30 ottobre 2022

L'album di famiglia della destra italiana

Mi chiedo, e se lo chiedeva anche Barbara Spinelli ieri, se il nuovo presidente (o la presidente) Giorgia Meloni, abbia mai fatto i conti con l'album di famiglia di fratelli d'Italia.

Quando si parla di album di famiglia si fa riferimento alle parole di Rossana Rossanda (ex PCI, tra le fondatrici de Il Manifesto) durante i giorni del sequestro di Aldo Moro nel 1978

“In verità, chiunque sia stato comunista negli anni 50 riconosce di colpo il nuovo linguaggio delle Br. Sembra di sfogliare l’album di famiglia”.

Pare proprio di no: nella narrazione storiografica del nostro (o della nostra) presidenti si passa direttamente dalla dittatura (cui lei non ha mai avuto simpatie, ma qualche suo esponente si) ai giorni nostri. Ai giorni del convegno di Fiuggi, con l'abiura del fascismo, delle leggi razziali.

Peccato che in mezzo ci sia stato tutto il resto: uno di quelli che le leggi razziali le conosceva bene, Giorgio Almirante, è uno dei padri fondatori del Movimento Sociale, partito da cui proviene Meloni e la cui fiamma è ancora nel simbolo (e che Meloni stessa considera come riferimento) .

C'è tutta una parte della nostra storia che questa destra, che fa fatica a riconoscersi nel 25 aprile, nell'antifascismo come valore fondante, tende a dimenticare: 

"È come se tra la fine della Repubblica di Salò e oggi ci fosse il nulla, e non: le congiure e i tentativi di colpo di Stato, Portella della Ginestra, assassinio di Mattei, Gladio, Piano di rinascita democratica della P2, assassinio di Moro, stragi di mafia, ecc. Quanto all’antifascismo, Meloni l’ha evocato solo per ricordare gli “anni più bui della criminalizzazione e della violenza politica, quando nel nome dell’antifascismo militante, ragazzi innocenti venivano uccisi a colpi di chiave inglese”. Già, questo fu l’antifascismo, non ci avevamo pensato: ammazzamenti con chiavi inglesi."

Passo dopo passo si sta svuotando questa democrazia dei suoi contenuti: il ruolo del Parlamento, il mischiare impresa privata e gestione della cosa pubblica (con le porte girevoli e i troppi conflitti di interesse), gli attacchi alla scuola pubblica e i tagli alla sanità, riducendoli questi diritti universali in una cosa di facciata.

A cosa servono servizi pubblici per tutti, quando c'è il libero mercato a cui bisogna lasciar mano libera?

E ora tocca all'antifascismo. A chi serve ormai l'antifascismo? A chi serve ricordare Piazza Fontana?  

Tutta roba da comunisti e da sinistra rancorosa. Tutta roba da dimenticare. 

29 ottobre 2022

La Passione per il delitto 2022 Marco Proserpio presenta Mauro Marcialis, Gian Andrea Cerone, Daniele Bresciani

 

Mauro Marcialis, Gian Andrea Cerone, Marco Proserpio e Daniele Bresciani

Con la sua consueta forza, il giornalista Marco Proserpio ha chiuso la rassegna della Passione per il delitto 2022, con la presentazione di tre libri neri. Duri.

  • Mauro Marcialis, Roma calibro zero, Sem
  • Daniele Bresciani, Testimone la notte, Bompiani
  • Gian Andrea Cerone, Le notti senza sonno, Guanda

Mauro Marcialis, Roma calibro zero, Sem

Quella di Mauro Marcialis è una Roma da romanzo criminale con al centro una squadra di poliziotti, Full Roma, che agisce nel mondo del traffico di droga in modo non corretto, anche se si sono imposti dei limiti etici, coccolati dai vertici per i risultati che raggiungono.

L’indagine parte dalla scoperta di una ragazzina morta per overdose in un cascinale, per arrivare a spacciatori protetti dalla polizia perché portano soffiate sul commercio della droga fino ai responsabili di quella morte che chiedono al protagonista di depistare le indagini.

Il protagonista che è anche voce narrante della storia che ha molti agganci con la realtà.

Roma è al centro del libro con tutte le sue contraddizioni: una fogna ma anche una meraviglia, una città devastata, corrotta, con una sua bellezza che si vede ogni mattina con l’alba che illumina i suoi palazzi.

Gian Andrea Cerone, Le notti senza sonno, Guanda

La storia si svolge nell’ultima settimana di febbraio del 2020, quando tutti sapevano tutto della pandemia, dai politici ai medici, e comincia con un ritrovamento macabro vicino ad una cascina al parco Trenno: una mano mozzata, due bulbi oculari.. i ragazzi dell’Amsa si ritrovano davanti l’orrore.

Il mio desiderio – racconta l’autore - era scrivere un romanzo ampio, ho scelto il giallo dunque e ho confinato la storia in sette giorni di inizio pandemia in cui iniziavano a vedersi le code nei supermercati mentre si avvicinava la primavera. Una Milano bella ma anche triste: in questa sospensione temporale faccio lavorare i miei personaggi, poliziotti della UACV, l’unità dei crimini violenti: i due personaggi sono Mandelli, un commissario meditativo, un Maigret del tempo attuale. E l’alter ego l’ispettore Casalegno, che Mandelli ha messo sotto la sua ala protettiva.

Volevo raccontare il male in tutte le sue forme, quello del serial killer,quello che esiste in tutte le famiglie, i sotterfugi, le cattiverie. E poi il male dell’industria, quello della criminalità. Un male che è pericolosamente vicino a noi.

Milano è tanto bella quando la vedi da lontano, poi scendi e vedi certa gente ..”

Daniele Bresciani, Testimone la notte, Bompiani

Ad inizio presentazione, l’autore ha spiegato (rassicurando i suoi lettori) che seicento pagine per una indagine sono tante: Bompiani però e gli editor non hanno tagliato niente e i lettori non l’hanno considerato un romanzo lungo.
Si parte dal parco delle Cave a Milano, dove l’ispettore Miranda vuole trovare chi mette le tagliole alle volpi, ma si imbatte nella mano di una ragazza. La storia parte 40 anni prima, una gita scolastica di una classe di un istituto privato, uno scherzo pesante che invece finisce in tragedia. Quell’episodio ha una ripercussione nella storia di oggi.


La Passione per il delitto 2022 Marina Visentin presenta Jadel Andreetto e Guglielmo Pispisa, Davide Longo

Jadel Andreetto, Guglielmo Pispisa, Marina Visentin e Davide Longo

La scrittrice Marina Visentin presenta i libri degli scrittori

  • Jadel Andreetto e Guglielmo Pispisa, La parola amore uccide, Rizzoli
  • Davide Longo, La vita paga il sabato, Einaudi

Jadel Andreetto e Guglielmo Pispisa

I due autori si sono conosciuti anni prima col primo esperimento di scrittura collaborativa chiamato Kai zen: si partiva da incipit condivisi via mailing list o da un bestiario, un elenco di protagonisti di una storia.

L’idea di scrivere un giallo ha sempre stuzzicato i due autori: scrivere un libro con un protagonista che si ricordasse anche a fine libro, più che la storia raccontata. Dopo tanti altri esperimenti sono arrivati a questa coppia, l’investigatore e l’aiutante che sono due veri poliziotti, non due investigatori riluttanti, con tanti elementi di contrasto.
Gaetano Barcellona poliziotto messinese trasferito a Bolzano e il cowboy di Bolzano Karl Rottensteiner: il primo disponibile a scoprire il mondo che si segna su un taccuino le parole tedesche, a fianco il granitico sudtitolese con le sue fragilità.

Che città è Bolzano? È una città che dietro la sua faccia di ordine e pulizia nasconde un’anima criminale: ci sono stati attentati fino agli anni novanta, ci sono stati ben quattro serial killer.

Davide Longo

Lo scrittore ha iniziato come sceneggiatore per passare poi alla scrittura su carta: una scelta voluta da parte di Davide Longo, secondo cui la scrittura è l’unico modo di produrre quell’oggetto particolare che è il libro, uno degli ultimi prodotti artigianali rimasti, di cui uno scrittore è in grado di controllare tutta la sua vita, dall’inizio alla fine.

Vincenzo Arcadipane è un commissario torinese che conduce le sue indagini con l’aiuto di un collaboratore che più diverso di lui non potrebbe essere, l’ex commissario Bramard.

Quest’ultimo è il classico eroe bello e maledetto, colto e silenzioso, elegante. Arcadipane è un uomo che arranca nel suo mestiere: tutti e due sono dei freak, hanno delle grosse difficiltà a stare nella carreggiata dell’esistenza, tutti in parte zoppicano e si sono creati delle “stampelle” creando una compagnia e stando assieme.

Sono poliziotti non per un senso dello Stato, ma perché hanno un talento, quasi una ossessione compulsiva: mettere assieme le cose, risolvere gli enigmi, tutto il resto passa in secondo piano, anche le questioni affettive. Ossessività che ha a che fare col talento.

In questo romanzo c’è un delitto di una persona legata alla politica, la sua compagna (una vecchia diva del cinema) è scomparsa: il romanzo si muove tra Torino, la valle nel cuneese dove avviene il delitto e Roma, su tre piani temporali distinti.

Il sito della Passione per il delitto, i canali social Twitter, Facebook e Instagram.

28 ottobre 2022

La marcia su Roma e la storia che si ripete in farsa

Si dice che la storia si ripete sempre due volte, la prima volta in tragedia e la seconda in farsa.

Vale anche per noi italiani, che cento anni dopo la marcia su Roma rivediamo una forza politica dichiaratamente non antifascista (e con più di qualche nostalgia col fascismo che è stato e che è) a capo di un governo.

Tranquilli: nessun fez, nessuna camicia nera, nessun manganello. O forse no, i manganelli sono pronti per sanare il dissenso in piazza contro i professionisti della violenza, come ci ha avvisati il solerte ministro dell'interno.

Ma c'è una cosa che si ripete, pari pari allora come adesso: la capacità da parte di questa destra, estrema, nel sapersi presentare come patriottica, come forza popolare, che difenderà gli interessi degli italiani che, ora, con una presidente del Consiglio donna, potranno di nuovo rialzare la testa.

Per capire il bluff non abbiamo nemmeno dovuto aspettare troppo: il regalino agli evasori, ai no vax, ai furbetti che non hanno rispettato le regole.

Mano libera alla grande e piccola impresa che non ha bisogno di lacci e lacciuoli per lavorare: chi vuole fare profitto, in qualunque modo, è ben accetto a questa destra.

Allora come adesso.

Altro che un cambio di rotta, altro che destra sociale.

Dove sta la difesa degli ultimi?

Ai voglia a dire che questi comunque rimarranno imbrigliati dalle regole europee, dalla burocrazia. Faranno in tempo a smantellare la scuola pubblica, la sanità pubblica.
... massì, proviamoli per qualche mese


27 ottobre 2022

Il commissario Maugeri e la compagnia della morte, di Fulvio Capezzuoli

 


SABATO

L’uomo scendeva il sentiero, in quel punto molto scosceso, aiutandosi con un bastone.

Poteva avere trent’anni, era piccolo, robusto e si muoveva con passo da montanaro.

Il terreno era asciutto, compatto, perché non pioveva da più di due giorni, e quindi non c'era il rischio di scivolare. Portava scarponcini da montagna, una giacca di tipo militare sopra una camicia di lana a scacchi, calzoni con gli sbuffi e grosse calze di lana grezza.

Milano – 1949
In un settembre ancora piacevolmente caldo, il commissario Maugeri si trova coinvolto in due casi che, almeno all'apparenza, non sembrano troppo complessi.

Il primo riguarda una banda di criminali che improvvisano, nella periferia milanese, bische clandestine dove estrarre numeri del Lotto: nonostante i tanti appostamenti, l'ispettore Valenti, suo braccio destro, non è ancora riuscito a mettergli le mani addosso. In uno di questi appostamenti, sotto un cavalcavia del quartiere Corvetto, mentre i poliziotti circondano avventori e criminali, qualcuno spara un colpo che colpisce uno degli agenti della squadra di Maugeri.

Possibile che queste persone, che sì violano la legge, ma non sono degli assassini, si siano messi a sparare addosso a degli agenti, rischiando anni di carcere se non l'ergastolo?

C'è poi un altro caso, che sarà al centro dell'indagine per tutto il racconto: un importante industriale milanese, Silvano Bergonzi, è scomparso improvvisamente una domenica pomeriggio, dopo che si era allontanato dall'azienda.

Quest'azienda meccanica era nata alla fine della seconda guerra mondiale ed era stata tirata su direttamente dallo scomparso che aveva usato suoi capitali come investimento iniziale.

Assieme ai suoi collaboratori, Maugeri riesce a ricostruire i suoi ultimi movimenti: il passaggio in una delle banche dove avevano i conti, il prelievo di una ingente quantità di denaro finito dentro una borsa, la macchina che viene trovata abbandonata in una traversa vicino alla Stazione Centrale.

Tutto farebbe pensare ad una fuga improvvisa del Bergonzi: ma perché? Qualcuno lo aveva minacciato?
A denunciare la scomparsa è proprio la signora Bergonzi che si presenta al suo ufficio: nonostante sia un caso non proprio di sua competenza, Maugeri decide di dare una mano al responsabile dell’ufficio persone scomparse

.. ho una strana sensazione, come se dietro a questa sparizione ci fosse qualcos’altro. – Sorrise. – E poi, in un periodo di fiacca, ci possiamo permettere di dare una mano a Bentivoglio.

Maugeri ha ragione a fidarsi della sua sensazione (anche se il suo istinto di poliziotto non lo aiuterà sempre nel corso di questa indagine): prima di scappare, l'industriale aveva fatto delle telefonate, una a Bergamo, una Napoli ad un numero disattivato e infine una a Legnano ad una compagnia di assicurazioni. Chi stava cercando di contattare?
L’auto aziendale che aveva usato quella domenica è stata vista dai carabinieri di Zogno salire verso la Val Brembana.

Cosa c’è? – chiese il commissario. – Ieri mattina a Valtorta hanno trovato un uomo assassinato. Maugeri aveva avuto un sobbalzo. – Un omicidio?
Non sarà l’unico morto di questa misteriosa sparizione e di questo mistero la cui spiegazione risale, come in altre indagini del commissario Maugeri, agli anni della seconda guerra mondiale. Bergonzi aveva fatto il militare come tanti, come Maugeri stesso, sin dal 1941: era stato aggregato alla seconda armata, di stanza in Jugoslavia. I documenti dal Distretto Militare non dicono molto, ma fanno capire come dopo l’8 settembre Bergonzi avesse fatto la scelta di aderire alla repubblica di Salò, combattendo a fianco degli Ustascia Croati di Ante Pavelic contro i partigiani di Tito che lottavano per la liberazione del loro paese.
C’è un filo nero che lega assieme Bergonzi con altri militari del suo plotone: uno dei superstiti, ricoverato in
una “struttura sanitaria protetta” a Mombello in Brianza, racconta di una “compagnia della morte”, formata mettendo assieme soldati italiani, che veniva impiagata in azioni contro i partigiani e che si era resa responsabile di crimini di guerra tali da aver impressionato persino i tedeschi.

Maugeri si trova dentro una storia più grande di lui: c’è qualcuno che sta cercando oggi, a cinque anni dalla fine della guerra, di portare avanti una sua vendetta contro quei crimini, contro quei militari in divisa che hanno torturato, ucciso, rubato, e non hanno pagato per le loro colpe.

Ma chi era questo Bergonzi? E di cosa si era resa responsabile questa famigerata “compagnia della morte”?
Maugeri, e i suoi collaboratori si trovano quasi ad essere spettatori di una partita che si gioca sopra le loro teste, come se la legge e i principi che dovrebbero governare il suo operato fossero inefficaci a dare giustizia contro dei crimini avvenuti in tempo di guerra.

Crimini che le democrazie occidentali, per il subentrare della guerra fredda, avevano fretta di dimenticare.

Se i personaggi de La compagnia della morte sono inventati, la Storia che emerge mano a mano che l’indagine va avanti è reale. I soldati italiani della Seconda Armata in Jugoslavia, al comando del generale Roatta si resero responsabili di crimini di guerra contro la popolazione civile, come anche della spoliazione dei beni anche delle famiglie ebree.
Nessuno dei nostri soldati fu consegnato alla giustizia della Jugoslavia, alla fine della seconda guerra mondiale: la cortina di ferro aveva già separato in due l’Europa e messo i due paesi, il nostro e la federazione Jugoslava, da due parti diverse dei blocchi in cui era diviso il mondo.

Se volete approfondire il tema, l'autore stesso consiglia la lettura di questo libro "
La via dei conventi: Ante Pavelić e il terrorismo ustascia dal Fascismo alla Guerra Fredda", di Pino Adriano e Giorgio Cingolani (Mursia)

I libri di Fulvio Capezzuoli sul sito dell’editore Todaro
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


25 ottobre 2022

Presadiretta – la guerra informatica

I banditi digitali rubano alle aziende private quasi 20 miliardi di dollari: rubano i dati e chiedono un riscatto per restituirli alle aziende. Ci sono poi gli attacchi tra gli stati per guerre non convenzionali che Presadiretta ha raccontato in questo servizio.

Come gli attacchi informatici compiuti dagli hacker russi contro l'Ucraina, ben prima del 24 febbraio: “preparatevi al peggio” diceva il messaggio apparso sui pc infetti.

Gli attacchi informatici sono veri e propri attacchi di guerra: si preparano per anni e attaccano le grandi aziende pubbliche e private.

A Campodarsego, in provincia di Padova, al quartiere generale della Carraro un’azienda italiana leader nella progettazione delle macchine agricole, un gruppo sano con 90 anni di storia alle spalle. Ma che ha rischiato di veder interrompere la sua produzione nel giro di una notte, quando tutte le stampanti, nella sede e in tutte le filiali hanno stampato a ripetizione il messaggio con la richiesta del riscatto, per consentire all’azienda di tornare in possesso dei propri dati.

Nel messaggio stampato era scritto “il vostro network è stato attaccato, i vostri dati criptati.” Non solo i computer non potevano lavorare più, anche le linee di produzione erano bloccate: ordini, magazzino, linee di produzione, tutto fermo, l’universo Carraro, il suo fatturato, i suoi 3500 dipendenti erano rimasti vittima di un Ransomware.
Per liberarli la banda di criminali ha chiesto un riscatto: l'azienda aveva pensato addirittura di chiudere, ma alla fine l'azienda ha recuperato i dati da un server esterno.

Altri attacchi hanno colpito Erg, Siae, .. nessuno ammette di aver pagato il riscatto, ma il 70% dei casi portano ad una negoziazione, ci sono esperti che fanno questo lavoro tra le aziende e i cybercriminali.
Per questi criminali si tratta di affari: Stefano Lamonato esporto di criminalità web stima in 20 miliardi all'anno l'economia del ransomware ogni anno.
Presadiretta ha raccontato dell'attacco alla Colonial Pipeline in America, che ha bloccato le pompe: gli attacchi ransomware sono entrati così nell'agenda della nazione più forte al mondo.

Il presidente della Colonial Pipeline ha pagato un riscatto da 4,4 ml di dollari in bitcoin: l'America essendo sede delle aziende più ricche al mondo sono predilette dagli attaccanti. Attacchi che invece risparmiano le aziende russofone.

Nell'ultimo incontro con Putin, Biden aveva chiesto al presidente russo di fermare gli attacchi che rischiavano di mettere in crisi l'economia, ma l'accordo non ha avuto successo.
In Ucraina la polizia informatica è riuscita ad arrestare degli hacker, che lavoravano in un quartiere di russo protetto da una polizia privata, in residenze di lusso.

Sono hacker che provengono da famiglie povere, la loro vita è dedicata ai ransomware, passano notte a controllare il loro sw.
Nonostante la protezione, nel 2021 la polizia informatica ucraina ha arrestato membri di una gang che aveva preso riscatti per milioni di dollari. Ma dove finiscono i soldi, in criptovalute?

Bisognerebbe interrompere la catena che consente ai criminali incassare soldi in criptovalute: come la Suex, una società che incassava proventi da attacchi ransomware e con sede a Mosca, nel quartiere degli affari.

Secondo il giornalista Freelance Mehotra la Russia accoglie i criminali dal mondo, consente la conversione delle criptovalute in denaro, senza farsi troppi problemi sulle generalità.
Come mai la Russia non si muove per arrestare i banditi digitali?

A gennaio mentre centomila soldati russi si ammassavano al confine ucraino e il mondo intero tratteneva il respiro in attesa di un attacco da terra, un’altra missione stava preparando il terreno per le truppe. Sugli schermi dei computer in Ucraina all’improvviso era comparsa la scritta minacciosa: “cittadini ucraini i vostri dati sono pubblici ora, abbiate paura e preparatevi al peggio, per il vostro passato, il vostro presente e il vostro futuro.” Il messaggio compariva su alcuni siti governativi tra cui il ministero degli Esteri, dell’Istruzione, dell’Agricoltura e il Consiglio di Sicurezza e Difesa.

In tutto 70 siti sono finiti offline per alcuni giorni. I giornalisti di Presadiretta sono andati a Kiev al palazzo dove risiede il Cert la principale struttura di difesa ucraina dagli attacchi informatici. In questi uffici si registrano tutti gli attacchi informatici, vengono analizzati e si studiano le tattiche di difesa. Nell’ultimo periodo – racconta un funzionario – abbiamo avuto 550 attacchi gravi, fino al 14 gennaio, apice degli attacchi “uno dei più grandi attacchi informatici degli ultimi anni, ha compromesso molti siti, ha cancellato diversi sistemi e attaccato postazioni governative. Sappiamo che l’attacco viene dalla Russia e dai suoi alleati.”

Dal Cert aggiungono anche che “quello che è successo il 14 gennaio scorso è solo la parte visibile dell’attacco che è iniziato molto prima e la distruzione è parte di una strategia più ampia. Tutte le tattiche usate qui sono state usate anche negli Stati Uniti e anche in Europa. Tutto quello che succede qui oggi, presto potrebbe succedere altrove. L’obiettivo della Russia è destabilizzare la democrazia, la guerra informatica non si fermerà in Ucraina.”

Il 24 febbraio, un’ora prima dell’inizio di questa guerra, un attacco informatico ha messo fuori uso l’azienda Viasat, il fornitore di servizi internet dell’esercito ucraino, di quello americano e di molte aziende europee. È stato l’attacco più potente scattato in questa guerra ed è arrivato a colpite migliaia di apparati (modem, router) in tutta Europa. In Germania 6000 pale eoliche sono state disconnesse dalla rete; in Italia decine di clienti del marchio Big Blue sono rimasti senza internet, ed era solo l’inizio. Da febbraio centinaia di attacchi informatici hanno colpito l’Ucraina e tutta l’Europa: la guerra digitale è già qui.

Ci sono attacchi militari nascosti dietro attacchi di cybercriminali: l'unico modo per proteggersi è tenere aggiornati i nostri sistemi informatici, ogni giorno.
Perché il rischio è che gli hacker possano spegnere tutto il sistema informatico del sistema sanitario, come successo in Irlanda.

Il 13 maggio 2021 era festa in Irlanda, perché il paese stava per mettersi alle spalle la pandemia: ma dopo mezzanotte l'80% dei computer del sistema sanitario si paralizza. Tutti i documenti informatici dei pazienti era sparito, i medici non avevano più i fascicoli sanitari, dovevano decidere quali farmaci somministrare al momento.
Molti pazienti hanno avuto i loro trattamenti sospesi, anche malati di cancro, anche bambini che aspettavano il turno per una loro operazione.

L'attacco è stato fatto dal gruppo di Conti che aveva chiesto 20ml di dollari di riscatto, un reato disgustoso: lo capisce ascoltando la storia di Rose una bambina irlandese nascita con la diagnosi di spina bifida e idrocefalo: ha sempre bisogno di una sedia a rotelle e in posizione eretta perché è a rischio scoliosi. Dopo mesi di attesa Rose avrebbe dovuto subire un intervento delicato nei giorni dell’attacco informatico ma il suo appuntamento è stato cancellato con una mail dove si scriveva “l’attacco ransomware ha avuto un impatto sui servizi e ha aumentato i ritardi nell’erogazione dei trattamenti”.

Oggi, racconta la madre, non abbiamo ancora una data per l’intervento, che è uno di quelli molto invasivi, dovranno rimuovere l’osso da entrambi i femori, rivestire i tendini dei fianchi, delle ginocchia e delle caviglie, dovranno inserire delle placche.

Lo stato di salute di Rose è peggiorato dopo la mancata operazione e dunque ora avrà bisogno di un intervento molto più grande di quello che era previsto all’inizio – racconta la madre che, aggiunge “ora Rose è di nuovo in lista d’attesa e non possiamo fare altro che vederla peggiorare di giorno in giorno e nessuno potrà riparare il danno che le è stato fatto.”

Il presidente dell’associazione dei pazienti irlandesi racconta a Presadiretta che sono stati tanti i casi di operazioni saltate all’ultimo minuto, pazienti con il cancro, problemi cardiaci, bambini che avevano bisogno di una operazione o anche appuntamenti per capire se ci fossero bisogno di ulteriori cure: “un irlandese su tre è in lista di attesa, c’è un aspetto umano in tutta questa vicenda. L’attacco informatico è arrivato e noi non eravamo pronti, ma l’impatto sui pazienti e sulle loro vite è stato enorme.”

Il ministero della salute irlandese ha scoperto che i cybercriminali erano entrati nei sistemi mesi prima. Mesi prima un attacco ransomware aveva attaccato il sistema informatico nella sanità inglese, stesso attacco era avvenuto nella sanità americana: in totale si stima in duemila le morti per effetto di questi attacchi.

In Italia sono stati attaccati i sistemi in diverse ASL: l'80% delle strutture informatiche sono a rischio di un attacco ransomware, e questo rappresenta una opportunità per gli attaccanti.

Nel Lazio il sistema sanitario ha subito un attacco l'agosto del 2021: era stato richiesto un riscatto di 5 ml di euro, per sbloccare i sistemi necessari per la vaccinazione sanitaria.
L'attacco ha rallentato la vaccinazione e bloccato degli esami: dopo un anno le tre indagini non hanno ancora portato ai responsabili, si presuppone che ci sia stato un furto di identità ai danni di un impiegato.
Si sarebbe usato un sistema di phising, dove nella mail erano presenti nomi di colleghi della vittima: un attacco targettizzato, perché i criminali avevano preso di mira l'ASL del Lazio.

L'Agid aveva emanato una direttiva sulla sicurezza, che la regione Lazio non aveva rispettato del tutto. Non era stato fatto un backup offline, un backup scollegato dalla rete e dunque lontano dagli attaccanti. Queste norme erano obbligatorie, ma non erano previste sanzioni.

LazioCrea, la società informatica della regione gestisce i dati della regione: i criminali hanno attaccato i backup, hanno bloccato i sistemi di accesso ai dati, ma non hanno toccato i dati – racconta il direttore della struttura.

Mancava il sistema di autorizzazione a doppio livello, per gli utenti amministrativi, ammette il responsabile, che parla di un costo di 2 ml per il ripristino dei sistemi.

A Brescia, il 31 marzo 2021, i pc del comune si sono bloccati: sono tornati alla carta per poter lavorare, con un rallentamento dei lavori.

Gli attaccanti hanno chiesto 32ml di euro di riscatto, ma alla fine i tecnici hanno ripristinato i dati usando delle cassette di backup in cassaforte. Ma il comune è rimasto fermo per una settimana: alla fine il comune ha speso 1 ml di euro per mettere tutto a nuovo, a livello di postazioni.

Si tratta di una pandemia informatica – raccontano al comune di Brescia – e anche a questa non siamo pronti.

AGID ha analizzato lo stato di salute delle società pubbliche: ci sono amministrazioni che hanno vulnerabilità del 1999, sono venti anni che non aggiornano i sistemi, dunque.
Ma come fanno i comuni piccoli? Al comune di Gonzaga ad esempio devono prendere soldi dai fondi per i servizi sociali per proteggersi dagli attacchi hacker.
Anche a Gonzaga si sono trovati sotto ricatto e gli hacker hanno reso pubblici i loro dati.

L'attacco alla Siae ha reso pubblici i dati di diversi artisti: dati personali e carte di credito.

Dario Baldoni è il presidente dell'agenzia per la sicurezza informatica: dopo l'attacco alla Russia gli attacchi sono aumentati, dobbiamo imparare a difenderci.

La guerra informatica è in corso: l'Albania ha rotto i rapporti con l'Iran accusandolo di aver condotto un attacco informatico.
L'Iran è un paese in rivolta dal 16 settembre, dopo l'uccisione della donna che non aveva indossato il velo in modo corretto, l'Iran che uccide i manifestanti in strada.
L'Iran è una potenza cybernetica mondiale, che usa queste armi informatiche contro i nemici esterni e contro anche gli oppositori interni.

Il 7 settembre 2022 il premier Edi Rama in televisione racconta di un attacco informatico creato dall'Iran, chiedendo l'allontanamento dei diplomatici iraniani.

Il 15 luglio un attacco cybernetico aveva messo fuori uso la maggior parte dei servizi informatici del paese per 4 giorni: gli attaccanti non sono riusciti a distruggere i database, perché i backup erano stati fatti bene.

L'attacco proveniva dall'Iran, racconta il responsabile dell'intelligence di Mandiam: un attacco che parte direttamente dall'intelligence del paese, per tramite di aziende private che fanno il lavoro sporco per i servizi iraniani.

Come mai questo attacco?

L'Iran aveva messo nel suo mirino un gruppo di opposizione che aveva la sua sede vicino Tirana: dopo questo attacco i dati di cittadini albanese sono stati resi pubblici, compresi i dati di poliziotti.
Questa guerra informatica serve alla Russia e all'Iran per destabilizzare paesi europei, in modo che poi siano costretti a fare accordi favorevoli a loro.

L'Albania è un paese Nato: significa che l'Iran è riuscita a mettere in piedi un attacco contro un paese Nato, un avvertimento ad altri paesi dell'alleanza.

L'Iran ha investito sulla guerra informatica perché dopo l'embargo hanno dovuto abbandonare le forme tradizionali di guerra: hanno sviluppato un know how tale da competere con altri paesi europei o occidentali.
L'Iran nel 2009 era stato vittima di un attacco dagli Stati Uniti in cui si distrussero le strutture in cui questo paese arricchiva l'uranio per costruire una bomba.

Le centrifughe furono mandate al massimo della velocità, fino a distruggerle: con un virus si distrussero delle strutture, come un vero e proprio attacco militare.
L'Iran decise di rispondere a questo attacco, andando ad investire denaro e manodopera nelle infrastrutture informatiche, sono stati creati dei gruppi di hacker, che attaccano chiunque critichi la politica del governo.

L'Iran controlla i dati mobili della popolazione, in modo che le persone non possano mobilitarsi e comunicare, sono stati bloccati anche le chat nei videogiochi.

Comunicare dall'estero verso l'Iran è difficile, col blocco di internet: le persone che protestano o che vivono nelle zone di protesta sono tracciate, controllate, minacciate.

Le guerre informatiche sono state prese in seria considerazione dalla Nato: sono state inserite nell'articolo 5 dell'accordo tra i paesi membri, tra le clausole che fanno scattare una risposta dalla Nato.

Presadiretta ha raccontato quello che è successo in Germania, con la spy story che ha coinvolto il capo dell’Agenzia federale tedesca per la sicurezza informatica accusato di aver avuto contatti con i servizi segreti russi.

Un conduttore satirico il 7 ottobre aveva accusato il presidente dell'agenzia federale sulla sicurezza informatica di avere rapporti opachi con i servizi russi: dopo questo servizio il suo incarico gli è stato revocato.
Nel 2012 aveva fondato una associazione chiamata “consiglio di sicurezza dell'informatica della Germania”, con sede a Berlino: era una associazione privata che consigliava alle aziende le strategie di sicurezza. Ma, come hanno scoperto i giornalisti di ARD, dentro questa associazione c'erano società e persone collegate ai servizi russi.
Si parla della Protelion, società fondata da un ex membro del KGB.

Negli ultimi anni la Germania ha subito diversi attacchi, culminati all'attacco nel 2022 che ha bloccato le turbine delle pale eoliche e con l'attacco ai sistemi della rete ferroviaria.
La Russia è interessata a capire qual è la posizione della Germania, sono in grado di bloccare i servizi informatici del paese, perché ci sono troppe reti da gestire.

La guerra della disinformazione

C'è poi la guerra della disinformazione: quello che sta succedendo in Ucraina è coperto da ua fitta nebbia, chiamata disinformazione, che non fa comprendere cosa stia veramente succedendo sul campo.

A Bucha la televisione russa ha messo in dubbio il massacro di civili ad opera dei soldati russi: era solo una montatura dei media occidentali. Attraverso i canali telegram la televisione russa parla di morti spostati, di finti morti: era infowar, una parte della guerra ibrida portata avanti dai russi e portata avanti dalla propaganda russa per impedire che all'Ucraina arrivino fondi di auto.

C'è Russia Today, Sputnik, che da marzo 2022 sono bloccati in Europa. E poi c'è Telegramm oggi in Russia principale voce della propaganda del Cremlino.
In Russia la libertà di stampa non esiste, basta vedere i risultati delle ricerche fatte su Yandex, il motore di ricerca russo.
C'è poi l'esercito dei troll, finti account pagati per inondare la rete di notizie false: Presadiretta ha raccolto la testimonianza di Eva Savchiuk, che aveva lavorato a San Pietroburgo in una azienda moscovita di notizie false che aveva contribuito a far eleggere Trump.

Una delle notizie false fatte circolare era quella dei laboratori americani sotto l'acciaieria Azovstal: erano biolaboratori inventati dalla propaganda russa.

C'è poi la propaganda ucraina che si appoggia alla retorica dell'eroismo dell'esercito.

Newsguard certifica le notizie che circolano in rete, sfatando notizie false come quella del jet ucraino che avrebbe abbattuto caccia russi nel primo giorno di guerra.
Molta disinformazione viaggia anche sui social, racconta la giornalista Giulia Pozzi: la disinformazione è un business, perché attira persone che poi rimangono collegati ai social, come Tik Tok.

Come si muove la disinformazione? Sui social cerchiamo le informazioni che più ci piacciono, dunque rimaniamo chiusi in una bolla, ci si polarizza e si rafforzano le informazioni che già avevamo. È lo stesso processo visto con la pandemia e con i vaccini.

Il professor Van Der Linden ha raccontato di come funziona la disinformazione: serve avere una mente aperta, non bisogna fermarsi al proprio punto di vista, esercitare un pensiero critico, non rimanere chiusi nella propria tribù.

Smontare le bufale a posteriori non serve, perché oramai ha trovato spazio nel nostro cervello.

La nuova frontiera della propaganda sono però i Deep Fake, i video sintetici falsi, come quello di Zelensky: per riconoscere questi video si usano gli strumenti dell'intelligenza artificiale, per comprendere se un video è manipolato o meno, usando i dati biometrici.

Al progetto sta lavorando l'agenzia del Pentagono Darpa ma anche la nostra università Federico II: ogni svolta che si sviluppa un detector, la tecnologia potrebbe evolvere e costringerci a rincorrere ancora una volta chi ha creato questi deep fake.

Per questo è importante conoscere le fonti delle nostre informazioni, quello che ha fatto Julian Assange che con Wikileaks ha pubblicato documenti classificati, usati poi da giornali nel mondo per raccontare la guerra sporca in Iraq e Afghanistan.

Oppure sui rapporti tra Silvio Berlusconi e Putin: Hillary Clinton chiedeva di indagare su questi rapporti opachi, ben prima della lettera dolce e dello scambio di bottiglie di Lambrusco col presidente russo.

La vicinanza tra Berlusconi e Putin è di vecchia data ed è legata al traffico del gas russo: a Sochi sul mar Nero Putin e Berlusconi pianificano l'ampliamento del gasdotto che tagliava fuori l'Ucraina, il south stream. Berlusconi lodava il progetto e Putin: questo aveva preoccupato i diplomatici americani, come riportano i cablo poi rivelati da Assange.
Gli ambasciatori condividono le loro preoccupazioni con Washington: nel 2010 il segretario di Stato Clinton chiede ai suoi diplomatici di indagare sugli affari di Berlusconi, per capire le sue posizioni e quelle di Eni, le politiche energetiche italiane per capire fossero influenzate dalla Russia. Si temeva che la Russia volesse stringere in una morsa l'Europa col suo gas, come ce ne siamo accorti troppo tardi con la guerra in Ucraina.

I cavalli di Troia di questa dipendenza in Europa sono stati Italia a Germania: con troppo ritardo abbiamo compreso che dovevamo uscire dalla dipendenza di gas e carbone (e petrolio), per passare alle energie rinnovabili.

Anche perché abbiamo degli obblighi, con l'Europa, sulla diminuzione delle emissioni.

Tutti argomenti, compresa la guerra in Ucraina, che Presadiretta continuerà a monitorare. Perché l'anomalia in questo momento è la guerra, non la pace.

24 ottobre 2022

La Passione per il delitto 2022 Franca Villa presenta Luca Crovi, Andrea Fazioli e Paola Sironi

 

Paola Sironi, Franca Villa, Andrea Fazioli e Luca Crovi

La Passione per il delitto 2022 Franca Villa presenta Luca Crovi, Andrea Fazioli e Paola Sironi

  • Luca Crovi, Il mistero della torre del parco e altre storie, Sem (mia recensione qui)
  • Andrea Fazioli, Le strade oscure, Guanda
  • Paola Sironi, I giorni dell’illusione, Todaro

Paola Sironi

Il libro comincia con una visita clandestina in una cripta milanese, in via Francesco Sforza, l’ex ospedale dei poveri degli Sforza: nei chiusini della cripta erano sepolti i morti dell’ospedale. I due visitatori si accorgono di uno scheletro meno antico degli altri, con indosso un orologio e da qui inizia l’indagine sullo scheletro: chi era il morto e chi l’ha lasciato lì?

C’è una protagonista, una ispettrice di polizia, Annalisa Consolati, con una sua vita privata, ma fa parte di una squadra della Questura di Milano, squadra “problem solving” di cui fa parte assieme ad altri due ispettori e un commissario. Uno degli ispettori della squadra ha la passione della velocità e dei profiler americani, quelli che si vedono in TV. Il commissario è invece una persona meticolosa, con un senso morale fortissimo senza essere troppo legato alle procedure.
La storia avviene a Milano nei mesi della pandemia ed è raccontata come una città multietnica, con zone differenti tra di loro, una Milano composita che viene descritta nelle sue varietà, da un lato metropoli (dove si accettano l’omosessualità delle persone, le differenze culturali), da un lato provinciale.

L’ambientazione è nel giugno del 2020, i mesi della “grande illusione” in cui Milano inizia a riprendersi dallo choc iniziale, quando le nostre vite avevano subito una limitazione forte e inaspettata. Tutte le cose che davamo per scontato si erano perse e queste sono cose su cui riflettere.

Quel giugno è stato un periodo di illusione in cui si pensava che si sarebbe tornati alla libertà di prima: questa illusione è anche quella del colpevole. Un qualcuno che ha paura di perdere quello che ha.

Andrea Fazioli

Il protagonista del romanzo è un frontaliere che ogni giorno va a lavorare in Svizzera: una sera viene sfiorato di compiere un crimine terribile, uno di quelli per vieni additato per sempre come criminale. Questa persona si spaventa dall’essere sfiorata dall’idea del male, ma un anno dopo legge sul giornale che qualcuno ha compiuto quel crimine, in quella stazione, quella sera.

Chi è stato? Si rivolge allora ad un investigatore privato, Elia Contini.

Elia Contini ha fatto molti lavori e ora si è arrabattato a fare l’investigatore, vive nei boschi del Canton Ticino, ama fotografare gli animali. Lavora però a Lugano dove ha l’ufficio: una doppia anima dunque, di città e di montagna. Dalla montagna, da lontano, si vedono le cose in modo più chiaro a volte.

Il personaggio inventa storie con animali immaginari: nascono dalle prose breve che l’autore aveva scritto negli anni e che ha voluto qui unire alla storia. Sono animali che, inseriti in un certo momento della storia, danno un sapore in più al racconto.
Bellinzona è una città con forti legami con Milano, si parla un dialetto che suona come il milanese: è una città di frontiera coi suoi traffici, anche criminali, con le sue montagne e i suoi paesaggi diversi.

Luca Crovi

Ho preso a prestito da Augusto De Angelis il commissario De Vincenzi: una mattina lascia per caso una cartellina azzurra, nella stanza della portinaia. Questa portinaia si trova davanti alle storie di venti casi capitati al commissario: sono casi collegati anche tra di loro dove ci sono degli ospiti particolari, da Hitchcock, Ho Chi Mihn, Riccardo Bauer, Antonio Gramsci in carcere a San Vittore.

Storie che il commissario racconta, correlandole a delle immagini della Milano di anni 30.

Alla storia originale di De Vincenzi ho regalato una portinaia e i ricordi della mia bisnonna – racconta Luca Crovi: il commissario è un investigatore che non usa la pistola perché parla direttamente coi ladri della Ligera milanese, come El Pinza, un personaggio leggendario veramente esistito.
De Vincenzi è stato militare nella prima guerra mondiale: i suoi ricordi sono quelli del nonno di Luca Crovi. Ha un senso della giustizia diverso da quello dell’epoca fascista, passava le notti leggendo Platone, un uomo che ascolta tanto e parla poco.
I suoi amici sono un bersagliere e un materassaio: questi personaggi mi hanno permesso di dargli un’anima particolare, come emerge in parte dagli sceneggiati Rai.

Nei libri di De Angelis non poteva raccontare tutta l’anima di De Vincenzi per la censura fascista: lui stesso morì per le percosse ricevute da una squadraccia.
Nelle sue indagini incontra il commissario Camilleri, il nonno dello scrittore Andrea Camilleri, testimone della strage alla fiera.

Il personaggio della portinaia, la sciura Matilde, si basa sui ricordi della bisnonna di Luca Crovi: sono ricordi della cultura contadina di quella Milano.

Una signora che ha avuto una storia sfortunata, sopravvissuta alla morte, che vedeva la città con altri occhi: di lavoro faceva la portinaia, come il personaggio del libro.

Come era quella Milano tra gli anni 1922 e 1932? Erano gli anni delle bombe messe dai fascisti e fatte attribuire ad anarchici e comunisti perché era una città dove si trovavano anche gli antifascisti.

Milano è una città con una sua storia, che aiuta anche a comprendere la Milano di oggi.

Il racconto al centro del romanzo è uscito a puntate su il giornale nei giorni della pandemia, come romanzo “d’evasione” dai morti e dal lockdown.

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La Passione per il delitto 2022 Mauro Cereda presenta Fulvio Ervas, Riccardo Gazzaniga e Paolo Maggioni

Riccardo Gazzaniga

Riccardo Gazzaniga, Mauro Cereda, Paolo Maggioni e Fulvio Ervas


La Passione per il delitto 2022 Mauro Cereda presenta Fulvio Ervas, Riccardo Gazzaniga e Paolo Maggioni

  • Fulvio Ervas, La giustizia non è una pallottola, Marcos y Marcos
  • Riccardo Gazzaniga, In forma di essere umano, Rizzoli (mia recensione qui)
  • Paolo Maggioni, La calda estate del commissario Casablanca, Sem (mia recensione qui)

Riccardo Gazzaniga

Non è un giallo il libro di Gazzaniga: racconta un’operazione di polizia e la caccia ad un criminale. Quel criminale era Adolf Eichmann e il libro racconta della caccia all’uomo del Mossad condotta da un ex militare, Zvi Aharoni, mandato in Argentina dai servizi israeliani.

La storia è raccontata con la viva voce dei due protagonisti: la vicenda della cattura di Eichmann mi aveva appassionato – racconta l’autore - il burocrate dei treni, l’esecutore scrupoloso del piano di sterminio. Non era un esecutore neutro, era un antisemita vero.
Ma la sua vita, la sua fuga in Argentina è un romanzo che sarebbe stato interessante raccontare, usando i due punti di vista: quello di Eichamnn e quello di un altro tedesco, scappato dalla Germania prima della soluzione finale e diventato poi agente israeliano.
Il racconto con le due voci da ritmo alla scrittura, ci sono poi degli intermezzi in cui dall’alto si racconta di alcuni aspetti specifici della vicenda.
Entrare nella testa di Eichmann è stato difficile, ma ho voluto bilanciare il suo essere negativo col personaggio positivo: Zvi è un ex militare che dopo anni nell’esercito, è poi passato nello Shin Bet: viene mandato in Argentina a riconoscere Eichmann in Ricardo Klement. Trova un uomo anziano con una moglie e dei figli, un uomo all’apparenza normale che, di fronte agli ordini ricevuti, non ebbemai un dubbio, un ripensamento. Un “sacco vuoto”, riempito con le bugie della propaganda del Reich.

Dall’altra parte invece Zvi si fa molte domande: stiamo facendo la cosa giusta? Un’operazione illegale in un altro paese, per prendere una persona e farla giudicare in Israele.

Si sapeva che Eichmann sarebbe stato ucciso alla fine del processo, ma il commando in Argentina è disarmato. Il sudamerica accolse diversi criminali di guerra nazisti: oltre ad Eichmann, Josef Mengele, Erich Priebke. Tutti passarono da Genova, con l’aiuto della curia genovese.

Paolo Maggioni

Quello di Paolo Maggioni è un romanzo ambientato nell’estate rovente del 2016, quella dell’emergenza migranti che arrivano dall’Africa ma si trovano lo sbarramento delle frontiere. A Como questi ragazzi in cerca di una speranza, o di una loro rivoluzione (come per uno degli sfortunati protagonisti del racconto), venivano fermati dalla polizia svizzera.

Il commissario Casablanca, appena promosso ai passaporti (promozione per rimozione), deve indagare sulla morte di un ragazzo morto mentre cercava di attraversare la frontiera.

C’è la Milano, anche sulla copertina del libro, ma non è solo quella del Duomo o dei grattacieli: c’è anche la periferia, la fatica di una città che deve correre per sopravvivere.
Casablanca è un commissario talentuoso, rimosso dalla Mobile e tumulato ai passaporti col privilegio del ventilatore: fuori la porta una coda di persone che aspettano il rinnovo del passaporto, a costo di prostrarsi e fare qualunque cosa.

I suoi assistenti un agente di origini cinesi, un agente di stazza cal terzo infarto infine un agente chiamato “minimo sindacale”, sempre attento a fare il minor lavoro possibile.
Un fotoreporter amico di Casablanca, Stukas, è autore di uno scatto che ritrae il ragazzo morto.

Infine un altro ragazzo, Kevin, che un giorno sparisce dal suo quartiere, il Grattosoglio.

Nel libro si parla di una Milano che sfugge ai canoni della narrazione che sentiamo: una città dove una stessa via parte dal centro e arriva quasi alla periferia, con dentro civici diversi, nazionalità diverse, storie diverse.

Nonostante i cattivi rapporti coi superiori (come il Questore, uno che ama apparire in televisione), Casablanca fa una sua indagine su questo ragazzo morto.

Fulvio Ervas

Nona puntata col suo personaggio seriale, l’ispettore Stucky della Questura di Treviso: è un episodio di cronaca che da il titolo al libro, l’uccisione di un ladro da parte di una persona che poi scaricò il corpo in un fosso. Perché, come diceva un partito di governo, la difesa è sempre legittima. Nei romanzi cerco di raccontare il mio territorio, io uso il meccanismo del giallo: il protagonista è un ispettore di Treviso, una città grande con madre iraniana e padre veneziana, un “foresto”. In questo territorio ci sono imprenditori che restituiscono al territorio e poi gli squali, che mangiano e basta senza dare nulla.
Per gestire il territorio, fatto di cave e di colline coltivate a prosecco, serve un buon cuore.

La polizia a Treviso si vede poco, sono anche pochi gli episodi di violenza: l’ispettore ha un suo conflitto col capo, un burocrate rispettoso dei formalismi. Treviso è una città coi gruppi relazioni ben definiti, dove non è facile entrare: Stucky invece fa l’ispettore di quartiere, cosa difficile in una città chiusa. Deve disturbare, suonare campanelli, un modo diverso di essere poliziotto in questa città.

Noi scrittori narriamo il tessuto sociale dentro cui si sviluppano i crimini delle nostre città, delle nostre provincie. Perché questa è la nostra struttura come paese.

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La Passione per il delitto 2022 Katia Trinca Colonel presenta Alessandro Perissinotto e Piero d’Ettorre

Alessandro Perissinotto, Piero d'Ettorre e Katia Trinca


 

La Passione per il delitto 2022 Katia Trinca Colonel presenta Alessandro Perissinotto e Piero d’Ettorre, Cena di classe, Mondadori

I due autori hanno realizzato per il pubblico della Passione per il delitto una performance introduttiva alla storia: “per chi presenta un poliziesco è difficile mantenere l’equilibro tra il raccontare un poliziesco mantenendo il mistero. Abbiamo pensato di portarvi dentro le atmosfere di delitto di classe svelando quel tanto che basta, dandovi la prima caramella del pacchetto..”

Nella performance teatrale si introduce il protagonista Giacomo Meroni avvocato, ex capitano dei carabinieri, sposato con una donna più giovane di 11 anni. Viene chiamato a difendere una persona dall’accusa di violenza sessuale durante una cena tra compagni di classe avvenuta 11 anni prima.

“Non sono stato io ad uccidere Antonella Bettini, non c’ero nemmeno a quella festa..”

Meroni è carabiniere come il padre, ucciso da dei rapinatori in fuga.

Bin Laden è invece il nome che ha dato alla persona che ha investito la moglie, lasciandola in carrozzina, il giorno 11 settembre 2001. Quel “bastardo” non è mai stato catturato, “ma io prima io poi lo trovo”.

La moglie, diversamente da lui, se ne è fatta una ragione: è sempre allegra, campionessa di sci paraolimpico, ma il fantasma di Bin Laden ogni tanto irrompe nella sua vita, rovinandogli le cose belle: “un giorno lo prenderò.”

Il romanzo racconta le indagini dell’avvocato, coi suoi collaboratori, fino al processo, le udienze. Fino alla camera di consiglio dove il giudice si rinchiude per arrivare ad una sentenza: Il tempo della camera di consiglio scorre a due velocità, ma alla fine la campanella suona e in poche frasi tutto si conclude, “in nome del popolo italiano..”

Se volete sapere come va a finire l’inchiesta, il nome del colpevole occorre leggere il libro che racconta anche di come funziona il mondo del processo penale.

I due autori, Piero d’Ettorre avvocato con patrocinio in Cassazione e Alessandro Perissinotto, scrittore e insegnante (anche dentro il carcere), sono anche amici: giocavano a calcio ma poi, col covid, hanno iniziato a giocare a Bennington.

Abbiamo lavorato sfruttando la nostra amicizia e anche l’ispirazione alla coppia Fruttero e Lucentini: questi ultimi facevano lo stesso mestiere, mentre i due autori fanno lavori diversi, uno è un insegnante l’altro un avvocato.
Ma amiamo i polizieschi – raccontano: quelli italiani però arrivano fino ad un certo punto, la verità dell’investigatore non è quella che trova compimento nelle aule dei tribunali.
A noi sembrava che mancasse molto questo ultimo aspetto: la giustizia è qualcosa di ignoto alla maggior parte delle persone, per fortuna.

Di fronte agli errori giudiziari ci siamo chiesti, ma perché succede questo?

Rispettando i canoni del giallo, abbiamo voluto raccontare questo: le regole del processo, le regole che disciplinano i rapporti col pm, col giudice, coi praticanti dello studio.

Abbiamo creato un personaggio che ha la schiena dritta, rispetta le regole deontologiche, il giuramento di fedeltà col proprio assistito ma anche di lealtà nei confronti dello Stato.

A Meroni arriva un cold case: un crimine avvenuto 11 anni prima del presente.
In questo caso il tempo passato fa mancare la prova del dna: nel mondo reale non sempre la presenza del dna porta ad una condanna..
Nel legal thiller vogliamo raccontare del crimine ma anche del perché, volevamo raccontare anche del carcere, dell’ingresso del carcere, la chiave che chiude la porta alle spalle, più volte.
La prova del dna è importante ma vogliamo dimostrare che la realtà è più complessa: a Torino c’è una squadra di pm che lavora sui cold case, usando il dna riesumato da vecchi casi.
Ma si usa anche la biometria, con le immagini delle telecamere. Si usa la geolocalizzazione dei cellulari. I “vecchi” avvocati devono stare dietro a tutto, anche alle nuove prove scientifiche e Giacomo Meroni si avvale del lavoro di una collaboratrice.

E l’aspetto umano dell’indagine? Le deduzioni alla Maigret? “Who is Maigret?” Direbbero gli investigatori moderni abituati solo alla prova scientifica.

Gli avvocati hanno il rapporto umano con l’assistito, solo con quello si riesce ad avere gli indizi sulla verità, quella che conosce solo l’assassino o il morto (e non sempre i morti parlano).

Ma la verità che interessa è quella processuale, quello che conta è la sentenza: alla fine delle due storie, quella dell’accusa e quella della difesa, solo una convincerà il giudice. La verità non sempre la conosciamo noi avvocati, non sempre ci viene comunicata, ammette Massimo D'Attorre.

Maigret da un respiro psicologico anche ai peggiori criminali: nelle storie raccontate da Piero si comprendeva la profondità dell’animo umano, per gli omicidi “banali”, della normalità, della vita quotidiana.
Noi vogliamo dare nel nostro romanzo la cifra della normalità: la normalità dove avviene la maggior parte dei delitti, la normalità dell’avvocato Meroni. Ma non è facile né vivere la normalità e nemmeno raccontarla.

Il pm dell’indagine è un magistrato di quelli con la verità in tasca: è un personaggio inventato ma che si ispira a quella parte della magistratura che spesso manifesta una supponenza nel trattare i casi e i sospettati, gli indagati. I presunti colpevoli.

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La passione per il delitto 2022 - Nicoletta Sipos presenta Mercedes Bresso Valeria Corciolani Filippo Venturi

Filippo Venturi e Nicoletta Sipos

Mercedes Bresso, Valeria Corciolani, Nicoletta Sipos e Filippo Venturi

Paola Pioppi

Primi incontri della rassegna di letteratura noir La Passione per il delitto, 2022 a Monticello Brianza all'interno di Villa Greppi, organizzata dalla giornalista Paola Pioppi.

 La passione per il delitto 2022 Presentazione ore 11:30 - Con Nicoletta Sipos

  • Mercedes Bresso, Mistero a bordo, Laurana
  • Valeria Corciolani, Di rosso e di luce, Rizzoli
  • Filippo Venturi, È l’umido che ammazza, Mondadori (mia recensione qui)

Mercedes Bresso

Mistero a bordo è un giallo scritto attraverso due crociere in giro per il mondo – spiega l’autrice: ne ho fatta una nel 2017 e una seconda nel 2020, prima che scoppiasse il covid. Siamo arrivato in Australia quando le nazioni hanno iniziato a chiudere i porti, abbiamo allora iniziato il viaggio di ritorno in condizioni complicate, con solo scali tecnici.

Il giallo che avevo iniziato con la crociera del 2017 partiva da una idea particolare: un professore di geografia che viaggia da solo attorno al mondo come i grandi navigatori del passato, come Darwin.

Il professore viene coinvolto in un giallo e si ritrova dentro una situazione drammatica quando a bordo viene uccisa una signora di mezza età e deve dare una mano alle indagini.

Il cadavere viene mandato in Italia, il capitano deve gestire la situazione ma non può fermare la nave per non complicare la navigazione e creare problemi agli altri passeggeri: così incarica la vice di indagare la quale chiede al professore di dare una mano.

Altri delitti avverranno sulla nave, nel classico modello del delitto dentro una stanza chiusa.

Nulla è come appare nel libro: l’assassino spia le vittime prima di colpire, il lettore è messo in attesa del prossimo delitto, c’è la storia dell’indagine da parte del professore e poi c’è il punto di vista dell’assassino, col suo programma criminale. Questo crea una situazione di pathos, perché ci si immedesima con le vittime.
Ho voluto raccontare il covid, un periodo straordinario della nostra vita, perché fa parte della nostra storia, come le altre pandemie del passato (come quelle portate dagli europei in America latina).

La crociera giro mondo è l’unico modo per misurare il mondo: ho voluto dare questa sensazione al lettore, la crociera come strumento per misurare la terra.

Consiglio di lettura da parte di Mercedes Bresso: i libri della signora in giallo

Valeria Corciolani

Ritorna una restauratrice di opere d’arte, Edna Silvera, che vorrebbe star tranquilla nella villetta sulle alture dell’Appennino ligure. Ma deve andare a Genova nella villa di un collezionista che vuole mostrare nel corso di un vernissage una riproduzione di H. Bosh. Nella serata scompare il pezzo principale della collezione e questo da il là alla vicenda: il rosso è il fil rouge che legherà le pagine, ma è anche il rosso del sangue.

Edna Silvera è un personaggio particolare: convive con sette galline, che hanno nome come le dive del cinema. C’è un delitto, c’è una indagine, ma c’è ironia.

Nel libro si parla di arte, delle donne con la maschera, costrette ad indossare una maschera “sin dal primo vagito”.

Rispetto ad altri gialli, in questo di Valeria Corciolani solo nell’ultima pagina del libro c’è un delitto, molto efferato: nella storia ci sono morti che fanno capolino, ma l’indagine parte da un furto che costringe la protagonista a girare il paese e a frugare dentro le persone, nel momento in cui la quotidianità si infrange e “si va dall’altra parte”, fuor di metafora.

Perché scrivere usando il genere del giallo? Il giallo è il genere che consente di far giocare il lettore, che partecipa all’indagine, con un suo percorso. Due sono gli autori che mi hanno aiutato in queste scritture racconta l’autrice: Simenon, non solo per i gialli di Maigret, poi Fruttero e Lucentini, che sapevano dare colore alle loro storie.

Consigli di lettura: I romanzi di Alan Bennet

Filippo Venturi

Terzo caso di Emilio Zucchini, ristoratore bolognese e paladino della cucina tradizionale: si ritrova dentro una storia che lo tocca da vicino per la sparizione di Alice una sua amica e cameriera, nel mezzo tra le due ondate del covid. Questa assenza manda Emilio fuori dalla sua quotidianità, si deve mettere alla ricerca di Alice ritrovandosi dentro una storia brutta, un party con tanto di droga a cui avrebbe partecipato la sua amica.

Ho pensato che da ristoratore non potevo non parlare di covid, spiega Filippo Venturi: la nostra categoria ha attraversato la pandemia non in modo facile. La difficoltà in questo libro è mantenere la cifra stilistica, rimanere divertente ma raccontando due tematiche tragiche, il covid e la violenza sulle donne.

Su quest’ultimo tema, il mio messaggio da papà di una ragazza quindicenne che si affaccia in un mondo più insidioso, è che volevo andare a fondo a questa storia senza appesantire troppo il racconto. Non ho inserito scene di violenza, togliendo i pesi a questa barca che stava partendo.

Come mai questo titolo al romanzo? Era luglio ed era caldo a Bologna, durante una presentazione mi è stato chiesto il titolo del prossimo (ovvero di questo) romanzo e ho risposto con la prima cosa che mi è venuta in mente “è l’umido che ammazza”.

Alla fine mi sono reso conto che questo titolo andava bene, tiene dentro la parte culinaria, il tempo di novembre e poi l’umido del nostro cuore in quei momenti di difficoltà per il covid.

Nei miei libri prendo spunto dalle persone che vengono nel mio locale, come il dispensatore di consigli, “ma perché non soppalchi ora col covid”: alcuni di questi finiscono nelle mie recensioni al contrario, poi pubblicate su Repubblica.

Il giallo è uno strumento per lanciare il messaggio: una denuncia, una voce in mezzo alle urla.

Consigli di lettura: John Niven A volte ritornano

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Anteprima Presadiretta – La guerra informatica

L’ultima puntata di questa stagione di Presadiretta è dedicata ad una guerra che non si combatte con missili o carri armati: è la guerra informatica, che vede comunque schierati eserciti, invisibili, e non è nemmeno una guerra dichiarata ufficialmente (d’altronde nemmeno quella di Putin ufficialmente lo è). Ma non per questo la cyberwar è qualcosa da prendere sottogamba.

Gli hacker, che siano al soldo di una nazione o meno, rubano identità, rubano informazioni e poi chiedono un riscatto: rapine che si stima valgano almeno 20 miliardi di dollari l’anno e se non si paga sono guai. Perché non solo rubano dati: in Irlanda hanno messo fuori uso il sistema informatico della sanità, in Italia hanno attaccato lo scorso anno la sanità del Lazio. All’improvviso negli ospedali, nelle sale operatorie, nei reparti, si era tornati indietro di 30 anni.
Chi sono i nuovi soldati digitali? Chi c’è dietro? Come difendersi? A queste domande cercherà di dare qualche risposta il servizio di Presadiretta di questa sera.


Anche nella guerra in Ucraina c’è una risvolto nascosto che parla di attacchi informatici iniziati ben prima del 24 febbraio: a gennaio mentre centomila soldati russi si ammassavano al confine ucraino e il mondo intero tratteneva il respiro in attesa di un attacco da terra, un’altra missione stava preparando il terreno per le truppe. Sugli schermi dei computer in Ucraina all’improvviso era comparsa la scritta minacciosa: “cittadini ucraini i vostri dati sono pubblici ora, abbiate paura e preparatevi al peggio, per il vostro passato, il vostro presente e il vostro futuro.” Il messaggio compariva su alcuni siti governativi tra cui il ministero degli Esteri, dell’Istruzione, dell’Agricoltura e il Consiglio di Sicurezza e Difesa. In tutto 70 siti sono finiti offline per alcuni giorni. I giornalisti di Presadiretta sono andati a Kiev al palazzo dove risiede il Cert la principale struttura di difesa ucraina dagli attacchi informatici. In questi uffici si registrano tutti gli attacchi informatici, vengono analizzati e si studiano le tattiche di difesa. Nell’ultimo periodo – racconta un funzionario – abbiamo avuto 550 attacchi gravi, fino al 14 gennaio “uno dei più grandi attacchi informatici degli ultimi anni, ha compromesso molti siti, ha cancellato diversi sistemi e attaccato postazioni governative. Sappiamo che l’attacco viene dalla Russia e dai suoi alleati.”
Dal Cert aggiungono anche che “quello che è successo il 14 gennaio scorso è solo la parte visibile dell’attacco che è iniziato molto prima e la distruzione è parte di una strategia più ampia. Tutte le tattiche usate qui sono state usate anche negli Stati Uniti e anche in Europa. Tutto quello che succede qui oggi, presto potrebbe succedere altrove. L’obiettivo della Russia è destabilizzare la democrazia, la guerra informatica non si fermerà in Ucraina.”
Il 24 febbraio, un’ora prima dell’inizio di questa guerra, un attacco informatico ha messo fuori uso l’azienda Viasat, il fornitore di servizi internet dell’esercito ucraino, di quello americano e di molte aziende europee. È stato l’attacco più potente scattato in questa guerra ed è arrivato a colpite migliaia di apparati (modem, router) in tutta Europa. In Germania 6000 pale eoliche sono state disconnesse dalla rete; in Italia decine di clienti del marchio Big Blue sono rimasti senza internet, ed era solo l’inizio. Da febbraio centinaia di attacchi informatici hanno colpito l’Ucraina e tutta l’Europa: la guerra digitale è già qui.

Anche qui in Italia sono stati registrati diversi attacchi informatici attraverso strumenti come ransomware, programmi che possono infettare un sistema, bloccarne l’accesso ai dati fino a che non si paga un riscatto a questi criminali.
A Campodarsego, in provincia di Padova, al quartiere generale della Carraro un’azienda italiana leader nella progettazione delle macchine agricole, un gruppo sano con 90 anni di storia alle spalle. Ma che ha rischiato di veder interrompere la sua produzione nel giro di una notte, quando tutte le stampanti, nella sede e in tutte le filiali hanno stampato a ripetizione il messaggio con la richiesta del riscatto, per consentire all’azienda di tornare in possesso dei propri dati.

Nel messaggio era scritto “il vostro network è stato attaccato, i vostri dati criptati.” Non solo i computer non potevano lavorare più, anche le linee di produzione erano bloccate: ordini, magazzino, tutto fermo, l’universo Carraro, il suo fatturato, i suoi 3500 dipendenti erano rimasti vittima di un Ransomware.



Ma quali sono gli effetti sulle nostre vite di questi attacchi? Lo racconta Presadiretta con l’intervista a Jessie Mortensen la mamma di Rose, una bambina irlandese nascita con la diagnosi di spina bifida e idrocefalo: ha sempre bisogno di una sedia a rotelle e in posizione eretta perché è a rischio scoliosi. Dopo mesi di attesa Rose avrebbe dovuto subire un intervento delicato nei giorni dell’attacco informatico (avvenuto nel maggio 2021) ma il suo appuntamento è stato cancellato con una mail dove si scriveva “l’attacco ransomware ha avuto un impatto sui servizi e ha aumentato i ritardi nell’erogazione dei trattamenti”. Oggi, racconta la madre, non abbiamo ancora una data per l’intervento, che è uno di quelli molto invasivi, dovranno rimuovere l’osso da entrambi i femori, rivestire i tendini dei fianchi, delle ginocchia e delle caviglie, dovranno inserire delle placche.

Lo stato di salute di Rose è peggiorato dopo la mancata operazione e dunque ora avrà bisogno di un intervento molto più grande di quello che era previsto all’inizio – racconta la madre che, aggiunge “ora Rose è di nuovo in lista d’attesa e non possiamo fare altro che vederla peggiorare di giorno in giorno e nessuno potrà riparare il danno che le è stato fatto. ”
Il presidente dell’associazione dei pazienti irlandesi racconta a Presadiretta che sono stati tanti i casi di operazioni saltate all’ultimo minuto, pazienti con il cancro, problemi cardiaci, bambini che avevano bisogno di una operazione o anche appuntamenti per capire se ci fossero bisogno di ulteriori cure: “un irlandese su tre è in lista di attesa, c’è un aspetto umano in tutta questa vicenda. L’attacco informatico è arrivato e noi non eravamo pronti, ma l’impatto sui pazienti e sulle loro vite è stato enorme.”

La scheda del servizio:

Ci sono i banditi digitali, i criminali informatici che “bucano” la rete di sicurezza delle aziende private e delle amministrazioni pubbliche per rubare i dati sensibili e chiedere un riscatto. I cosiddetti ransomware. Si stima valgano 20 miliardi di dollari all’anno.
E se non paghi sono guai. Con un’inchiesta sulla ‘guerra informatica’ si chiude il ciclo autunnale di "Presa Diretta" in onda lunedì 24 ottobre alle 21.25 su Rai 3. I giornalisti di Presa Diretta sono andati in Irlanda a vedere come i ‘banditi digitali’ sono riusciti a mettere fuori uso il Servizio Sanitario Nazionale, mentre in Italia è stata attaccata la Sanità della Regione Lazio. Chi sono i nuovi banditi digitali, chi c’è dietro? E poi le guerre ibride tra paesi ostili, che organizzano e sferrano veri e propri cyberattacchi contro i loro rivali, per indebolirli, destabilizzarli.
Presadiretta è andata in Albania per raccontare l’incredibile attacco informatico subito a luglio scorso, quando il 90% dei servizi pubblici del paese è stato paralizzato per diversi giorni. E dove, dopo un’indagine internazionale, il governo albanese del primo ministro Edi Rama ha deciso di rompere le relazioni diplomatiche con l’Iran, invitando il personale diplomatico a lasciare il paese. Ma cosa c’entra l’Albania con l’Iran?
E poi in Germania, per provare a capire la spy story che ha coinvolto il capo dell’Agenzia federale tedesca per la sicurezza informatica accusato di aver avuto contatti con i servizi segreti russi. Cosa è accaduto veramente?
Infine la dilagante presenza della infowar, la guerra della propaganda, che da mesi manipola, modifica, inventa, per influenzare l’opinione pubblica, un viaggio di PresaDiretta attraverso la macchina della propaganda anche sulla guerra in Ucraina con la potenza di Telegram e Tik Tok e le fabbriche di troll russi; i social network che alimentano la polarizzazione delle opinioni; i meccanismi che agiscono sulla nostra psiche e rendono qualcuno più suscettibile di altri alla disinformazione; i deepfake, video creati dall’intelligenza artificiale in cui sembra che le persone dicano o facciano cose che non hanno mai detto o fatto. Come distinguere la propaganda dalla verità? E come difenderci da tutto questo?
'La guerra informatica'  è un racconto di Riccardo Iacona con Daniela Cipolloni, Marianna De Marzi, Raffaele Marco Della Monica, Giuseppe Laganà, Luigi Mastropaolo, Roberta Pallotta, Eleonora Tundo, Irene Sicurella, Andrea Vignali, Eugenio Catalani, Marcello Brecciaroli, Fabio Colazzo, Massimiliano Torchia.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.