28 febbraio 2021

Speciale Report - #TerraAcquaFuocoAria

Questa sera il chiacchiericcio, il talk tra amici, la satira che non fa ridere, lascia temporaneamente il posto ad una puntata speciale di Report: verranno riproposti alcuni servizi già andati in onda che riguardano argomenti ancora attuali.

La crisi Alitalia, per esempio: sarà una delle crisi che dovrà affrontare il governo Draghi, di cui Renzi è stato grande sponsor. Il suo (di Renzi) governo avrebbe dovuto rilanciare, avendo concesso la gestione agli arabi di Etihad. Che invece hanno lasciato solo debiti a carico nostro.

Cosa rimane dell'esperienza con Etihad di Alitalia? Sprechi, divise non usate, privilegi ai sindacati.

Sponsor politico della gestione Alitalia – Etihad è stato Renzi, che oggi scarica sul governo Letta la scelta della partnership.

Oggi i vertici di Alitalia di quella gestione sono sotto indagine: gli italiani erano solo formalmente controllori, le scelte erano fatte dagli arabi.

Arabi che dovevano portare soldi e investimenti e che invece hanno preso degli asset importanti, come gli slot di Heathrow venduti ad Etihad (e che Alitalia poi ha dovuto prendere in affitto).

C'è poi Alitalia Loyalty, venduta in saldo ad un valore inferiore di quello reale, la questione di Piaggio Aerospace (progetto fallito col mistero di un drone caduto in mare) e infine l'aero che il governo di Renzi ha preso in leasing da Etihad.

Il mio governo è stato l'unico che non ha messo un euro in Alitalia -dice Renzi.

Ma poi, grazie alla gestione fallimentare degli arabi, i governi italiani hanno dovuto metter mano al portafoglio per non far fallire Alitalia.

Allacciate le cinture di Danilo Procaccianti

Il pesce che arriva sulle nostre mense, per i nostri bambini: dovrebbe essere branzino invece è pesce persico che arriva dalla Tanzania. Pesce di qualità inferiore che può essere anche contaminato. La prossima pandemia potrebbe arrivare dal pesce di allevamento.

Emanuele Bellano è andato a vedere come viene lavorato il pesce nelle strutture che raccolgono il persico, prima di spedirlo in Italia: nessuna di queste strutture ha acconsentito a far entrare le telecamere, dobbiamo fidarci di quello che dicono le aziende che poi vendono il pesce.

La filiera è etica?

Sempre in Kenia si trovano le migliori miniere d'oro nel mondo, eppure le persone vivono in povertà: la polizia e le guardie delle miniere non gradiscono i giornalisti che fanno domande e mostrano la situazione in questo paese.

La gente viene tenuta lontano dalle miniere e dall'oro a colpi di fucile; l'acqua del bacino è avvelenata e inquina anche il vicino fiume Mara, con cianuro e boro.

E le acque del fiume Mara sfociano nel lago Vittoria: le sostanze tossiche finiscono nel persico del lago Vittoria, che raccoglie anche le acque reflue dei villaggi vicini, dell'inquinamento dei campi degli agricoltori, che usano i pesticidi.

Muto come un pesce di Emanuele Bellano

La vergogna della terra dei fuochi in Campania, la sventura di una terra dove si sono sversati e interrati illlegalmente rifiuti tossici, vere e proprie bombe chimiche, ammazzando persone, terreni, le falde.

E non è stata solo la criminalità: criminale lo stato che non ha voluto vedere, criminale la politica locale connivente con le mafie, criminali le imprese che hanno affidato alle mafie lo smaltimento dei rifiuti.

Il governo Draghi avrebbe dovuto creare un ministero per la transizione, per dimostrare che la svolta verde non era solo una chiacchiera. Vedremo cosa farà su rifiuti, sul riciclo dei materiali e sugli inceneritori (da chiudere).

Perché la terra dei fuochi, la zona tra Napoli e Caserta, è destinata a rimanere maledetta?

Bernardo Iovene è andato con la sua telecamera a Villa Literno, per mostrare le immagini delle discariche abusive, dei roghi illegali, in una zona martoriata dalle ecomafie da anni.

Assieme a Giovanni Papadimitri, del comitato Basta Roghi ha visitato una discarica di pneumatici dove si trovano i residui di combustioni in modo stratificato, perché l'inceneritore non autorizzato va avanti da tanto tempo: le associazioni denunciano la situazione da anni, ma nonostante questo, i siti erano sconosciuti alle società di raccolta rifiuti.

I pneumatici provengono da un giro di smaltimento illegale di rifiuti e vengono bruciati (come nel mega rogo registrati dagli abitanti delle zone questa estate) per non lasciare tracce.

Le linee sono occupate .. i vigili del fuoco ancora non arrivano” denuncia la voce della persona che ha registrato il video: un incendio così imponente ma di cui nessuno sapeva niente, nemmeno il sindaco del comune dove si trova questa discarica, Villa Literno.

Nemmeno una telecamera, per tenere controllata la situazione in quel sito, già noto per essere una discarica abusiva: “non siamo in grado di garantire il controllo su tutto il nostro territorio” ha dovuto ammettere il sindaco.

Tra Napoli e Caserta La terra dei ciechi – di Bernardo Iovene

Siamo grandi consumatori di pasta eppure ci accontentiamo di mangiare pasta industriale di bassa qualità con grano proveniente anche dall'estero.

Colpa di un sistema industriale che non ha tempo per aspettare i tempi di una essiccazione naturale, che non può permettersi i costi del grano italiano (come quello del senatore Cappelli), che è pure poco.

Il grano del senatore Cappelli rende meno delle altre qualità, ma fa molto bene alla salute: il servizio di Iovene racconta degli effetti positivi sulla salute (meno intolleranze per chi ha disturbi intestinali), ma su cui si sta combattendo una battaglia che rischia di togliere dal mercato questo seme.

Quella del Cappelli non è una leggenda: il Policlinico Gemelli ha fatto un test su una popolazione di persone sensibili al glutine.

Con questo seme, si riducono i sintomi di intolleranza al glutine (mal di testa, gonfiori, dermatite): per confermare il dato va allargato il test su una popolazione più ampia.

La pasta del senatore di Bernardo Iovene

Chi è il re dei monopattini, il fondatore della Helbiz, che in poche settimane si è preso diverse concessioni per i suoi monopattini in diverse città italiane.

Da dove arriva la sua fortuna?

Dietro Helbiz cosa c'è?

Un broker finanziario ha raccontato le sue relazioni, cominciata al Club 10, una palestra esclusiva, dentro cui è entrato grazie all'amicizia con Ricucci (quello dei furbetti del quartierino), aveva relazioni con Ponzellini (ex presidente di BPM), con Emilio Fede e Lorenzo Pellegrino, AD di Skrill, sponsor del Milan.

Tra i finanziatori trova Riccardo Silva, che ha un fondo di investimento che spazia dal calcio all'immobiliare: Silva investe su Helbiz, ma chi sono gli altri?

La società italiana dipende da Helbiz Dublino che è controllata da una Holding con sede nel Delaware: una struttura offshore, che scherma i veri proprietari.

La società italiana ha i conti in perdita, ha raccontato il consulente Bellavia, la società irlandese è anch'essa in perdita, controlla altre società vuote in Inghilterra e in Serbia: se è in perdita, come si giustificano le fortune di Palella?

Milano è il primo comune che apre le porte a Helbiz: ma al comune conoscono Palella? Hanno fatto controlli sui suoi finanziatori?

Il mago di Holbiz (Il re dei monopattini) di Daniele Autieri

26 febbraio 2021

Li chiamavano competenti

Prima c'è stata la nomina dei ministri, secondo il manuale Cencelli, con dentro ex che hanno già dato prova delle incapacità.

Ministri politici affiancati da tecnici "competenti" secondo la titolazione entusiastica dei giornali, che dovranno dimostrare le loro capacità come politici.

Poi ora i sottosegretari, una poltrona per tutti, senza andar troppo per il sottile (ma era opportuna la nomina del figlio di Mattarella?).

Ogni giorno tutti ripetono le stesse cose, il piano vaccini, vaccinare h24, il derby tra chi vuole chiudere e chi aprire, fare in fretta, fare in fretta ...

Conte, l'uomo del vulnus democratico, dei dpcm fatti senza avvisare nessuno è stato sostituito da un presidente che ha sempre ragione e che parla poco che a breve emanerà un nuovo dpcm e che ha dato la delega ai servizi al capo della polizia (e non mi sembra così normale).

Avendo spostato il baricentro a destra (e quale destra poi, Salvini e Berlusconi) difficilmente si sentirà parlare di salario minimo, di sanità territoriale (quella per cui se hai bisogno di un esame non devi per forza andare dal privato), di messa in sicurezza del territorio, di una vera transizione verde.

Non è solo spostato politicamente, anche dal punto di vista geografico, questo è un governo del nord: ci si ricorderà ancora del sud senza servizi, senza opportunità, con la mafia pronta a cogliere l'occasione?

li chiamavano competenti, quelli che non ci faranno più vergognare. Vedremo.

Da lunedì la Lombardia torna in zona arancione. Immagino che Salvini scenderà in piazza contro la decisione...

25 febbraio 2021

Il giorno del sacrificio, di Gigi Paoli (Cronache da Gotham Vol. 4)

 


Un inizio che è anche una fine ..

La luce iniziò a tremare. Piano. Se ne accorse subito e alzò lo sguardo per concentrarsi sull’angolo della stanza dove il vecchio neon rantolava, lanciando i suoi ultimi lampi di vita. Poi, senza alcun rumore, morì. Forse fu quello. Non seppe dirlo con certezza neanche in seguito, ma forse fu quello stupido neon morente a cambiare l’equilibrio della luce in quella stanza.

Un stanza, con una luce al neon, una donna con le unghie sporche di sangue e una ragazzina che sta guardando un video sul tablet. Un uomo che si avvicina alla ragazzina, che sa che deve essere forte, perché lei non è una di quelle adolescenti che si mette a piangere facilmente.

E' cresciuta col padre che, nonostante un lavoro da giornalista, senza orari, l'ha sempre voluta bene. Le ha dato quell'amore che la madre le ha negato, tanti anni prima..

Aveva pianto una volta sola, a quanto le era stato raccontato. Lì e ora non sarebbe stata la seconda. «Devo dirti una cosa brutta.» Il nome “Marchi Carlo Alberto” su quella cartella le faceva terrore. Era suo padre.

Perché quella ragazzina è la figlia del giornalista del Nuovo di Firenze, Carlo Marchi, che in quel momento è si trova in ospedale tra la vita e la morte.

Per capire come mai, bisogna ripartire dal lunedì della settimana precedente.

Quella mattina di fine settembre, sotto un cielo meravigliosamente azzurro di un autunno travestito da fine estate, il massacro dell’università di Firenze era appena iniziato.

La settimana più frenetica di Carlo Alberto Marchi, giornalista di cronaca giudiziaria per il quotidiano di Firenze, il re di Gotham (per il soprannome che ha dato al palazzo di Giustizia). Una figlia adolescente e una ex moglie che li ha lasciati tanti anni prima ..

Settimana frenetica che parte con l'attentato all'università, un giovane ragazzo che, armato di una mitraglietta, spara ai ragazzi che si trova di fronte. Al grido di Hallah Akbar: un attentato di matrice islamica che lascia sulla piazza una tragica scia di sangue, il sangue di dieci ragazzi morti.

«Vai, corri. È successo un casino all’università. Proprio accanto a Gotham, in cinque minuti ci sei, corri» mi aveva sbraitato nell’orecchio il mio capocronista Andrea Lorenzoni.

All'improvviso Firenze si risveglia sotto il peggior incubo, è successo qui quello che è già avvenuto a Barcellona, a Parigi, a Utoya. Alla strage segue una rivendicazione, in stile Isis, dove si parla del giorno del giudizio

«Crociati della città di Firenze, siamo qui. Il Giorno del Sacrificio sta finalmente arrivando anche per voi.»

Ma questo attentato sarà solo il primo evento di una catena di episodi legati, in vario modo, all'attentato, su cui dovranno indagare, a modo loro, Marchi e “l'Artista”, il suo compare di scrivania che lavora per la cronaca nera con buone entrature presso la Questura e i Carabinieri.

Ci sarà la strana morte di un ingegnere nucleare francese, nella sua stanza di albergo, dove si trovava in vacanza con la moglie.

La sparizione di tre furgoni ducato, affittati ad un prestanome e finiti nel nulla.

L'esplosione di un capannone industriale fuori Firenze, dove qualcuno stava preparando una “bomba sporca”..

C'è n'è abbastanza per surriscaldare abbastanza l'atmosfera in città, anche in vista dell'imminente evento della prossima domenica, l'inaugurazione di una moschea in città, su un terreno donato da un misterioso signore. Giorno che, per un caso del destino, segue proprio il “giorno del giudizio”, la festività islamica in cui si ricorda il sacrificio fatto da Abramo. Eh già, che c'entra Abramo e Isacco con l'Islam?

Sono tante le cose che uniscono le tre religioni monoteistiche, lo scopre Carlo Marchi andando a sentire, per lavoro, l'Imam di Firenze.

Il giorno del giudizio è la Pasqua dell'Islam, “«Id al-Adha, si chiama. È la Pasqua dell’Islam, la festa del sacrificio del profeta Abramo nei confronti del figlio Isacco.»”

E' un messaggio di pace quello che arriva dall'Imam e dal rabbino capo, che deve essere tanto forte da soverchiare l'odio degli estremisti islamici, che nulla hanno capito delle scritture e della parola del loro Dio.

Chiunque ferisce un membro appartenente alla Gente del Libro è come se ferisse me in persona”. E lo sai tu chi è la Gente del Libro? Sono i cristiani e gli ebrei, giornalista.

Ma non ci sono solo i giornalisti a correre dietro queste storie di morti, di bombe, di odio, di sangue. Ci sono anche i carabinieri del ROS, del colonnello Piazza e gli agenti della Mobile del vicequestore Sottosanti, che si ritroveranno a dover collaborare in una lotta contro il tempo.

Perché, in base alle informazioni che hanno sotto i loro occhi, qualcosa si sta muovendo in città. Qualcosa di tremendo. Qualcosa che va impedito ad ogni costo.

«Questa storia è come una matrioska. Ne tiri via una e sotto ce n’è un’altra, poi un’altra ancora e ancora. Non si finisce mai» aveva sbottato Piazza

Questo ultimo romanzo di Gigi Paoli, scrittore e giornalista per La Nazione, è una corsa contro il tempo. Quella delle forze dell'ordine e quella di Marchi per seguire le sue piste, per strappare qualche informazione e qualche scoop dai suoi amici in procura, chiamata Gotham city per l'aspetto avveniristico.

Raccontato in prima persona, il protagonista ci racconta di quanto stia diventando difficile oggi il lavoro di cronista, perché nessun giornalista vuole più uscir per strada, perché i capi vogliono solo pezzi brevi, facendo una concorrenza al ribasso con l'informazione che scorre in rete ad una velocità maggiore, ma cpn una minore cura dell'approfondimento.

«Fate le brevi, non i pezzi lunghi, la gente non ci legge» ci dicevano i soloni al comando, senza capire che le notizie brevi la gente le trovava gratis su Internet

Non c'è più voglia di approfondire, di informare anche a costo di rompere qualche equilibrio politico nei palazzi che contano, di mettersi contro qualche famiglia importante:

Il servilismo, la voglia di potere, l’incompetenza innalzata a merito, l’opinione personale trasformata in fatto, il tifo da stadio invece dell’oggettività: questo era diventato il giornalismo di oggi, una curva di ultras in malafede.

E la sera, smessi i panni da “giornalista sempre di corsa”, Carlo Marchi deve vedersela con un problema altrettanto importante: la figlia Donata, che non è più una bambina e che reclama le sue libertà ma anche il suo spazio col padre, la sera.

Chi vincerà questa corsa contro il male?

Buona lettura, per questo giallo molto attuale (per i temi della sicurezza, del terrorismo) e molto ben costruito!

La scheda del libro sul sito di Giunti Editore e un estratto del primo capitolo

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22 febbraio 2021

Anteprima Presadiretta – l'onda lunga del Covid

 


E' passato un anno dalla scoperta del paziente uno a Codogno e dai primi morti, abbiamo visto passare tre ondate del virus, 90mila morti, ci siamo sentiti ripetere troppe volte che si doveva tornare alla sanità territoriale..
Ora siamo tutti aggrappati ai vaccini, per arrivare ad una immunità che copra la parte più debole della popolazione e che ci consenta di poter ripartire.

Ma ancora oggi muoiono troppe persone in terapia intensiva e sono sconosciuti i suoi effetti a lungo termine.

Questa sera Presadiretta si occuperà di alcuni aspetti di questa pandemia, come gli effetti a lungo termine del covid, dell'efficacia dei vaccini con le nuove varianti e, soprattutto, possiamo permetterci nel mentre di una pandemia mondiale, un sistema dei brevetti che lega i paesi alle multinazionali del farmaco?

La variante inglese è più infettiva del 50%, sembra poco ma questo si traduce nel fatto che i casi si raddoppiano ogni settimana, arrivando alla curva esponenziale dei contagi, col rischio di non riuscire più a circoscrivere il focolaio. Non solo, le mutazioni possono anche essere più letali, quella inglese lo è ad esempio del 20% secondo le stime riportate da Ewan Birney vicedirettore dell'EMBL a Cambridge.

Non in Italia non facciamo abbastanza per sequenziare i tamponi (che pure se ne fanno pochi) per rilevare queste mutazioni.

Per esempio, per i paesi poveri al momento esiste solo l'iniziativa Covax dell'Oms per la vaccinazione che prevede la copertura al 20% della popolazione entro giugno. Non si arriverà a coprire l'80% dei singoli paesi entro il 2021, ma solo nei prossimi anni e questo è un problema per tutti i paesi ricchi, ci sono pronostici per cui alcuni paesi raggiungeranno la copertura solo nel 2024 e questo è preoccupante – spiega Silvia Mancini di Medici senza frontiere.

Possiamo lasciare il destino del pianeta, dei 400 milioni di cittadini europei, nelle mani delle multinazionali della farmaceutica? Di fronte a questa pandemia possiamo ancora dire che viene prima il mercato e il profitto (considerando anche i soldi pubblici che hanno finanziato la ricerca)?

Presadiretta si occuperà delle persone che, secondo le statistiche, sono guarite dalla malattia ma ancora soffrono degli effetti a lungo termine del covid.

C'è chi sconta ancora i danni della terapia intensiva, come Claudio, che è stato intubato per 20 giorni e in terapia per un mese: dolori alle mani, impossibilità a dormire su un fianco e poi quel tremore alle mani.

Ci sono quelli che hanno avuto il covid e non sono finiti in ospedale, ma continuano a sentirne gli strascichi, come una continua stanchezza.

I medici stanno studiando adesso gli effetti del long covid, lo hanno fatto a Bergamo tra la prima e la seconda ondata, richiamando in ospedale 1500 pazienti: le prove respiratorie dicono che il 30% dei pazienti ha delle prove patologiche alterate, non scambiano bene i gas respiratori.

L'eredità è pesante soprattutto per chi ha avuto una polmonite grave ed è stato intubato: contrariamente a quanto si pensa, quelli che escono dalla terapia intensiva non sono affatto sani e salvi.

“La terapia intensiva non cura il covid ma fa guadagnare il tempo perché si stabilizzi la malattia e si possano recuperare quelle funzioni per trovare un giusto equilibrio. Non si torna come si era prima eh” - racconta un medico dell'ospedale papa Giovanni

Come mai il virus colpisce in modo così variabile? I ricercatori pensano che dipenda dal nostro DNA, che è uguale da persona a persona per il 99,9%, ma quello 0,1% di differenza ci rende uno diverso dall'altro.

Chi si ammala è per un “eccesso di risposta immune che gli viene da quei geni che ai Neanderthal servivano e noi no”: ma questo spiega le migliaia di morti a Nembro e Alzano?

Secondo una ricerca dell'agenzia della tutela della salute di Bergamo, in val Seriana quasi una persona su due ha già gli anticorpi del coronavirus.

Ma di fronte a questa infezione c'è stata una risposta non omogenea, c'è chi non si è ammalato e chi si è ammalato e infine chi è andato in terapia intensiva.

I ricercatori dell'Istituto Mario Negri stanno studiando il DNA di questa popolazione, per studiare questa malattia: il progetto si chiama Origin e ha come obiettivo risalire alle diverse forme di Covid, per provare quelle variazioni in quelle proteine, che sono importanti nella risposta al virus.

La scheda del servizio: “L’ONDA LUNGA DELL’EPIDEMIA”

A un anno esatto dal primo contagiato italiano, il cosiddetto “paziente uno” trovato a Codogno, PresaDiretta fa il punto sul virus Sars-Cov-2, per provare a capire cosa la scienza ha scoperto fin qui e quello che c’è ancora da capire.

Cosa sappiamo per esempio sulla mortalità nelle terapie intensive e come sta andando il tracciamento dei contagi? Lo hanno chiamato Long Covid, quell’insieme di patologie che rimangono anche quando il virus è andato via: come viene curato? Quali sono le prospettive terapeutiche della molecola Rna, quella sulla quale sono stati costruiti i vaccini di nuova generazione, ultima frontiera della ricerca genetica?

E ancora. La guerra contro il tempo della scienza attorno alle varianti del virus.

Un viaggio di PresaDiretta nella battaglia più difficile mai affrontata dal Servizio Sanitario Nazionale, attraverso centri di ricerca, laboratori e le corsie d’ospedale. E poi le interviste ai medici e agli scienziati impegnati nella guerra al virus, tra i più autorevoli al mondo. Come Craig Mello, Nobel per la Medicina per i suoi studi sulla molecola Rna e le sue potenzialità terapeutiche. O anche Ewan Birney Vicedirettore Generale del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare (EMBL), il più importante istituto Europeo nel suo settore, che studia le varianti del virus grazie a uno dei più grandi database di sequenze del genoma al mondo.

E ancora, PresaDiretta affronta il problema della scarsità dei vaccini e dei ritardi nelle consegne da parte delle aziende produttrici. I piani vaccinali andranno modificati, ma quando si riuscirà a mettere al sicuro tutta la popolazione? Infine l’evoluzione della pandemia ci obbliga ad affrontare una questione cruciale: il mondo è pronto a liberalizzare i brevetti e a rivedere le norme che ne regolamentano l’esclusiva?

PresaDiretta ne parla tra gli altri, con Silvio Garattini, uno dei più importanti farmacologi italiani fondatore dell’Istituto Mario Negri e con Nicola Magrini direttore generale dell’Aifa.

L’ONDA LUNGA DELL’EPIDEMIA” è un racconto di Riccardo Iacona con Daniela Cipolloni, Francesca Nava, Eleonora Tundo, Elisabetta Camilleri, Raffaele Manco, Fabrizio Lazzaretti

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

20 febbraio 2021

Il Club Montecristo di Fabiano Massimi - La prima indagine degli ammutinati

 


Fuori è buio fondo, ma dentro tutte le lampade, i lampadari, le applique sono accesi, anche l’abat-jour sullo scrittoio all’ingresso. Il contrasto con la notte ferisce i suoi occhi, ma l’uomo sa di avere poco tempo e procede senza indugi. Il rumore della televisione lo guida fino alla sala, uno spazio ampio reso angusto da librerie su ogni parete. Al centro, di fronte al grande schermo piatto, sta il divano in pelle nera, e sul divano, di spalle, c'è lei...

Una stanza piena di luci, pareti piene di libri, un divano e una donna seduta, come se fosse addormentata. E, alle sue spalle un uomo che si chiede perché

Perché non mi hai ascoltato? Perché non mi hai voluto? La rabbia monta improvvisa.

Un attimo di rabbia, o di lucidità, e poi quella decisione drammatica, l'uomo afferra la donna da dietro e con un gesto deciso le spezza il collo.

Perché, no, le cose non possono andare così. Prima di andarsene, getta all'aria le cose, per dar l'idea di un ladro, di un furto finito male.

Un delitto, una donna morta nel suo trilocale e un indagato che viene individuato dalla polizia quasi subito, un ex detenuto le cui impronte sono state trovate nell'appartamento della vittima. Assassino una volta e dunque colpevole per sempre.

Se fosse così, sarebbe un giallo banalotto, scontato: ma Fabiano Massimi, che già ci ha stupito col brillante esordio l'Angelo di Monaco, ci stupisce nuovamente con un giallo dove gli investigatori sono dei criminali.

O meglio, ex carcerati che, dopo aver scontato la loro pena, ora devono cercarsi una nuova vita, un nuovo lavoro, un nuovo futuro.

E' il Club Montecristo che dà il titolo al romanzo: un'associazione che ha sede in un bar dal nome evocativo, il Caffè Dantès. Saranno loro a dover trovare la soluzione per il delitto di Viviana Ferrante, una giovane ragazza che lavorava in una galleria, uccisa in una cittadina dell'Emilia.

Ad aiutarli in questa indagine parallela Arno, hacker di notte con un lavoro da impiegato di giorno.

Due figli e una moglie danese, una vita perfetta sulla carta. Una vita senza emozione, nella realtà.

Marco Maletti aveva trentacinque anni e passava metà del suo tempo a chiedersi: “Tutto qui?”.

Una mattina Marco, o Arno (il soprannome che si porta dietro da quando era studente) si trova di fronte Lans, il suo grande amico delle superiori che non vedeva né sentiva da anni. Otto anni per la precisione:

Il primo pensiero fu: Sono otto anni che non lo vedo. Il secondo: È sempre bello in modo irreale.

Lans è un ex detenuto, finito in carcere per aver partecipato (in modo artistico, diciamo) ad una rapina: fa parte anche lui di questo club di “ammutinati” che cerca di aiutare ex carcerati a non diventare recidivi, a trovare quegli aiuti che la società fuori nega (per pregiudizio) a chi è stato dentro, una specie di società di mutuo soccorso.

Voi vi fidereste di uno che ha rubato o che, perfino, ha ucciso? Eppure la nostra Costituzione, le nostre leggi prevedono che il carcere abbia una funzione riabilitativa, non punitiva.

Arno dovrà aiutare il club e Lans a trovare un'altra pista che scagioni Danilo, il sospettato numero uno della polizia e del commissario Cassini (uno di quelli dei pregiudizi). Cercando per esempio qualcosa di utile nella posta elettronica di Viviana (il suo cellulare è stato portato via dall'assassino), nelle tracce che aveva lasciato in rete sui suoi profili social..

E qualcosa viene fuori: la donna chiusa, amante dei libri e dei quadri (lei stessa era una pittrice) è come se avesse avuto una seconda vita, da escort di lusso, con tanto di sito vetrina e recensioni dei suoi soddisfatti clienti. Non solo, il passato di Viviana era stato molto turbolento, oltre a dei problemi familiari, aveva avuto problemi con la droga.

Grazie alla rete di relazioni messa in piedi dal club, a Lans e agli altri membri, arrivano tutte le informazioni per farsi un quadro della situazione: chi era Viviana, questa donna di trent'anni che nei suoi quadri replicava lo stesso soggetto, una donna di spalle che osserva paesaggi pieni di distruzione?

E' stata uccisa da un cliente, magari proprio quello che le mandava messaggi in modo insistente?

Oppure c'entra qualcosa la persona con cui lavorava, il gallerista, visto che anche lui la chiamava spesso, di notte?

Ma ad aiutare questo gruppo “particolare” ma molto determinato di investigatori, sarà l'aiuto di un informatore, che si spaccia anche per medium, che risponde alla loro domanda di aiuto con un indovinello

Con te parlerò, anche se molto mi costa.

Lo so che sono morta: sono morta apposta.

Tu ignori totalmente quale sia la posta.

Infine, c'è anche un altro uomo, un fidanzato, con cui Viviana aveva litigato due mesi prima.

Il club Montecristo si rivelerà molto più efficiente della polizia nel risolvere questo delitto: un delitto nato da un dolore che ci si è portati dentro per troppo tempo, senza essere stati capaci di gestirlo, di dargli una ragione, un perché..

E questo dolore ci aiuterà a capire quei quadri, pieni di apocalisse, quelle poesie di Antonia Pozzi che leggeva.

Vi sorprenderà, per come è congegnato e per quanto sia toccante, il colpo di scena finale che porterà non ad una condanna ma ad una assoluzione.

Perché è giusto così, perché anche un gesto estremo può nascondere un sentimento di protezione.

“Memento Vivi” sta scritto in un dipinto a olio, in contrapposizione al motto “memento mori”. Ricordati di vivere ed è un motto che deve valere per tutti. Anche per le persone che escono da carcere e vogliono solo riscattarsi.

La scheda sul sul sito di Mondadori

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18 febbraio 2021

Il tempo delle belle parole

Clima

Giovani

Futuro

Lavoro e imprese

Fiscalità progressiva

Sanità territoriale

Proteggere i lavoratori

Quante belle parole nel discorso di Draghi, durato quasi un'ora.

Peccato che dietro le parole al momento ci sia poco.

Dismettiamo l'intero settore petrolifero (partendo dall'Eni)? Basta incentivi per le auto a benzina o diesel (e blocco nei prossimi anni)? Chiudiamo l'Ilva finché non smette di inquinare?

La smettiamo col consumo del territorio, col cemento che sotterra i fiumi, strozzandone gli alvei?

E sui giovani, iniziamo a chiudere col precariato, coi salari bassi? Investiamo in ricerca, pubblica, nell'università, in borse di studio?

Iniziamo ad investire nella pubblica amministrazione, con nuovo personale da formare in modo che sia pronto al cambiamento tecnologico?

Smantelliamo il sistema lombardo (altro che esempio, caro Salvini) e riformiamo la sanità pubblica (e chi lo spiega agli imprenditori provati amici dei governatori)?

E poi ci sono le parole che mancano, oltre a MES (chissà cosa hanno pensato i buffoni che dicevano mes o morte?), anche mafie, corruzione ed evasione.

Cosa intende fare per la lotta alle corruzione, specie negli appalti alle grandi opere?

Ascolterà Confindustria che vuole licenziamenti subito (che visione miope) oppure si cercherà una mediazione con i sindacati (pensando che tutte le persone senza lavoro poi rimarranno in balia della crisi)?

Continueremo con lo smart working oppure si tornerà alla transumanza casa lavoro, coi treni e mezzi dei pendolari stipati?

Si riorganizzeranno i trasporti locali, si spingerà le aziende alla digitalizzazione (con quali soldi, pubblici?)?

Il tempo delle belle parole (e degli applausi) è finito.

17 febbraio 2021

Nella luce di un'alba più fredda di Hans Tuzzi

 


Prologo

Due fili si intrecciano “Una parte di me è morta e mi attende altrove, sul fianco d’un monte che guarda il mare profondo, a giorni azzurro a giorni viola. È là, sotto terra, e mi aspetta”.

Studiò i campi, i sempreverdi, le croci. Autunno di fanghiglia, pensò: autunno che le fosse bisogna scavarle con la ruspa. Poche donne anziane a indugiare nei viali. Soltanto i vecchi visitano i loro cari defunti.

Già da questo incipit, una sorta di litania di un uomo che sta morendo ai margini di una strada, si capisce quanto diverso sia lo stile di scrittura di Hans Tuzzi, giallista milanese che ha ambientato i suoi racconti col commissario Norberto Melis nella Milano degli anni '80.

Uno stile colto, raffinato, pieno di citazioni letterarie, artistiche, storiche, con cui arricchisce le sue trame, dove compare il delitto, l'assassino, a volte anche per futili motivi. Delitto su cui si interroga il suo investigatore, Melis, commissario alla Mobile, che dietro ogni morte ricerca i perché, la storia, la causa del male.

Con questo romanzo, che chiude tutta la serie con Melis, ci troviamo in un grigio autunno nel 1990: sono gli ultimi scampoli della Milano da bere, il muro di Berlino è crollato e il PCI ha già cambiato nome.

Le indagini di Mani pulite devono ancora arrivare come anche le bombe eversive fatte scoppiare dalla mafia (coi suoi complici ancora col volto coperto): l'Italia si sta godendo questi ultimi scampoli di felicità prima della catastrofe.

Ma i sintomi di quello che sta arrivando ci sono tutti: li intuisce Melis, con la sua compagna Fiorenza, l'imbarbarimento, la sgrammaticatura sui giornali e nella parlata quotidiana, i giovani idealisti di ieri che oggi sono alle prese coi rendimenti dei BOT e i cui figli girano con le “Timba”.

Le telecamere pronte a riprendere la nostra vita per darci l'illusione della sicurezza..

Non è snobismo, quello di Melis, un ritirarsi dalla vita sociale per rinchiudersi nel suo mondo, anzi. Se potesse, Melis tornerebbe a girare per la sua Milano e a seguire in prima persona le indagini, vedere le facce sentire le voci, conoscere i luoghi.

Non c’era neve, a Milano. E quello fu l’ultimo pensiero di Calamatta Loris, ragioniere.

Come quella per la morte del ragioniere, Loris Calamatta, trovato morto ai margini di una strada, avvelenato con del glicole etilico. Strano modo di uccidere, lungo e doloroso.

E poi, nei giorni successivi, altre due morti: due donne anziane, che vivevano da sole, stordite da qualcuno venuto da fuori, e poi avvelenate.

Uno squillo alla porta ruppe l’incanto di quella melodia che parlava di una giovinezza lontana. Oh, signùr, si disse la Rosa. [..]la Rosa andò ad aprire. L’ultimo gesto compiuto in vita.

Tre casi che sembrano proprio scollegati, ma che vengono assegnati all'assistente di Melis, il commissario Iurilli, che in quei giorni è alle prese con la depressione della moglie.

Del primo morto, di cui all'inizio non si conosce nemmeno il nome, si scopre che era aveva piccoli precedenti per truffe, le sue impronte digitali erano in archivio.

E' stato ucciso da qualcuno che ha truffato nel passato?

«.. una volta mi han detto che il Loris era uno specialista del Cabriolè». «Di cosa?» «Del Cabriolè, l’assegno scoperto: così se ciama in milanese, Cabriolè».

Iurilli e i due “dioscuri”, gli agenti Ferrini e Giovannini provano a seguire questa pista senza troppa fortuna.

Nella casa delle due anziane gli investigatori fanno una scoperta importante: dei soldi in contanti, tanti soldi, tenuti nascosti in nascondigli di fortuna.

Trovò un lungo cucchiaio di legno e menò un colpo su un lato del tappo, che saltò via facilmente. Lo tolse, e sotto, arrotolati come tappeti antichi e stipati l’uno accanto all’altro, fasci di banconote tenuti con l’elastico.

Che ci facevano con questi soldi? Erano risparmi, oppure la placida vita di queste due signore anziane nascondeva qualcosa?

Melis è coinvolto, anzi, sarebbe meglio dire, si lascia coinvolgere, da una altro delitto: la morte dell'avvocato Galeotti, ucciso nel suo studio assieme ad una sua amica da un assassino che ha infierito con un bastone sui due corpi.

Ennesimo delitto che rovina le statistiche del nuovo Questore, preoccupato di aver superato quota cento:

«Ma no, si chiama Galeotti, l’avvocato si chiama Galeotti, Ario Galeotti». “Ario. Che minchia di nome” pensò il questore Rocco Platanìa.

Anche dietro questo delitto si nasconde una storia che parla del male: avidità, miseria, meschinità. Un'eredità di un vecchio politico morto anni prima su cui l'avvocato stava lavorando.

Il crepuscolo di Melis, che coi suoi uomini riuscirà almeno a risolvere questi delitti e dare al mondo una parvenza di equilibrio, sarà anche il crepuscolo di un'epoca.

Perché ormai, a Milano, poteva capitare di tutto, con tutta questa criminalità in giro. Aveva ragione il Bossi: troppi terroni in Lombardia. Sì, d’accordo, lui era di Taranto, ma che vuol dire?

L'epoca della Lega di Bossi e di Roma ladrona, dell'odio verso i “teroni” di oggi che, tra qualche anno, si sarebbe riversato nell'odio verso le persone di colore, venute dal nordafrica o da qualche altro paese nel mondo più sfortunato di noi.

..adesso che i meridionali si sono integrati, aspetta soltanto di incontrare per strada più di cinque negri al giorno e vedrai quanto son poco razzisti gli italiani.

Una nuova epoca in cui la borghesia illuminata di Milano avrebbe lasciato il passo ad una borghesia sempre più decadente e arroccata su sé stessa.

Nemmeno la neve sarebbe stata più la stessa, a Milano.

Anche la neve era diversa. Era sporca, pensò, come in quel cupo romanzo di Simenon. L’Europa in guerra, un paese occupato dal nemico, l’omicidio come atto gratuito. Ma i suoi omicidi, si disse, non erano atti gratuiti.

La scheda sul sito di Bollati Boringhieri

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


16 febbraio 2021

Presadiretta – come usare bene i soldi del recovery fund

Ad un anno dalla pandemia l'Italia è allo stremo, basta aver occhi e orecchie per vedere e ascoltare.

Ci sono i commercianti a Torino che non sono riusciti a recuperare qualcosa nemmeno dai saldi, temono di dover chiudere, di non riuscire a far fronte ai pagamenti. Di dover licenziare delle persone.

Ascom parla di 20000 imprese a rischio chiusura a Torino e nell'area metropolitana: i ristori non coprono le spese, servirebbe dare respiro allungando i tempi di pagamento delle tasse. E da questa crisi ad essere colpite sono per lo più le donne.

Da Torino a Prato, nel settore tessile più grande d'Europa: l'azienda del signor Andrea Belli ha avuto un crollo del fatturato del 50%, il telefono non squilla più per gli ordini, gli investimenti fatti nel 2019 non hanno portato frutti.

Il prestito delle banche gli hanno consentito di rimanere in piedi, ma dovrà restituirli in un anno e non in dieci anni.

Fare impresa, non solo per guadagnare, è difficile in Italia: serve passioni, investimenti mirati, capacità di reinventarsi. Il covid ha reso tutto più difficile.

L'attesa di una ripresa è dura quanto questa crisi: è un'attesa connotata dal silenzio dei macchinari, dalle persone rimaste a casa in cassa integrazione (o licenziate).

Macchine ferme perché il negoziante ha bloccato gli ordini, perché le persone non comprano più capi: la lana invenduta rimane dentro i magazzini, imballata e già pagata.

Le aziende che chiudono portano via esperienze, competenze, posti di lavoro, famiglie in difficoltà. E al posto dei macchinari i buchi, perché le macchine ora sono volate in Cina, dove si sta lavorando.

Prima o poi usciremo dalla crisi. Ma noi ci saremo ancora? Il tempo è la variabile importante e per questo è importante spendere bene e ora i soldi dall'Europa. Questa è la sfida che ci troviamo di fronte.

Tra i settori più colpiti, il tessile e calzaturiero, che tra gennaio a dicembre hanno perso il 28% della loro produzione (dati Istat) rispetto al 2019: Presadiretta è andata nel distretto calzaturiero più esteso, nelle Marche a Fermo, dove si trovano più del 30% delle imprese del settore (tra questa provincia e quella di Macerata) con un giro d'affari che prima del Covid valeva 2 miliardi di euro l'anno.

La CNA ha calcolato che in questa zona, al 31 ottobre, hanno chiuso 51 aziende: un'azienda che è riuscita a rimanere aperta è la Arcuri, dieci dipendenti con un fatturato da 900mila euro l'anno e che col Covid ha visto le sue commesse dimezzarsi.

Da 7000 paia di scarpe ordinate, sono state confermate solo 3000 paia – racconta uno dei titolari.

Hanno chiesto la garanzia del 90%, ma i soldi non sono ancora arrivati: i soldi servivano per investimenti e stipendi, ma ora sono bloccati dalla burocrazia.

In questi comuni, in questo distretto, i grandi marchi affidano la loro produzione, ci sono i laboratori che producono il vero made in Italy: come quello di Massimo Giorgini che coi suoi tre dipendenti disegna le suole per alcune delle griffe più famose.

Un'azienda che fattura circa 200mila euro l'anno e che l'anno scorso ha registrato un calo del 45%: “il problema maggiore secondo noi, secondo i miei clienti, è che l'anno che verrà sarà ancora peggio dell'anno che è passato..”.

Finita la cassa integrazione, si dovrà licenziare e chiudere il laboratorio: il futuro sarà grave se non passa la pandemia.

Molti imprenditori sanno già che dovranno licenziare, la situazione è ad un passo dal disastro – racconta il presidente della CNA di Fermo: “la situazione è così grave che, se non ci fosse il blocco, licenzierebbe subito, perché quello che abbiamo davanti è uno scenario di grande incertezza”.

In crisi anche il famoso Gambrinus a Napoli: in questo momento il locale è morto, non conviene tenerlo aperto se non ci sono i clienti.

Ma il titolare del Gambrinus teme anche per i colleghi dei piccoli locali: circa il 20% delle aziende tra Napoli e provincia chiuderanno per il covid con una perdita di fatturato stimata in 2 miliardi.

Le pizzerie riescono a stare aperte con l'asporto, ma è una situazione che non può andare avanti a lungo: la crisi ha fatto esplodere la povertà, si parla di sopravvivenza e non di altra – racconta il titolare della pizzeria “Da Michele”.

Le code per il pane non ci sono solo a Milano ma anche a Napoli, nord e sud con problemi simili: a Napoli è emergency ad aiutare le persone oggi in crisi, persone che lavoravano in nero e che per questo non hanno potuto avere alcun ristoro.

La spesa solidale, emergency, l'eterna arte di arrangiarsi, vivere alla giornata. Persone che non riescono a vedere il futuro, costrette a vivere giorno per giorno.

A Napoli un altro problema è quello della Whirlpool: i lavoratori chiedono al governo di aiutarli e di non stare a guardare, c'è un accordo con l'azienda non rispettata.

Il giornalista di Presadiretta è andato ad incontrare Salvatore, uno di questi operai, prima di Natale:

“Noi questo Natale abbiamo fatto di tutto per farlo sembrare normale” racconta al giornalista “purtroppo dopo due anni di lotta, per quanto uno possa nasconderlo, la più grande [figlia] l'ha vissuto, ha percepito le mie preoccupazioni, le mie paure..”

La notizia della chiusura del sito è stata tremenda, notti passate sveglio, a chiederti perché, dove si perde lucidità, entri un una dimensione dove non sei mai stato: “perdi le tue certezze, la tua dignità”.

Nessuno sa quando finirà, questa crisi è originata da una pandemia di cui non si conosce l'origine: sappiamo solo che abbiamo da spendere i 209 miliardi del recovery fund.

Ma nel passato non abbiamo speso bene i soldi europei: Sabrina Carreras ha girato l'Italia per capire come le regioni hanno speso questi soldi. Soldi che non sono gratis, perché dovremo restituirli.

A Maggio 2020 la presidente della Commissione Europea ha presentato un piano per affrontare la crisi, uno strumento di ripresa chiamato next generation UE, un pacchetto di aiuti senza precedenti, 750 miliardi di euro.

L'Italia prenderà la parte più grande di questo piano, 209 miliardi di cui 127 miliardi sono prestiti e 82 miliardi in sussidi a fondo perduto: ma anche questi ultimi non sono gratis, cambia il modo con cui questi prestiti e sussidi andranno ripagati, i prestiti ricadranno sul debito mentre i sussidi saranno ripagati dall'Europa.

Fino ad oggi però non siamo stati efficienti nello spendere bene i soldi europei: siamo quelli che hanno ricevuto più soldi dall'Europa nel passato, ma terzultimi per capacità di spesa.

Lo dice la Corte dei Conti Europea: dei 44 miliardi che sono arrivati all'Italia dall'Europa siamo riusciti ad usarne solo il 30,7%.

Per l'innovazione in agricoltura ad esempio, dal 2014 esiste il “piano di sviluppo rurale” di 10 miliardi di euro, una manna per le aziende della Puglia dove il batterio Xylella ha distrutto interi ettari di ulivi.

Presadiretta ha incontrato un agricoltore, Eugenio Arsieni, che ha cercato di partecipare ai bandi per il piano di sviluppo rurale del luglio 2016: Eugenio ha aspettato i fondi per mesi e dopo 4 anni non è arrivato nulla.

La regione Puglia ci ha messo due anni per pubblicare la graduatoria, poi questa era stata scritta male: nessuno ha verificato la bontà dei dati all'interno dei progetti, spiega un agronomo.

Ci sono stati molti ricorsi, per questi errori, così tutto è stato bloccato dal TAR: ora l'assessore all'agricoltura ammette l'errore, dopo sei anni. E così quei progetti hanno perso significato, molte delle persone che avevano presentato la richiesta se ne sono andate dalla regione.

Quei soldi avrebbero potuto creare posti di lavoro, creare sviluppo. Invece c'è stata solo emigrazione.

Carlo Barnaba aveva chiesto i soldi per quel bando, per comprarsi uno scuotitore: invece la macchina se l'è dovuta comprare da solo e non ha potuto fare altri investimenti. Dei soldi europei sono stati spesi solo il 36%: la Puglia è quella al sud che ha speso meglio i soldi europei.

La regione peggiore è stata la Sicilia: regione con strade collassate, che sprofondano, strade su cui dovrebbero arrivare soldi europei per completarle.

E ponti che portano al nulla: come quello di Galliano, finanziato con fondi europei poi bloccati, per i ricorsi presentati e per l'aumento dell'appalto per una variante: le leggi in Italia sono fatte male e il risultato sono le opere incompiute e abbandonate a sé stesse.

Come il depuratore di Augusta: qui aspettano un depuratore da anni e oggi gli scarichi arrivano in mare, fogne a cielo aperto.

I fondi per il depuratore i soldi ci sono, dal 2012, ma non si sono spesi: da cinque anni ci sono commissari regionali e nazionali che devono far fronte a tante opere e manca l'organizzazione per gestire tutta questa mole di lavori.

E oltre a non avere i lavori, paghiamo pure le multe all'Europa perché non abbiamo i depuratori: la Sicilia ha il record di spazzatura che finisce in discarica, mancano gli impianti di riciclo. E se gli impianti sono realizzati, poi vengono commissariati e chiusi, dove regna il clientelismo e lo spreco.

Ci sono imprenditori che prendevano fondi europei per macchinari nuovi che invece erano solo riverniciati: una truffa in cui erano coinvolti anche funzionari pubblici collusi.

La regione Sicilia dice, sul sito, che tutta la spesa pubblica è certificata: ma nessuno controlla che l'opera realizzata continui a funzionare dopo un anno, che sia utile per il territorio.

Manca il controllo ex posto, siamo abituati a controllare la spesa, non l'effettiva utilità della spesa: nonostante le risorse che arrivano, si spende male e poco, manca una pubblica amministrazione capace di gestire questi fondi e questi progetti.

A Palermo c'è un solo dirigente per tutti i lavori pubblici, un solo dirigente tecnico, mentre una volta ce ne stavano 32: manca personale e mancano le competenze tecniche per gestire i lavori, quota 100 ha depauperato il personale.

La regione Sardegna nel 2013 aveva stanziato 13 milioni di euro per gestire le alluvioni a Bitti: dopo sette anni un nuovo alluvione ha ucciso tre persone.

Per liberare le strade dal fango, esercito e volontari hanno lavorato per giorni: danni ingenti al paese, alle famiglie, agli imprenditori, agli esercenti.

I sette milioni che sarebbero serviti per fermare l'alluvione, per costruire nuove dighe e vasche di contenimento, non sono stati spesi.

Il comune non è riuscito a far partire i lavori in sette anni: il comune si è trovato ingessato nella spesa, per i vincoli di bilancio, così si è rivolto alla regione. LA regione si è rivolta alla Sogesit, agenzia del ministero. Ma anche l'agenzia è rimasta bloccata per problemi della burocrazia.

Avere soldi e non poterli spendere è come non averli. Come possiamo vincere la sfida del covid? Dobbiamo spendere i soldi dall'Europa in tempi brevi, entro il 2026. Come? Seguendo l'esempio delle regioni più virtuose cioè Emilia, Friuli, Piemonte e Lombardia.

Presadiretta è andata nel centro di ricerca meccanica avanzata dell'università di Bologna dove un gruppo di ricerca ha trovato una tecnica innovativa per la produzione delle mascherine Ffp3 che presto verranno realizzate industrialmente.

Si tratta di un progetto realizzato in piena emergenza Covid, che senza i 120 mila euro dei fondi europei per lo sviluppo regionale FEF messi a bando dalla regione non sarebbe mai partito.

Il progetto è nato nel febbraio 2020, dall'idea di usare le nanofibre per la realizzazione di tessuti ad alta filtrazione: mascherine che filtrane bene e che sono anche leggere.

Il ricercatore Davide Fabiani racconta di aver sviluppato una macchina per trasferire questa tecnologia ad un prodotto più industriale e per fare questo per fortuna abbiamo avuto ad inizio aprile la possibilità di accedere ai fondi.

Se la regione Emilia Romagna ha trovato i fondi per le mascherine è perché ha riprogrammato velocemente le risorse spostandole sul fronte dell'emergenza sanitaria. La regione Emilia ha spostato 9,2 milioni per finanziare ricerche in ambito Covid con risultati che già oggi stanno dando risultati.

Morena Diazzi è a capo della direzione che si occupa di gestire due fondi europei tra i più importanti: quello per lo sviluppo regionale, il FES, rivolto alle imprese e agli enti di ricerca. E il fondo sociale europeo, FSE, che si occupa di formazione.

FES e FSE hanno una dotazione per la regione Emilia Romagna pari a 1,2 miliardi di euro: la regione ha raggiunto i target di spesa imposti dall'Europa già nel 2019 per il 2020 che per quest'anno.

Per fare questo è necessario avere delle stazioni appaltanti che funzionano e delle imprese che devono essere capaci di spendere”.

In regione è stato fatto un “patto per il lavoro” tra sindacato, categorie politiche e imprese: questo patto ha consentito di avere obiettivi chiari e condivisi per spendere bene i soldi europei, ovvero avere competenze scientifiche e matematiche all'interno degli impiegati pubblici.

Il cuore della macchina amministrativa in Emilia Romagna gestisce i 2 miliardi dei fondi europei: a giugno 2020 già gran parte di questo denaro era già impegnato in bandi, alcuni dei quali per la riqualificazione di aree colpite dal terremoto.

Questi fondi sono serviti per costruire il tecnopolo, che porteranno a Bologna centri di ricerca all'avanguardia in Italia: un centro meteo, supercalcolatori, hub di ricerca, tutto costruito in un'area abbandonata.

Tra i fondi anche quelli per l'agricoltura: soldi spesi per innovare le filiere produttive agricole, usati per nuovi investimenti negli impianti che trattano frutta e verdura per la grande distribuzione organizzata.

I bandi richiedono competenze per essere scritti e competenze per essere richiesti: significa avere personale qualificato sia in regione che nelle imprese o nelle cooperative.

Significa avere una macchina in grado di saper spendere soldi per gestire il post terremoto, quello in Emilia, per la ricostruzione e per immaginarsi un nuovo futuro. A Ferrata i soldi per il sisma hanno permesso di rinnovare la struttura del polo museale.

I piccoli comuni che non hanno tutte queste competenze sono stati aiutati dal capoluogo: è quello che ha fatto Modena per i suoi comuni, come Formigine, comune che ha preso contributi per 10ml di euro per rifare il centro storico, valorizzare piazze e strade, fare una ciclabile.

In questi comuni sono pronti a gestire i soldi del next generation UE, per scuole, case, palazzi da rifare o riqualificare. Sanno che questa occasione sarà unica per poter cambiare pelle.

I territori sanno come spendere questi soldi e immaginare il futuro – racconta il sindaco di Modena che ora teme che i soldi possano rimanere fermi a Roma.

Servono competenze, condivisione dei progetti sul territorio, una pubblica amministrazione che funziona e un sistema di controllo di progetti in modo che nulla si perda in pastoie e clientelismi.

In Francia hanno fatto un piano di 296 pagine, che descrive come spendere i soldi del next generation UE: il piano di ripresa francese è già operativo, per rilanciare il nostro paese confinante appena la pandemia terminerà.

Esiste un piano ed esiste un sito per controllare lo stato di avanzamento dei progetti, per richiedere l'adesione ad un progetto, per scaricare i bandi, mentre in Italia abbiamo solo un piano generico, senza interventi specifici.

Bike sharing, autobus elettrici, riqualificazione di edifici pubblici come il Louvre, energia pulita come quella dall'idrogeno.

In Francia hanno pensato al piano di ripresa già durante il lockdown, pensando a quella che potrebbe essere la Francia del 2031: il piano prevede sia soldi europei che soldi francesi, per questo è potuto partire subito.

Mentre in Italia si parlava di 300 consulenti, in Francia il ministro ha assunto un consigliere per seguire il piano: per far andar avanti il progetto è sufficiente il rapporto interministeriale, il controllo della politica, regione dopo regione.

A scegliere i progetti, ministri e sottosegretari girano le regioni, la macchina organizzativa è in grado di far arrivare i soldi alle imprese, passando ai vice prefetti, su tutto il territorio.

Esiste poi un organo indipendente che fa per il governo l'analisi delle politiche economiche come quelle previste dal piano da 100 miliardi: obiettivo è far sì che la crisi non ricada sui giovani, per questo in Francia si seguono i ragazzi che entrano nel mondo del lavoro, col piano “un giovane, una soluzione”.

In Francia l'apprendistato si paga e anche bene, con l'alternanza scuola lavoro lo stato paga la scuola: lo Stato finanzia anche giovani startup che così possono assumere apprendisti e crescere.

In Italia, dove abbiamo il più alto numero di giovani inattivi, come si spenderanno i fondi per i giovani? L'Europa è preoccupata del fatto che l'Italia non sappia sfruttare questa occasione, racconta l'europarlamentare Gozi.

Dobbiamo dimostrare di sapere gestire questi fondi preziosi per il nostro paese: peccato che non abbiamo saputo spendere bene nemmeno i fondi contro la violenza sulle donne.

Non sono stati spesi soldi per le case delle donne maltrattate, per i figli delle donne uccise dal compagno, dal marito, dall'ex .. Donne e bambini invisibili.

15 febbraio 2021

Anteprima inchieste di Presadiretta – come spendere i soldi del Recovery fund

A gestire i 209 miliardi del recovery fund sarà il nuovo governo Draghi, quello dei competenti, che ora, dicono i giornali, si metterà a riformare il piano per gestire questi soldi.

Entro il 30 aprile dobbiamo presentare in Europa i progetti per far ripartire l'Italia: in un anno abbiamo perso 440mila posti di lavoro, 9 punti di PIL, oltre alle 90mila morti per la pandemia.

Questi soldi andranno utilizzati bene e subito ma, come racconterà stasera Presadiretta, l'Italia finora ha speso solo un terzo dei soldi europei ricevuti: ci vuole un cambio di passo, sia per indicare dove spenderli sia per usarli veramente.

Per esempio per gestire i tavoli delle crisi aziendali che coinvolgono migliaia di persone: come quella della Whirlpool a Napoli, dove lavorava da 29 anni come operaio Salvatore, una moglie e tre figli.

Il suo ultimo Natale è stato diverso dal solito, non solo per il Covid, ma anche per la chiusura dell'azienda, per la decisione della multinazionale di spostare la produzione all'estero.

“Noi questo Natale abbiamo fatto di tutto per farlo sembrare normale” racconta al giornalista “purtroppo dopo due anni di lotta, per quanto uno possa nasconderlo, la più grande [figlia] l'ha vissuto, ha percepito le mie preoccupazioni, le mie paure..”

La notizia della chiusura del sito è stata tremenda, notti passate sveglio, a chiederti perché, dove si perde lucidità, entri un una dimensione dove non sei mai stato: “perdi le tue certezze, la tua dignità”.

Per queste persone, come Salvatore, il Next Generation UE potrebbe voler dire tornare a vivere con dignità: è un piano senza precedenti, 4 volte il piano Marshall del dopoguerra. L'Italia prenderà la parte più grande di questo piano, 209 miliardi di cui 127 miliardi sono prestiti e 82 miliardi in sussidi a fondo perduto: ma anche questi ultimi non sono gratis, cambia il modo con cui questi prestiti e sussidi andranno ripagati.

Fino ad oggi però non siamo stati efficienti nello spendere bene i soldi europei: siamo quelli che hanno ricevuto più soldi dall'Europa nel passato, ma terzultimi per capacità di spesa.

Lo dice la Corte dei Conti Europea: dei 44 miliardi che sono arrivati all'Italia dall'Europa siamo riusciti ad usarne solo il 30,7%.

Per l'agricoltura ad esempio, dal 2014 esiste il “piano di sviluppo rurale” di 10 miliardi di euro, una manna per le aziende della Puglia dove il batterio Xylella ha distrutto interi ettari di ulivi.

Presadiretta ha incontrato un agricoltore, Eugenio Arsieri, che ha cercato di partecipare ai bandi per il piano di sviluppo rurale del luglio 2016: Eugenio ha aspettato i fondi per mesi e dopo 4 anni non è arrivato nulla.

Se in alcune regioni del sud i soldi non sono stati spesi bene, in altre invece i fondi europei hanno fatto la differenza, come in Emilia Romagna: Presadiretta è andata nel centro di ricerca meccanica avanzata dell'università di Bologna dove un gruppo di ricerca ha trovato una tecnica innovativa per la produzione delle mascherine Ffp3 che presto verranno realizzate industrialmente.

Si tratta di un progetto realizzato in piena emergenza Covid, che senza i 120 mila euro dei fondi europei per lo sviluppo regionale FEF messi a bando dalla regione non sarebbe mai partito.

Il progetto è nato nel febbraio 2020, dall'idea di usare le nanofibre per la realizzazione di tessuti ad alta filtrazione: abbiamo sviluppato una macchina per trasferire questa tecnologia ad un prodotto più industriale e per fare questo per fortuna abbiamo avuto ad inizio aprile la possibilità di accedere ai fondi.

Se la regione Emilia Romagna ha trovato i fondi per le mascherine è perché ha riprogrammato velocemente le risorse spostandole sul fronte dell'emergenza sanitaria.

Morena Diazzi è a capo della direzione che si occupa di gestire due fondi europei tra i più importanti: quello per lo sviluppo regionale, il FES, rivolto alle imprese e agli enti di ricerca. E il fondo sociale europeo, FSE, che si occupa di formazione.

FES e FSE hanno una dotazione per la regione Emilia Romagna pari a 1,2 miliardi di euro: la regione ha raggiunto i target di spesa imposti dall'Europa già nel 2019 per il 2020 che per quest'anno.

Per fare questo è necessario avere delle stazioni appaltanti che funzionano e delle imprese che devono essere capaci di spendere”.

Tra i settori più colpiti, il tessile e calzaturiero, che tra gennaio a dicembre hanno perso il 28% della loro produzione (dati Istat) rispetto al 2019: Presadiretta è andata nel distretto calzaturiero più esteso, nelle Marche a Fermo, dove si trovano più del 30% delle imprese del settore (tra questa provincia e quella di Macerata) con un giro d'affari che prima del Covid valeva 2 miliardi di euro l'anno.

La CNA ha calcolato che in questa zona, al 31 ottobre, hanno chiuso 51 aziende.

Un'azienda che è riuscita a rimanere aperta è la Arcuri, dieci dipendenti con un fatturato da 900mila euro l'anno e che col Covid ha visto le sue commesse dimezzarsi.

Da 7000 paia di scarpe richieste, sono state confermate solo 3000 paia – racconta uno dei titolari.

In queste zone ci sono le aziende a cui i grandi marchi affidano la produzione, ci sono i laboratori che producono il vero made in Italy: come quello di Massimo Giorgini che coi suoi tre dipendenti disegna le suole per alcune delle griffe più famose.

Un'azienda che fattura circa 200mila euro l'anno e che l'anno scorso ha registrato un calo del 45%: “il problema maggiore secondo noi, secondo i miei clienti, è che l'anno che verrà sarà ancora peggio dell'anno che è passato..”.

Si rischia di chiudere: la situazione è così grave che, se non ci fosse il blocco, licenzierebbe subito, perché quello che abbiamo davanti è uno scenario di grande incertezza – spiega al giornalista il presidente della CNA di Fermo Paolo Silenzi.

La scheda del servizio: “RECOVERY FUND ULTIMA CHIAMATA”

Abbiamo attraversato il Paese per raccontare dal basso la crisi economica, la sofferenza dei distretti industriali, la paura di non farcela dei commercianti e le saracinesche già abbassate. Su tutti, incombe la fine del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione Covid.

Ci attendono 209 miliardi tra prestiti e sussidi: saremo in grado di spenderli al meglio per far ripartire il Paese? Perché non basta avere i soldi per mettere in moto l’economia, ce lo dice la cronica incapacità italiana di utilizzare i Fondi Europei.

PresaDiretta è andata a vedere sul campo che cosa vuol dire: in Puglia, in Sardegna e in Sicilia. E poi in Emilia Romagna, dove l’organizzazione e la programmazione della spesa dei soldi europei fanno la differenza.

RECOVERY FUND ULTIMA CHIAMATA è un racconto di Riccardo Iacona con Sabrina Carreras Panvini, Giuseppe Lagana, Elena Marzano, Martina Cecchi de Rossi, Torchia Massimiliano.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

14 febbraio 2021

Il governo che farà benissimo


Draghi si è attorniato da tecnici competenti

Ma tanto la politica estera la farà lui.

Le scelte sulla destinazione dei fondi del Next Generation UE le faranno i tecnici, non i ministri politici.

Draghi è riuscito a trasformare tutti i partiti. 

Anche Salvini adesso è europeista.

Nel governo sono entrati i politici moderati.

Per fortuna è finita un'epoca, del populismo, delle dirette facebook ..

Non ha ancora iniziato e Draghi ha fatto abbassare lo spread, nevicare al nord e far tornare il sole.

Ancora non ha preso alcuna decisione su sanità, lavoro, covid, transizione verde, digitalizzazione della PA (i suoi pilastri) che sono già partiti i cori da stadio.

In una settimana abbiamo un governo di competenti (beh, eccetto i grillini, gli intrusi della politica italiana) messo assieme da uno che fino ad inizio dicembre nemmeno ci pensava ad andare al governo.


Dei politici nominati non devo dire niente: Brunetta, Gelmini, Garavaglia, Stefani. Perfino a Giorgetti la nostra stampa ha cucito il vestito buono (chissà se chiederà scusa per l'infelice uscita sui medici di base).

Poi i tecnici come Cingolani, su cui la ricercatrice Cattanea aveva raccontato tutte le sue riserve.

Il supermanager Colao, strapagato in Vodafone che ora dovrà gestire la transizione digitale, in un paese dove il digital divide è un problema serio.

E dei ministri PD sappiamo solo che due erano protetti dal presidente Mattarella: Guerini (perché l'acquisto di sistemi di difesa è parte della politica atlantista) e Fraceschini (e la sua corrente).

Ad Orlando gli hanno dato l'ingrato compito da ministro del lavoro (che spero non significhi solo ministro dei datori di lavoro).

E le donne?

Certo, se i nomi sono stati scelti da Mattarella e Draghi, la rivolta delle donne nel centro sinistra andrebbe indirizzata ai due salvatori della patria.

Ma forse è più semplice prendersela con Zingaretti. La guerra alla segreteria è in corso.

Ci aspetta un futuro meraviglioso.

Almeno così dicono i giornali.