17 luglio 2005

L'Italia e il commercio delle armi

Questa è la traduzione del rapporto G8: esportatori global di armi (capitolo relativo all'Italia), pubblicato da Amnesty International, Oxfam e Iansa, apparso su l'Unità.

Tra il 1996 e il 2003, l'Italia è stata il decimo più grande fornitore di armi. L'Italia nel 2001 ha esportato armi leggere per un valore di 298,7 milioni di dollari. In questi anni, le armi leggere italiane sono state trasferite ad un certo numero di paesi che stanno avendo dei conflitti interni o dove ci sono state violazioni dei diritti umani e delle leggi di diritto internazionale, come Algeria, Colombia, Eritrea, Indonesia, India, Israele, Kazakistan, Nigeria, Pakistan e Sierra Leone.

Questi trasferimenti internazionali sembrano contravvenire la legge 185/90 che proibisce l'exports ai paesi i cui governi sono responsabili di violazioni dimostrate e ai paesi impegnati in conflitti, sotto embargo per le armi o che stanno ricevendo aiuti dall'Italia e le cui spese per la difesa eccedono i loro reali bisogni di difesa. Le Organizzazioni Non Governative italiane (ONG) sono preoccupate dal fatto che in Italia le proibizioni nella legge sono state annaquate dai governi italiani allo scopo di permettere il passaggio delle armi a questi paesi.

Armi leggere per civili

Una scappatoia nella legge italiana per cui armi "non militari", cioè quelle chiamate "armi da fuoco per civili", continuano ad essere esportate senza lo stesso livello di controllo agli stessi destinatari o utilizzatori che si applicano alle categorie di armi che vengono catalogate come armi militari. Solo un piccolo sottoinsieme di armi leggere, come le carabine e le mitragliatrici, che sono automatiche e costruite apposta per scopi militari. Circa il 33% delle armi, armi semi-automatiche, pezzi di ricambio e munizioni esportate, ricadono fuori del blocco delle leggi sul controllo delle armi. Inoltre, un certo numero di armi utilizzate in modo ordinario dalla polizia, non sono normalmente considerate come armi militari. Le licenze per queste armi sono emesse dalle autorità locali e i livelli di informazioni che gli esportatori devono fornire per ottenere un'autorizzazione è minore di quelli richiesti dalle leggi di controllo delle armi. Lea rmi che sono esportate in questa maniera includono carabine manuali e semi-automatiche, pistole semi-automatiche e revolvers. Tutte queste possono essere usate per eseguire gravi violazioni dei diritti umani.

Questa è una scappatoia importante perchè, in base ai dati forniti dall'ISTAT, tra il 1999 e il 2003, l'Italia ha esportato armi "civili" leggere e munizioni per un valore approssimativo di 1916 milioni di dollari. In questo periodo, armi "civili" sono state vendute a paesi come Argentina, Camerun, Brasile, Cile, Colombia, la Repubblica del Congo, Ecuador, stati dell'Unione Europea, Guatemala, India, Giappone, Malesia, Messico, Perù, Filippine, Sudafrica, Sud Corea, Singapore, Tailandia, Venezuela, Gli Emirati Arabi Uniti, e gli USA.

Questa categorizzazione permissiva significa che le industrie italiane sono in grado di esportare armi "civili" ai paesi devastati dai conflitti e da serie violazioni dei diritti umani, o soggetti a embarghi da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione Europea. Per es., nel 2003 l'Italia ha esportato armi all'interno del database delle categorie dei prodotti delle Nazioni Unite (UN Comtrade), che includono pistole, revolvers e fucili da caccia/sport alla repubblica popolare della Cina.

Armi leggere esportate in Algeria

In un dibattito parlamentare nel novembre 2004 il governo italiano ha difeso le vendite all'Algeria. Il sottosegretario agli affari esteri, il senatore Alfredo Luigi Mantica, ha dichiarato che "l'Algeria non è stata condannata dall'Unione Europea o dalle Nazioni Unite per violazioni dei diritti civili, per cui i vincoli della legge sul controllo delle armi 185/90 non sono applicabili".

L'Algeria è un paese che è stato devastato da serie violazioni dei diritti umani, che hanno portato all'uccisione di circa 500 persone nel 2004. Nel 2001 e nel 2002, le forze di sicurezza algerine hanno sparato, uccidendo, circa 100 civili disarmati, durante delle manifestazioni nella regione di nord-est di Kabylia. Una commissione ufficiale di inchiesta, che era stata creata per indagare sui crimini commessi tra aprile e giugno 2001, ha concluse che le forze dell'ordine hanno fatto ricorso ad un uso eccessivo della forza durante le manifestazioni. Nonostante i ripetuti annunci delle autorità, per cui i responsabili di questo sarebbero stati portati di fronte alla giustizia, l'Algeria non ha ricevuto informazioni dalle autoritàche indicano che qualche membro delle forze di sicurezza è stato portato in giudizio per uso eccessivo letale della forza durante le manifestazioni del 2001e del 2002. Torture e maltrattamenti continuano ad essere riportati in Algeria. Il governo algerino ha generalmente mancato di investigare le asserzioni di abusi dei diritti civili, incluse quelle fatte dalle forze di sicurezza, e portare coloro che le eseguivano di fronte la giustizia.

L'Italia, nel 2003 ha esportato un certo numero di armie munizioni nell'insieme di categorie del Commodity trade database (UN comtrade), incluso carabine per sport e per caccia, revolvers e pistole e piccole armi e munizioni per un valore di circa 600.000 dollari all'Algeria. Nel 2002, ha esportato armi leggere, carabine da sport e da caccia, fucili da caccia e un gran numero di pistole e revolver per un valore di 1,4 milioni di dollari. Nel 2001, ha esportato quasi 300000 dollari di revolver, pistole, fucili da caccia/sporte munizioni per armi legger all'Algeria. Allo Special Rapporteur ONU sulle torture, il Working Group dell'ONU sulle persone scomparse involontarie o in modo forzato (Working Group on Enforced and Involuntary Disappearances - WGEID) e lo Special Rapporteur on extrajudicial dell'ONU, al Summary or Arbitrary Executions non è stato dato l'accesso all'Algeria.

Beretta al Brasile

I fucili da caccia Beretta sono una delle armi leggere straniere più frequentemente confiscate dalla polizia del Brasile, un paese che ha l'8% , nel mondo, delle vittime per armi. Fino a poco tempo fa, il governo non è riuscito, come si attendeva, a mettere a freno l'uso delle armi leggere da parte da parte di civili. Negli anni tra il 1999 e il 2003, l'Italia ha esportato armi e munizioni per un valore di 10, 63 milioni di dollari al Brasile. Negli ultimi 10 anni, 300000 persone sono state uccise in Brasile, molte per il risultato della violenza urbana e per la diffusa cicolazione di fucili e armi leggere, che rappresentano il 63% di tutti gli omicidi in Brasile. La sedicenne Camila Magalhanes Lima ha perso l'uso delle sue gambe nel 1998 quando fu colpita da un proiettile vagante in una sparatoria tra ladri e forze di polizia private, mentre camminava per andare a scuola. "Avevo dei piani per il futuro; volevo viaggiare il mondo, fare un corso da indossatrice, e continuare i mei corsi di ginnastica. Da un giorno all'altro, i miei sogni sono andati a pezzi - tutto per l'irresponsabilità di presunti uomini civili, che si sentono coraggiosi solo con un fucile in mano".

Molte delle armi sono fatte in Brasile, ma i fucili sono anche importati da divesi paesi che includono, in ordine, gli USA, Spagna, Belgio, Germania, Italia, la Repubblica Ceca, Austra e Francia.
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