19 gennaio 2023

Requiem per un killer di Piero Colaprico


Notte nella periferia di Milano. Sono all'interno di una casa a forma di fungo con le pareti curve e minuscoli mobiletti realizzati su misura da un artigiano che certamente avrà cambiato mestiere o sarà stato linciato dai clienti. Nel letto alla francese c'è un ubriaco che mi chiama "mamma". Non gli do retta e incollo sui beccucci del gas quattro lanterne magiche che costruito con una carta di riso e il fil di ferro il mio presente assomiglia a una allucinazioni penso mentre confeziona una delle mie trappole mortali preferite.

Forse è stato un caso del destino o forse no, ma ho finito di leggere questo romanzo (potente, intenso, cattivo) ambientato in una Milano senza alcun trucco addosso, negli stessi giorni in cui giù a Palermo venivacatturato il capo mafia Matteo Messina Denaro, dopo 30 anni di latitanza, mentre entrava in un ospedale per curarsi il cancro.
Sei è parlato molto e ancora se ne parlerà nei prossimi giorni (l’indignazione degli italiani non dura a lungo) della rete di protezioni che ha goduto questo mafioso, di come abbia continuato a vivere la sua vita, a continuare a tessere la sua rete di affari con le sue società intestate a prestanomi, della sua rete di relazioni che gli hanno consentito di vivere per anni una vita normale.
Non pensate mai, in nessun momento, che questo sia solo un problema della Sicilia e del sud.

In questo suo ultimo romanzo, uno dei migliori assieme a Trilogia della città di M., Piero Colaprico ci racconta della ndrangheta, della sua penetrazione nel mondo imprenditoriale, del suo sapersi muovere con disinvoltura dentro la società a tutti i livelli. E lo fa attraverso lo sguardo di due protagonisti straordinari, due antieroi, il killer (io narrante di tutta la storia) del boss e la manager milanese. Bella e spietata.

Io, il cacciatore d'ingrati

In molti mestieri per fare carriera bisogna inghiottire e annuire. Nel mio è più consigliabile che in altri perché non ti licenziano ma leggermente ti ammazzano. "Marco, amico mio, ti ho chiamato perché mi ha svegliato un sogno uno strano e potente sogno lo vuoi ascoltare?" mi chiede il boss, il mio grande unico boss, Don Benigno Morlacco. Annuisco ancora. Annuisco comunque, in fondo si tratterà di sfiancare un essere umano uno come un altro La mia è stata sinora la vita agra di un cacciatore di bastardi.

Marco, o M-M, è un killer della ndrangheta, cresciuto dal clan Morlacco, che lo ha allevato sin dal suo paesino in Calabria, lo ha fatto studiare e lo ha mandato al nord. Dove ha anche un lavoro ufficiale. Tanto è considerato un professionista rispettato dal clan, per il modo pulito con cui lavora, tanto è rispettato dai colleghi della Questura di Milano. Perché Marco Michele Sigieri un sovrintendente della Omicidi, un poliziotto dunque. Un poliziotto che ha tradito lo Stato, per servire quell’antistato che ha visto da vicino, che ha respirato sin da ragazzo: il boss, il suo potere nel paese, nella regione, nello Stato. Che cos’è il potere mafioso? Ce lo dice Marco stesso:

La mafia non è solo quella con cui lavoro io, la mafia è tutto quello che copre le verità sotto i veli dell'amicizia, dell'appartenenza, della vigliaccheria, della comodità, dell'idea molto italiana che il potente non va sfruculiato: perché metti che magari si ricorda. E con la complicità del giornalismo dei miserabili, degli approfondimenti, di quelli che cercano di stare comodi e non dare fastidio, in nome dello spettacolo del business e del garantismo a senso unico tutto si può e ogni ipocrisia diventa vangelo.

Uno dei primi incarichi per il boss, don Benigno Morlacco chiamato u ‘ntisu, uno che sa, uno che ha portato al nord il traffico della droga importata dalla Turchia, è quello di uccidere l’avvocato del clan, chiamato “il credibile” (per marcare il suo comportamento nei confronti del codice deontologico che la categoria dovrebbe pur rispettare), e dovrà farlo anche in modo “incredibile”, in un modo originale, cercando di strappargli un sorriso per la morte di quella persona che va uccisa perché è stata ingrato col clan, anche se queste sono cose che Marco non è tenuto a sapere.
Attenzione, quella del killer è solo uno dei “sé stessi” che una persona, come diceva quel filosofo, deve conoscere. Oltre al Marco poliziotto di cui abbiamo visto, esiste anche un M-M che ha un suo progetto, quello di rendere il mondo un posto migliore. Magari iniziando a togliere di mezzo il ministro della giustizia:

Questa persona è il ministro della giustizia. Non lo sopporto, fa solo danni, evidentemente non ha mai letto la Costituzione sulla quale ha giurato. Ripete che deve essere il ministro ad indicare le linee guida dell'azione penale e vorrebbe maggiore impegno per mandare a casa gli immigrati clandestini. Come se il problema dell'Italia fossero questi poveracci che scappano dalle loro terre con le famiglie e si adattano ogni lavoro.

Ma non è solo un killer affidabile, un poliziotto esperto, un amante dei libri che però, per lavorare coi boss, deve assumere un atteggiamento dimesso e anche un po’ da ignorante. Marco ci consegna una chiave di lettura per vedere Milano in modo diverso, senza fermarsi ai luoghi comuni, la città che non si ferma, la locomotiva d’Italia, la città col cuore in mano: Milano è anche “la città delle ambizioni”

.. questa è una città della lotta, puoi nascere ricco e finire in bolletta spolpato dai figli di quelli con cui sei cresciuto. O puoi nascere povero e diventare ricco specie se prendi i soldi della mafia o delle grandi famiglie del capitalismo e li sai far fruttare. Milano non è grande la giri facilmente a piedi puoi andare dalla Comasina al Corvetto da Baggio a via Palmanova sempre se sa evitare qualche isolato ad alta densità di disperati...

Un giorno il boss, dopo che Marco ha portato a termine in modo “sorprendente” il lavoro con l’avvocato, gli da un nuovo incarico che riguarda i manager di una società che hanno rifiutato l’apporto dei capitali mafiosi, dopo averli presi per anni quando ne avevano bisogno. Che è il modo che ha la ndrangheta di strangolare le aziende: entri nel capitale, piazzi qualche testa di legno al posto dei vecchi padroni, ti prendi le quote societarie con le buone. Altrimenti si può sempre ricorrere alle cattive maniere:

.. In quella società tutti sanno perfettamente chi siamo e chi rappresentiamo. Sino a qualche anno fa quando avevano bisogno di noi per crescere, hanno intascati in nero tanti bei contributi che gli ho portato a volte io in persona, ti rendi conto? Adesso che la fortuna li aiuta e che Milano sta tirando come una locomotiva, ci trattano come scappati di casa. E ti pare bello? Serve un altro lavoro straordinario come quello eccellente che hai combinato con il nostro avvocato. Tutti questi professionisti del nord non sanno stare al loro posto. E devono imparare. Se il soggetto ci sta a prendere 10 milioni lo lasci vivere. E se non lo convinci fai tu e fai presto e bene, che tutti capiscano il messaggio.. ”.
Un altro da eliminare, mi è chiaro. Mostro il pollice in su, va bene, e se serve lo stiriamo via. si sa che a Milano anche i killer fanno lo straordinario.

Ma con questo nuovo incarico iniziano i problemi, perché Marco si trova ad avere a che fare una manager bella e decisa, una “trop manager”, che in qualche modo lo attira, non solo per la sua bellezza. E questa donna, Mira, lo porta a stringere un patto con lei, perché entrambi hanno un obiettivo comune, la manager liberarsi da questo socio ingombrante che si sta prendendo la sua azienda, Marco .. beh deve costruirsi un futuro, iniziare a combattere per sé stesso, come i guerrieri vittoriosi di cui parla il libro di Sun Tzu, l’Arte della guerra. In fondo si tratta di tradire il suo boss, che volete che sia.

Se ha un dono, questo protagonista che parla di sé in prima persona, è l’estrema onestà: non ci nasconde nulla del suo essere “una pistola in vendita”, come diceva Graham Greene. Certo, ha una sua etica professionale, ma nel corso del racconto lo seguiremo mentre prepara i suoi omicidi, le sue strategie in coppia con la manager per sopravvivere.

Non mancheranno i colpi di scena, le sparatorie, gli inseguimenti, i momenti in cui si ritroverà ad un passo dalla morte. Tutto raccontato con estrema franchezza e anche con un pizzico di ironia.

Ma c’è poi anche il racconto sul lato criminale di Milano, la città “vorace, rapace e capace” e della Lombardia: una criminalità che cerca di attirare meno attenzioni possibili, perché gli omicidi fanno rumore e la politica non vuole problemi, meglio prendersela con i migranti, i nomadi.
Una criminalità che stringe mani con assessori, che ha a libro paga professionisti e uomini delle forze dell’ordine. Che entra nel mondo delle imprese rendendo difficile distinguere tra imprenditoria sana e corrotta. Finché non incontrano certi manager, che sanno essere più spietati e freddi dei boss:

Prima lo sospettavo, ora ne sono sicuro. Certi manager, anche se hanno la carnagione di un bebè, un fisico atletico, una volontà d'acciaio, si intendono di musica e di cibi, frequentano l'alta moda e hanno studiato alla Cattolica e magari vanno messa, possono essere killer straordinari. Più straordinari di noi miseri killer cresciuti in una terra desolata.

La scheda del libro sul sito di Feltrinelli editore

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