31 gennaio 2023

Report – i conti degli chef, i ghetti e i soldi del PNRR

IL CONTO DELLO CHEF di Luca Bertazzoni

Report ha fatto i conti in tasca agli chef stellati e ai ristoranti con le stelle: come quello in riva al Lago di Como di proprietà di un imprenditore con la passione per la vela, Giovanni Maspero.
Il suo ristorante è costato più di 4 ml di euro: ma alla fine la sua attività è finita nelle mani della Guardia di Finanze, le spese per la società col ristorante erano drenati per sue spese.

Negli anni ha accumulato debiti con lo Stato per 107 ml di euro e in dieci anni ha rateizzato il debito, accumulando decreti di condanna.
Nel suo ristorante oggi lavora uno chef che cerca di tener viva la stella Michelin: ogni chef ha un imprenditore alle spalle, racconta ed entrambi puntavano alla seconda stella.

Luca Vissani l’ha vinta la sua seconda stella: ma nel suo ristorante tira aria di magra, nel suo ristorante si lavoro solo metà giornate, solo 16 giorni, lavora solo un forno.
LE spese non sono coperte dai guadagni dei ristoranti stellati, spiega oggi Vissani, che nel 2020 ha perso la seconda stella.
Ma ci si guadagna o no con la cucina stellata? Si parla di poche migliaia di euro l’anno, colpa della tassazione raccontano padre e figlio Vissani.

Una volta fatturavano più di un milione e oggi solo 750 mila euro: dimezza il suo fatturato ma l’utile è sempre quello spiega il consulente Bellavia a Report.
Vissani è stato condannato a sei mesi di reclusione per le tasse non pagate, pena poi convertita con una sanzione pecuniaria: “non sono un santo, devo trovare anche io un modo di sopravvivere .. chiamiamola sopravvivenza”.

Ma con le tasse si paga anche la sopravvivenza di altri, con ospedali e scuole.
I ristoranti stellati sono strutture sostenibili dal punto di vista commerciale?
Pare di no, vedendo il caso Vissani: gli chef esaltano le caratteristiche della nostra cucina,
vanno sovvenzionati quando serve, ma dobbiamo controllare come lavorano, per evitare soprusi e casi di tasse non pagate.
Oggi le chef non bastano, racconta Antonello Colonna: una volta generavano reddito, oggi ci sono i social, dunque bisogna differenziarsi, trovare quel qualcosa di diverso per attirare clienti.

Nel suo ristorante ad esempio sembra di stare in una spa, con bagni turchi e piscine.
Ma tutto questo costa, sin nei dettagli, non solo i cuochi e il personale: ma in ogni caso anche lui racconta che fa fatica a coprire i costi.

Valerio Visintin è un critico culinario intervistato da Report: nasconde il suo volto per poter assaggiare in incognito le creazioni dei migliori ristoranti d’Italia, quelli stellati. Mangia in questi ristoranti i piatti elaborati, non semplici pastasciutte “molte di queste creazioni sono immaginifiche” racconta il critico “cose che non c’entrano niente con la cucina ma che giustificano l’allure di artista che si portano dietro gli chef più quotati.”

Ma non tutti i grandi cuochi stellati fanno così, ce ne sono altri come Giorgio Barchiesi che cucinano piatti molto meno elaborati, per quanto riguarda l’occhio ma non il palato. “Io do da mangiare nel senso che comunque preparo delle cose che non sono così complicate: come vedete cosa stiamo facendo [rivolto alla telecamera di Report], stiamo mettendo aromi e ciccia dentro una pentola.. Uno si deve divertire, se abbiamo l’ansia da prestazione anche in cucina diventa una tragedia, ma che stiamo a fare? La rivoluzione francese? Stiamo a cucinà..”.

Eppure alla presentazione della guida Michelin nel 2023 non sembrava che si stesse solo a cucinare: la Michelin non comunica come vengono assegnate le stelle, coi suoi 90 ispettori per tutta l’Europa. Ma alla fine, racconta Visentin, Michelin si concentra solo sui soliti stellati, è come se fosse l’oscar della cucina.

Dietro le stelle c’è in realtà un mercato di nicchia, gli stellati rappresentano infatti lo 0,2% dei ristoranti italiani e hanno un fatturato che non raggiunge lo 0,4% del totale.
Ogni stella fa aumentare il prezzo del pasto, ma anche i costi per i ristoratori, per avere un ambiente di lusso, per avere dei cuochi all’altezza.

Barchiesi si prende la libertà di comprare carne e verdura di stagione, prendendola dagli allevatori.
Ma in altri ristoranti sono legati ad una offerta non sostenibile:
“Sono quasi tutti ristoranti che sono insostenibili dal punto di vista economico ” racconta il critico “consumano come una Ferrari ma vanno come una 500.”

Gli chef stellati non ci guadagnano nel ristorante: l’essere uno chef stellato genera notorietà, genera immagine che si riverbera in modo positivo per lo chef stellato: come per Alessandro Borghese, che condurrà in televisione un programma suo, un game show, dove inserirà qualche elemento di cucina.
Canavacciuolo è uno degli chef televisivi, che ha vinto il massimo premio da Michelin: guadagna sia dai ristoranti, sia dalle apparizioni televisive, anzi più da quest’ultima, più di 1 ml di euro l’anno.
Bottura ha un giro d’affari da 11 ml di euro, con 2,7ml di utile.
Bastanich ha un volume d’affari da 500mila euro con utili da 3600 euro.
Cracco ha un giro da 700mila euro con un utile da 250mila euro ma le sue società hanno debiti cumulati.
Da 284 ml nel 2019, il fatturato dei ristoranti stellati è passato a 327ml di euro, in crescendo: ma come ha raccontato report, si guadagna di più facendo le apparizioni in televisione e i programmi.
O magari inventandosi un gesto particolare per costargere il sale sulla cane, come successo al macellaio turco, che oggi ha aperto diversi ristoranti nel mondo, da Abu Dhabi a Miami.
Posti dove una bistecca si paga anche 1600 euro.

Ci sono cuochi artigiani e cuochi come Gordon Ramsey, il cuoco cattivo, terrore nelle cucine. O anche Joe Bastianich, suo allievo: istrioni, feroci con gli altri cuochi, capaci di trasformare le cucine come luogo di stress.
Cracco è invece un cuoco che si è pentito, oggi si occupa a tempo pieno dei suo
i ristoranti e ha diminuito le apparizioni televisive: paga 1,2 ml di euro d’affitto in Galleria a Milano, dove il suo ristorante è in perdita. Eppure nel suo bistrot i prezzi sono molto alti, 8 euro una bottiglia d’acqua, un menù da degustazione da 200 euro.
Le società di Cracco hanno debito per 16 ml di euro, “ma dicono che la pizza è buona”, racconta Bellavia.
La TV t
i da un valore aggiunto, come anche i social, ma questo valore non appartiene a te – ammonisce “Giorgione” di fronte a Bertazzoni.

Alessandro Borghese è uno chef che mesi fa ha dichiarato di non trovare personale perché i giovani non amano fare sacrifici.
Ma oggi quanto conviene ai giovani lavorare dentro un ristorante?

A Frignano (CE) a Villa Andrea si tengono tanti eventi, compleanni, feste: dentro lavorano da 15 a 30 persone, ma a bilancio ci sono solo 5 dipendenti, il resto sono lavoratori a chiamata.
Ma c’è anche l’altro lato della storia: sono i dipendenti della ristorazione che protestano assieme ai sindacati di base, come successo l’agosto scorso a Forte dei Marmi. Sono ragazzi che lavorano per più di dieci ore, per pochi euro l’ora, meno del costo delle pizze di Briatore.

Camerieri a chiamata, cuochi a chiamata: il mondo della ristorazione è fatto da giovani che hanno iniziato un ciclo di studi per diventare chef.

Ragazzi che poi dalla scuola finiscono in uno stage, che per l’80% delle volte viene mollato, perché non ce la fanno.

Borghese dice che in pochi vogliono fare gli chef perché tutti pretendono turni regolari: “sono stato male interpretatoracconta a Report, il suo è un mestiere con tanti sacrifici, lavori quando gli altri sono in vacanza.
Il problema e che si pretende senza avere le basi, c’è da faticare, dovrebbero essere i giovani a pagare per lavorare e fare esperienza – secondo Borghese.
I bilanci dei ristoranti di Borghese sono in perdita mentre l’altra sua società che si occupa di apparizioni televisive è invece in attivo: conviene stare in televisione allora?
Il business vero è la TV – spiega il consulente Bellavia a Report: “il business vero è quello, non compra la carne, non paga la luce, non paga l’affitto.”

Nonostante gli iscritti agli istituti professionali, per diventare cuochi, siano in calo, la voglia di lavorare dietro i fornelli c’è ancora: molti dei ragazzi (quelli che non hanno spirito di sacrificio) provano la via dei corsi nelle scuole di cucina. Ci sono corsi base da 5000 euro, racconta a Report una ragazza, mentre il corso superiore circa 13000: sono scuole che danno poi l’opportunità di frequentare degli stage, dove però i ragazzi trovano condizioni allucinanti, fino a 17 ore di lavoro, si inizia alle 8 di mattina per finire a mezzanotte. “La scuola sa di determinate strutture e come funzionano, mi è stato detto benvenuta nel mondo della ristorazione..”

Per gli stagisti valgono le 40 ore settimanali? Non proprio: “la scuola ci ha detto che se anche facciamo 11-12 ore al giorno sempre otto ore dobbiamo scriverci. Mi assentavo un attimo per andare in bagno e sentivo lo chef che urlava il tuo nome, mi metteva angoscia. A scuola ti fanno il brainwashing, ti dicono che questo è normale, quando tu devi iniziare questo percorso per poter fare carriera nella tua vita.”

Ma il problema non è solo la gavetta, anche chi torna dall’estero trova in Italia un sistema con nero, turni fuori contratto, tutto con la scusa che lavori con uno chef stellato.

Che offerte di lavoro trovano gli chef che arrivano a Milano? “Se ti va bene facciamo 15 giorni senza contratto e ti do mille euro” racconta a Report un altro testimone di questo sistema “noi abbiamo uno staff del bangladesh che non vanno mai a casa perché abitano lontano, quindi si riposano qui dentro, sui divani e poi riattaccano loro alle 5.30 – 6.00. Sono macchinette che camminano e lavorano molto bene.”

1000 euro in nero per 15 giorni di prova, questa la prima offerta ricevuta, nel secondo colloquio almeno si parla di un contratto ma il livello e lo stipendio non sono adeguati alla posizione di chef.
Sempre da una conversazione carpita tra un datore di lavoro e uno di questi chef venuti a lavorare da fuori: “Tu mi hai accennato al telefono ad un quinto livello, ma il ruolo di responsabile della cucina è un primo o un secondo livello..”
“Il livello primo e secondo non possiamo permettercelo, è solo una questione di costi, quindi che mi stai chiedendo?”
“2200 tutto dentro è meglio, so che a te costa molto di più, però lì dentro ci sono anche i contributi che poi vanno alla mia pensione.”

E come funzionano i controlli degli ispettori del lavoro?
A Roma Report ha seguito il lavoro di queste persone: controllo dei contratti di chi lavora nelle cucine, evitando le scene di fuga.
E così si imbattono tanti lavoratori in consulenza, il 40% dei lavoratori in nero, che porta poi ad una multa per il ristoratore, con tanto di minaccia, se non assumi il ristorante viene chiuso.
Ma gli ispettori sono pochi, rispetto ai locali in Italia.
Così in Italia gli iscritti agli istituti alberghieri sono in calo, quello nei ristoranti non è più un lavoro che attira, è finito l’effetto masterchef,

Ma noi italiani non siamo nemmeno bravi a tutelare il nostro made in Italy, come ha raccontato il servizio di Emanuele Bellano LA GUERRA DEL DOP.

Tutto questo perché tra Italia e Stati Uniti non esistono accordi per la tutela dei marchi e in questo vuoto normativo, con marchi americani che vendono prodotti dall’italian sounding (asiago, fontina, gorgonzola) che passano per italiani.
Si tratta di una concorrenza sleale, ci sono produttori che fanno il San Marzano secondo le regole del DOP e ci sono produttori che invece le regole non le rispettano, sempre col nome San Marzano.
Tanto basta mettere sul barattolo la scritta certified, con tanto di ente certificatore che fa “una certificazione volontaria”, che nemmeno potrebbe essere apposta sul barattolo, perché fasulla.
Sono produttori italiani che vendono negli Stati Uniti, dove i pomodori “normali” non San Marzano senza bollino hanno quasi lo stesso prezzo del dop.
Ma nel business si sono buttati anche produttori locali creando un far west totale delle denominazione dei nomi: ma vai a spiegare ai consumatori che esiste una differenza tra il san Marzano vero col dop e l’etichetta col marchio che suona come fosse italiano.

Report ha intervista Beatrice Ughi di Gustiamo Inc, una società che importa dall’Italia solo prodotti di alta qualità, certificati da dop e igp: hanno però difficoltà perché sono invasi dall’italian souding o l’italian fake.

Come è possibile? Risponde il presidente dell’istituto italiano del commercio estero a NY: dipende dalle normative che devono essere regolamentate da accordi bilaterali, questi accordi non ci sono stati, sono accordi sulla protezione dei marchi dop. In questo vuoto di normative operano quei produttori che fanno cattiva concorrenza ai nostri prodotti.

Tutto colpa del conflitto tra Boeing e Airbus, se in America troviamo il provolone dal Maryland.

La Belgioioso Cheese è nata da un produttore italiano trasferito negli USA dove produce formaggi italiani che però non possono essere venduti in Europa perché violano le regole del dop.
Tutta colpa dello scontro tra USA ed Europa sulle sovvenzioni per l’Airbus, dentro cui si è inserita la lobby dei produttori di formaggi americani che è stata accolta dai senatori americani e dal presidente Trump.

USCIRE DAI GHETTI di Bernardo Iovene

Le persone che raccolgono i prodotti del nostro made in Italy sono l’argomento del servizio di Iovene, che racconta dei ghetti nel sud.

Ma Iovene racconta anche della storia di Soumahoro, come l’ha raccontata dal Francesco Caruso, sindacalista dell’USB: le loro strade si sono separate, dopo una raccolta di fondi ai tempi del lockdown, soli che in parte sarebbero spariti secondo Caruso.

Il deputato ha creato una sua lega braccianti, non un sindacato: Iovene l’ha incontrato in un ghetto di Foggia dove aiutano i braccianti nei loro rapporti con la burocrazia.

30 gennaio 2023

Anteprima inchieste di Report – gli chef stellati, i ghetti in Italia e il made in Italy

Questa sera Report si occuperà dei grandi chef stellati: sebbene il loro è un mercato di nicchia, gli stellato sono solo lo 0,2% dei ristoratori e hanno un fatturato che non raggiunge solo lo 0,4% del totale. Ristoranti insostenibili dal punto di vista economico, perché il vero business è altro, la notorietà e poi le apparizioni in TV.

Il servizio racconterà anche di come si difende il made in Italy: la sovranità alimentare esiste davvero?

Un altro servizio sarà dedicato ai fondi del PNRR per il superamento dei ghetti ai margini delle grandi città, mentre continuano i morti nelle baracche.

Gli chef stellati

L’uomo mascherato intervistato dal giornalista di Report non è un pentito della mafia o una fonte anonima che non vuole rivelare l’identità per non rischiare ripercussioni nel lavoro: si chiama Valerio Visintin ed è il critico gastronomico del Corriere della Sera, nasconde il suo volto per poter assaggiare in incognito le creazioni dei migliori ristoranti d’Italia, quelli stellati.


Molte di queste creazioni sono immaginifiche” racconta il critico “cose che non c’entrano niente con la cucina ma che giustificano l’allure di artista che si portano dietro gli chef più quotati.”
Ma non tutti i grandi cuochi stellati fanno così: ce ne sono altri che cucinano piatti molto meno elaborati, per quanto riguarda l’occhio. “Io do da mangiare nel senso che comunque preparo delle cose che non sono così complicate: come vedete cosa stiamo facendo [rivolto alla telecamera di Report], stiamo mettendo aromi e ciccia dentro una pentola.. Uno si deve divertire, se abbiamo l’ansia da prestazione anche in cucina diventa una tragedia, ma che stiamo a fare? La rivoluzione francese? Stiamo a cucinà..”.
Dietro le stelle c’è in realtà un mercato di nicchia, gli stellati rappresentano infatti lo 0,2% dei ristoranti italiani e hanno un fatturato che non raggiunge lo 0,4% del totale.

Sono quasi tutti ristoranti che sono insostenibili dal punto di vista economico ” racconta il critico “consumano come una Ferrari ma vanno come una 500.”
Ma l’essere uno chef stellato genera però notorietà, genera immagine che si riverbera in modo positivo per lo chef stellato: come per Alessandro Borghese, che condurrà in televisione un programma suo, un game show, dove inserirà qualche elemento di cucina.
Il business vero è la TV – spiega il consulente Bellavia a Report: “il business vero è quello, non compra la carne, non paga la luce, non paga l’affitto.”
Perché tenere in piedi un ristorante stellato ha un costo molto alto: Vissani ad esempio tiene aperto il suo soltanto 16 giorni al mese, perché non si può tenere aperto per altri giorni per sole due persone, specie quando si arriva a pagare quasi 3000 euro di frutta e verdura
.
Il servizio di Bertazzoni racconterà anche di come si lavora nei ristoranti stellati, come quello di Briatore dove la pizza stellata non ha superato il test di Bernardo Iovene in un passato servizio, pizze che valgono come 10 ore di lavoro. O come quello di Alessandro Borghese, autore di una dichiarazione che causò diverse polemiche: i giovani oggi mancano di spirito di sacrificio, per questo motivo oggi fa fatica a trovare personale (tutti questi ragazzi che si permettono di chiedere salari e diritti..).
Nonostante gli iscritti agli istituti professionali, per diventare cuochi, siano in calo, la voglia di lavorare dietro i fornelli c’è ancora: molti dei ragazzi (quelli che non hanno spirito di sacrificio) provano la via dei corsi nelle scuole di cucina. Ci sono corsi base da 5000 euro, racconta a Report una ragazza, mentre il corso superiore circa 13000: sono scuole che danno poi l’opportunità di frequentare degli stage, dove però i ragazzi trovano condizioni allucinanti, fino a 17 ore di lavoro, si inizia alle 8 di mattina per finire a mezzanotte. “La scuola sa di determinate strutture come funzionano, mi è stato detto benvenuta nel mondo della ristorazione..”
Per gli stagisti valgono le 40 ore settimanali? Non proprio: “la scuola ci ha detto che se anche facciamo 11-12 ore al giorno sempre otto ore dobbiamo scriverci. Mi assentavo un attimo per andare in bagno e sentivo lo chef che urlava il tuo nome, mi metteva angoscia. A scuola ti fanno il brainwashing, ti dicono che questo è normale, quando tu devi iniziare questo percorso per poter fare carriera nella tua vita.”

Ci sono poi gli chef che, dopo aver lavorato in giro per il mondo, provano a tornare a lavorare in Italia: che offerte di lavoro trovano? “Se ti va bene facciamo 15 giorni senza contratto e ti do mille euro” racconta a Report un altro testimone di questo sistema “noi abbiamo uno staff del bangladesh che non vanno mai a casa perché abitano lontano, quindi si riposano qui dentro, sui divani e poi riattaccano loro alle 5.30 – 6.00. Sono macchinette che camminano e lavorano molto bene.”

1000 euro in nero per 15 giorni di prova, questa la prima offerta ricevuta, nel secondo colloquio almeno si parla di un contratto ma il livello e lo stipendio non sono adeguati alla posizione di chef.
Sempre da una conversazione carpita tra un datore di lavoro e uno di questi chef venuti a lavorare da fuori: “Tu mi hai accennato al telefono ad un quinto livello, ma il ruolo di responsabile della cucina è un primo o un secondo livello..”
“Il livello primo e secondo non possiamo permettercelo, è solo una questione di costi, quindi che mi stai chiedendo?”
“2200 tutto dentro è meglio, so che a te costa molto di più, però lì dentro ci sono anche i contributi che poi vanno alla mia pensione.”

La scheda del servizio: IL CONTO DELLO CHEF di Luca Bertazzoni
Collaborazione Marzia Amico

Milioni di follower sui social e star della tv: un tempo si chiamavano cuochi, oggi per tutti sono i grandi chef. Un business, quello degli stellati, che muove milioni di euro fra ristoranti, indotto e soprattutto comunicazione. Ma cosa c’è dietro a questo mondo? Secondo il famoso chef Alessandro Borghese, ai giovani manca la passione, lo spirito di sacrificio, la voglia di lavorare. È davvero così? Con un lungo viaggio dentro i ristoranti stellati, Report fa i conti in tasca agli chef più famosi d’Italia, indagando sul business delle loro attività commerciali, sia nel campo della ristorazione, sia in quello dei media. E poi un racconto delle condizioni di lavoro nel mondo della ristorazione.

L’Italia dei ghetti

Domenica 4 dicembre c’è stato un incendio a Borgo Mezzanone che ha distrutto quattro baracche costruite nel ghetto vicino a Foggia, un insediamento spontaneo dove vivono oltre 1500 migranti.

L’onorevole Soumahoro è andato in visita alla baraccopoli con Bernardo Iovene: “è vita questa? Di questo stiamo parlando. Poi mi si chiede perché sei indignato sempre? Io sono indignato perché vedo le persone vivere in queste condizioni. Ci ho vissuto in passato e sono riuscito a venirne fuori, ma non mi dimentico da dove sono partito.”
Nelle baracche andate a fuoco vivevano braccianti: stavano dormendo dentro queste case di lamiere e si stavano riscaldando con mezzi di fortuna, questo avrebbe causato l’incendio.
Da queste baracche si deve partire, racconta a Report il deputato: “quando si mangiano i prodotti agricoli bisogna chiedersi da dove provengono, piovono dal cielo? No da qui si parte e da qui si ragiona per migliorare, per chi vuole migliorare.”

Bernardo Iovene ha intervistato il deputato anche sull’inchiesta che ha coinvolto la moglie e le cooperative di accoglienza ai migranti, dei selfie, del lusso: “Provo a risponderti sui selfie. Visto che si parlava dei braccianti solo quando c’è il morto mi sono detto, visto che ci sono i social media trasformo i miei canali social in uno strumento per rilanciare e condividere coi cittadini che a casa mangiano e non sanno da dove proviene il cibo”.



In Puglia arriveranno 114 ml di euro dai fondi del PNRR per i ghetti: di questi 53,4 a Manfredonia per far uscire proprio dal ghetto di Borgo Mezzanone i 4000 braccianti agricoli. Una buona notizia di cui però i braccianti non ne sanno nulla: “a noi non servono i soldi del governo per aiutare, noi non vogliamo questo” racconta a Bernardo Iovene uno di questi, Abdullah Ismail “vogliamo usare la nostra energia, lavorare e guadagnare. Non serve: dai loro [i braccianti] i documenti e loro vanno a lavorare e prendono la cassa integrazione da soli.”
Alla base servono documenti e lavoro in regola: i 53 ml che arriveranno al comune di Manfredonia serviranno a questo, il comune dovrà realizzare un piano di azione e rispettare i tempi, altrimenti questa valanga di soldi si perderà.
Qual è la posizione del sindaco?
“Sono tanti soldi, ma soprattutto non ci veniva detto cosa fare perché può essere una opportunità, ma può anche essere un problema. Io ho detto alla Regione ‘scusate io sono sindaco da sei mesi, in un comune dove abbiamo dissesto finanziario, una struttura di personale ridotto come faccio ad adempiere a quelle date che loro avevano predisposto ?’.”
Arrivano i soldi al comune ed è un problema?
“Il rischio è quello, dobbiamo essere onesti su questo.”
Come uscirne? Iovene ha sentito anche l’assessore al bilancio della regione Puglia Raffaele Piemontese:
“Facciamo in modo che le università, a partite dal Politecnico, possano dare un supporto ai comuni.”
I soldi del PNRR sono stati stanziati in base alla presenza dei lavoratori nel ghetto che sono in gran parte senza documenti.
In automatico dovrebbe scattare un permesso di lavoro, inserire questa nuova figura di permesso – spiega a Report Daniele Iacovelli segretario della CGIL di Foggia – che però sia istantaneo al momento che un lavoratore possa dimostrare che ha un rapporto di lavoro valido: “però la possibilità e l’occasione di questo pnrr, che potrebbe essere l’ultima possibilità reale.. ”
Ultima possibilità di non avere più un ghetto come questo, nel paese che si vanta essere una potenzia industriale e una democrazia.

A San Severo c’è un altro ghetto, quello di Torretta Antonacci: il comune ha dichiarato che qui vivono 2000 persone e quindi riceverà 28ml di euro per la dismissione del campo.
“Nel progetto che viene fatto sull’immigrazione e sugli aiuti non c’è nessuno che parla di documenti. Quello che interessa agli immigrati non ci sta.” Sambare Soumalia è un immigrato che si è occupato di tutte le questioni burocratiche dei migranti del ghetto. Ad aiutarlo, tra le complicate normative e le richieste ai vari enti c’è l’ex deputato Francesco Caruso.
All’interno del ghetto c’è un ufficio dove tutti i giovedì c’è uno sportello aperto per queste pratiche: ad esempio il comune di San Severo non riconosce il cedolino della Questura che invece è a tutti gli effetti un documento in attesa della consegna del permesso di soggiorno.
Con questi cedolini, dice la norma, si potrebbe chiedere ed ottenere l’iscrizione all’anagrafica del comune: il problema più grosso di queste persone sono i documenti, perché il comune non va incontro a queste persone?

Francesco Miglio, sindaco di SanSevero ha risposto alla domanda “Non è possibile fare una cosa del genere, c’è un’interlocuzione in atto tra di noi [all’interno del comune]..”
Grazie a queste persone, con o senza documenti, il comune riceverà 28 ml di euro dal pnrr: ma quando Iovene ha chiesto a Caruso se come USB partecipano al tavolo con gli altri sindacati e i comuni sui fondi del pnrr, quest’ultimo ha risposto che non stanno ascoltando gli abitanti di Torretta e che con 29 ml tu costruisci un villaggio, “dopodiché questi rimarranno qua perché non hanno i documenti”. Dunque senza documenti = illegale, dunque clandestino, dunque sempre sfruttabile dai caporali e dalle aziende agricole.

La scheda del servizio: USCIRE DAI GHETTI di Bernardo Iovene
Collaborazione Lidia Galeazzo

Dietro un piatto di spaghetti al pomodoro c’è il lavoro di migliaia braccianti agricoli, che vivono in baracche senza acqua né luce e riscaldamento. La loro condizione di irregolari crea dipendenza dai caporali che speculano sulla paga già bassa e sui trasporti. Per superare questa situazione negli anni sono stati stanziati milioni di euro su progetti ancora in corso sia per lo smantellamento delle baraccopoli che per creazione di moduli, container provvisori affiancati da progetti di formazione e inclusione gestiti da associazioni e volontari. L’ultimo progetto viene dal PNRR: 200 milioni di euro. Questa volta il Ministero del Lavoro ha incaricato l’Anci, quindi i comuni, di fare un censimento dei ghetti, e stanziare dei fondi in base alle presenze. In Puglia arriverà la fetta più grossa, 114 milioni. Quali sono i progetti e i tempi di realizzazione che hanno un cronoprogramma da rispettare pena la perdita del finanziamento? Siamo stati nei ghetti del foggiano, abbiamo visto le condizioni e le esigenze dei migranti braccianti che li popolano, e analizzato i progetti dei comuni. Infine, un’attenzione maggiore al gran ghetto di Torretta Antonacci, dove l’onorevole Aboubakar Sumahoro aveva lanciato la raccolta fondi durante il lockdown. Francesco Caruso, che era all’epoca con Sumahoro, ci ha segnalato i suoi rendiconti.

Difendere il made in Italy

Il governo Meloni ha voluto marcare sin da subito la sua difesa della patria: col ministero dell’ambiente e dell’indipendenza energetica, col ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare (al cognato, così la sovranità si difende meglio).
Ma l’indipendenza energetica è stata affidata al buon cuore del gas algerino e del gas liquido americano. E forse, tra qualche anno, a quello libico.

Come siamo messi invece per la difesa della nostra alimentazione, a parte la guerra contro gli insetti? In che modo il governo sta difendendo i nostri marchi all’estero?
In America i consumatori si sono sensibilizzati alla differenza tra un pomodoro qualsiasi e un pomodoro italiano così i marchi della distribuzione americana hanno creato un nuovo nome, “san Marzano style”: è il far west totale delle denominazioni, dei nomi, tutti in italiano perché è questo il brand che tira.

Ma vai a spiegare ai consumatori che esiste una differenza tra il san Marzano vero col dop e l’etichetta col marchio che suona come fosse italiano.

Report ha intervista Beatrice Ughi di Gustiamo Inc, una società che importa dall’Italia solo prodotti di alta qualità, certificati da dop e igp: hanno però difficoltà perché sono invasi dall’italian sounding o l’italian fake.

Come è possibile? Risponde il presidente dell’istituto italiano del commercio estero a NY: dipende dalle normative che devono essere inter-regolamentate da accordi bilaterali, questi accordi non ci sono stati, sono accordi sulla protezione dei marchi dop. In questo vuoto di normative operano quei produttori che fanno cattiva concorrenza ai nostri prodotti.

La scheda del servizio: LA GUERRA DEL DOP di Emanuele Bellano
Collaborazione Chiara D’Ambros

120 miliardi di euro: tanto vale secondo un rapporto diffuso da Coldiretti il mercato dei finti prodotti tipici italiani nel mondo. I più danneggiati sono i prodotti che in Italia e in Europa appartengono alle filiere Dop e Igp perché produrre un alimento di qualità costa di più. Se però finisce nello scaffale di un negozio americano o asiatico a fianco a un altro con un nome simile ma realizzato non rispettando le regole o usando un metodo e un procedimento meno complessi, contadini, allevatori e distributori ci rimettono tanti soldi. Tra Stati Uniti ed Europa non è mai stato firmato un accordo per il rispetto e la protezione dei marchi Dop e Igp e così produttori italiani e americani hanno invaso il mercato mondiale prendendo in prestito nomi di specialità alimentari famose senza però alcuna certificazione. Nello stato americano del Wisconsin si producono Asiago, Gorgonzola, Fontina, Provolone o in California pomodori San Marzano Style. Siamo andati a vedere come vengono fatti, quali trucchi vengono usati per confondere il consumatore e quanto questi prodotti sono diversi dagli omonimi certificati Dop.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

27 gennaio 2023

La giornata della memoria (quando è la memoria che manca)

Voglio essere più ottimista di Liliana Segre: non penso che la maggior parte degli italiani siano insofferenti al ricordo della Shoa, si siano stufati di ricordare lo sterminio degli ebrei (e degli oppositori politici, degli omosessuali, dei rom). Semmai è vero che, passati gli anni, rischiamo di perdere la memoria di quanto è stato: non basta una sola giornata, la memoria ha bisogno di tempo per consolidarsi nelle persone, ha bisogno di testimoni che raccontino (i carnefici, gli indifferenti, le vittime e chi non ha voltato la testa dall'altra parte). 

Serve qualcuno che racconti cosa sia stato il fascismo veramente: sta passando, in questi anni e in particolar modo con questo governo di destra (con tanta voglia di riscrivere la storia e anestetizzare il fascismo) il concetto che il fascismo in fondo avesse fatto cose buone, almeno fino alle leggi razziali. Dimenticandosi della compressione delle libertà e dei diritti portate avanti dal regime negli anni precedenti.

Non si può da una parte ricordare l'orrore delle leggi razziali e poi celebrare il regime di Salò, come hanno fatto e faranno esponenti di questo governo (e mi riferisco al presidente del Consiglio Meloni e al presidente del Senato La Russa).

Non si può celebrare la persecuzione degli ebrei dopo aver strizzato l'occhio ai novax che manifestavano con la stella cucita al petto.

Serve qualcuno che racconti quello sterminio mettendolo in relazione ai grandi genocidi avvenuti nel novecento, come quello degli armeni e per le tante dittature del secolo passato.

Servono testimoni che cerchino di spiegare quello che la ragione, il raziocinio, rende difficile da comprendere: qual era il disegno dietro Auschwitz, dei ghetti, delle stelle di diverso colore appiccicate al vestito per rendere riconoscibili le persone. Dietro quei treni piombati che portavano persone nei campi verso lo sfruttamento come corpi e la morte.

E' un disegno che è nato dalla fine della pietà, dal vedere negli altri non persone come noi, con un nome e un cognome. Con una dignità da difendere.

Un disegno che ci tocca da vicino: non solo perché i carnefici siamo stati anche noi non solo i cattivi nazisti, ma perché i lager dove stipare persone nell'indifferenza delle brave persone esistono ancora oggi. 

25 gennaio 2023

L’impiccato di Saint-Pholien Georges Simenon

 

Il delitto del commissario Maigret

Nessuno si accorse di quello che succedeva. Nessuno sospettò che nella sala d'aspetto della stazioncina ferroviaria, dove tra l'odore di caffè, birra e limonata solo sei passeggeri aspettavano il treno con aria abbattuta, si stesse svolgendo un dramma.

Erano le cinque del pomeriggio e calava la notte. Le lampade erano state accese ma, attraverso i vetri, si potevano ancora distinguere nel grigiore del marciapiede i funzionari, tedeschi e olandesi, della dogana e delle ferrovie, che battevano i piedi per riscaldarsi.

Perché la stazione di Neuschantz è situata all'estremo nord dell'Olanda, alla frontiera tedesca.

C'è un uomo che sta viaggiando su un treno dal Belgio verso la Germania: è vestito con abiti logori, il visto smunto, l'aspetto "malaticcio", non capisce una parola di tedesco. Nella sala d'aspetto della stazione di confine di Neuschanz c'è un altro uomo che lo osserva, col cappotto del bavero alzato per non farsi notare, che lo seguirà fino alla stazioni di Brema dove scendono entrambi. Il primo, in un angolo, si mette a fumare, il secondo, sempre nascosto, non lo sta perdendo di vista:

Fumava tenendo la sigaretta incollata al labbro inferiore, e bastava questo piccolo particolare a esprimere stanchezza o sdegnosa noncuranza. Ai suoi piedi, una valigetta di fibra, di quelle che si vendono in tutti i grandi magazzini – nuova.

Nella calca della stazione di Brema il secondo uomo ha scambiato la valigia di tela con quella del primo che, non accorgendosi di niente, si mette alla ricerca di un albergo dove sostare.

Qui la scena si ripete: l’uomo che segue ha preso una stanza adiacente quella dell’uomo con la valigia e lo osserva dal buco della serratura. Lo osserva mentre apre la borsa per scoprire che non è la sua, che qualcuno l’ha derubato, forse un ladro.. E la sua reazione è quasi incredibile:

E fu la fine: estrasse di tasca una rivoltella, spalancò la bocca e premette il grilletto.

Inizia così, con un suicidio senza ragioni apparenti, questo romanzo di Georges Simenon col commissario Maigret: è lui l’uomo col cappotto dal bavero alzato che sta seguendo l’uomo “dall’aspetto misero”. Lo aveva visto in un bar a Bruxelles (Maigret era lì per lavoro) mentre contava dei soldi mettendoli in fascette di carta di giornale e, incuriosito dal suo atteggiamento sospetto, lo aveva seguito fin sul treno. Senza una valida ragione, quell’uomo non stava commettendo un reato, forse avrebbe potuto essere un truffatore, ma non era nella sua giurisdizione. Non ci sarebbe nessun motivo per interessarsi di quell’uomo, se non per quella curiosità verso il mistero della vita umana che è una parte fondamentale del carattere del commissario.

Come in altre indagini di Maigret, anche questa partirà dal morto: in tasca aveva dei documento a nome di Louis Jeunet, ma sono sicuramente falsi. Addosso aveva dei vestiti di poco valore, chissà a chi stava spendendo quei soldi che il giorno prima contava nel bar. Cosa conteneva quella valigia di tela tanto da indurlo al suicidio, una volta scoperto di averla smarrita?
Un vestito da uomo, con qualche strappo e che nemmeno corrispondeva alla taglia del morto.
Chi era quell’uomo? Come mai quella scelta drammatica nella stanza di quell’albergo di Brema? E cosa rappresentava per lui quel vestito?
A Parigi, giunto al Quais des Orfevres, Maigret riceve una visita di una donna nel suo ufficio: si tratta di una commerciante in rue Picpus che ha riconosciuto la foto del morto che Maigret ha fatto pubblicare su tutti i giornali. Si tratta del marito della signora, Louis, che aveva abbandonato la famiglia due anni prima a seguito di un litigio con la suocera. Louis sembrava covare dentro un dolore profondo – racconta la moglie al commissario – un dolore che riusciva a placare solo bevendo, fino ad ubriacarsi.

«Non so come spiegarle… Eppure ho sempre sentito che qualcosa non andava! … Ecco, per dirle, era come se Louis non appartenesse al nostro mondo, come se quell’atmosfera a volte lo opprimesse… Era molto tenero…».

Per ricostruire l’enigma di quest’uomo Maigret si mette sulle tracce degli spostamenti di Louis da Parigi dall’albergo di infimo ordine dove viveva, fino a Reims, dove era stato per diversi giorni e poi Liegi. In tutti questi spostamenti Maigret si imbatte sempre in un uomo d’affari che aveva già incontrato nell’obitorio di Brema, il signor Van Damme. Strano personaggio questo Van Damme: si attacca a Maigret, si interessa al morto, gli offre il pranzo e arriva perfino ad offrirgli un passaggio in auto dal Belgio a Parigi.

Attorno alla figura magra e al viso smunto del vagabondo di Neuschanz e di Brema sembravano addensarsi molteplici misteri. Delle ombre si agitavano, come sulla lastra fotografica quando la si immerge nel rivelatore. E bisognava precisarne i contorni, mettere a fuoco i visi, a ciascuno di essi attribuire un nome; bisognava ricostruire personalità, intere esistenze. Per il momento, al centro della lastra c’era solo un cadavere privo di indumenti, una testa che i medici tedeschi avevano rimaneggiato per restituirle il suo aspetto normale e che si stagliava nettamente nella luce cruda.

C’è qualcos’altro che smuove il commissario in questa indagine su un suicidio: Maigret si sente in parte responsabile della morte di Louis, se gli avesse scambiato la valigia, non per dispetto ma per studiarne le reazioni, sicuramente quell’uomo non avrebbe schioccato le dita per poi spararsi in bocca.
Come in tutti i delitti, anche in questo c’è qualcosa di personale: anche la sfida con questi personaggi in cui si imbatte, oltre a Van Damme, ha qualcosa di personale. Sono persone di varia estrazione sociale che Maigret incrocia nei suoi spostamenti, come se sapessero dove lui stava dirigendosi. Cosa vogliono da Maigret? E cosa li legano al morto? E cosa vogliono dire quei disegni macabri con uomini impiccati che Maigret trova a casa di uno di costoro?

«Un primo disegno a penna rappresentava un impiccato che dondolava appeso a una forca sulla quale stava appollaiato un corvo enorme. E l'impiccagione era il leitmotiv di almeno una ventina di opere, a matita, a penna, ad acquaforte.

Il segreto di quelle vite è legato ad una vecchia storia di tanti anni prima, in un brutto Natale in una casa di Liegi, in rue du Pot-au-noir, dove un gruppo di giovani aveva giocato a sentirsi degli Dei.

Andrà fino in fondo, Maigret, arrivando anche a rischiare la propria vita, tutto pur di scoprire quel mistero. Cosa era successo di così drammatico tanti anni prima, cosa rappresentava per il morto quel vestito. E cosa ci faceva a Brema, quel giorno.

Maigret arriverà a risolvere il mistero e nuovamente si troverà a dover indossare i panni del giudice, amministrando la giustizia con le sue leggi.

«Sai che ti dico, vecchio mio? Dieci casi come questo e do le dimissioni… Perché sarebbe la prova che lassù c’è un Dio galantuomo che si incarica di fare il poliziotto…».

Vero, però, che chiamando il cameriere aggiunse:

«Ma non preoccuparti!… Non ci saranno dieci casi come questo…

La scheda del libro sul sito di Adelphi

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


24 gennaio 2023

Report – la latitanza di Messina Denaro

Mi chiamo Matteo Messina Denaro – di Danilo Procaccianti

Matteo Messina Denaro è stato arrestato all’ingresso della clinica privata La Maddalena a Palermo, dopo 30 di latitanza.

28 anni fa aveva rinunciato di riconoscere la figlia per evitare di essere catturato oggi invece non si preoccupava di farsi i selfie con altre persone, andava al supermercato.

Si ipotizzava che avesse cambiato aspetto, che fosse all’estero e invece è stato arrestato a casa sua, senza cambiare faccia. Si è lasciato catturare per il tumore oppure sono cadute le protezioni che ne hanno consentito la latitanza?

Danilo Procaccianti faceva il ciclo di chemioterapia nella clinica più famosa di Palermo, il suo patron ha legami con la politica, da Cuffaro a Schifani.
Matteo Messina Denaro si era perfino scambiato il numero di telefono con altri pazienti: il comandante dei carabinieri di Trapani imputa il suo cambio di atteggiamento per la malattia, questo ha poi consentito ai carabinieri di catturarlo.
Come mai MMD non si è curato in un centro oncologico famoso? Come mai si è operato a Mazara? Il 13 novembre 2020 ad operarlo sarebbe stato il chirurgo Urso, uno molto bravo: nemmeno il chirurgo sapeva chi stava operando? Bisognerà stabilire il livello di responsabilità di questi medici racconta a Report il colonnello dei cc. Fabio Bottino.
Tanti medici dovranno spiegare il loro comportamento, come il dottor Tumbarello, il suo medico personale, che gli avrebbe preparato le carte per l’operazione, fatta a nome di Bonafede.
Il sindaco di Campobello dice che il medico è stato costretto: nessuno ha visto niente, nessuno sa. Eppure negli ultimi mesi MMD ha vissuto in uno stabile sulla strada principale di Campobello: nessuno ha visto niente?
Nemmeno nel supermercato dove si è sicuri che MMD ha fatto la spesa: nemmeno qui lo hanno riconosciuto e se qualcuno lo avesse anche riconosciuto deve aver pensato, “ma chi me lo fa fare?”.
Nessuno ha visto i soldi per comprare la casa dove abitava negli ultimi mesi, nemmeno i carabinieri che hanno riempito di cimici il bar vicino casa lo avevano visto.
Può aver avuto delle protezioni negli anni passati – ammette il colonnello Bottino - anche a livello istituzionale. Di certo nel 2021 i carabinieri avevano ricevuto da una fonte anonima l’informazione secondo cui MMD era stato visto vicino a Torretta Granitola: lo racconta a Report il giornalista Marco Bova che spiega come Torretta Granitola fosse uno dei luoghi delle scorrerie passate del boss.
Tanti boss avevano casa nel trapanese, Brusca, Riina e poi Matteo Messina Denaro: qui i boss si sentivano al sicuro. Certo le protezioni istituzionali non si possono escludere.
La storia della latitanza è piena di sabotaggi, talpe anche all’interno dello Stato, come un corpo infestato dai virus come la massoneria.

Lo stato del latitante – di Giorgio Mottola

Per anni di MMD non si sono avute mai tracce, la voce, le impronte, pur di rimanere fuori da tutto, era capace di tutto raccontano oggi i magistrati Scarpinato (oggi senatore) e Principato.

Eppure oggi aveva cambiato atteggiamento: secondo l’ex giudice Scarpinato era arrivato al boss il messaggio che era arrivato il momento di farsi catturare, un messaggio molto dall’alto.
I magistrati sono stati vicino alla cattura del boss, ma poi sono stati bloccati in vario modo: un auto della polizia fermata dalla stradale, fino alla storia delle talpe nella DDA.

Come il maresciallo Ciuro, braccio destro di Ingroia e poi condannato per 4 anni per aver rivelato delle indagini contro la mafia al boss Aiello, medico e imprenditore nel settore della sanità ai tempi della presidenza Cuffaro.

Grazie a questo sabotaggio delle indagini MMD era sempre davanti agli investigatori.

Giorgio Riolo (ex ROS) è stato condannato assieme a Borzacchelli (ex carabiniere): avrebbero passato informazioni riservate dell’antimafia ad Aiello, condannato per mafia anche lui.
Ma ci sono stati anche errori degli investigatori nella caccia al boss: Teresa Principato racconta la storia del capo mafia Sutera, che si incontrava con MMD periodicamente. Il procuratore capo (Messineo), prima di concludere la cattura di Messina Denaro esprime dei dubbi sulle intercettazioni e decide di catturare Sutera, togliendolo di mezzo.

Era la pista più calda per arrivare a MMD: oggi Messineo racconta che non si poteva aspettare, perché c’era l’obbligatorietà penale. È una storia di rivalità tra magistrati o un sabotaggio delle indagini? A Teresa Principato qualche dubbio viene ancora oggi, accuse oggi respinte dall’ex procuratore Messineo.

La nuova pista su cui si concentra Principato fu la massoneria: un massone assoldato nella loggia di Castelvetrano racconta alla procuratrice di professionisti iscritti a questa loggia coperta, La Sicilia.
Ma il nuovo capo della procura di Palermo, Lo Voi interrompe il lavoro della Principato col pentito Tuzzolino.

Alfonso Tumbarello è il medico di MMD: la sua vicenda si intreccia con quella dell’ex sindaco Vaccarino, quest’ultimo in una udienza del 2012 aveva raccontato che aveva chiesto un incontro col fratello del boss. Il Sisde gli aveva chiesto un link per incontrare il boss e questo tramite era proprio Tumbarello: Mario Mori aveva chiesto a Vaccarino di fargli da tramite e da questo è nato il libro “Lettere a Svetonio”, un canale di comunicazione tra un pezzo dello stato e il boss?

Come mai non si è seguito mai questa pista che Vaccarino aveva raccontato in un udienza pubblica nel 2012?

La massoneria aveva avuto un ruolo nella latitanza di MMD: nel 2017 facendo una inchiesta su irregolarità del CNR nel trapanese, Report aveva raccolto delle tracce che portavano al capo mafia.

Lo Stato del latitante di Giulio Valesini

La vecchia tonnara di Capo Granitola, un vigilantes che sorveglia questa struttura affinché non venga vandalizzata: Report in un servizio del 2017 sul CNR si era già imbattuta in personaggi che poi si scoprì essere prestanome di MMD e che oggi si scoprono legati ai suoi covi.
La vecchia responsabile del CNR, Laura Giuliano, aveva denunciato le irregolarità dei conti nel CNR, aveva anche raccolto una confidenza di un medico secondo cui Capo Granitola era la casa di Matteo Messina Denaro.

Si arrivò ad un audit su queste irregolarità ma a questi controlli non arrivarono tutti i documenti: alla fine la Giuliano fu spinta ad andarsene, abbandonando il CNR.

La procura di Napoli ascoltò Laura Giuliano: che cosa ne è stato fatto della sua deposizione?
Giulio Valesini ha raccolto la testimonianza di un signore che vide Matteo Messina Denaro davanti la sede del CNR di Capo Granitola.

Tra gli uomini politici che hanno protetto la latitanza di MMD c’è Antonio D’Alì, ex sottosegretario all’interno del secondo governo Berlusconi.

Lo stato del senatore di Walter Molino

I Messina Denaro erano campieri nei vigneti dei D’Alì: presidente della provincia di Trapani, sottosegretario agli interni nel secondo governo Berlusconi dal 2001 al 2006, senatore fino al 2018.

Dopo 5 processi è stato condannato a sei anni di carcere per mafia: giusto un mese dopo è stato arrestato il boss.
Teresa Principato vede nel rapporto tra D’Alì e i Messina Denaro la chiave di tutto: dal ministero dell’Interno controllava la polizia e conosceva le indagini in Sicilia.

Non solo: quando lo stato cercava di mettere le mani nei beni dei boss, coi sequestri, poi succedeva che i beni tornassero alla mafia.

L’ex prefetto Sodano cercò di cambiare questo modo di agire ma fu cacciato come prefetto su ordine dell’ex ministro Pisanu, su pressioni di D’Alì.
Al processo contro D’Alì, la famiglia di Sodano non fu ammessa: oggi i familiari raccontano a Report il rammarico di essere stati abbandonati dalle istituzioni, avevano scritto tante lettere di denuncia ma non sono mai stati ascoltati.

Alfonso Tumbarello era iscritto ad una loggia del trapanese ma era anche candidato a sindaco di Campobello, sponsorizzato proprio da D’Alì: il ruolo delle logge nelle protezioni dei mafiosi è stato raccontato dall’ex giudice Scarpinato, che ha ricordato la storia della loggia scontrino, costola della P2. Nel trapanese era presente una base Gladio coinvolta nel traffico dei rifiuti.

In comune a Trapani di cosa si discute oggi? Dell’arresto di Matteo Messina Denaro? No, oggi si parla di un ex bomber del Trapani calcio.

In questo palazzo stanno crescendo giovani politici cresciuti sotto la protezione di D’Alì, come il consigliere Guaiana, che non rinnega l’amicizia dell’ex sottosegretario.

Sottosegretario che non solo si occupò del prefetto Sodano, ma allontanò dal suo incarico il commissario Linares che stava proprio indagando sulle logge nel trapanese.

Trapani era la Svizzera della mafia, raccontava Falcone.

Lo stato del latitante – la trattativa di Paolo Mondani

Per anni lo stato non si è interessato a Matteo Messina Denaro: eppure quest’ultimo era considerato come un figlio da Riina, assieme a Giuseppe Graviano.
Mondani ne ha parlato col procuratore Paci: Messina Denaro dopo l’arresto di Riina si è adattato alla nuova cosa nostra, ha iniziato a fare affari dimenticandosi delle bombe, con grande cruccio di Riina stesso.
A Report Salvatore Baiardo (amico dei Graviano) aveva raccontato che Graviano pensa ancora di uscire dal carcere: Giuseppe e Matteo si vedevano spesso, anche in vacanza.
Per uscire dal carcere Graviano aspettava la fine dell’ergastolo ostativo e del 41 bis: l’arresto di Messina Denaro rientra in una partita di scambio, tra cosa nostra e lo stato?

Le dichiarazioni di Baiardo diventano interessanti sotto questo aspetto: nella trattiva stato mafia del 1993 l’ergastolo era proprio al centro della questione.

Ma oggi qual è lo scopo delle dichiarazioni di Baiardo? Sono una nuova trattativa?
La trattativa è esistita, lo scrive la stessa sentenza di assoluzione degli alti ufficiali del Ros, dove si scrive che Provenzano fu lasciato libero per un interesse dello stato nel combattere l’ala stragista della mafia.

Secondo il giudice Di Matteo, le dichiarazioni di Baiardo possono essere la volontà da parte di cosa nostra di riprendere un dialogo con un pezzo dello stato. Magari con la fine dell’ergastolo ostativo, che di fatto favorisce l’omertà dei mafiosi.
Invece Messina Denaro non consegnerà i suoi documenti segreti, che gli hanno consentito per anni di ricattare lo stato: la storia della falange armata, il ruolo delle lettere a Svetonio scritte col sindaco Vaccarino con la supervisione del Sisde. La storia delle bombe di Firenze e Milano, che hanno provocato dieci morti tra cui una bambina di pochi giorni.

23 gennaio 2023

Sulle tracce di Matteo Messina Denaro - la pista del 2012

Questa sera Report racconterà come già nel 2012 si sarebbe potuto arrivare a Matteo Messina Denaro: è quanto emerge da una udienza in cui l'ex sindaco Vaccarino (Svetonio, nel libro di lettere in cui scriveva al capo mafia) raccontava del ruolo del medico Alfonso Tamburello (medico e massone, ora sospeso dal Goi dopo l'arresto di Messina Denaro).


Ne da una anticipazione Il Fatto Quotidiano con un articolo di Saul Caia

“Tumbarello, Messina Denaro, il Sisde di Mori”: il verbale del 2012

STASERA A REPORT (RAI3) - L’ex sindaco Vaccarino in una udienza 11 anni fa rivelò il ruolo di raccordo del medico massone. E in una informativa dell’Arma del 2021 il latitante veniva già localizzato tra due luoghi: a Capo Granitola e in paese

Si sapeva già dal 2012 che Alfonso Tumbarello, medico di base e massone, poteva essere un tramite per arrivare a Matteo Messina Denaro. Lo rivela Report, nella puntata in onda stasera alle 21,25 su Rai3, mostrando il verbale dell’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino (morto di Covid nel 2021): processo Golem II, durante l’udienza del 19 ottobre 2012 celebrata al tribunale di Marsala; proprio quel Vaccarino, alias Svetonio, che ha intrattenuto una corrispondenza epistolare (per conto dei servizi segreti) con Matteo Messina Denaro, che si firmava Alessio. Nella trascrizione, recuperata dall’archivio del giornalista Marco Bova, Vaccarino spiega in aula che in “accordo con il Sisde prese l’iniziativa di contattare” il fratello del latitante. “Sono stato io a chiedere al dottore Tumbarello di poter incontrare Salvatore Messina Denaro (il fratello di Matteo, ndr), perché era suo assistito”, riferisce Vaccarino. Perché quell’incontro? “Lo contatto perché ritenevo potesse portarsi avanti un’iniziativa, assolutamente legittima, creare un’area di servizio presso l’area Costa Gaia sull’autostrada, che porta in direzione Palermo da Castelvetrano”, aggiunge Vaccarino.

“Il professore Vaccarino ha un’idea. In quel periodo era libero Salvatore Messina Denaro, fratello di Matteo. Lui ottiene un appuntamento con Salvatore tramite il dottor Alfonso Tumbarello che era l’unico medico condotto di Campobello di Mazzara”, spiega ai microfoni di Report Teresa Principato, procuratore aggiunto a Palermo tra il 2009 e 2017, per anni sulle tracce del super latitante. L’incontro nello studio del medico Tumbarello sarebbe avvenuto tra “il 2001 e il 2002”, è Vaccarino a precisare in aula che l’arco temporale rientrava “dopo il 2001 e prima del 2004”, ovvero la “data della prima lettera a Matteo”.

Non basta, Matteo Messina Denaro sarebbe stato avvistato già nel 2021 a Torretta Granitola, frazione di Campobello di Mazara. Report mostra per la prima volta un’annotazione di servizio redatta dei carabinieri di Campobello, del novembre 2021, in cui una fonte confidenziale li informa che “a lui (Messina Denaro, ndr) non lo vogliono prendere” e che “qualcuno gli deve portare da mangiare e i vestiti puliti”. Aggiunge che “c’è gente di Campobello che sale e scende da Torretta” e di aver saputo che Messina Denaro “ha sempre la stessa faccia, ma molto invecchiato”.

Anteprima inchieste di Report – 23 gennaio 2023

Report si occuperà anche stasera della cattura di Matteo Messina Denaro, della lunga latitanza (e di chi l’ha consentita), delle protezioni da parte di professionisti, medici e delle logge massoniche del trapanese.

Un servizio sarà dedicato alla conquista dei porti da parte della Cina e agli oligarchi del mare che controllano lo scambio delle merci nel mondo.

Sulle tracce di Matteo Messina Denaro

«Vi sono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che ci viene insegnata, e la storia segreta, dove si trovano le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.»

Honoré de Balzac.

Possiamo fermaci alla verità di facciata, quella che ci viene raccontata dai governi in carica (che siano centro destra o sinistra poco importa) o dai professionisti dell’antimafia improvvisati. La mafia è stata sconfitta, con l’ultimo arresto di Matteo Messina Denaro si chiude un ciclo, possiamo anche togliere di mezzo le leggi antimafia, lo Stato ha vinto..
Nessuna collusione tra Stato e mafia, nessuna trattativa.

Questa verità non spiega tante cose, a cominciare dalla latitanza lunga 30 anni fino ai misteri delle stragi del 1991-1994 (questo il periodo in cui sono maturate e poi terminate le bombe o i tentativi di attentati), a cominciare dal perché Riina rinunciò a colpire Falcone a Roma.
Report, partendo dal servizio andato in onda nel 2021 “Il vertice delle stragi”
e riprendendo il servizio andato in onda lunedì scorso, ripercorre la carriera da boss mafioso di MMD, a cominciare dagli attentati di Capaci e via D’Amelio, dove furono uccisi Falcone e Borsellino con le scorte: secondo il procuratore Gabriele Paci era a conoscenza di tutti i segreti di Riina. Non solo, era artefice diretto di Sicilia libera,il partito indipendentista creato dalla mafia nel periodo in cui cosa nostra portava avanti il suo progetto federalista (come al nord la Lega dell’ideologo Miglio). Questo progetto viene meno quando il suo socio, Giuseppe Graviano inizia una sua trattativa con Forza Italia. Gabriele Paci fa il nome di Saro Naimo, l’alter ego di Riina in America: a lui, mafioso e latitante ad inizio anni 90, sarebbe stato proposto di trasformare la Sicilia in un altro stato americano. Naimo era l’uomo di cosa nostra in America, in contatto coi servizi americani.
Report già nel 2017 aveva trovato le tracce del covo di MMD, che il Ros e il GICO hanno scovato a Campobello di Mazara: questa abitazione è riconducibile a Enrico Rivasalto, fratello di Giovanni, imprenditore condannato per mafia e oggi libero.

Report aveva individuato una pista lavorando sugli illeciti commessi da funzionari del CNR, arrivando a raccogliere delle testimonianze secondo cui MMD si sarebbe nascosto nella sede del CNR a Capo Granitola. Quel centro era vuoto ma, stranamente, il giornalista di Report quando si era presentato ai cancelli, aveva incontrato un uomo armato che non faceva parte di alcuna società di vigilanza.
Report aveva anche trovato un contratto d’affitto del CNR per una abitazione nella frazione marina, le cui finalità non sono state chiarite: seguendo le tracce delle visure i giornalisti avevano scoperto che il fratello del proprietario dell’immobile è un medico massone Claudio Renato Germilli, di Castelvetrano.
Durante una sessione della commissione Antimafia nel maggio 2022 che si svolgeva proprio a Trapani fu interrotta quando il presidente Morra scoprì una persona fuori dall’aula che ascoltava. Era un affiliato della loggia massonica locale, si scoprì successivamente.
Secondo Report in quel momento in commissione si stava discutendo proprio di Germilli, affiliato alla loggia.

La conquista dei porti

Conquistare i porti significa dominare il commercio mondiale – racconta l’anteprima del servizio di Report: la Cina avanza in questa conquista usando enormi container e grandi navi. Ma primi armatori al mondo sono europei e se vuoi vendere le merci devi passare da loro che dettano i prezzi, diventando di fatto oggi gli oligarchi del mare. Come hanno fatto ad acquisire questo potere e quante tasse pagano?

A Napoli, ad esempio, a dividersi le tratte sono pochi armatori e tra questi c’è il gruppo MSC che qui possiede ben tre compagnie, SNAV, Caremar e NLG. Quello davanti il golfo di Napoli è un mercato importante che si collega col mondo delle crociere – spiega a Report Pietro Spirito economista dei trasporti – perché molti dei croceristi che sbarcano a Napoli poi vanno a visitare Capri o Ischia.

Ai primi di novembre scorso finiscono ai domiciliari 10 persone tra armatori locali e funzionari pubblici, 44 gli indagati tra cui il patron di MSC Gianluigi Aponte, con l’accusa di corruzione, falso e traffico di influenze. L’ipotesi di accusa formulata dai magistrati è che abbiano formato un cartello di imprese per azzerare la concorrenza. Cruciale, per le accuse nei confronti di Aponte, sarebbe una intercettazione (ahinoi, quelle che si vorrebbero togliere secondo il ministro Nordio) nella quale il comandante da consigli all’amministratore della Alilauro Gruson, teoricamente suo concorrente, sulla strategia da adottare nei porti di Sorrento e Massa Lubrense: “scusami ma chiamare questo di Massa e dire .. insomma noi a Massa non ti disturbiamo, però noi qua abbiamo una flotta che non finisce mai ..[..] Guarda non voglio sembrare un mafioso però la verità è che se tu rimani dove stai, noi rimaniamo dove stiamo.”.
Report si occuperà anche dell’impatto sull’ambiente del settore delle navi da crociera: Ocean Cay fino a qualche anno fa era un insediamento industriale usato per l’estrazione della sabbia, oggi MSC l’ha ridisegnata per i suoi clienti, trasformandola in una riserva marina artificiale con un investimento di centinaia di milioni di dollari. La bellezza dell’isola si deve però conciliare con l’impatto ambientale dell’enorme nave che qui deve attraccare.


Lo scorso anno l’ex ministro dei trasporti Giovannini aveva fatto uno studio sulla decarbonizzazione dei trasporti, compresi quelli marittimi: il lavoro fatto dal CNR, guidato da Nicola Armaroli non lasciava dubbi, sebbene le navi costituiscano solo il 3% dei trasporti, hanno un alto impatto ambientale.

In una pubblicità che sta passando in televisione si parla di navi a GNL. Il gas naturale è composto al 90% da metano: lo studio pubblicato qualche anno fa su Nature sull’impatto delle navi mostrava che le aree con la maggior concentrazione di pm 2,5 emesse da olio combustibile si trovino lungo le principali rotte marittime mondiali: dai porti cinesi, seguono la rotta asiatica, risalgono lo stretto di Suez e poi nel Mediterraneo fino al nord Europa. E nel mar dei Caraibi tra il Golfo del Messico e la Florida.
Uno studio recente racconta come le navi a GNL siano più impattanti rispetto alle navi a combustibile tradizionale – racconta a Report lo stesso Armaroli, dirigente della ricerca del CNR.
E i fumi arrivano nelle città portuali, come Civitavecchia dove, quando tira vento, respirano le i gas dalle navi.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.