, un istituto di studi strategici finanziato dagli ambienti militari e dai servizi segreti italiani organizza il celebre convegno al Parco dei principi, a Roma, che teorizza l’inizio della “guerra rivoluzionaria” o “non ortodossa”. Si indica come nuovo nemico la “distensione”, il “dialogo”, la “coesistenza” fra i due blocchi, che si andavano affermando in quegli anni.
La terza guerra mondiale, sostengono invece i promotori del convegno, era già iniziata, seppure non nelle forme tradizionali del conflitto dichiarato: il fronte comunista era all’opera con mezzi politici e psicologici. A questi bisognava contrapporsi, subito, con mezzi adeguati, sullo stesso terreno. Fra i partecipanti al convegno vi erano molti appartenenti alle gerarchie militari, accanto ad alcuni dei protagonisti, a vario titolo, della successiva stagione di bombe e depistaggi: Guido Giannettini, Pino Rauti, Stefano Delle Chiaie, Mario Merlino.
Negli anni successivi, si passa dalla teoria ai fatti. E alle bombe. Il 12 dicembre 1969, il primo atto della guerra segreta. Ora che il mondo è cambiato, che il blocco comunista è imploso, che mezzo secolo è passato, non abbiamo ancora tutta la verità, perché è troppo orribile per ammetterla. Ma il disegno è chiaro. Ormai è storia. Ormai sappiamo.