15 novembre 2025

Anteprima inchieste di Report – giornalisti spiati, traffici di armi, l’antimafia in Veneto

Altra domenica altra puntata di Report: i servizi che andranno in onda domenica 16 novembre spazieranno dal caso Paragon, i giornalisti spiati da un sw israeliano venduto solo a governi (come quello italiano), alberghi costruiti senza autorizzazione e operaie costrette a scioperare per due giorni per chiedere il rispetto dei loro diritti. Infine traffici di armi coi paesi del nordafrica perché dobbiamo aiutarli a casa loro.

La tutela dell’ambiente

La Repubblica italiana – sancisce la nostra Costituzione nell’articolo 9 – “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. ”

Ma questo vale sulla carta: nella realtà colate di cemento ricoprono porzioni sempre più estese del nostro paese, anche in zone con rischio idrogeologico (alla faccia dell’interesse delle future generazioni), anche in zone dall’alto valore simbolico, come le Dolomiti.

Dove sorgono casette per turisti facoltosi senza autorizzazione. Tanto poi ci pensa la politica a sfornare la legge per rendere lecito ciò che lecito non era.

La scheda del servizio: LAB REPORT: STARLIGHT ROOMS

Di Lucina Paternesi

Dormire sotto la volta celeste nel cuore delle Dolomiti, a 700 euro a notte. È l'idea che ha avuto un noto imprenditore di Cortina D'Ampezzo che qualche anno fa ha realizzato le Starlight rooms, stanze panoramiche che ruotano fino a 360 gradi posizionate in quota e rivestite di legno e vetro per permettere, appunto, di osservare le stelle durante la notte. Peccato che chi le ha realizzate - e ha ospitato anche cantanti e attori famosi - non avesse le autorizzazioni per farlo, dal momento che la legge regionale sul turismo prevede il divieto di costruire sopra i 1.600 metri, ad eccezione di rifugi e bivacchi. A sanare le casette dell'imprenditore ampezzano ci ha pensato la giunta regionale che ha modificato la norma e ora ogni comune montano potrà dotarsi di almeno due stanze panoramiche anche sopra i 1600 metri d'altitudine.

La Repubblica che era fondata sul lavoro

Tre morti al giorno sul lavoro, persone licenziate con un sms, persone costrette a lavorare a nero, perché clandestine, perché dentro quella zona grigia dove non hai diritti.

Persone costrette a lavorare nei cantieri e nelle fabbriche con salari fermi da anni fino a quasi settant’anni, perché così chiede la produzione e il sistema del profitto. Quel sistema che si alimenta grazie alla gara al ribasso delle condizioni di lavoro, spostando la produzione in paesi dove mancano le tutele, i sindacati e dove è possibile spingere l’asticella della dignità personale dei lavoratori più in basso.

E se scioperi, lo scherno, la battutina, il “non avete voglia di lavorare”, se non peggio: il manganello, la repressione.. Report nel srrvozop do Marzia Amico racconterà la storia delle dipendenti di Max Mara e del loro primo sciopero. Per poter lavorare in modo dignitoso.

LAB REPORT: SFRUTTATE AL MAX

Di Marzia Amico

Collaborazione Carmen Baffi

Il 21 e il 23 maggio scorso circa 60 dei 220 dipendenti, donne soprattutto, della Manifattura di San Maurizio, uno dei principali siti produttivi della casa di moda Max Mara, hanno organizzato il primo sciopero dagli anni Ottanta, due giornate di protesta per denunciare condizioni di lavoro talmente stressanti da essere ritenute non dignitose.

Chi ha spiato i giornalisti?

Che segreto si deve nascondere a tutti i costi all’opinione pubblica italiana ed europea, sulla gestione dei migranti e sugli accordi coi paesi del nordafrica tanto da dover spiare dei giornalisti? Tanto da dover scarcerare in fretta e furia un criminale libico, responsabile delle torture contro i migranti nei lager libici, come Almasri?

Prego sempre voi – aveva detto il papa Francesco, morto lo scorso aprile, in una delle sue ultime apparizioni in pubblico affacciato in piazza San Pietro. Il suo discorso era rivolto ai migranti vittime delle violenze nelle carceri libiche.

Persone come David Yambio, sfuggito alla mafia libica che campa sul traffico dei migranti, che è riuscito ad arrivare in Italia nel 2022.

Aveva guidato la protesta contro i lager libici protestando davanti la sede di UNHCR a Tripoli: ora si è trasferito in Germania dopo aver vissuto in Italia per anni e collaborato con Mediterranea.

A Report racconta di aver compreso, in Libia, come la politica di tortura contro i migranti era solo opera dei libici ma addestrata e finanziata dai governi europei, attraverso il memorandum Italia Libia, che permette l’esistenza dei centri di detenzione.

Queste persone, arrivate in Libia, si sono ritrovate riunite nell’associazione ONG Refugees a protestare per la loro condizione, tutte assieme: non c’era più solo l’attivista bianco, sono persone che puntano i piedi per far valere i loro diritti di esseri umani.

Yambio nel 2024 riceve un messaggio da Apple che lo avvisa che qualcuno gli è entrato nel telefono: solo ai primi di giugno il comitato parlamentare per la sicurezza certifica, in una relazione al Parlamento che i nostri servizi segreti lo hanno intercettato per quasi un anno. Quale la sua colpa? Aver raccolto le testimonianze dei crimini contro l’umanità in Libia da presentare a diversi organi giudiziari, incluso la corte penale internazionale: “in quel periodo [tra il 2023 e il 2024 quando è stato intercettato dai servizi] stavo lavorando proprio sul caso Almasri, a novembre il mio telefono è stato hackerato.”

Un altro signore delle milizie si chiamava Al Kikli, era a capo di una delle più importanti a Tripoli prima di essere ucciso lo scorso 12 maggio, scatenando così una guerra per il controllo del territorio con le fazioni rivali.


Anche lui, come Almasri, nonostante fosse ritenuto responsabile di crimini e violenze contro i migranti, ha potuto viaggiare indisturbato in Italia: era atterrato a Roma a marzo per incontrare un ex ministro del governo di Tripoli mentre era ricoverato qui da noi dopo aver subito un attentato a Tripoli. A darne notizia era stato l’attivista libico El Gomati: “quella visita di Al Kikli voleva mandare un messaggio a tutte le milizie in Libia, siamo ancora vicini agli italiani, abbiamo ancora il supporto internazionale e possiamo continuare a fare quello che facevamo prima”.

Non c’era un mandato di cattura da parte della Corte Penale internazionale, è rimasto in Italia solo 2 ore, ma El Gomati aggiunge un altro tassello interessante, il rapporto tra la Al Kikli e la National Oil Company, una società partner di Eni in Libia.

Dunque i nostri interessi in Libia non solo legati ai migranti, da bloccare nei loro lager senza che nessuno veda, nessuno denunci. Con Eni noi siamo presenti nell’esplorazione e nella produzione di idrocarburi e siamo il principale produttore internazionale di gas che arriva a Gela attraverso il GrenStream. L’ultimo investimento di 8 miliardi da parte di Eni è stato firmato proprio a Tripoli il gennaio 2023 alla presenza di Giorgia Meloni.

Eccoli gli interessi strategici da difendere. Anche a costo di spiare qualcuno.

La scheda del servizio: L’OMBRA DELLE SPIE

di Luca Chianca

Collaborazione Alessia Marzi

Il caso Paragon scoppia alla fine di gennaio 2025. Luca Casarini e Beppe Caccia, i fondatori di Mediterranea, vengono avvisati con un messaggino sul proprio cellulare di essere stati infettati da uno spyware, un'applicazione invasiva, che, installata sul telefono, permette la raccolta di tutti i dati che vi sono contenuti. Pochi giorni dopo anche il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, riceve lo stesso messaggio. È solo l'inizio di una storia opaca che coinvolgerà altri attivisti italiani, stranieri, alcuni giornalisti e figure chiave come Francesco Gaetano Caltagirone e Andrea Orcel di Unicredit protagonisti delle ultime scalate bancarie che hanno ridisegnato il nostro sistema finanziario. Tra gli attivisti controllati c'è anche un sudanese rifugiato in Italia, David Yambio. Confinato in Libia per molti anni, riesce ad arrivare in Italia dopo essere stato imprigionato e torturato da Almasri, il capo della milizia libica Rada. Proprio nei giorni in cui scoppia il caso Paragon il governo italiano decide di rimpatriare in Libia Almasri, arrestato a Torino su mandato di cattura della Corte internazionale di giustizia.

Il traffico di armi coi paesi del nordafrica

Il cantiere Vittoria produce le motovedette che vendiamo ai paesi del nordafrica (e anche la Grecia): il nome non dirà molto agli italiani eppure la sua importanza va molto al di là delle sue dimensioni.


Fondato nel 1927 e gestito per generazioni dalla famiglia Duò: la sua fortuna arriva coi pattugliatori veloci e le motovedette, imbarcazioni militari vendute ai governi di mezzo Mediterraneo, dalla Libia alla Tunisia compresa l’Italia. È un’azienda strategica, centrale per il ministero degli Esteri e per i rapporti coi paesi del Mediterraneo. Così quando nel dicembre 2023 l’azienda va in crisi e viene ammessa la procedura di concordato preventivo da parte del tribunale di Rovigo, il futuro del cantiere diventa una questione di Stato.

Il passaggio dalla vecchia alla nuova proprietà imbarazza i vecchi dipendenti che non vogliono parlare al giornalista di Report.

Ne parla allora Davide Benazzo, responsabile Fiom di Rovigo: la crisi è stata legata al Covid, questo ha determinato un sovraccarico economico sull’azienda che non ha saputo poi, nel momento in cui c’è stato l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime che ha determinato un aumento dei costi.

Cosa c’entra questa storia con Federica Federici e la figlia che le è stata portata via?

A portargliela via è stato il padre che è un diplomatico libico e fratello di una importante addetta al ministero degli esteri di Tripoli oggi rappresentante presso la lega araba. La bambina è partita dall’Italia il marzo del 2022, in visita al nonno che non stava bene, la madre non poteva seguirli per motivi di lavoro. L’accordo era di non rimanere via più di due – tre settimane. Ad ottobre 2022, dopo la denuncia della signora Federici, il padre è sparito: avendole sottratto il passaporto, Federica non ha potuto partire per la Libia subito. Una volta pronto il visto, è potuta infine partire ma arrivata a Tripoli le ricerche sono state infruttuose, la città è una sede bellica e i funzionari dell’ambasciata non possono uscire se non scortati dal primo reggimento Tuscania. Federica ha vinto una serie di battaglie contro il padre della figlia: ha ottenuto un mandato di cattura internazionale, vince una causa presso le corti islamiche che le riconoscono l’affidamento della figlia e infine il Consiglio supremo del tribunale di Tripoli le riconosce un ordine nei confronti del marito di riconsegnare la figlia. Ma è stato tutto inutile.

Daniele Autieri poi racconterà la storia di Power Marine, l’azienda di Massa che produce gli scafi più veloci al mondo, richiesti sia dalle guardie che dai ladri. Anche il cantiere Vittoria ha incaricato la Power Marine di realizzare gli scafi. Ma alla Power Marine si sono rivolti anche i trafficanti albanesi e così il fondatore Corbellli è rimasto coinvolto in diverse indagini dall’antimafia. Nonostante questi problemi – tutti superati – la Power Marine è diventata un partner strategico del cantiere Vittoria un’azienda sottoposta alla golden power del governo italiano. È questa azienda che produce il pattugliatore della Guardia di Finanza. Come anche i pattugliatori per l’Oman.

Queste barche uscite dalla Power Marine sono finite nel cantiere della Vittoria per poter montare le armi, ma queste non verranno mai montate – per i problemi dell’azienda – e così le armi rimangono sugli scaffali del cantiere. Una vicenda molto strana, ancora da chiarire, quelle armi (in grado di sparare fino a 5000 colpi al minuto) non sono “oggetti” che ci si può dimenticare.

La scheda del servizio: BATTAGLIA NAVALE

di Daniele Autieri

Collaborazione Celeste Gonano, Andrea Tornago

Dal traffico internazionale di armi ai finanziamenti alla politica. È così che un’azienda strategica, sottoposta al golden power della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sarebbe stata trasformata in un crocevia affaristico di interessi che lambirebbero anche la criminalità organizzata.

È la storia inedita del Cantiere Navale Vittoria, l’azienda che produce motovedette militari vendute alle Marine e agli eserciti dei Paesi mediterranei (Libia, Malta, Tunisia, Grecia e Italia) e della crisi finanziaria che l’ha investita nel 2023.

Controllare il Cantiere Navale Vittoria significa mettere le mani su un settore strategico come quello degli armamenti, un tema che esplode nel mese di settembre quando all’interno del cantiere vengono rinvenuti due fucili mitragliatori Browning M2 che avrebbero dovuto essere montati su due motovedette destinate all’Oman. Sul loro ritrovamento indagano oggi la Guardia di Finanza e la Procura di Rovigo, così come sulla crisi del Cantiere Navale Vittoria.

Impresentabile a chi?

La scorsa settimana Report ci aveva raccontato di come la commissione antimafia fosse diventata terreno di scontro politico, non per contrastare le mafie ma per tener lontane dagli investigatori certe piste investigative.
In questo servizio si racconterà di come si sia comportata sul vaglio dei candidati alle prossime elezioni regionali in Veneto.

LA scheda del servizio: UN AMICO È PER SEMPRE

di Walter Molino

Collaborazione Andrea Tornago, Celeste Gonano

Per la Commissione antimafia nelle liste delle prossime elezioni regionali in Veneto non ci sono candidati “impresentabili”: ma è davvero così?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.


13 novembre 2025

Nei luoghi più oscuri di Carlo Lucarelli


Undici racconti, alcuni lunghi solo poche pagine, altri quasi un romanzo: undici storie che raccontano di cosa succede nei “luoghi oscuri” del nostro paese, nelle pieghe del potere, quello vero, delle mafie e dei politici a libro paga. I luoghi oscuri dove la criminalità incontra uomini dello stato e si fa fatica a distinguere chi siano i buoni e chi siano i cattivi. Anche i luoghi oscuri dell’animo umano, dove covano rancore, rabbia, odio, desiderio di vendetta.

Pensate che sia facile scrivere un racconto, solo perché sono poche pagine? Non è così: Lucarelli è bravo nel raccontare queste storie “oscure” che ci raccontano l’altro volto dell’italietta che hanno al centro personaggi che catturano fin da subito la nostra attenzione.

Chi ha letto i libri di Simenon lo sa bene, per descrivere una persona non servono tante pagine di descrizioni, basta un tic nervoso, una particolarità unica, come il mordersi l’interno delle guance o la ritrosia nel doversi spogliare di fronte ad un uomo. Oppure qualcosa nell’aspetto, come il killer che non sembra un assassino perché ha la faccia da brava persona o la magistrata “bambina” che invece si rivelerà una tipa tosta.

«I racconti vanno via veloci, e non soltanto perché sono piú rapidi dei romanzi, ma perché si disperdono piú facilmente, antologie, riviste, collaborazioni, prendono direzioni diverse e a volte si perdono. Per questo ogni tanto è bello raccoglierli, inseguirli e ritrovarli, quelli nati da una intuizione improvvisa o da un'occasione, che è come un dito che indica una direzione in cui non avevi ancora pensato di andare. È una mandria di cavalli diversi che una volta riuniti raccontano dove sono stati e tutte le volte è di nuovo una scoperta. E una sorpresa».

Questa raccolta è un viaggio nei luoghi oscuri dell’animo umano, nei luoghi oscuri del potere italiano, un viaggio anche lungo la nostra storia: dal periodo coloniale dove il nostro paese ambiva al posto al sole in Africa ma già era vittima dei mali eterni, la corruzione e il malaffare. L’Italia alleata con la Germania nazista, nel romanzo ambientato sulla crociera verso Buenos Aires. Passando a quella maledetta estate del 1980, con l’abbattimento dell’areo civile dell’Itavia sui cieli del Tirreno e la strage fascista a Bologna. Per arrivare fino ai giorni nostri.

Questi gli undici racconti, alcuni già pubblicati in precedenti raccolte

La bambina

Questo racconto è stato già pubblicato nella raccolta Giudici: estate 1980, l’estate dell’omicidio del giudice Amato, lasciato solo dai colleghi e dal CSM nella sua indagine impossibile contro la destra estrema romana e i suoi legami con le legge nascoste. L’estate di Ustica. In procura a Bologna la chiamano la “bambina”, quel magistrato così giovane che sta indagando su un caso di bancarotta: ma attenzione, dietro l’aspetto da bambina si rivelerà un’anima tosta, capace di resistere alle pressioni del potere deviato. Quello che ha dovuto gestire la democrazia a modo loro, coi dossier, coi ricatti, con le bombe ...

Niente di personale

Altro racconto già uscito nella serie Crimini italiani (e di cui è stata tratto anche un episodio della serie televisiva in Rai): in "Niente di personale" Carlo Lucarelli mette a confronto un onesto assassino su commissione, con un disonesto funzionario dello stato. Chi è peggio?

A girl like you

A Girl like you è stato pubblicato nella raccolta Giochi criminali: è un racconto dove incontriamo nuovamente Grazia Negro, che si ritrova coinvolta in questa indagine strana, con tante coincidenze che non la convincono, ma c’è anche la prossima gravidanza, che fare, andare avanti nel lavoro o lasciar perdere?

“Una donna, un tatuaggio, affari illeciti, due morti più o meno suicidi. Coincidenze.

Coincidenze?

Stella, Stellina, pensò Grazia mentre scendeva le scale.

Stella, Stellina.”

Il tassista, il poliziotto e il mostro

Un delitto, un solerte testimone, il coraggioso poliziotto che ha arrestato l’assassino di una coppietta sui colli sopra Bologna. Ma chi è il mostro?

Il terzo sparo

Una poliziotta a Bologna che si ritrova in mezzo ad un bivio: denunciare un collega, un poliziotto famoso con tanti arresti alle spalle, perché non le torna la ricostruzione di uno scontro a fuoco, oppure farsi i fatti suoi? Lara, così si chiama la protagonista di questo racconto uscito nella serie Killers & Co. a cura di Gian Franco Orsi, dovrà risolvere tutti i suoi dubbi, lasciandosi andare fino in fondo.

Anch’io sono leggenda

Un magistrato e un mafioso pentito che gli lascia un messaggio: morirai prima di Natale. Ma il magistrato si sente come il protagonista del romanzo di Richard Matheson, “Io sono leggenda”. Perché anche lui, sostituto procuratore della Repubblica che si ostina a fare la guerra alla mafia e ai mafiosi, si sente come quel personaggio, unico a dover combattere contro i vampiri.


Ferengi

Questa è una storia che si può raccontare con tre foto e un disegno – ci dice l’autore nelle prime righe. Sono le foto che ritraggono il barone Caraffa, nell’Africa Orientale, quando l’Italia impoverita dall’emigrazione, dalle disuguaglianze tra nord e sud si illudeva di diventare potenza coloniale cercando il suo posto al sole.
Un racconto che ci parla di una ragazza eritrea, Asmet, spaventata dagli incubi del suo “ferengi”, quell’anziano bianco che la guarda con quegli occhi che fanno paura.

Cosa sta chiedendo quell’uomo alla ragazza? E che storia ci raccontano quelle tre foto?

Ero un ragazzo prodigio

Un delitto avvenuto su una nave da crociera è un po’ come il delitto in una stanza chiusa. Ma qui chi può essere il maggiordomo da incolpare per la morte della bella Maria Gilberta?

Se ne deve occupare il commissario di bordo, uno che era un ragazzo prodigio prima di perdersi dietro la bottiglia e finire su una transatlantico che viaggia da Taranto a Buenos Aires.
Ma la passione per l’alcool non ha offuscato i suoi sensi da investigatore e così riuscirà a trovare il colpevole. Ma non a dare giustizia alla vittima. Perché siamo nel 1939, alla vigilia della guerra.

Un brutto momento

In questo romanzo facciamo un altro salto indietro nel tempo: ci troviamo in pieno 1800 nell’India Orientale, come si chiamava una volta la penisola malese e le sue isolette. Qui incontriamo il giornalista italiano Giovanni Salgari che deve intervistare il Rajah bianco, sir James Brooke.

È venuto in un brutto momento – gli spiega Brooke, perché ci sono stati dei disordini. Così la mentalità bianca chiamava i tentativi di rivolta dei malesi contro la prepotenza bianca, quella dei colonizzatori che imponevano la loro cultura agli incivili locali. Perché quello che è il sogno della democrazia da esportare a Sarawak, rimane sempre e solo il sogno di un tiranno. Coi villaggi bruciati e con le forche pronte ad impiccare i ribelli.

Sotto la luna

Ancora una volta ci troviamo in Eritrea, nel periodo successivo alla battaglia di Adua quando l’esercito di Menelik II sconfisse le forze italiane del generale Baratieri.
Nella città di Ghibla arriva un giovane tenente dall’Italia, un ufficiale figlio di altri ufficiali (nell’Italia divisa in caste funzionava così) che è alla ricerca dello scontro in battaglia e della gloria della guerra.

Ma si ritroverà di fronte al vero volto della guerra, scoprendo il “cuore di tenebra” dell’uomo e che nella guerra non c’è nessuna gloria.

Rapidamente

Questo racconto è stato pubblicato una prima volta nella raccolta Medical Thriller: protagonista è una ricercatrice bolognese che sta lavorando ad analgesico per il mal di testa innovativo. Si troverà coinvolta in una guerra tra aziende della farmaceutica, trovandosi di fronte un killer professionista attento ai dettagli, una bambina che ha addestrato come un suo animale personale. E un vicino di casa che ha bisogno di una cura per il suo mal di testa, “rapidamente”.

La scheda del libro sul sito di Einaudi
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

08 novembre 2025

Anteprima inchieste di Report – il costo del garante, l’antimafia della destra, i finanziamenti alla cultura

Che fine fanno i nostri panni sporchi?

Quello che qui in Europa si chiama fast fashion altrove si chiama sfruttamento della manodopera, inquinamento ambientale, finte filiere sostenibili.

Abiti comprati e gettati subito dopo perché fuori moda e perché tanto costano poco, abiti che fanno il giro del mondo (se ne era occupata anche Presadiretta in diversi servizi nelle edizioni passate).

Basterebbe caricare sui produttori la responsabilità di dare una seconda vita a queste capi, attraverso il loro riciclo. Perché se i panni non sono riciclati e finiscono nelle mega discariche, inquini di più e devi pagare di più.

LAB REPORT:PANNI SPORCHI

Di Lucina Paternesi
Collaborazione Cristiana Mastronicola, Silvia Scognamiglio

Che fine fanno gli abiti che non indossiamo più e che gettiamo nei cassonetti per la raccolta del tessile? Assieme a Greenpeace Report ha provato a seguire la filiera dei rifiuti tessili, un vero e proprio viaggio intercontinentale che racconta come una camicia di marca può finire nei mercatini dell’usato e del vintage del nord Europa, mentre gli indumenti fast fashion possono finire in discariche a cielo aperto nel sud del mondo. Dal mercato degli stracci di Ercolano fino al second hand in Olanda, gli abiti che non indossiamo più macinano chilometri su chilometri, mentre gli operatori della raccolta soffrono la crisi del mercato e all’orizzonte si affaccia l’introduzione della Responsabilità estesa dei produttori per far pagare chi più inquina.

Il costo del garante

Visto che la destra di governo si è sempre preoccupata dei costi del superbonus, dei costi del reddito di cittadinanza, Report ha avuto la premura di verificare quanto ci costa questa authority, a tutela dei nostri dati personali che si è scoperto essere molto poco indipendente e molto attenta alle richieste dei referenti politici.

Thomas Mackinson ha pubblicato sul Fatto Quotidiano una anticipazione del servizio che riguarda i rapporti tra l’Italia e le grandi piattaforme tecnologiche americane: il garante dovrebbe tutelare come queste piattaforme, Meta ad esempio, accedono e usano i nostri dati personali. Il garante – racconterà il servizio di Report – avrebbe ammorbidito la sua posizione nei confronti di Meta, abbassando la multa da 44 ml di euro a 12,5 ml, un bello sconto frutto anche delle pressioni da Palazzo Chigi

Nei verbali interni del Garante, mostrati da Report, Ginevra Cerrina Feroni – vicepresidente dell’Authority – sottolinea il rischio di un possibile danno erariale: “Qui una sanzione di 44 milioni che noi non irroghiamo… ci possono essere altri profili di responsabilità, perché quei soldi entrano nelle casse dello Stato”. Il 16 ottobre 2024 Ghiglia e Mazzetti vengono immortalati insieme a ComoLake 2024, il forum sull’innovazione digitale promosso dalla Presidenza del Consiglio. Il giorno dopo il collegio ammorbidisce la posizione verso Meta e la sanzione scende dallo 1% allo 0,28% del fatturato annuo. Un episodio che, secondo Report, solleva nuove ombre sull’indipendenza dell’Autorità e sui rapporti tra il Garante e le Big Tech che dovrebbe controllare.

C’è anche dell’altro: l’ex parlamentare missino poi entrato nel collegio del Garante, Agostino Ghiglia, avrebbe avvisato in diretta l’allora esponente della minoranza, Giorgia Meloni, di alcune criticità emerse dal “decreto riapertura” del governo Draghi

Gravi criticità per i pass vaccinali”. Così scriveva il Garante per la Privacy il 23 aprile 2021, nel pieno della pandemia, inviando un formale invito al governo Draghi a correggere il decreto “Riaperture”. Ma qualcuno sollecita a guardare l’ammonimento l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni, allora leader di Fratelli d’Italia, partito di opposizione tra i più duri contro l’introduzione del Green Pass.

Secondo documenti esclusivi in possesso di Report, che anticipa un’inchiesta in onda domenica, il componente del Collegio del Garante Agostino Ghiglia, nominato su indicazione di FdI, ha avvisato Meloni della decisione praticamente in diretta.

La leader di FdI avrebbe risposto con un messaggio laconico: “Visto, ora esco”. E poi “bravo“. Ghiglia – racconta l’inchiesta – avrebbe poi informato gli uffici del Garante di quell’interlocuzione. La nota di Meloni esce solo dopo, ma è la prima e sola a commentare: “Il Garante per la Privacy boccia le cosiddette ‘certificazioni verdi’ introdotte dal governo Draghi e critica duramente il decreto ‘Riaperture’ (…). È l’ennesima falla di un decreto inaccettabile, che calpesta le più elementari libertà degli italiani e che Fratelli d’Italia contrasterà con forza in Parlamento e non solo”.

GARANTE ACHI?
di Chiara De Luca
Collaborazione Eleonora Numico

Report ritorna sul Garante della privacy e sulle spese che sostiene, anche di rappresentanza. Come vengono spesi i soldi del Garante?

L’antimafia secondo la destra

A parole siamo tutti contro la mafia. Poi però: separazione delle carriere (anticamera del controllo della politica sulla magistratura come diceva quel Borsellino per cui Meloni ha iniziato a fare politica), limite alle intercettazioni, limiti alle indagini sui colletti bianchi.

E poi questa commissione antimafia che è diventata un terreno di scontro politico contro i partiti di opposizione e contro certe figure chiave, come l’ex magistrato Roberto Scarpinato.

Colpevole di essere una delle ultime memorie storiche degli anni delle bombe, dello scontro frontale della mafia con lo Stato, della trattativa.
Tutto per nascondere la famosa "pista nera" di cui Report si è occupata più volte, una pista investigativa che lega assieme estremismo di destra, servizi, mafia e le logge coperte.

LACOMMISSIONE DELLA DISCORDIA
di Giorgio Mottola
Collaborazione Norma Ferrara, Greta Orsi

Da quando si è insediata la nuova presidente Chiara Colosimo, la Commissione parlamentare Antimafia è diventata un terreno di scontro, veleni e veti incrociati. Lo scorso ottobre la maggioranza ha presentato un disegno di legge in Senato per escludere dall’organo parlamentare d’inchiesta due tra i membri più autorevoli e competenti: Federico De Raho e Roberto Scarpinato. Opposizioni e associazioni dei familiari delle vittime di mafia e delle stragi neofasciste contestano invece il potenziale conflitto di interessi della presidente Colosimo sui presunti rapporti con esponenti della destra eversiva e con lo zio Paolo, condannato per aver fatto da tramite tra Gennaro Mokbel e le cosche di ‘ndrangheta. La deputata di Fratelli d’Italia ha sempre dichiarato di aver interrotto i rapporti con il fratello di suo padre subito dopo l’arresto. Ma Report ha raccolto nuove testimonianze e documenti che sembrano raccontare una storia diversa. Nella lunga intervista che ha rilasciato alla nostra trasmissione, Chiara Colosimo racconta la sua versione sui rapporti con gli ex terroristi neofascisti, su Paolo Colosimo e su alcune foto che rispuntano fuori dal passato.

I finanziamenti alla cultura

Come vengono spesi i soldi del ministero della cultura o da altri ministeri?

Continuano le inchieste di Report sul nuovo corso meloniano, tra conflitti di interesse e un occhio di riguardo per associazioni amiche.

GIÙ LA MASCHERA!
di Luca Bertazzoni
Collaborazione Marzia Amico, Samuele Damilano

Dopo il declassamento de La Pergola di Firenze da teatro nazionale a teatro cittadino, scelta che ha portato alle dimissioni di tre membri della Commissione consultiva per il teatro del Ministero della Cultura, l’inchiesta di Report fa luce sulle associazioni che hanno ottenuto dei finanziamenti statali. E poi accende un faro sulla Commissione consultiva per il circo, dopo un esposto presentato in Procura per possibili conflitti di interesse da parte di alcuni membri.

06 novembre 2025

Strani frutti – Sarti Antonio nel tempo dell’indifferenza di Loriano Macchiavelli

Primo siparietto

Un lungo passo indietro a cura e spese del Nullatenente, come per i siparietti che seguiranno, e con gente più o meno nota.

Avi da ste a save, chèra la mi zènt. Dovete stare a sapere, cara la mia gente... Cominciava invariabilmente così il contastorie delle nostre montagne, e i convenuti al trebbo dalle case circostanti si predisponevano all’ascolto di una vicenda umana già sentita l’inverno precedente e il precedente ancora..

Questo "Strani frutti" è il secondo romanzo della trilogia di Loriano Macchiavelli, scrittore bolognese autore della serie del maresciallo Santovito scritta assieme a Francesco Guccini che ho tanto amato. Il primo volume si intitola "La stagione del pipistrello" e ci preparava a suo modo il terreno per questo secondo, ambientato in un futuro nemmeno troppo lontano, in cui l'Europa è diventata una federazione di stati sovrani governati da partiti di estrema destra e dove l'ordine regna sovrano. Specie se a gestire l'ordine sono le "squadracce" di sicurezza, la sui sigla ci porta dritta a quel brutto passato che abbiamo davanti a noi, SS.

Quindi, dovete stare a sapere, cara la mia gente, che una volta esisteva l’Unione Europea e la gente, appena uscita dalla Seconda guerra mondiale, si sentiva più tranquilla..

Come si è arrivati a tutti questo? Se lo chiede anche l’io narrante, che poi è l'alter ego di Sarti Antonio con cui ha anche un difficile rapporto, spiegandoci come la lotta per la liberazione dal nazifascismo, che ci ha portato alla democrazia, non ci ha reso immuni per sempre da questa malattia, il ventre che ha figliato la bestia, il male assoluto come lo abbiamo chiamato alla fine della seconda guerra mondiale, è ancora fecondo.

Pensavamo di aver detto la parola fine al fascismo e al nazismo e ora ce li ritroviamo ancora qui, non solo negli slogan, nelle parole d’ordine (dio patria e famiglia, patrie da difendere da nemici esterni..). Ma anche in come vediamo morire la nostre democrazie. Col controllo della stampa, col controllo del pensiero. Col controllo delle scuole, degli atenei..

Tutto è successo quando non abbiamo voluto vedere l’odio contro i migranti. Quando in nome della sicurezza abbiamo accettato una riduzione delle nostre libertà, la libertà di manifestare in piazza, per esempio.
Abbiamo accettato tutto questo anche noi: “è cominciato quando vi siete lasciati sommergere dall’indifferenza” ci dice questa voce della coscienza. E il potere delle bestia si nutre delle nostre libertà.

Il precedente romanzo terminava con Sarti Antonio sergente che, salvata da una brutta fine la "Biondina", l'eterna fidanzata, se ne scappava sui monti dal cugino Dido, lasciandosi alle spalle i suoi nemici e pure il suo lavoro di questurino. E perfino la sua colite spastica..

Ma, come ci racconta la voce narrante, il nullatenente, non è lui che ha scelto quel lavoro di poliziotto ma è stato quel lavoro a scegliere lui.

E così si troverà anche qui in questo paese sperduto, con una osteria (“Ustaria ’dla streia negra”), una chiesa e un bottega dove comprare il caffè, ad dover indagare di nuovo.

Gli alberi del sud danno uno strano frutto,

sangue sulle foglie e sangue sulle radici,

un corpo nero dondola nella brezza del sud,

strano frutto appeso agli alberi di pioppo.

Questa è la poesia di Billie Holiday dove i frutti sono i corpi delle persone di colore appese agli alberi, vittime di quell’odio razziale che nel sud degli Stati Uniti contro i diversi, i neri.
Lo strano frutto che una fredda mattina di inverno si trova davanti Sarti Antonio è quello di “Somalia”, un ragazzo arrivati qui da lontano, dopo un viaggio della speranza, la speranza di una vita migliore, non quella di finire impiccato per i piedi ad un albero. Lavorava presso un benzinaio, ma per qualcuno era intollerabile che una persona di colore potesse fare una vita normale. Come tutti.

Sarti Antonio sergente non lo sa, ma da qui in poi la sua vita prenderà una direzione diversa. Perché finirà nel mirino del maresciallo della benemerita, non uno come Benedetto Santovito per intenderci, ma piuttosto un servo zelante del potere.

Tira una brutta aria in Europa, ma anche in questo paese non si scherza: tra i monti si sono accampati proprio i ragazzi di una delle squadracce, le SS (le squadre di sicurezza), per addestrarsi.

Per addestrarsi a far rispettare il loro ordine, la legge del più forte, nelle piazze, nelle case.

Non me la sento di voltarmi dall’altra parte. Se c’è un mestiere che non lo permette, credo sia il mio. Dovevi vedere quel disgraziato…

Chi è stato a fare questo a Somalia? Sarti Antonio torna ad essere il Questurino che era, forse a Bologna lo vogliono pure riprendere in polizia. Ma capisce che non è più il momento di stare a guardare: in questa indagine avrà a fianco la sua Biondina, Dido, il talpone Rosas e Benito, il benzinaio che a dispetto del nome, è un anarchico convinto e con tanto di mitra.
L’indagine sui monti diventa anche l’occasione per ricordare le stragi nazifasciste che hanno insanguinato questi luoghi nell’inverno del 1944, quando qui passava la linea Gotica.
Da Sant’Anna di Stazzema a Marzabotto.

.. a Marzabotto il calendario segnava 29 settembre 1944. In tre giorni 1830 civili massacrati, colpevoli di vivere nel territorio controllato dalla brigata Stella Rossa

Un pellegrinaggio civile sui luoghi dove è nata la nostra democrazia. Dal sacrificio dei soldati che hanno combattuto per la libertà e dai ragazzi che hanno combattuto nella Resistenza.

Ragazzi giovani, come i soldati brasiliani del corpo di spedizione venuto con le navi qui, in un paese che non conoscevano, nel freddo e nella neve, per darci la libertà.

Tante madri italiane e madri brasiliane che allo stesso modo e con le stesse parole hanno salutato i loro figli non li rivedranno. Sempre dalle terre più povere è rubato il sangue per le guerre.

Quella libertà che non è un bene duraturo: perché il futuro che sembra palesarsi davanti a noi assomiglia al brutto passato che pensavamo esserci lasciato alle spalle.

Pensiamo veramente che i Putin, i Netanyahu, i falchi della guerra, persone che si prendono il diritto di uccidere dei civili perché ostacolo al loro modello di sicurezza, siano molto diversi dai dittatori del secolo passato?

Un romanzo quasi distopico, un viaggio nel nostro passato sempre più simile al futuro delle nostre autocrazie, dove un popolino bisognoso di sicurezza delega al potente tutto il potere che richiede.

Ma siamo ancora in tempo per cambiare rotta e non doverci ritrovare ancora a difenderci sui monti perché come dice nel finale lo stesso Sarti Antonio sergente – che in questo romanzo sarà costretto ad impugnare le armi - “La libertà conquistata con le armi è sempre stata di breve durata.”

La scheda del libro sul sito di Mondadori
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

01 novembre 2025

Anteprima inchieste di Report – il garante e Sangiuliano, i fondi della cultura e la terra dei fuochi

Il memorandum con la Libia

La difesa dei valori occidentali, per cui vale la pena spendere centinaia di miliardi sacrificando il welfare e altre voci per il sociale, passa anche per il memorandum con la Libia.
Già Presadiretta ci aveva raccontato di cosa si nasconde, nemmeno troppo,dietro questo accordo siglato inizialmente dal governo Berlusconi e poi aggiornato dal centrosinistra con Gentiloni e Minniti (presidente di una Fondazione legata a Leonardo, azienda nel settore degli armamenti).
L’accordo serviva a delegare alla Libia la gestione dei migranti eppure, come raccontano le cronache, gli sbarchi (e le morti in fondo al mare) continuano. Perché la propaganda della destra (e anche di un pezzo del centro sinistra) deve pur alimentarsi in qualche modo, no?

Report è salita a bordo della Ocean Viking per mostrare a chi è interessato ad andare oltre la propaganda della destra, la situazione dei soccorsi in mare.

Il servizio mostrerà un intervento dei volontari per salvare dei migranti abbandonati su un gommone davanti la Libia: arrivano a bordo sporchi, piedi di sale, sabbia, gasolio – racconta a Report uno dei soccorritori. Sono persone che vengono in maggior parte dal Nord Sudan, dalla Nigeria e dal Burkina Faso. Il capo missione spiega che sono partiti da Misurata, sono rimasti in mare da 17-18 ore: una volta a bordo e ricevute le prime cure, sulla nave ci sono delle attrezzature per lo svago per chi ha affrontato un viaggio così lungo e disperato. Poi delle lezioni di italiano, per imparare a dire il proprio nome. Poi arriva l’assegnazione del porto di sbarco a Ravenna, a cinque giorni di distanza dal luogo delle operazioni, un modo per rendere più difficile le operazioni di recupero e aumentare il disagio dei migranti a bordo, oltre ad un impatto economico per la nave enorme.

Si toglie una nave e del personale preparato a bordo da una zona dove le persone muoiono ogni giorno – racconta a Report il capo missione Angelo Selim. Persone che hanno pagato per il lungo viaggio dal loro paese verso la Libia, che hanno pagato i carcerieri in Libia, dopo aver subito le peggiori torture. Con i ricatti alle famiglie per far pagar loro il riscatto. Poi il viaggio verso l’Italia con la paura di essere nuovamente catturati dalla guardia costiera libica, quella pagata e addestrata dal governo italiano, col rischio di dover tornare indietro nelle prigioni.

Ho pagato 9000 euro per questo viaggio, ma almeno adesso ho una speranza.”


LAB REPORT: MARE MONSTRUM

Di Rosamaria Aquino
Collaborazione Norma Ferrara

Report ha trascorso due settimane su una nave Ong che opera soccorsi in mare, per raccontare cosa accade nel Mediterraneo otto anni dopo la firma del Memorandum fra l'Italia e la Libia per la gestione dei flussi migratori.

Come si spendono i soldi del ministero

Il neo ministro Giuli era stato chiaro, “coi soldi dei contribuenti bisogna stare attenti”, basta finanziamenti a pioggia agli amici come ha fatto la sinistra per anni, “non si può giocare coi fondi pubblici”.. Report racconterà dei 61 ml stanziati dal suo ministero (in un bando del 2025) per produrre film su personaggi e avvenimenti dell’identità culturale italiana.

Ma chi stabilisce cosa promuove l’identità culturale italiana – si chiede giustamente l’attore Elio Germano? Chi stabilisce qual è l’identità? Ma soprattutto, si chiede, si conosce la storia del cinema italiano?

A me sembra che la storia del nostro cinema sia fatta da film che ci mettevano in crisi, in critica e ci hanno fatto crescere molto di più di tanti proclami e di tanta propaganda. Ma neanche nelle peggiori dittature si pensano dei film di propaganda in questo modo.
Tutto questo rientra in un’ottica di revisionismo culturale, “in una logica di piccolezza, proprio una scarsità di competenza, di sensibilità, di vedute. È una micragnosa volontà di assicurarsi il proprio futuro.”

La scheda del servizio: TITOLI DI CODA
di Luca Bertazzoni
Collaborazione Marzia Amico, Samuele Damilano

Dopo le misure correttive sul tax credit attuate dai due ministri della Cultura del Governo Meloni, il cinema italiano sembra essere in crisi, come testimonia in esclusiva davanti alle telecamere di Report Elio Germano, vincitore del David di Donatello del 2025 come miglior attore protagonista. L’inchiesta si occupa dei finanziamenti statali che hanno ricevuto alcune case di produzione per film che poi hanno ottenuto scarsi incassi al botteghino.

L’authority che dovrebbe essere indipendente

Report torna ad occuparsi dell’authority sulla privacy e dell’incontro di Giglia, uno dei membri con esponenti di FDI poco prima del voto su Report.
Nel servizio che andrà in onda domenica sera si racconterà delle pressioni dell’ex ministro Sangiuliano e della moglie su Ghiglia che a sua volta gira il ricorso alla sua segreteria, chiedendo di intervenire. In particolare ad essere coinvolta sarebbe Cristiana Luciana che poi è la moglie di un deputato di FDI, Luca Sbardella, membro della giunta per le elezioni e della commissione di Vigilanza sulla Rai (e su Report stessa).
La signora Luciani nega ogni pressione da parte del partito, “queste sono cose molto gravi” risponde alla domanda della giornalista. D’altronde non è nemmeno una cosa normale questi rapporto tra un membro dell’Authority ed esponenti di un partito (governo o minoranza non fa differenza).

Come non sembra normale nemmeno la storia dell’interrogazione parlamentare presentata dai deputati Bonifazi e Boschi sui lavori di ristrutturazione della villa della presidente Meloni.

L’esponente dell’Authority Ghiglia ha chiesto una verifica su questa interrogazione per capire se fosse o meno un diritto dell’interrogante avere una risposta a tutte le domande in dettaglio o se qualcosa si potesse coprire. Una verifica da fare in urgenza.

Luca Ciriani, ministro per i rapporti col Parlamento da questa risposta ai deputati: non sono stati stanziati fondi dai ministeri per i lavori nella villa di Meloni, non è stato usato denaro pubblico dunque non si ravvedono motivi per fornire un elenco dei fornitori privati, di acquisti personali, per non venir meno alle aspettative di riservatezza.

La trasparenza vale solo se ci sono fondi pubblici?
LA giornalista di Report ha chiesto a Ghiglia del perché della sua attivazione, ricevendo una risposta al limite dello sgarbato, “preferisco rispondere a Ranucci perché più simpatico”.

A votare a favore della sanzione a Report è stato anche il presidente Stanzione, maestro e gioda dell’avvocato Salvatore Sica, fratello dell’avvocato difensore di Sangiuliano, Silverio Sica. Salvatore Sica è stato anche consigliere giuridico nel ministero della cultura diretto da Sangiuliano. C’è un rapporto diretto col presidente tanto che – racconta il servizio – Sica ha contribuito alla realizzazione di una collana “Studi in onore di Pasquale Stanzione”.

Tra il 2023 e il 2024 vengono assunti dal garante, tramite concorso, il nipote di Salvatore Sica e la fidanzata del figlio.

La giornalista di Report ha chiesto all’avvocato Domenico Sica se nel passato avesse già difeso Sangiuliano ottenendo come risposta “chi se ne fotte, ma la smettete con questo modo di fare giornalismo..”

Cosa c’entra tutto questo, sbotta Sica di fronte alle domande di Chiara De Luca: alle persone interessa sapere che genere di rapporti esistono tra membri di una authority e una persona che si è appellata a loro con un esposto. Perché i rapporti ci sono.

La scheda del servizio: L’AUTORITÀ DEL GARANTE
di Chiara De Luca
Collaborazione Eleonora Numico

Report ritorna sul Garante della privacy. Agostino Ghiglia, membro del collegio, il giorno prima della sanzione a Report si è recato in via della Scrofa a Roma, nella sede di Fratelli d’Italia. Perché?

La terra dei fuochi brucia ancora

L’Europa ci aveva chiesto di sanare le discariche illegali di rifiuti in Campania e invece, nel silenzio generale, non solo si continuano a sversare rifiuti nelle campagne ma ogni tanto viene appiccato qualche incendio per cercare di nascondere le prove. Ma a prendere fuoco, anche qui casualmente, sono anche gli impianti di stoccaggio rifiuti, finiti sotto sequestro perché accumulano materiale più di quanto consentito.

A Pignataro in provincia di Caserta non è la prima volta che un’azienda di rifiuti va a fuoco: “abbiamo subito 5-6 incendi” racconta a Report il sindaco.

Come l’incendio in località Palmieri di una azienda che qui non doveva esserci, perché dichiarata illegale e illegittima.

Non si è ancora scoperto nulla sulle cause degli incendi, risponde il sindaco: eppure il fumo dei roghi fa ammalare le persone, le persone si sentono abbandonate dalla sanità, dalle istituzioni, piuttosto che aprire ambulatori ed ospedali qui li chiudono nel casertano. In ogni famiglia ci sono persone ammalate dai veleni delle discariche illegali – è la testimonianza raccolta sul territorio da Bernardo Iovene.

Lo Stato dovrebbe intervenire con fondi propri per sanare i danni causati dal privato e poi rivalersi sul danno economico causato. Un danno economico, ambientale e sanitario: a fine settembre tutti i comitati della terra dei fuochi, che ormai si allarga anche a nord di Caserta si sono riuniti per dire no agli ambienti, chiedere le bonifiche e un piano straordinario per la sanità.

Qui ci dobbiamo essere per forza, perché noi siamo contro al disastro ambientale. Noi mamme non ce la facciamo più a dire basta.”
A queste manifestazioni sono presenti anche medici dell’ambiente vestiti in divisa: “noi stiamo vivendo una terra dei fuochi, sono 30 anni che non riusciamo a salvare nessuno ..”

Altre persone sfilano con le immagini di amici o parenti morti per le malattie causate dall’inquinamento ambientale.

Bisogna smetterla di prendere decisioni sopra la testa delle comunità, la sentenza CEDU parla molto chiaro indicando il coinvolgimento delle comunità” racconta a Iovene un membro del comitato, “ma oggi il governo sta andando in un’altra direzione.”

La sentenza della Corte dei diritti per l’uomo porta il nome del primo ricorrente contro l’Italia, Canavacciuolo: la sentenza dice che lo Stato italiano ha violato e calpestato il diritto alla salute dei cittadini, adesso le persone dopo questa sentenza si aspettano una svolta. Ma lo Stato, il governo, dopo appena due mesi dalla sentenza, a marzo, ha nominato un commissario unico per la bonifica delle discariche abusive in terra dei fuochi. Il generale dei carabinieri forestali Vadalà: “la sentenza è un pungolo a dover fare” risponde a Iovene il neo commissario, ma rimane una sentenza dei cittadini contro l’inerzia, se non peggio, dello Stato. Che qui dovrà faticare molto per ricostruirsi la sua credibilità.


Perché la terra dei fuochi brucia ancora, nonostante norme, leggi, e quant’altro – racconta Enzo Tosti fondatore del comitato “Stop Biocidio”. Caivano non era stato ripulito, come stabiliva il decreto Caivano del governo che fa rispettare le leggi? No, perché come spiega un altro esponente del comitato, il decreto è stato solo cosmesi.

L’unica novità dopo tanti anni di lotte è la sentenza della corte europea dei diritti dell’Uomo che da ragione ai cittadini e ai comitati e torto allo Stato.

Lo Stato dovrà occuparsi di Caivano e dell’area vasta di Giugliano, terra massacrata nelle falde, nella terra e nell’aria. Simbolo dell’inefficienza e dell’impotenza è un posto che verrà mostrato dalle telecamere di Report conosciuto come Ponte Riccio dove ai lati di un campo rom si accumula da decenni spunta un disastro che brucia puntualmente in tutte le stagioni.

E gli abitanti di Qualiano, un comune a fianco al campo, respirano la stessa aria: non può essere il comune ad operare di fronte a questo disastro, racconta il sindaco a Iovene, perché qui arrivano rifiuti da molti territori, non solo quelli limitrofi. Non si può chiedere ai comuni del territorio di smaltire questi rifiuti prodotti da una filiera industriale, perché poi i costi finirebbero sulla Tari dei cittadini. Qui le persone si ammalano respirando il residuo della combustione di guaine, eternit, vernici, rifiuti liquidi.

Il terreno è di un privato che però non ha i fondi per procedere, il comune non può attaccare il privato perché lo smaltimento dei rifiuti è avvenuto abusivamente e la legge ordinaria non consente di procedere in queste condizioni straordinarie.

Perché qui, a Ponte Riccio, bruciano anche i contenitori dei rifiuti speciali degli ospedali dell’industria chimica.

Ad accompagnare Iovene nella visita c’era un volontario di Kosmos Pasquale Pennacchio: su questo tema mi sento isolato confida a Report, la speranza sono le nuove generazioni.

La scheda del servizio: E BRUCIA ANCORA
di Bernardo Iovene
Collaborazione Lidia Galeazzo

La terra dei fuochi – in Campania - brucia ancora, ma una svolta potrebbe arrivare da Strasburgo. Una storica sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nata dai ricorsi presentati da cittadini e associazioni, obbliga lo Stato italiano ad agire concretamente per la bonifica ambientale e la tutela della salute nelle aree più colpite dall’inquinamento. In quest’area che comprende 90 comuni e circa 2 milioni e 600 mila abitanti, secondo la decisione della Corte entro due anni il Governo dovrà procedere alla bonifica dei siti contaminati e avviare programmi di prevenzione oncologica per le popolazioni esposte ai rischi ambientali. È già passato quasi un anno, il governo ha nominato l’ennesimo commissario, che nella sua prima relazione ha censito 293 siti, e ha calcolato una stima, solo per 81 siti di competenza pubblica, di 2 miliardi e mezzo di euro con un programma di interventi che va oltre i 10 anni. Nel decreto dell’8 agosto, però, i fondi stanziati ammontano a 15 milioni di euro, destinati unicamente alla rimozione parziale dei rifiuti in superficie. Intanto, i cittadini, i medici di base, gli oncologi e le associazioni locali continuano a chiedere azioni immediate, non solo sul fronte delle bonifiche ma anche per garantire screening gratuiti e regolari, soprattutto nelle zone dove si registrano picchi di malattie tumorali.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

30 ottobre 2025

L'orologiaio di Brest di Maurizio De Giovanni


Le ruote scivolavano silenziose per le strade deserte. L’uomo gettò un’occhiata fugace allo specchietto, e intravide la sagoma nera dell’auto che lo seguiva. Tutto normale, rifletté. Nessuno scarto fra la scorta e la sorveglianza. Sarebbe stato più comodo andare con l’autista, ovvio.

Cosa lega assieme un’eminenza (non solo grigia) con una studentessa che prende il bus tutti i giorni della città dei papi per arrivare a Roma?

E da dove nasce l’ossessione di Vera Coen, una giornalista di cronaca rosa, per un episodio del passato che l’ha segnata così profondamente? E cosa c’entra un professore di storia medioevale con la sua ossessione?

E chi questo strano “barbone” che, in una lontana città sul mare, ha il dono di aggiustare orologi, tanto da attirare clienti da tutto il mondo?

Maurizio De Giovanni si cimenta in una nuova avventura con questa Orologiaio di Brest, un romanzo corale dove incontriamo persone diverse, per carattere, estrazione sociale, che invece sono legate da un filo nero, o rosso se volete, nato tanti anni prima, gli anni della coda del terrorismo, dove persone pensavano che mettere bombe oppure organizzare omicidi politico fosse un atto politico (e non sto parlando solo di terroristi).

Un filo rosso, o nero, che si sviluppa in un viaggio avanti e indietro nel tempo, tra un tempo presente e un tempo passato che ancora getta ombre oscure sull’oggi.

Un viaggio che copre due città, o tre meglio, che nemmeno vengono citate ma che rimangono riconoscibili: la città del potere per eccellenza, Roma, la città dove si muove con la sua scorta questa “eminenza”, una persona che incarna quel potere che non ama mostrarsi ma che esiste, è tangibile, in grado di condizionare governi, eliminare personaggi scomodi, tenendo pulita la coscienza con quella “fede” per una volontà di dio da difendere:

Perché soltanto lui e il dio in cui credeva sapevano che le sue mani erano intrise del sangue che aveva versato.

Verso Roma, su un bus che raccoglie pochi studenti e molti pendolari, viaggia una ragazza che raccoglie gli sguardi di tutti gli uomini per la sua bellezza: una bellezza resa ancora più splendente per quell’amore che è come un fuoco che la scalda dentro ma che non può mostrare o raccontare in giro

Maddalena, però, avverte forte l’impulso di comunicare. È una ragazza di vent’anni, ed è innamorata. A tenerlo dentro, le sembra di scoppiare.

L’altra città è Napoli, mai citata, ma è lei il capoluogo che si affaccia sul mare, dove vive il professore Andrea Malchiodi, vittima del “casino” che l’aveva coinvolto nella sua università

Il casino, disse fra sé. Era quasi un anno, a conti fatti. Dieci mesi, per la precisione. Come ogni tempesta che si rispetti, era cominciato in sordina..
Un’accusa di molestie ai danni di una studentessa da cui non poteva difendersi, perché una volta che il venticello della calunnia era alzato, nessuno può imbrigliarlo. Ed ecco allora la sospensione dall’insegnamento, la separazione da una moglie e la fine di una relazione che evidentemente non era così forte, una figlia che fa fatica a staccare gli occhi dal cellulare quelle volte che lo vede..

Aveva quarant’anni, Vera, quasi come il verbale che stava esaminando per l’ennesima volta, e una passione immensa per la professione giornalistica.

Vera Coen è una giornalista, una direttrice che non la stima, che vorrebbe che scrivesse degli articoli come li vorrebbe lei e un collega che la copre quando anziché dedicarsi alla cronaca, passa il suo tempo su quelle carte vecchie di 35 anni. I verbali relativi alle indagini della morte di un magistrato, un giovane procuratore della città dei papi, morto in un attentato assieme al suo autista.

Cosa lega assieme queste persone così diverse tra di loro? Come un orologiaio esperto, De Giovanni costruisce un ingranaggio complesso dove,capitolo dopo capitolo, ogni pezzo troverà la sua giusta collocazione, anche temporale. “L’orologiaio di Brest” è un romanzo che affronta il lato oscuro della storia di questo paese, come aveva già fatto nei romanzi della serie di Sara: si parla di questa “entità” oscura che governa il potere superando gli oceani del tempo:

L’Entità che difende il bene, e che non ha remore a favorire colpi di stato, abbattere ideali e proteggere malviventi perché il bene si realizzi.

È l’Italia dove tutto deve cambiare perché nulla cambi, dove la ragione di Stato viene usata come pezza per giustificare omicidi e “strani incidenti” per togliere di mezzo pedine scomode.

Si parla della rivoluzione folle che i terroristi rossi volevano mettere in atto, diventare la miccia che incendia la prateria, la rivoluzione del proletariato, lo stesso proletariato però che non aveva alcuna intenzione di inseguirli in questo folle progetto.

.. mi rendevo conto che io stesso non ero che un vecchio orologio rotto. Fermo a un’ora che non esisteva più: il sogno di una rivoluzione folle che il mondo stesso non voleva, l’emancipazione di classi sociali che non chiedevano affatto di essere emancipate ma solo di sopravvivere

Dall’altra parte due persone come tante, il professore deluso da una carriera spezzata e la giornalista con l’ossessione della ricerca della verità: due persone legate da un tragico avvenimento del passato ma anche dal fatto di essere entrambi “figli” di genitori che forse non avevamo mai veramente conosciuto:

Vera annuì. Due figli, ecco che cosa siamo, rifletté. Una vuole ritrovare suo padre scoprendo quello che gli è successo; l’altro vuole proteggere ciò che gli resta di sua madre.

La scheda del libro sul sito di Feltrinelli
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25 ottobre 2025

Anteprima inchieste di Report – le nomine politiche e il nuovo ordine mondiale

“Libertà di stampa significa poter informare concretamente la gente e lottare per consegnare alle future generazioni un mondo migliore. Questo dobbiamo farlo ogni giorno, nel nostro piccolo”.

Sono le parole del conduttore di Report Sigfrido Ranucci alla manifestazione in solidarietà a Roma, dopo lo scoppio dell’ordigno davanti casa.

Lo stato di salute di una democrazia si misura anche dalla libertà di informazione e la libertà dei cittadini ad essere informati: non basta andare a votare, avere un parlamento eletto (specie se poi le decisioni contano sono prese fuori, “il potete è altrove” come diceva Sciascia).

In una vera democrazia non è la politica che decide cosa deve andare in onda e cosa no, che domande fare ad un politico e cosa no, che inchieste devono finire in prima serata e quali no.

In questi anni abbiamo abbassato a tal punto l’asticella dell’etica, del senso pubblico, del buon senso, della consapevolezza di cosa sia veramente una democrazia, da esserci dimenticati di questo. L’informazione controlla chi ha il potere, non è un suo megafono.

Ecco perché trasmissioni come Report danno fastidio: perché riportano le “cose” nella giusta direzione.

Per esempio spiegando cosa non funziona nella nomina come direttrice del teatro di Venezia La fenice Beatrice Venezi, fatta dal ministro della cultura senza consultare gli orchestrali.

Perché “il teatro la Fenice non deve essere una palestra per un direttore per ampliare il proprio curriculum” spiega una musicista.

La nomina della direttrice Venezi

Beatrice Venezi è stata scelta come direttrice musicale della Fenice da Nicola Colabianchi, una gioventù da estremista nero nel movimento di destra extraparlamentare Ordine Nuovo oggi considerato vicino a Fratelli d’Italia e a sua volta nominato pochi mesi fa sovrintendente dal ministro Giuli.
Anche la stessa Venezi è figlia di esponente di un movimento di estrema destra, Forza Nuova.

Insomma, una direttrice che potrebbe essere considerata vicina a questa destra (estrema) di governo che sta cercando di imporre, anche con queste nomine, la sua di forma cultura. Dopo aver per anni accusato la sinistra di aver occupato tutti gli spazi e aver egemonizzato la cultura italiana.

A destra si sono sempre sentiti discriminati – lo dice anche la stessa direttrice Venezi nella conferenza programmatica di FDI del 2022, quando è stata chiamata sul palco dal deputato Mollicone.

Che però, a domanda diretta di Report, spiega che no, non è una nomina politica, il sovrintendente ha facoltà di nominare chi vuole (come se Colabianchi non fosse stato nominato da Giuli..).

E’ una bravissima artista” prova a giustificarsi di fronte alle domande di Report, tanto da aver vinto l’ambito premio Atreju 2021, amica della presidente del Consiglio, consulente musicale dell’ex ministro Sangiuliano (oggi al TG1, ma prossimamente candidato in Campania).

E quindi qual è il problema? Il problema è un curriculum costruito dalla politica che le ha conferito incarichi uno dietro l’altro, rispetto ai precedenti direttori che avevano competenze costruite nel corso degli anni.

Silvia Massarelli è una direttrice d’orchestra, a Report prova a spiegare le ragioni della protesta contro questa nomina politica caduta dall’alto: “ci sono concorsi fatti? Sicuramente dirige nei teatri a destra e sinistra, ma andiamo a vedere quali teatri.. Una nomina così importante non si può assegnare a qualcunio che non abbia esperienza pregressa in questo ambito ..”

La Venezi è giovane e può crescere (grazie all’aiuto del governo amico)?
Risponde la direttrice d’orchestra “C’è un problema, il talento. La tecnica si può affinare, il talento o c’è o non c’è e nella Venezi non lo vedo nella maniera più assoluta. È una nomina imposta, calata sicuramente dall’alto. La politica non può entrare nella musica in questo modo.”
E nemmeno potrebbe entrare nella sanità, nell’istruzione e in tanti altri ambiti. Imponendo persone che hanno come meriti l’essere vicine alle sorelle Meloni, forse. O aver ricevuto un premio sul palco di Atreju..

La scheda del servizio: A NOI!

di Luca Bertazzoni

Collaborazione Marzia Amico, Samuele Damilano, Eleonora Numico

Partendo dal caso del maestro Beatrice Venezi, nominata direttrice musicale del Teatro la Fenice di Venezia fra le proteste e lo sciopero di tutti gli orchestrali dello storico teatro, Report ripercorre le principali nomine avvenute nei posti chiave del mondo della cultura: da Ales, società in house del Ministero, al cinema, dai teatri ai festival, dal Ministero stesso a Cinecittà, il cuore dell’industria audiovisiva nazionale.

Il manifesto di Ventotene e l’attacco agli organismi sovranazionali

Durante le comunicazioni alla Camera, la presidente Meloni aveva letto dei passaggi del Manifesto di Ventotene che lette estrapolate dal contesto, apparivano come propaganda comunista.

Antonella Braga, presidente della Fondazione Salvemini ed Ernesto Rossi spiega come il Manifesto sia genericamente europeista e federalista perché propugna gli Stati Uniti d’Europa secondo il modello costituzionale federale americano.

Come mai certi passaggi suonano di ispirazione marxista? Chi ha fatto il taglia e cuci per Meloni ha predisposto un testo decontestualizzato – spiega a Report Antonella Braga – travisato come alcune frasi estrapolate per cercare di dimostrare che è un testo anacronistico, pericoloso, antidemocratico, illiberale.

Se uno legge il testo integralmente – continua – si comprende l’assurdità di questa tesi: l’obiettivo è screditare le radici antifasciste del progetto europeo.

Finora in Europa nessun leader istituzionale aveva messo in discussione la figura di Altiero Spinelli il cui nome campeggia all’ingresso del Parlamento Europeo, che gli ha intitolato un’intera ala. Dal dopoguerra in poi Spinelli è stato celebrato dai più grandi leader europei, sia di destra che di sinistra, come uno dei precursori dell’Europa unita. Il suo ruolo storico è stato riconosciuto in Italia anche dagli esponenti di Alleanza Nazionale, il partito da cui proviene Giorgia Meloni.

Nel 2003 era stato Francesco Storace ad invitare il presidente Berlusconi a deporre un fiore sulla tomba di Spinelli a Ventotene.

L’attacco della presidente Meloni al Manifesto segue di qualche giorno l’uscita del report “The great reset” pubblicato dal gruppo conservatore (o meglio di estrema destra) Ucl European institute dove si usano le stesse parole: c’è un’ovvia coincidenza risponde a Report il presidente dell’Ordo Iuris Institute Kwasniewsky “perché c’è un’ovvia cooperazione tra i vari gruppi nazionali che sostengono il ritorno alle origini dell’Unione Europea”, il report è stato mandato a tutti gli europarlamentari, ai ministri e ai primi ministri della UE. Magari Meloni non lo ha letto direttamente, ma qualcuno dei suoi consiglieri si, l’avrà letto certamente.

Anche Nazione Futura ha partecipato a questo report, la fondazione di cui Giubilei è presidente e che con Report ha deciso di non parlare (diversamente da quanto risulta loquace nei talk).

Forse questo dipende dai contenuti estremamente controversi contenuti nel report: le due organizzazioni di estrema destra nel loro opuscolo di 40 pagine mettono in fila una lunga serie di proposte per arrivare alla dissoluzione dell’Unione Europea.

Perché l’Unione Europea non è una entità democratica – risponde il presidente di Ordo Iuris – è fondata come una organizzazione sovranazionale che col tempo ha sottratto potere agli stati nazionali e l’ha affidato a burocrati non eletti.

Cosa nasconde questo report? Dietro c’è un disegno politico che deve preoccuparci, parliamo dell’attacco all’Unione Europea come sistema politico che sta sopra alle nazioni, accusata di essere una istituzione sopra ai governi eletti (come se in Italia non avessimo il problema dell’astensionismo e delle leggi elettorali che limitano i poteri di scelta degli elettori).

Ma questo disegno politico, che vede dietro la destra estrema sempre più egemone in Europa e in America, sta in parallelo attaccando anche le Nazioni Uniti, a cui si minaccia di togliere il sostegno economico. Non è un caso che nella ricostruzione di Gaza (se vogliamo chiamarla così) siano state tolte di mezzo le ong delle Nazioni Unite come l’UNRWA per far posto a gruppi privati (legati magari alle lobby degli evangelici).

La scheda del servizio: PICCOLI TRUMP CRESCONO

di Giorgio Mottola

Collaborazione Greta Orsi

La prima puntata si apre con l’inchiesta di Giorgio Mottola con la collaborazione di Greta Orsi “Piccoli Trump crescono”. Lo scorso marzo, a sorpresa, Giorgia Meloni ha parlato del Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, come di un testo comunista e antidemocratico. Report ha scoperto che quello che sembrava un intervento estemporaneo farebbe parte di una precisa strategia di delegittimazione delle istituzioni europee che vede tra i protagonisti fondazioni, think tank e centri studi sovranisti europei, con la regia della più potente delle organizzazioni conservatrici americane: l’Heritage Foundation. Dopo la rielezione di Trump, infatti, sono aumentate in modo impressionante le ingerenze americane in Europa: si sono intensificati gli attacchi frontali a Bruxelles e figure di spicco della Casa Bianca vengono sempre più spesso nel vecchio Continente a sostenere pubblicamente i candidati sovranisti alle elezioni politiche nazionali. Per esportare i valori e la visione della democrazia di Donald Trump in Europa, 12 tra i più influenti think tank conservatori americani hanno incrementato negli ultimi 5 anni il flusso di soldi verso l’Europa del 200 per cento per una cifra complessiva di quasi 100 milioni di euro, e accresciuto enormemente l’attività di lobbying nelle istituzioni europee. In questo hanno costituito un network transatlantico che comprende decine di fondazioni e centri studi in quasi tutti gli stati europei. Come rivela a Report Steve Bannon, l’ex capo stratega di Donald Trump, secondo il quale l’obiettivo finale sarebbe arrivare alla dissoluzione dell’Unione Europea. E di questo scenario farebbero parte anche Giorgia Meloni e le fondazioni collegate a Fratelli d’Italia.

LAB REPORT: la fiera dei funghi ai Castelli Romani

Quest’anno il ministero dell’agricoltura ha speso 120 mila euro per piazzare il suo stand presso la fiera del fungo porcino di Lariano, ai castelli romani, un appuntamento fisso per fratelli d’Italia.

Purtroppo la visione del suo ministero è questa, soldi ad iniziative locali (e a soggetti vicini politicamente come Coldiretti) che non portano a nulla piuttosto che aiutare veramente l’agricoltura, in tempi di cambiamenti climatici e di eventi meteorologici sempre più estremi.

La scheda del servizio: PORCINI NOSTRANI

di Andrea Tornago

La Festa del fungo porcino di Lariano è una vera istituzione ai Castelli Romani. Ma da qualche anno a questa parte coinvolge politici nazionali e muove soldi pubblici. Cosa rende tutti pazzi per il porcino?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.