05 ottobre 2022

La mala erba di Antonio Manzini


Sporco, affamato e braccato correva, rovi e spine lo graffiavano sangue e gli frustavano il volto accecandolo. Lame di luna sminuzzate dalle foglie spruzzava il bosco di macchie d’argento. Cadde per tre volte con la faccia nel fango, e per tre volte si rialzò per continuare a correre, col vestito lacero e ricoperto di terra, il viso nero e incrostato di fango e sangue. Sentiva solo il suo respiro e i rami secchi schiacciati dalle scarpe. in bocca un sapore di terra e ferro e nel cranio un martello che ad ogni colpo diventava una voce che sembrava dirgli: «Dove vai? Dove vai?». Aveva solo un posto dove nascondersi, doveva salire verso la cima della montagna, sempre più in alto, più lontano possibile. Stremato abbracciò un tronco di quercia e chiuse gli occhi premendosi le tempie per far smettere quell’urlo, quel dolore. 
Che cosa ho fatto! si disse. 
Degli ultimi giorni aveva solo un’immagine sfocata. Da quando lei se n’era andata e tutti l’avevano scoperto, sulla memoria era calato un inchiostro nero. Sapeva solo che adesso era lì, in mezzo al bosco, di notte, in seguito come un lupo da gente una volta amica e che ora voleva la sua pelle.
Colle San Martino, un paesino nella provincia di Rieti, uno dei tanti paesini sull'Appennino circondati da montagne e boschi a cui si arriva salendo una serie di tornanti che sbucano poi davanti alle poche case. Un bar-spaccio, una chiesa che non può suonare le campane per non disturbare il sonno mattutino del "don Rodrigo" locale, don Cicci Bellè, e che per questo motivo è in perenne lite col prete, don Graziano.
Qui la vita delle persone scorre sempre uguale, difficile avere delle aspirazioni in questo paesino, anche se hai diciassette anni e l'illusione di avere una vita lunghissima davanti.

.. una chiesa, un bar-spaccio-tabacchi e un barbiere. Tutto lì. Una gabbia dalla quale prima o poi Samantha sarebbe scappata.
E' quello che impara fin da subito Samantha De Angelis, studentessa al liceo classico con un padre disoccupato che non riesce a trovare un lavoro (e che si sta anche lasciando andare) e una madre casalinga senza aspirazioni.
In camera, il manifesto della donna lupo, “una donna che che non si arrende davanti a nulla e sa difendersi e tirare fuori i denti”.
Tutto il contrario di lei che in questo momento, oltre alla sua amica del cuore, Nadia, non ha nessuno a cui confidare quel pesante fardello che si porta sulle spalle, un ritardo nel ciclo e la consapevolezza di aspettare un bambino dal suo ragazzo, “il nullafacente e ignorante di Roberto Sarcinelli”.
In questo paese dove tutta la gente è pronta a giudicare alle spalle gli altri, con chi confidarsi? Non i genitori, che si preoccuperebbero solo di quello che dice la gente, il prete nemmeno a parlarne, capace solo di mangiare a sbafo sfruttando il suo potere nell'intimidire le persone parlando di peccati e di opere buone.
Oltre Nadia, Samantha ha solo zia Ida con cui parlare: anche lei una vita vissuta a Colle San Martino senza poter sperare di vivere una vita diversa.
Ma questa, una vita passata senza grosse ambizioni, è la situazione di tutti o quasi gli abitanti di San Martino, stretti nel mezzo tra i due potenti del paese: il prete, don Graziano e dall'altra parte don Cicci Bellè, il proprietario della casa più bella e grande del paese, anzi, di quasi tutte le case di Colle San Martino, tanto ricco da prestare soldi a chi ne ha bisogno ma non per spirito di carità.
Come una serpe nascosta in mezzo alle pietre, don Cicci aspetta le sue prede, le persone che gli devono i soldi, esercitando su di loro il potere più infame, quello contro le persone in difficoltà. Come Enzo e Marinella, i genitori di Samantha.
Samantha tornò all’auto e infilò la testa nel finestrino aperto. L’uomo non sorrideva più. «Devi dire a papà che oggi è meglio se si fa vedere».
Ma anche loro hanno un tallone d'Achille, che sarà causa della guerra che, anche per una serie di circostanze fortuite, si sta per scatenare nel paese, in quella coda di inverno che non ne vuole sapere di cedere il passo alla primavera.
Don Ciccì un figlio ritardato, Mario, un ragazzino cresciuto in un corpo adulto e con le voglie di un adulto. E don Graziano con quel nipote viziato che si è portato dietro da Catania il nipote che spesso viene affidato ad una misteriosa ragazza russa, Ljuba.

Sembra di essere tornati al Medioevo, con un salto dietro nei secoli, con lo scontro tra potere temporale e potere religioso: niente stato, nessun segno delle istituzioni in questo paese, quelle che dovrebbero aiutare le persone a far rispettare i propri diritti o a dare qualche aiuto.

Anche i trecento abitanti di Colle San Martino, come le bestie nelle stalle, stavano rintanati nelle case.

Uomini come bestie, uomini che passano più volentieri il tempo con le bestie che non con le persone. Preti che usano il potere della tonaca per compiere i loro piccoli soprusi e per nascondere i loro peccati, mentre dal pulpito tuonano contro i peccati degli altri. E signorotti che raccolgono le confidenze dei paesani per i loro giochi di ricatti. Come sopravvivere dunque? Come poter scappare da questa gabbia? Con la vendetta, con la guerra.

… se uno ha fame non ha paura più di niente. Affronta tutti i pericoli. Ecco. Secondo me tu devi diventare un po’ come i lupi

Col risultato di trasformare tutte le persone in bestie, togliendo loro quel poco di umano che avevano dentro.
Samantha si trasformerà nella donna lupa, bella e feroce, bella ma capace di difendersi con le zanne, assumendo, nei modi, gli stessi atteggiamenti del signorotto del paese.
Ma sarà una vendetta che non porterà né la pace né la giustizia nel paese, che si mobiliterà solo per dare la caccia a quell'uomo di cui abbiamo letto nell'incipit, quell'uomo che ha fatto una cosa di cui non pensava di essere capace.
Perché, in questo giallo senza omicidi, tutti i protagonisti della storia sono sia vittime che assassini, colpevoli di aver dimenticato di vivere, di aver perso quei tratti umani che ci rendono diverse dalle bestie, la solidarietà, la compassione, il perdono.
Sono diventati tutti “La mala erba”, quella che va estirpata nei campi per preservare il raccolto.

Homo, homini lupus. Questo l'ammonimento che ci lascia Antonio Manzini con questo romanzo la cui genesi risale ad una idea del 2009 poi quasi completamente riscritto.
Tutti noi possiamo diventare la “mala erba”

... siete una mala erba, lo sapeva? Una mala erba. Ma rimarrete da solo, che la mala erba a forza di ammazzare tutto quello che ha intorno, poi muore!
Nessun finale consolatorio, anzi, un finale che ha lascia la sgradevole sensazione di un deja vu, nessun personaggio positivo in cui identificarsi fino in fondo, nemmeno il prete di paese, con la sua religione tramutata in una recita da imparare a memoria.
La mala erba è, come recita la terza di copertina, il romanzo "dell'immensa  isolata provincia italiana in cui tutti viviamo".


La scheda del libro sul sito di Sellerio

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