14 gennaio 2023

Nel nero degli abissi François Morlupi


GIORNO OTTO

Mercoledì 17 gennaio

La volante frenò di colpo, si fermò di traverso nel posto riservato ai disabili e solo per pochi centimetri non cadde nel laghetto. Eugénie spense il motore, mentre Alerami controllava la sicura della pistola. Con un’occhiata d’intesa, balzarono fuori dall’auto e partirono in direzioni opposte: Eugénie avrebbe percorso il sentiero pedonale che circondava il laghetto in senso antiorario, Alerami nell’altro.

Ansaldi fu, nemmeno a dirlo, l’ultimo a uscire dalla macchina, sudato e paonazzo. Dovette appoggiarsi un attimo alla portiera per il solito immancabile senso di nausea. Fissò il terreno, respirando a fondo l’aria fresca nella speranza di arginare la sgradevole sensazione. Maledetta Eugénie e la sua guida spericolata. Un giorno le avrebbe strappato la patente con le sue stesse mani, si disse, anche se al pensiero della reazione della sua sottoposta cambiò subito idea. Magari le avrebbe tolto solo qualche punto

Inizia con un salto in avanti nel tempo questo secondo capitolo della serie sui “Cinque del commissariato di Monteverde”, dello scrittore di origini francesi Francois Morlupi.
Una volante che si ferma davanti
al bacino artificiale del parco dell’Eur da cui scendono la vice ispettrice Eugenie Loy, l’agente Alerami e il commissario Ansaldi: devono effettuare un arresto importante per una indagine che li ha impegnati nella settimana più dura della loro carriera da poliziotti.
Un’indagine che è stata anche un’immersione nel nero dell’abisso della mente umana, un abisso profondo che ha concepito una serie di delitti efferati che sconvolgono la tranquillità di un quartiere come Monteverde. E una immersione in tutti i sensi, perché, come leggiamo nell’incipit, l’ansioso commissario Ansaldi, che prima di uscire dall’ufficio misura la temperatura esterna perché non si sa mai, con questo freddo che c’è a Roma, si è tuffato nelle acque del lago e ora, accompagnato dei suoi ricordi di bambino, sta scivolando verso il fondo.

caro maestro di nuoto, io non mi tufferò mai col rischio di inabissarmi in mondi sconosciuti, voglio evitare il nero degli abissi e tutto ciò che ci si nasconde dentro. Rimarrò fermo, immobile, senza tentare di cambiare nulla. Non hai ancora capito che io ho paura della paura stessa?

Quarantaquattro anni dopo, però, Ansaldi aveva infranto la sua regola: si era tuffato senza pensare alle conseguenze. Peccato che avesse dimenticato di non saper nuotare, ma chissà, finalmente il suo insegnante di nuoto sarebbe stato fiero di lui.

Ma come siamo arrivati a questo arresto in pieno giorno? Chi è la persona in fuga nel parco dell’Eur? E come mai questo tuffo nell’acqua, in pieno gennaio?

GIORNO UNO

Mercoledì 10 gennaio

Il commissario Ansaldi si sistemò la cravatta per l’ottava volta, osservandosi lungamente allo specchio. La striscia di tessuto gli sembrava cadere sempre asimmetrica rispetto al torace, magari soltanto di poco, non ottenendo affatto il risultato sperato. La perfezione, ecco cosa avrebbe voluto, ma non ci riusciva mai. In più, al minimo movimento, avvertiva una sgradevole sensazione di soffocamento. Sbuffando controllò l’ora, mancavano sessanta minuti all’appuntamento e non poteva perdere altro tempo. Durante la notte, per fortuna, l’ansia si era eclissata, ma adesso cominciava a risvegliarsi dal torpore. La sentiva, eccome se la sentiva.

Ancora non lo sanno, ma ai Cinque del commissariato di Monteverde, sta per arrivare addosso una doppia rogna che li impegnerà, portandoli al limite delle loro forze, per otto lunghissimi giorni.
Il governo ha deciso che proprio a Roma, da lì ad una settimana, si dovrà tenere un importante incontro dei principali capi di Stato europei: l’annuncio viene dato dal ministro in persona (che Andaldi conosce bene dopo avergli starnutito in faccia) a tutti i commissari di Roma convocati nel palazzo del Viminale: l’evento, chiamato pomposamente Consilium, porterà Roma sotto l’occhio della stampa europea, ci si gioca il prestigio del paese – racconta il ministro ai presente – dunque tutto deve andare per il verso giusto. Nessun incidente, nessun caso che possa attirare la stampa deve capitare nei prossimi giorni.

Un evento come questo fa venire a tutti i dirigenti quanto avvenuto nel G8 di Genova, una delle più brutte pagine della storia della polizia e delle nostre istituzioni. Ma poi, come si fa ad impedire in una città di milioni di abitanti, non avvengano casi di omicidio, di violenza? Si spegne il telecomando?
Ansaldi, l’ansioso commissario di Monteverde, per cui uscire nel freddo di gennaio significa esposti a “raffreddori, influenze se non addirittura polmoniti”, ancora non lo sa, ma un omicidio efferato è appena avvenuto nel suo quartiere.

Il cervello si rifiutava di elaborare ciò che gli occhi registravano davanti a loro. Poi, dopo lunghi istanti, si scosse da quel torpore. Girò su se stesso e corse via più veloce che poté, scavalcando le siepi con poche falcate.

Per la vista del corpo martoriato di Simona il suo diaframma espulse acuti di terrore così potenti da riuscire a coprire quelli di Gloria Gaynor.

Si tratta di una ragazza, di poco più di vent’anni, Simona Cini, studentessa di medicina di giorno e prostituta nel parco di Villa Pamphili la notte. Un giro di prostituzione di cui gli agenti del commissariato non erano a conoscenza, ma non è solo questo a preoccuparli: la ragazza, che coltivava un suo giro di clienti con cui mantenersi agli studi a Roma, è stata uccisa con rabbia, con una ferocia inaudita. L’assassino, o gli assassini, come racconterà poi il medico legale Righi che usa la sua “ironia tagliente” per sopravvivere al male, l’ha prima strangolata e poi colpita all’addome e all’inguine con un coltello tagliente.
Questo omicidio suscita nei Cinque una reazione diversa, per le diverse motivazioni, per il diverso carattere degli stessi: una ulteriore dose di ansia in Ansaldi, che sta vivendo un momento particolare per la cotta presa per una libraia che l’ha persino invitata ad una presentazione. La fredda Eugenie Loy, di cui scopriremo in questo romanzo un altro pezzo del suo passato e del perché del suo atteggiamento verso la vita e i colleghi, si getta nell’indagine senza prendersi alcun momento di pausa. Stessa storia per l’agente Alerami, che in questa indagine trova una stimolo in più, oltre al suo desiderio di fare carriera e di sfuggire così dalla morsa della sua famiglia: la bella agente conosceva la ragazza morta, erano state compagne di classe

Cosa poteva aver spinto Simona a entrare nel giro della prostituzione? Alle superiori, in cinque anni, le aveva mai chiesto se era felice?

E i due Ringo Boys? Ovvero l’agente Di Chiara (il bianco), in perenne ricerca del grande amore, sperando magari di suscitare l’attenzione della collega Alerami e Leoncini (il nero) bello, in forma, capace di attirare gli sguardi delle ragazze con grande invidia del compagno? Anche loro, non proprio due stakanovisti della divisa, si tufferanno nell’indagine dando il loro contributo.

Perché non sarà una indagine semplice: l’assassino, o gli assassini, perché le coltellate sul corpo della ragazza sembrano essere state inflitte da due persone con forza diversa, non hanno lasciate tracce. Tra le relazioni di Simona, la povera ragazza, non viene fuori nessun sospetto. Nessuno spunto nemmeno tra i suoi clienti, semplici persone che in quei momenti di amore mercenario cercavano anche un contatto umano che non erano stati capaci di crearsi nella vita.
Non sarà un’indagine semplice anche perché non sarà il primo delitto efferato di questi assassini, che colpiranno nuovamente, colpendo una vittima che con la prima morta non aveva alcuna relazione e arrivando perfino a sfidare la polizia con una lettera inviata al commissariato

Caro commissariato, a quest’ora avrete scoperto il cadavere della signorina a Villa Pamphili. Bello, vero? Pensiamo di aver eseguito un buon lavoro.

Firmato JTR, cioè Jack The Ripper. Chi è questo assassino? Cosa vuole ottenere? Perché quella firma? È un emulo dello “squartatore” di Londra?
Si stanno avvicinando i giorni del “Consilium” e il fiato sul collo del Questore su Ansaldi cresce ora dopo ora, c’è perfino il rischio che questi casi vengano scippati al Monteverde per passare all’antiterrorismo.
Possibile che questo pazzo non lasci nessuna traccia sulle scene del crimine? Possibile che non esista alcuna relazione tra i delitti?
Questa volta lo spunto per la soluzione del caso, oltre che al lavoro di squadra, dove nessuno vuole mollare il caso, arriverà anche da alcune intuizioni da personaggi a cui non avresti dato credito: un postino “scansafatiche”, un poliziotto del Monteverde addetto al caffè ..

Ansaldi scrutò il colore della bevanda e la sgradevole sensazione di tuffarsi nel nero degli abissi lo abbrancò.

È una frase – questa che riprende il titolo - che leggeremo più volte nel corso del racconto perché ciascuno dei suoi protagonisti ha il suo abisso in cui specchiarsi: il rammarico di una vita in compagnia della sua ansia da uomo solitario; l’abisso del male che si porta dentro (e di cui scopriremo il perché) per la vice ispettrice Loy; la rabbia contro il mondo per l’agente Alerami, che in quella indagine ha anche qualcosa di personale.

Non manca la giusta dose di ironia a rendere meno pesanti le pagine di questo giallo costruito attorno alla ricerca del perché – perché l’assassino ha scelto quelle persone – dove l’autore dedica una buona parte del racconto alle dinamiche interne alla squadra, con un crescendo di tensione che culminerà in quell’azione nel finale, con l’assassino in fuga e il commissario che sprofonda nelle fredde acque del bacino del parco.

Mi sono piaciuti molto gli intermezzi in cui l’autore si sofferma sulla “grande bellezza” di Roma, raccontando alcuni episodi della sua storia: come la storia della campana sperduta, la campana della chiesa barocca di Santa Maria Maggiore, l’unica al mondo a suonare la sera

«Probabilmente è l’unica campana al mondo a suonare a un simile orario. La campana che ha udito si chiama ‘La Sperduta’. Leggenda vuole che nel sedicesimo secolo una pastorella cieca si perse nel quartiere col suo gregge. Per aiutarla a tornare, suonarono le campane della basilica..».

Unica nota che mi sento di fare: caro autore, per cortesia non ripetere troppe volte l’espressione “Ça va sans dire”..

Il primo romanzo sui cinque del commissariato di Monteverde Come delfini tra pescecani

La scheda del libro sul sito di Salani editore e il pdf del primo capitolo

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