29 ottobre 2021

Le giovani generazioni e la disonestà intellettuale

 Alla fine, per far quadrare i conti, bisogna stare attenti a come si spendono i soldi ed evitare di creare troppo debito che pesi poi sulle spalle delle prossime generazioni.

Bene, bravo bis.

Ma poi, all'atto pratico, mai visto un governo che taglia la spesa se non toccando pensioni, sanità, scuola, welfare.

I soldi per il reddito di cittadinanza sono uno spreco (meglio tagliare le tasse alle imprese dicono da destra a destra) e quelli che prendono i sussidi non avendone diritto sono furbetti.

Mica come gli onesti evasori, o quanti avendone modo, fanno una bella elusione fiscale (ed essendo pure campioni sportivi diventano emblema del made in Italy).

Serve mettere a posto i conti? Perché non tagliamo la spesa militare, perché non tocchiamo l'evasione o la corruzione (due temi spariti dai radar)?

Sulle pensioni poi, c'è una tale disonestà intellettuale da far rabbia: a pesare sul futuro di chi entra adesso sul mondo del lavoro c'è il precariato, salari in decrescita (unico paese in Europa), lavori saltuari.

I giovani, quelli che voi oggi dite di voler proteggere, un giorno vi malediranno.

Da leggere:

Draghi sfrutta i giovani come scudo per i tagli DI DANIELA RANIERI 

Naturalmente i principali emissari di questa retorica pro-giovani sono i detentori di vitalizi, pronti a darsi fuoco quando gli si toccano privilegi da Ancien Régime, improvvisamente preoccupati per il destino dei giovani. I quali giovani sono stati massacrati da decenni di precariato, scientificamente privati del diritto alla futura pensione, costretti ad accettare ricatti, contratti finti, salari da fame e/o sostituiti da buoni pasto, tutto per volere del legislatore e dei governi anche di centrosinistra. Infatti il distruttore dello Statuto dei Lavoratori e inventore del Jobs Act (e della Buona Scuola, con la cosiddetta alternanza scuola-lavoro, una trovata per mettere i minorenni a lavorare gratis negli autogrill), twitta: “Che i sindacati attacchino il Governo sulle pensioni dimostra ancora una volta come parte dei dirigenti di questo Paese pensi solo a chi è già garantito e non ai giovani. Tanto il conto lo pagano sempre i nostri figli”. Giusto per geolocalizzarlo: il tweet parte da Riyad (o dall’aereo privato che ce lo porta), dove è atteso per parlare di “Cultura” (lui!) in cambio di soldi sauditi

Pensioni, la solita moda di usare i figli per picchiare i padri e i nonni di Alessandro Robecchi

Il trucchetto ha il suo fascino, e a volte funziona. A pensarci, è quello su cui basa la sua propaganda anti-immigrati Matteo Salvini che tuona “prima gli italiani”, cioè invita i penultimi (gli italiani poveri) a odiare gli ultimi (i migranti). Altro caso di scuola, la narrazione renzista che portò all’abolizione dell’articolo 18. Siccome moltissimi non l’avevano, invece di darlo anche a loro si additò chi ne usufruiva come egoista e privilegiato. Anche allora i giornali erano pieni di giovani che dicevano: io, precario, l’articolo 18 non lo avrò mai, e allora perché deve averlo un metalmeccanico? Il meccanismo culturale che sovrintende il “ridisegno” del sistema pensionistico è esattamente lo stesso: lasciare una moltitudine senza diritti e poi – fase due – additare chi i diritti ancora ce li ha come un pescecane profittatore. Questo il desolante quadro del dibattito: trasferire la guerra ai piani bassi della società, mentre ai piani alti si stappa e si festeggia la ripresa “oltre le previsioni”. Siamo sempre lì: un Monti, un Renzi, un Draghi, la stessa sostanza di cui sono fatti gli interessi dei ricchi.

28 ottobre 2021

Come siamo arrivati a questo?

 

Guardando ieri le immagini di giubilo in Senato per l'affossamento con ghigliottina del DDL Zan mi sono chiesto "come siamo arrivati a questo?"

E piano piano mi è anche arrivata la risposta.

In parlamento c'è una nuova maggioranza, il baricentro politico in Parlamento (e del governo dei competenti che nemmeno ha bisogno di consultarlo) si è spostato a destra. Una destra nemmeno troppo liberale e moderna.

Come è stato possibile, a sinistra, non accorgersene? 

E' iniziato tutto quando si è iniziato a guardare alla terza via, quando si è iniziati a dire che l'importante era vincere, alle elezioni, non importa chiedendo voti a chi.

Quando si è iniziato ad abbandonare a sé stessi gli ultimi per flirtare con chi sta sopra passando da un incarico politico ad un posto in un cda o in una banca (per es Minniti).

Ora, un centro sinistra dignitoso dovrebbe prendere atto di questo ed uscire da questa maggioranza: un atto che costerebbe molto, ma che almeno costringerebbe il governo (che non ha bisogno del parlamento) a cercarseli i suoi voti.

Per le pensioni (andremo in pensione più tardi degli altri, con meno welfare), per ritoccare al peggio il reddito di cittadinanza (al secondo no, per qualsiasi lavoro, perdi il sostegno), per ritoccare la giustizia (con la ghigliottina dei processi dopo due anni). Certo ci vuole coraggio.

L'alternativa è essere complici di questo scivolamento verso una democrazia svuotata delle idee e delle proposte della sinistra e perfino degli elettori.

Tanto, Draghi mica ha bisogno di presentarsi alle elezioni?

27 ottobre 2021

Angeli per i bastardi di Pizzofalcone, di Maurizio De Giovanni


 

Gli angeli esistono, magari non nelle forme in cui ce li immaginiamo o come se li immaginano i bambini che, nel primo capitolo di questo capitolo dei Bastardi, discutono con una suora della loro funzione - sono come dei supereroi? E perché non li vediamo volare, lottare coi cattivi, come i veri supereroi?

No, non sono questi gli angeli a cui fa riferimento il libro: sono le persone che stanno accanto a noi e che si prendono cura di noi, sono le persone che ci rendono migliori, ci permettono di superare i nostri problemi. Sono le persone che ci difendono, che ci fanno da scudo, da tutto il male che abbiamo attorno. Persone che ci mettono di fronte ai nostri problemi, costringendoci a guardarli e a non far finta che non esistano.

Questo nuovo romanzo della serie dei Bastardi si apre e si chiude con le domande che dei bambini si fanno proprio su queste entità astratte, con la candida ingenuità che solo i bambini possono avere ma, state tranquilli, rimane un romanzo con i Bastardi di Pizzofalcone, che sono in fondo angeli anche loro, vendicatori contro i soprusi, contro le crudeltà del mondo, per cercare di mettere ordine nelle cose.

Perché, come si ritrova a riflettere Lojacono in uno dei primi capitoli, è “la morte porta disordine” e lui, il cinese, per indole, è uno che deve mettere in ordine le cose, se possibile anche nella propria vita personale e sentimentale.

Il disordine in questa storia è quello causato dalla morte di un meccanico, Nando Iaccarino, che è stato trovato morto nel suo garage: un meccanico molto particolare in quanto metteva le sue mani solo su macchine e moto d'epoca e solo una alla volta. Molto particolare anche la sua officina, tutta pulita e linda come fosse un ospedale.

.. Iaccarino, che era un vero artista, teneva in officina una macchina e una moto per volta. Non aveva lavoranti, garzoni o giovani di bottega. Faceva tutto da solo, con quelle mani magiche. L'unica possibilità di ricevere assistenza era che avesse riparato il veicolo precedente per poterne prendere in carico un altro.

Era uno uno che faceva miracoli, un angelo (anche lui) con le macchine.

L'unica macchia, l'unico nota di disordine oltre a quella ferita mortale alla nuca, è quella chiave inglese ancora macchiata di sangue che qualcuno, l'assassino probabilmente, ha usato per colpire da dietro il meccanismo per poi riporla nella rastrelliera degli attrezzi dopo aver ripulito il manico, ma non del sangue.

Una rapina finita male? Un cliente con cui aveva avuto una discussione? Non torna nulla in quella scena del crimine, che sembra commessa per un impeto d'ira ma da una persona estremamente fredda da pulire tutte le sue tracce.

La morte del meccanico diventa quasi subito un caso mediatico, causando forti pressioni sulla squadra del vicequestore Luigi Palma, anche per questioni di potere dentro la Questura.

Sono ancora tanti i nemici dei Bastardi, invidiosi dei loro successi e la dottoressa Piras sembra non aver più voglia di fare loro da Angelo custode (ancora una volta gli angeli).

Non solo, la figlia del morto, Giulia Iaccarino, è la fidanzata di un importante finanziere, proveniente da una famiglia di industriali del sud, uno di quelli capaci di muoversi a proprio agio sia nella finanza che nella politica: un passo falso con queste persone sarebbe la fine per i Bastardi.

A farli uscire dallo stallo investigativo sarà l'ex sostituto commissario Giorgio Pisanelli, angelo custode dei Bastardi (ancora un altro angelo) per le sue conoscenze in quel quartiere dai mille volti che è Pizzofalcone. Pisanelli che sta anche ospitando, non proprio volentieri, Aragona, dopo la rottura coi genitori.

Ma accanto all'indagine principale sul meccanico dalle mani d'oro e ai suoi misteri (come è possibile che vivesse in uno stato di triste solitudine, nonostante tutti quegli anni di lavoro alle spalle?) ce n'è una seconda che coinvolge una bambina, un angioletto innocente su cui si sta forse abbattendo la cattiveria di uno dei suoi genitori.

Si tratta della piccola Marida, che si presenta allo studio dove lavora Nadia, l'infermiera che ha curato Pisanelli dopo l'operazione.

Per proteggere questo angioletto e per capire come mai certi lividi sul corpo, si metteranno in azione due angeli vendicatori, Aragona e Romano.

Come diceva l'altro personaggio di De Giovanni, ancora una volta le cause di questo delitto saranno da ritrovare dallo scontro dei due sentimenti che muovono le persone, l'odio e l'amore. E anche la fame di raggiungere un obiettivo per cui si è disposto a fare di tutto. Anche colpire un'altra persona.

Nell'ora successiva ho pulito tutto. Per cancellare le tracce, certo, ma anche perché mi sembrava giusto, era un uomo ordinato, non volevo lasciarlo nella sporcizia.

Il suo sangue no, non l'ho tolto dalla chiave. Tutto di lui doveva restare là, credo che amasse quel posto. Una questione di correttezza secondo me.

Come negli altri romanzi di questa serie, anche questo è un giallo corale, dove nessuno dei protagonisti, che si mostra vulnerabile con le sue ferite, prevale sugli altri.

Per qualcuno di loro, questa storia consoliderà dei rapporti esistenti, palesi o nascosti, perché quando hai una angelo a fianco non puoi fartelo scappare.

Altri si ritroveranno soli, altri ancora forse avranno una opportunità, sempre che non si facciano scappare quell'angelo paziente che hanno incontrato. Altri ancora dovranno uscire da quella gabbia che si sono costruiti attorno, per decidere quale felicità e quale vita percorrere.

E non per forza a fare da angelo protettore deve essere un adulto: a volte un angelo protettore può essere anche una bambina intelligente dai capelli rossi.

Attorno questa città e questo quartiere dai mille strati, dai tanti volti, dalle mille anime:

Affacciato al parapetto, Giorgio Pisanelli ammirava il panorama.

Riteneva un privilegio che un quartiere come il suo possedesse così tante anime. In un'ora di camminata si poteva essere aristocratici nei palazzi nobiliari del Seicento e del Settecento, popolani nella ragnatela dei vicoli, ricchi nella guardiania costante della raffinata edilizia di cinquant'anni prima e poverissimi nelle abitazioni in tufo ricavate dalle antiche rimesse delle carrozze dei cavalli, scavate a picconate nel fianco della montagna.

La scheda del libro sul sito di Einaudi, un approfondimento e il pdf del primo capitolo.

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

26 ottobre 2021

Report – il caso AstraZeneca (e il diritto alla casa)

Il traffico di tir in Val Stura e il diritto alla casa di Chiara De Luca

Prima dell'inchiesta sul vaccino AstraZeneca, Report ha trasmesso il servizio sul traffico di Tir cheaffligge una serie paesi in Val Stura in Piemonte, paesini costruiti secoli fa e non pensati per il grande traffico.

I tir attraversano questi paesi perché passare per l'autostrada per andare in Francia costerebbe i 300 euro del pedaggio, ma c'è anche il traffico dei camion che vanno e vengono dalla sede di una importante acqua minerale, Acqua Sant'Anna (anche se l'azienda sostiene che la maggior parte del traffico non è per la loro acqua).

L'azienda si è preoccupata della ricaduta del trasporto sulla salute dei cittadini di quei paesi?

Il canone pagato dall'azienda è di 2 ml di euro, di fronte a ricavi per 150ml: una sproporzione se si pensa che è una concessione di un bene pubblico, a cui si dovrebbe aggiungere anche il canone per l'occupazione del suolo pubblico, rivendicano le amministrazioni locali.

Richiesta indebita, sostiene l'azienda Sant'Anna che ha regalato ai cittadini della valle delle ceste con spumante, senza però placare la loro insofferenza e irritazione perché sono costretti ad indossare le mascherine tutti i giorni per non venire intossicati dagli scarichi dei motori diesel che si depositano sulle mura delle case e dei muri medioevali dei paesini.

A Demonte si respira la stessa qualità di aria di Torino, una delle città più inquinate d'Italia, per colpa del traffico a cui si deve aggiungere il rumore dei camion e i danni causati dalle vibrazioni causate dal loro passaggio, vibrazioni che stanno danneggiando le case in pietra di questi paesi, rendendo difficile la loro vendita per chi se ne volesse andare.

Altri danni sono stati rilevati sul ponte della Sturla continuamente attraversato dai tir: ci sono stati controlli da parte di Anas, che non ha rilevato problemi strutturali, ma le crepe sono visibili. Anas ha già fatto degli interventi, ma ha vietato il transito per i veicoli speciali e imposto una verifica periodica del ponte.

Ci sono altre possibilità per i camion? La variante di Demonte è stata bloccata dalla soprintendenza per la presenza di vecchi ruderi.

Da una parte l'interesse storico dall'altro l'economia della valle: e la sicurezza dei cittadini, chi ci pensa? E' una situazione che va avanti da 25 anni.

La speranza viene da una cittadina polacca dove c'è lo stesso problema ma i cittadini sono ricorsi alla corte europea dei diritti dell'uomo che ha condannato le autorità statali, con una sentenza senza precedenti, a pagare i danni perché ha visto non riconosciuto un diritto fondamentale, quello alla casa che viene violato non solo se entra un intruso ma anche se entrano odori, rumori, inquinamento.

Questione di segreti di Stato di Giorgio Mottola

Report e Giorgio Mottola tornano alla vecchia inchiesta sull'incontro tra Renzi e Marco Mancini, dirigente del DIS che, nel dicembre scorso, ambiva ad una promozione ai servizi nel pieno della crisi del governo Conte 2.

Renzi ha sostenuto di averlo incontrato per lo scambio di regali, Mancini non ha mai risposto alle richieste di chiarimenti di Report.

Non solo, Mancini attraverso i suoi legali ha chiesto di avere i contenuti delle conversazioni di Report con la fonte dello scoop documentando l'incontro all'autogrill, una professoressa che è chiaramente rimasta anonima.

Sarebbe un precedente gravissimo, nessuna fonte di Report sarebbe più al sicuro: gli avvocati di Mancini si riservano poi, dopo aver visionato tutte le informazioni, di decidere per una querela. Un paradosso, l'agente dei servizi che si è appellato al segreto di stato, chiede ai giornalisti di violare il loro segreto professionale.

Mottola ha incontrato Mancini all'università di Pavia, dove doveva tenere una lezione sul segreto di Stato di cui ha goduto ai tempi del processo per il rapimento di Abu Omar e Telecom Pirelli.

Il professore che ha invitato Mancini si chiama Venturi, un personaggio già entrato in una inchiesta di Report sul caso Diasorin.

Oltre a Renzi, Mancini si è incontrato con altri politici, Salvini e Di Maio: dopo la pubblicazione del video si è dovuto dimettere dal suo incarico al DIS.

Ma Mancini non intende parlare: l'ex procuratore Spataro si è dimesso da docente a Pavia, in polemica con la chiamata a Mancini.

Il caso AstraZeneca di Claudia Di Pasquale

Il 18 luglio in Inghilterra è scattato il freedom day, col risultato che oggi il paese si trova ad un passo da una nuova ondata di pandemia che potrebbe portare ad un nuovo lockdown con tanto di greenpass.

L'effetto gregge non basta, col virus dovremo fare i conti a lungo, così dice il dottor Pollard, padre del vaccino AstraZeneca (che ha seguito la fase dei trial).

Report e il conduttore Ranucci credono nei vaccini ma anche nel diritto di essere informati: siamo stati bravi a vaccinare, siamo oltre l'80% come vaccinati, il numero dei contagi è sotto controllo, dunque ora possiamo parlare del vaccino AstraZeneca, su cui l'Europa aveva puntato senza passare per novax.

AstraZeneca costava meno degli altri, aveva una efficacia oltre il 90%, si conservava a temperature meno basse: all'improvviso però non l'abbiamo voluto più, come mai?

C'è stata una approssimazione nella raccolta dei dati e una superficialità nella comunicazione dei casi di trombosi e nelle raccomandazioni sulle fasce d'età a cui somministrarlo.

Il vaccino AstraZeneca è stato sperimentato su un campione vasto di persone, ma i soggetti over 56 erano solo il 12% nei trial: il dottor Pollard ha spiegato questa scelta per un discorso di cautela, meglio testare prima il vaccino su persone non anziane.

Il vaccino è stato approvato a dicembre 2020, un mese prima dell'Unione Europea, prima ancora che l'azienda chiedesse l'approvazione cioè all'Ema: questo causò un'ondata di orgoglio nazionale, dopo la Brexit.

In Inghilterra sono partiti con la vaccinazione degli anziani: ma a marzo 2021 iniziano a venire segnalati da altri paesi europei casi di coaguli di sangue in pazienti in cui era stato inoculato AZ. La reazione da parte dell'agenzia del farmaco inglese è stata chiara: non c'erano dati significativi per dire che il farmaco causava problemi per i coaguli. Poi si scoprì che questi casi erano noti, in Inghilterra ma la loro agenzia del farmaco li aveva tenuti nascosti fino a marzo, perché erano persi nel database della farmaco vigilanza in modo sparso, senza una corretta e omogenea classificazione.

La combinazione osservata nei pazienti era piastrine basse e coaguli di sangue: l'età media dei pazienti analizzati era di 44 anni, racconta la dottoressa Sue Pavord dell'Oxford University Hospital, che poi ha riportato questi casi al dottor Pollard che oggi sta lavorando con AZ per modificare il vaccino per evitare questi effetti.

Questi effetti avversi per i vaccini adenovirali erano noti, in parte, dopo gli studi fatti in Australia ben 15 anni fa: in base all'analisi dei casi di trombosi, secondo la dottoressa Pavord AstraZeneca è un vaccino da non dare ai giovani perché i benefici del vaccino scendono con lo scendere dell'età e con la diminuzione del rischio di infettarsi.

Ema aveva fatto notare che i trial di AZ non erano stati fatti su un campione sufficientemente vasto di persone oltre i 55 anni: eppure il vaccino è stato consigliato per tutti, è questo il suo peccato originale.

Le segnalazioni sui casi di trombosi arrivano da tutta l'Europa ma non dall'Inghilterra: è stata l'ostinazione di una giornalista del Telegragh che si è posta questa domanda, scoprendo in realtà che i primi casi erano presenti anche nel Regno Unito ma non erano stati catalogati in modo corretto. Sono casi rari, ma alla fine la commissione inglese consiglia un vaccino diverso per gli under 30.

In Italia invece la vaccinazione con un lotto di questo farmaco si bloccò a marzo dopo la morte di un militare, appena vaccinato.

La procura di Siracusa dispone l'autopsia parla di una reazione avversa dell'organismo di una persona che non aveva patologie pregresse, sebbene fosse risultato positivo al covid: in via precauzionale il lotto somministrato al militare di Augusta viene bloccato in Italia.

Un altro caso avvenne in Sicilia ad una professoressa, Zelia Guzzo: nonostante la perizia sostenesse una connessione tra vaccino e decesso, l'inchiesta viene archiviata.

Così il ministero nei giorni successivi decide di cambiare il consenso informato, segnalando questi casi rari di trombosi.

Augusta Turiaco muore a fine marzo per una trombosi, dopo essere stata vaccinata: nel suo sangue sono stati ritrovati i marcatori anti-pf4.

La storia l'ha raccontata a Report il fratello, medico, che ha contattato il dottor Greinacher (un medico tedesco che a marzo aveva lavorato su altri casi di trombosi, vaccinati da AZ) che lo ha invitato a cercare questi marcatori: ma questa analisi sul sangue non può essere fatta a Messina e dovrà essere fatto a Padova.

Ma cosa sono i marcatori anti-pf4?

Greifswald è una cittadina in nord della Germania con un importante ospedale universitario, il suo dipartimento di medicina trasfusionale è un punto di riferimento internazionale diretto dal professor Andreas Greinacher: alla giornalista ha mostrato le piastrine con cui fare il test Elisa, il test che misura la presenza degli anticorpi anti PF4, sono anticorpi pericolosi perché attivano le piastrine provocando possibili disordini trombotici.

Grazie a questo test il professor Greinacher e il suo gruppo hanno trovato i pericolosi anticorpi anti PF4 nei campioni dei pazienti che avevano sviluppato, a pochi giorni dalla vaccinazione con AstraZeneca, trombosi associate a trombocitopenia, cioè associate a piastrine basse.

Quando a marzo sono emersi i primi case, tutta l'Europa ha iniziato a chiamare il dottor Greinacher:

A marzo scorso hanno ricevuto i primi campioni dall'Austria e in 24 48 ore hanno trovato gli anticorpi antipf4: a quel punto la domanda era come trattare questi pazienti. Abbiamo quindi testato un farmaco che si trova in tutti gli ospedali, le immunoglobuline e hanno funzionato.

La stessa sera del 17 marzo abbiamo reso pubblici i nostri risultati per consentire ai medici di curare i loro pazienti in modo corretto”.

Avete analizzato 11 casi: qual era l'età media di questi 11 pazienti e quali i sintomi?
“L'età andava dai venti alla fine dei cinquant'anni e i sintomi erano piastrine basse, un forte mal di testa, dolore allo stomaco, a causa di complicazioni trombotiche al cervello o all'addome. Saper riconoscere i sintomi è fondamentale, un trattamento precoce può ridurre il rischio di morte probabilmente di due terzi.”

Si può dire che esiste una correlazione tra il vaccino AstraZeneca e questi rari e inusuali casi di trombosi associata a trombocitopenia?

Si, è chiaro e inequivocabile, è un effetto avverso e raro correlato ai vaccini a vettore adeno virale: noi pensiamo che la causa sia una proteina presente nel virus del vaccino.”

Quando ha iniziato a pensare che poteva esserci una relazione causale?
“Nella seconda settimana dei nostri studi, dopo aver visto dieci dei nostri pazienti che avevano tutti reazioni simili, nel marzo scorso.”

Il 15 marzo il governo tedesco sospende il vaccino AZ, su consiglio dell'agenzia del farmaco tedesca: una scelta forse presa anche sulla base dell'emozione del momento, tanto che il 18 marzo l'Ema da nuovamente parere positivo e così le vaccinazioni di AZ riprendono anche in Germania, ma alle persone con più di 60 anni.

Ma la fiducia in questo vaccino era crollata, racconta un pediatra tedesco, perché la raccomandazione data all'inizio era diversa e le persone erano confuse, sebbene il problema di AZ era sui giovani: va aggiunto che era stata Ema ad aver autorizzato il vaccino sopra i 18 anni eche in quei primi mesi del 2021 c'era carenza di vaccini mRNA come Pfizer.

Come in Italia, anche in Germania gli anziani si rifiutavano il vaccino AZ, così molti medici di base si sono rivolti al governo per capire cosa fare.

Anziché buttarli, le dosi di AZ sono finite a paesi come Ucraina e Siria.

Tutte i land tedeschi si sono ritrovati con dose di AZ non utilizzate: sono state inviate ai paesi del terzo mondo, sperando che i medici in questi paesi sappiano discriminare a chi darlo o meno.

Anche in Italia si era puntato su AZ: all'inizio era raccomandato per gli under 55, poi era stato sospeso tre giorni, ma ad aprile il CTS aveva raccomandato AZ agli over 60 che però non lo volevano più.

Come nel resto dell'Europa, anche in Italia avevamo scorta di AZ ma non di quelli mRNA: così Figliuolo chiede al CTS di estendere AZ anche agli under 50, così si da l'autorizzazione agli open day, dove si può vaccinare a partire dai 18 anni.

Gli open day per gli over 18 sono stati organizzati per compensare il fatto che gli over 60 non volevano usare AZ?

All'inizio gli open day sono un successo, fino alla morte di Anna Canepa in Liguria, appena vaccinata con AZ in un open day: c'è correlazione col vaccino? L'indagine della magistratura è finita pochi giorni fa e sostiene che la sua morte è legata alla vaccinazione.

Ma il vaccino di AZ è stato autorizzato dal CTS - è la difesa del presidente Toti: il CTS cita una relazione fatta dall'EMA in collaborazione con il Winton Centre for Risck, dell'università di Cambridge.

Ma la relazione faceva riferimento ad una precisa fascia di età, non ai giovani, dove la probabilità di casi di coaguli dopo la prima dose è circa 2 ogni centomila dosi. Anche la regione Sicilia si è attenuta alle indicazioni del CTS.

Report ha chiesto un parere a Guido Rasi, ex direttore EMA : sarebbe stato meglio non usare il vaccino AZ sui giovani, non si dovevano fare gli open day liberalizzando questo vaccino per gli over 18.

In questa storia c'è stato anche un problema con Aifa che ha fornito i dati sugli eventi avversi senza distinguere per tipologia di evento, età, sesso, prima o seconda iniezione.

A Report Aifa ha scritto che le sospette trombosi trombocitopeniche da vaccino (Vitt) sono 41 (ne hanno escluse altre 11) e cioè tre su un milione di somministrazioni di AZ.

Ma nelle donne under 60 sono due ogni 100 mila prime dosi, con punte di 4 su 100 mila tra le 30/39enni che difficilmente finiscono in rianimazione o muoiono di Covid. A A Report Guido Rasi, oggi consulente a titolo gratuito del generale Francesco Paolo Figliuolo, ha spiegato che i dati di aprile sconsigliavano gli “open day” con Az per i giovani. E su Aifa che “non fornisce tutti i dati”, Rasi ha risposto: “Se l’Aifa non è in grado di farli o non ha, o è sottostaffata – e lo è – o non vuole farli, io non posso dirlo”.

Anche il professor Nocentini ha analizzato i dati trombotici, usando la banca dati pubblica europea: secondo la sua ricerca abbiamo un evento trombotico ogni novemila vaccinazioni.

Nel frattempo emergono altri eventi avversi, su altri vaccinati, come un insegnante di educazione fisica, che si è trovato con un valore di piastrine a mille, dopo la vaccinazione.

Ad aprile il professore ha segnalato ad Aifa il caso, senza avere ancora risposta: la trombocitopenia auto immune non era però un effetto segnalato nell'informativa.

La commissione europea ha prima fatto causa ad AZ per il ritardo nella consegna, poi si è fatta consegnare tutte le dosi, nonostante molti paesi in Europa non lo stiano usando: saranno usate per delle donazioni ai paesi a basso reddito. Una beneficenza ipocrita, perché è un vaccino che gli europei non vogliono, perché proprio l'Europa sta bloccando la proposta di diversi paesi nel togliere i brevetti sui vaccini.

In caso di effetti collaterali, chi pagherà? L'Europa ha firmato un contratto non trasparente, né sulle clausole, né sui costi. Si è fatta imporre le clausole dalle multinazionali del farmaco.

AZ è un vaccino che si conserva bene, costa poco, è efficace, i benefici sono superiori ai rischi individuali: è un peccato perdere questa risorsa nella lotta al covid.

Ma siamo stati poco trasparenti e poco lineari nella comunicazione, col risultato di aver alimentato la propaganda no-vax, aver speso male soldi pubblici e ora non possiamo certo cavarcela, come Europa, donando le dosi di questo vaccino che non vuole nessuno ai paesi poveri.

25 ottobre 2021

Anteprime Report – la nuova stagione 2021 (il caso Astrazeneca, il segreto di Stato, i malati di Lourdes..)

Presadiretta cede lo spazio del lunedì sera a Report, l'altra (e unica) trasmissione di inchiesta della RAI che quest'anno compie 25 anni: come di consueto, sono diversi i temi toccati dai servizi, si parte dal vaccino Astrazeneca, agli incontri di Mancini all'autogrill, il caso dei fedeli della madonna di Lourdes e i problemi di traffico in un paese in Val Stura.

Il caso Astrazeneca

Come abbiamo fatto a buttare via un vaccino prezioso come Astrazeneca? Nel servizio si racconterà degli errori di comunicazione (sulla fascia d'età consigliata per il vaccino), degli errori nella raccolta e di omologazione dei dati.

Il servizio di Claudia Di Pasquale partirà da Greifswald, una cittadina in nord della Germania con un importante ospedale universitario, il suo dipartimento di medicina trasfusionale è un punto di riferimento internazionale diretto dal professor Andreas Greinacher: alla giornalista ha mostrato le piastrine con cui fare il test Elisa, il test che misura la presenza degli anticorpi anti PF4, sono anticorpi pericolosi perché attivano le piastrine provocando possibili disordini trombotici.
Grazie a questo test il professor Greinacher e il suo gruppo hanno trovato i pericolosi anticorpi nei campioni dei pazienti che avevano sviluppato, a pochi giorni dalla vaccinazione con Astrazeneca, trombosi associate a trombocitopenia, cioè associate a piastrine basse.

“A marzo scorso hanno ricevuto i primi campioni dall'Austria e in 24 48 ore hanno trovato gli anticorpi antipf4: a quel punto la domanda era come trattare questi pazienti. Abbiamo quindi testato un farmaco che si trova in tutti gli ospedali, le immunoglobuline e hanno funzionato.

La stessa sera del 17 marzo abbiamo reso pubblici i nostri risultati per consentire ai medici di curare i loro pazienti in modo corretto”.

Qual era l'età media di questi 11 pazienti e quali i sintomi?
“L'età andava dai venti alla fine dei cinquant'anni e i sintomi erano piastrine basse, un forte mal di testa, dolore allo stomaco, a causa di complicazioni trombotiche al cervello o all'addome. Saper riconoscere i sintomi è fondamentale, un trattamento precoce può ridurre il rischio di morte probabilmente di due terzi.”

Si può dire che esiste una correlazione tra il vaccino Astrazeneca e questi rari e inusuali casi di trombosi associata a trombocitopenia?

“Si, è chiaro e inequivocabile, è un effetto avverso e raro correlato ai vaccini a vettore adeno virale: noi pensiamo che la causa sia una proteina presente nel virus del vaccino.”

Quando ha iniziato a pensare che poteva esserci una relazione causale?
“Nella seconda settimana dei nostri studi, dopo aver visto dieci dei nostri pazienti che avevano tutti reazioni simili, nel marzo scorso.”

Dopo che la questione Astrazeneca è scoppiata sui giornali, molte persone si sono rifiutate di fare questo vaccino col risultato che le dosi sono rimaste nei magazzini delle regioni: la regione Emilia Romagna alla fine ha restituito alla struttura commissariale 131mila dosi di AZ.

La Val d'Aosta è la regione con la minor % di vaccinati tra i 50-60 anni, qui le persone di questa fascia d'età inizialmente si sono vaccinate con questo vaccino, dopo di che AZ non è stato più utilizzato – racconta l'assessore alla sanità – per la bassa adesione delle persone in questa fascia d'età. Qui solo il 53% dei sessantenni si è vaccinato con AZ, solo il 12 nella fascia dei settantenni: questo vaccino è stato allora messo a disposizione per gli open day, per smaltire le giacenze per gli over 18.

Lo stesso ha fatto a giugno la regione Sicilia, open day per gli over 18 ma anche lei è in fondo alla classifica per i vaccinati tra gli over sessanta, nella fascia tra 60-79 anni solo il 20% ha ricevuto AZ, gli altri quasi solo vaccini mRNA.

Centomila dosi non utilizzate di AZ sono state restituite alla struttura commissariale, che gli ha restituito altri vaccini, Pfizer o Moderna: la struttura queste dose le ha mandate in Lombardia e Puglia, in quest'ultima mancavano i vaccini per le seconde dosi. Altre regioni come il Lazio hanno scelto di non usare AZ, spiega l'assessore D'Amato.

Sul Fatto Quotidiano trovate un'anteprima del servizio: 

L’ombra si allunga anche sulla nostra agenzia del farmaco, Aifa, che spesso fornisce i dati sugli eventi avversi senza distinguere per tipologia di evento, età, sesso, prima o seconda iniezione. A Report Aifa ha scritto che le sospette trombosi trombocitopeniche da vaccino (Vitt) sono 41 (ne hanno escluse altre 11) e cioè tre su un milione di somministrazioni di AZ. Ma nelle donne under 60 sono due ogni 100 mila prime dosi, con punte di 4 su 100 mila tra le 30/39enni che difficilmente finiscono in rianimazione o muoiono di Covid. Dice a Report Guido Rasi, ex direttore Ema oggi consulente a titolo gratuito del generale Francesco Paolo Figliuolo, che i dati di aprile sconsigliavano gli “open day” con Az per i giovani. E su Aifa che “non fornisce tutti i dati”, Rasi risponde: “Se l’Aifa non è in grado di farli o non ha, o è sottostaffata – e lo è – o non vuole farli, io non posso dirlo”.

La scheda del servizio – Il caso Astrazeneca di Claudia Di Pasquale, in collaborazione di Cecilia Bacci e Giulia Sabella, immagini di Giovanni De Faveri, Cristiano Forti e Francesco Di Trapani, grafica di Giorgio Vallati, montaggio di Daniele Bianchi e Andrea Masella

Il caso Astrazeneca.
Era il vaccino su cui l'Italia aveva deciso di puntare, ormai abbiamo smesso di usarlo dopo aver cambiato più volte le raccomandazioni di somministrazione. Report proverà a comprendere quali errori sono stati commessi nella gestione della comunicazione, cosa sappiamo oggi degli inusuali e rari effetti avversi di Astrazeneca, qual è la bilancia rischi benefici e come è stata usata per guidare le scelte sulla salute pubblica. Per capire questa storia Claudia Di Pasquale è andata in Germania, paese che a marzo ha fatto da apripista per la sospensione di Astrazeneca, e in Inghilterra dove è stato sviluppato questo vaccino.

L'esperto dei segreti di Stato

Quattro mesi dopo aver raccontato dell'incontro tra l'ex dirigente dei servizi Marco Mancini col senatore Renzi, Giorgio Mottola incontra nuovamente Mancini nel porticato dell'università di scienze politiche a Pavia:

- finalmente ci conosciamo di persona

- non so fino a che punto finalmente per lei

Nei mesi precedenti Mancini non aveva mai risposto alle richieste di intervista, ma a settembre alla redazione arriva un atto ufficiale del suo avvocato in cui viene chiesta la copia delle conversazioni che abbiamo avuto con le fonti (riservate) del servizio che raccontava dell'incontro all'autogrill di Fiano Romano con Renzi.
Eppure, racconta Mottola, nemmeno in parlamento Mancini ha mai dato una spiegazione convincente sui suoi incontri con esponenti politici.

Mancini era a Pavia per una lezione universitaria proprio sul tema del segreto di Stato e ha scelto nuovamente di non rispondere alle domande della trasmissione.

La scheda del servizio: L'uso del segreto di Giorgio Mottola, collaborazione di Norma Ferrara, immagini di Giovanni De Faveri

Report ritorna sull'incontro all'autogrill di Fiano Romano che ha scatenato polemiche in Parlamento e nei servizi segreti con un'intervista esclusiva allo 007 che si è appartato a parlare con Matteo Renzi durante la crisi di governo.

La storia dei pellegrini della madonna di Lourdes

In Italia siamo riusciti a truffare persino i pellegrini che andavano a pregare a Lourder: milioni di euro delle offerte dei fedeli sono stati distratti dalle casse per comprare ville e auto di lusso (e anche un filmino a luci rosse).

I soldi dei malati di Lourdes sono finiti in un conto per pagare il mutuo per una villa in Sardegna, a Villa Simius: i soldi dell'Unitalsi (un associazione cattolica tra le più importanti) sono stati usati per il mutuo e per pagare i domestici della villa.

Cristiana Maddaluni, ex segretaria Unitalsi, è l'unica ad aver ammesso la colpa e patteggiato la pena: lei andava in banca a cambiare assegni dal conto dell'Unitalsi intestati a lei e che lei versava sul conto. La Maddaloni non si è mai messa in tasca un euro, ma ci si chiede come mai in tanti anni nessuno si sia mai accorto di niente, i carabinieri nella loro indagine parlano di “blande” attività di verifica, sviate dai due protagonisti della vicenda, Pinna e Trancalini.

Ad accorgersi di questa truffa è stata una collaboratrice del tesoriere dell'associazione (e presidente della sezione Lazio) che nel 2018 denuncia ai carabinieri i conti che non tornano, delle irregolarità sui versamenti per i pellegrinaggi

La scheda del servizio: La banda dei miracoli di Daniele Autieri, collaborazione di Federico Marconi, immagini di Dario D'India, Alfredo Farina e Ahmed Bahaddou, montaggio di Andrea Masella, grafica di Michele Ventrone

Il 4 ottobre scorso il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma rinvia a giudizio quattro persone e ne condanna una quinta a poco meno di due anni di reclusione.

Le accuse vanno dall’appropriazione indebita al riciclaggio, ma quello che più colpisce sono le vittime di questa vicenda: i malati, i pellegrini, i volontari, i fedeli di Lourdes, tutti quelli che,negli ultimi dieci anni, si sono affidati all’Unitalsi, la più importante associazione cattolica che da oltre un secolo organizza i viaggi dei malati nel Santuario francese.

I principali accusati sono Alessandro Pinna e Emanuele Trancalini, per anni presidenti della sezione romana di Unitalsi, rinviati a giudizio per aver distratto dalle casse dell’Associazione quasi 2 milioni di euro, parte dei quali, secondo l'accusa, sarebbero stati riutilizzati per acquistare una villa in Sardegna, attraverso centinaia di assegni girati su conti correnti di amici, parenti, collaboratori e complici.

Intorno ai due uomini emerge una rete di silenzi, tradimenti, connivenze e complicità: chi sapeva e non ha denunciato, chi ha tentato una mediazione invece di denunciare, e chi ha provato a nascondere l’intera vicenda per evitare che un nuovo scandalo colpisse un pilastro dell’associazionismo cattolico.

Il diritto alla casa, anche in Val Stura

Report racconterà l'epopea di tre cittadini che vivono in Val Stura che sono costretti da 25 anni a subire il passaggio di mille tir al giorno, un po' vanno in Francia, altri vanno a caricare le bottiglie di una importante azienda di acque minerale (le fonti di Vinadio): sono costretti da dieci anni a vivere con le mascherine, non per il virus ma per gli effetti dei camion. Non riescono nemmeno a vendere le loro case per andarsene perché il passaggio dei tir causa delle crepe e incidono sulle infrastrutture di queste case. La speranza viene da una cittadina polacca dove c'è lo stesso problema ma i cittadini sono ricorsi alla corte europea dei diritti dell'uomo che ha condannato le autorità statali, con una sentenza senza precedenti, a pagare i danni perché ha visto non riconosciuto un diritto fondamentale, quello alla casa che viene violato non solo se entra un intruso ma anche se entrano odori, rumori, inquinamento.

Ci sarebbe un altro percorso per i tir per arrivare in Francia, ma è a pagamento e dunque nessun camionista spende 300 se può permettersi di passare gratis per un comune

La scheda del servizio L'acqua cheta che rovina i ponti di Chiara De Luca, immagini di Chiara D'Ambros, Davide Fonda, Andrea Lilli, Fabio Martinelli, montaggio e grafica di Giorgio Vallati

Bassa Valle Stura, in provincia di Cuneo: ogni giorno circa mille tir attraversano il centro di alcuni comuni montani. La maggior parte di questi tir transita da e verso le Fonti di Vinadio, meglio conosciute come acqua Sant’Anna. Questo transito sta rendendo difficile la vivibilità in questi comuni per l'inquinamento acustico e ambientale. L’Arpa con un monitoraggio ha paragonato la qualità dell’aria di uno dei comuni più colpiti da questo passaggio a quella di una città come Torino tra le più inquinate d’Italia.

23 ottobre 2021

Anteprima Presadiretta – il virus perfetto

Ultima puntata di questa stagione 2021 per Presadiretta dedicata alle origini del virus: è solo passato un anno dal lockdown, dalle bare per i morti di Bergamo portate via dai camion militari e, soprattutto, dalle prime settimane della pandemia, quando ancora non era chiaro di cosa stessimo parlando (è poco più di una influenza, Milano non si ferma..). E' passato solo un anno e in molti non vedono l'ora di mettersi tutto alla spalle: ma quello che non possiamo dimenticare è l'impreparazione nella gestione della pandemia, la dipendenza con paesi dell'est asiatico per l'approvvigionamento di mascherine e altri materiali, e l'assenza di un piano pandemico nazionale e anche a livello regionale.

Presadiretta, nel servizio di Lisa Iotti e Francesca Nava, si porrà alcune domande su questo virus: come mai a quasi due anni dalla pandemia che che ha fatto quasi 5 milioni di morti nel mondo, ha messo in ginocchio il mondo intero e non è ancora finita, non sappiamo ancora come si sia originato il virus chiamato Sars-Cov?

Il servizio mostrerà come le autorità cinesi hanno fatto di tutto per tenerci all'oscuro, hanno impedito alla speciale commissione dell'Oms che nel febbraio di quest'anno doveva indagare sulle origini del virus, di accedere ai loro dati grezzi, facendo di fatto fallire l'indagine internazionale.

Colin Butler – professore di epidemiologia all'Australian National University: “è stata fatta un'indagine farsa, un esercizio di propaganda politica, che potrebbe mettere molto in imbarazzo l'Oms nel futuro”.

I giornalisti di Presadiretta hanno anche scoperto che i ricercatori cinesi hanno cancellato dai loro database 22mila sequenze di coronavirus, hanno negato che a Wuhan (la città da cui è partita la pandemia) si facessero esperimenti con virus dei pipistrelli.

Non solo, queste ricerche sui virus si facevano in laboratori dove si lavorava senza scafandri e in stanze non pressurizzate: lo si è scoperto da una tesi scovata da un giornalista di inchiesta indipendente, dove si parla di laboratori di livello BSL2, un livello troppo basso dove l'unica protezione è costituita dai guanti.

Ed ora – racconta Iacona nell'anteprima – persino l'OMS pensa che l'ipotesi di un incidente di laboratorio possa essere la causa della pandemia.

Queste le parole del direttore Tedros Ghebreyesus: “io ho lavorato in laboratorio e so che gli incidenti accadono, abbiamo bisogno di informazioni, informazioni dirette su quale fosse la situazione di questo laboratorio prima e all'inizio della pandemia.”

Solo dopo un anno siamo venuti a conoscenza di un incidente in un laboratorio di Pechino dove si stavano facendo ricerche sul nuovo coronavirus e lo siamo venuti a sapere soltanto per caso: da uno scambio di mail col professore Shan-Lu.

Ma Presadiretta ha una sua notizia in esclusiva è che le ricerche in Cina si facevano anche coi finanziamenti pubblici americani (arrivati all'organizzazione Eco Health Alliance guidata da Peter Daszak, uno degli zoologi più in vista che partecipò alla prima ispezione dell’Oms a Wuhan.

Forse erano finanziamenti per fare in Cina esperimenti sull'aumento della contagiosità dei virus che negli Stati Uniti fino al 2017 erano vietati? – si chiede Presadiretta

Scrive in un'anticipazione del Corriere

Dai documenti derubricati di recente risulta che Daszak avrebbe veicolato in Cina 3,7 milioni di dollari di fondi ottenuti dal governo Usa dal 2014 al 2020. Ma Daszak era anche a capo della Commissione della rivista Lancet sull’origine del virus. Quella stessa rivista pubblicò nel febbraio 2020 una lettera di un gruppo di scienziati che sosteneva la genesi naturale del Covid. Daszak si è dovuto dimettere prima dell’estate per il sospetto di un grave conflitto di interesse: da una parte passava soldi pubblici ai laboratori di Wuhan; dall’altra avrebbe dovuto indagare con rigore sugli esperimenti condotti in quello stesso istituto.

 

Il servizio farà anche il punto sulle indagini della magistratura di Bergamo sulla risposta italiana alla prima ondata della pandemia: il piano pandemico non aggiornato e comunque non attuato, la mancata zona rossa nella Val Seriana, le decisioni prese dal governo nazionale e dalle regioni. Quanto abbiamo pagato, in termini di malati e morti, tutto questo?

I parenti delle vittime del covid vogliono chiederne conto alla politica: “questi familiari che vengono qua [alle udienze del processo] a dimostrare che anche la politica in qualche caso ha ucciso più del virus” racconta la coordinatrice del team legale dei familiari delle vittime Consuelo Locati.

Era una pandemia che potevamo prevedere?

Secondo Nicoletta Dentico – direttrice del programma salute globale – non c'era pandemia più prevedibile, “non è colpa del virus se ha trovato una prateria di incompetenza, di impreparazione davanti a sé, nella quale ha attecchito facilmente.”

Un piano pandemico aggiornato avrebbe potuto attutire notevolmente l'impatto di questa pandemia – è l'opinione di Donato Greco, epidemiologo e membro del CTS: “quante esercitazioni sono state fatte negli ultimi quindici anni, quanta gente era pronta ad aprire mille posti letto in più.”

Proprio sul piano pandemico sta indagando la procura di Bergamo: davanti al tribunale civile di Roma 500 persone che hanno perso familiari durante la pandemia hanno citato in giudizio le più alte istituzioni dello Stato.

A Presadiretta raccontano perché questa scelta: “Le istituzioni dovrebbero essere dalla parte del cittadino e invece avere scoperto che il piano pandemico non era aggiornato dal 2006, aver assistito all'impossibilità di poter acquistare delle mascherine, siamo entrati in una guerra senza verificare quello che avevamo come munizioni.”

Presadiretta ha intervistato il direttore del dipartimento di microbiologia di Padova Andrea Crisanti, autore di una perizia per la procura di Bergamo (di cui è consulente tecnico) che sta indagando sulla gestione italiana alla pandemia e sull'ecatombe in Val Seriana: “io lo definirei un disastro” racconta a Presadiretta “secondo i nostri calcoli il 23 febbraio all'interno dell'ospedale di Alzano c'erano circa 70-75 persone già infette. La Lombardia non aveva i tamponi i quanto meno dicono di non avere i tamponi, ma la diagnosi di covid non si fa solo col tampone. La TAC, in combinazione con il quadro clinico avrebbe fornito un elemento importantissimo per fare una diagnosi presuntiva. E' mancata una indicazione per capire quello che stava succedendo in ospedale. Si sarebbero potuto rendere conto che stavano praticamente seduti su una bomba.”

Dall'anticipazione che trovate sul Fatto quotidiano:

Al centro della perizia, che verrà consegnata entro dicembre, ci sono gli studi e i calcoli matematici che dovranno fornire delle risposte ai quesiti dei magistrati bergamaschi su quanto avvenuto all’interno dell’ospedale di Alzano Lombardo (chiuso solo per poche ore il 23 febbraio 2020), sulle conseguenze e l’impatto della mancata zona rossa in Val Seriana e della mancata attuazione del piano pandemico nazionale, il cui aggiornamento era fermo al 2006. Con interviste e documenti esclusivi, lo speciale di PresaDiretta affronterà anche le altre ombre della pandemia ripercorrendo l’intera catena di comando che ha portato alle decisioni prese da Governo e Regioni nelle prime settimane dell’emergenza Covid, con un focus particolare sui piani pandemici regionali.

In tutti questi mesi la Cina ha testato più di 80mila campioni di animali nella città di Wuhan e nel resto del paese e più della metà di questi erano presi da animali selvatici ma in essi non hanno trovato alcuna traccia di Sars-Cov2. Lo stesso è stato fatto per i pipistrelli: decine di migliaia di test in tutta la provincia di Hubei dove si trova Wuhan e nessuno di loro aveva virus simili a Sars-Cov2.

Alina Chan è una Biologa Molecolare all'università di Boston: “hanno campionato i fornitori di animali che vendevano gli animali al mercato e non hanno trovato niente, chiaramente a volerci fidare delle parole della Cina.”

L'unica certezza che abbiamo in tutta questa storia piega di buchi neri – spiega la giornalista Francesca Nava – è che non c'erano pangolini o pipistrelli al mercato di Wuhan al contrario di quello che si è detto per mesi.

“Per cultura i cinesi non mangiano pipistrelli” racconta lo zoologo Chris Newman di Oxford - “quindi non ci saremmo aspettati di vederli in un mercato alimentare e anche i pangolini, che all'inizio erano sospettati di essere potenziali vettori, non erano in vendita in nessun mercato della città.”

I pipistrelli non erano nel mercato del pesce ma erano nei laboratori dell'istituto di virologia, il team di Wuhan è il solo al mondo ad essere riuscito ad allevarli in cattività allo scopo di creare un nuovo modello sperimentale per la ricerca scientifica.

Perché l'ipotesi che il virus potesse essere uscito da questi laboratori è stata messa subito da parte in favore dello spillover naturale?

Esistono dei conflitti di interesse nella comunità scientifica internazionale sulla ricerca per le origini del virus (ovvero, ci sono ricercatori che hanno paura che che la politica limiti le loro ricerche e i finanziamenti per i loro lavori)?

Cosa c'è dietro la guerra fretta tra Cina e Stati Uniti su quest'ultimo punto?

22 ottobre 2021

Chi ha ucciso Sarah, di Andrej Longo

 


«Marò, che caldo» ha detto Cardillo. «Ma secondo voi è normale tutto 'sto caldo?».
E si sciosciava col berretto della divisa a cercare un refolo di fresco.

Io stavo provando a sistemare certe pratiche sopra al computer che da un mese tenevamo in dotazione. Però non ci capivo niente e un altro poco si squagliava pure il cervello.

Quello che state per leggere, o che avete già letto, è la storia di una indagine. La morte di una ragazza di poco più di vent'anni trovata morta dentro l'androne di un palazzo signorile, in via Cipriani, zona Posillipo, a Napoli.

Ma, attraverso le indagini portate avanti dal protagonista, l'agente Acamfora,io narrante di tutta la storia, l'indagine si allarga a tutto il palazzo, a tutto il quartiere, a tutta Napoli. Chi ha ucciso quella ragazza, così giovane e così bella, che conduceva una vita normale, gli studi, un ragazzo?

Stava sdraiata per terra, tra le scale e il portone dove mi trovavo io, con la faccia girata verso il pavimento. E stava intorcinata su sé stessa, come una gatta che dormiva.

Ma lei non dormiva.

Era morta.

Sarah Longo viveva in quel palazzo, assieme ai suoi genitori. Un fidanzato, con cui aveva litigato poco prima, che l'aveva lasciato a casa mentre lui era partito a Capri, per le vacanze.

E' lui l'assassino?

Gli occhi erano ancora aperti, spaventati, e neri, uguali a due pezzi di carbone. Pareva che mi guardava e voleva dirmi qualcosa. I capelli invece erano biondi, un po' arricciati. In mezzo alla fronte ci stava uno sgarro, una ferita bella profonda, come se l'avessero colpita in testa.

O forse è stato l'ex fidanzato, uno poco di buono, per dei precedenti e perché viene da un quartiere con una brutta nominata, non come a Posillipo, dove tutto e lindo e pulito e ci sta solo brava gente.

Forse è lui, l'assassino di Sarah, Genny, uno che viene chiamato “il pianista”, per quella sua tendenza ad alzare le mani.

Assieme al commissario Santagata, l'agente Acanfora inizia quell'indagine così difficile che lo coinvolge direttamente, perché è il suo primo delitto, perché non riesce a togliersi dalla mente quegli occhi che lo guardano fissi, quasi ad implorarlo nella ricerca dell'assassino e dei perché di quella morte:

Però a un certo punto, che finalmente pareva arrivato il momento, mi sono comparsi davanti gli occhi di Sarah. Io li chiudevo ma loro tornavano ad aprirsi, e mi guardavano fissi, che volevano dirmi qualcosa. Ho cambiato posizione, mi sono sforzato di pensare a un altro fatto, ma gli occhi stavano sempre là.

Avrebbe potuto fare altro nella vita, Acanfora, un ragazzo come tanti di Torre del Greco, per esempio il barcaiolo come il nonno oppure prendere una brutta strada, magari rimanendo invischiato nel giro della droga, come alcuni suoi amici.

Invece il posto fisso, la divisa e ora quell'indagine per un delitto che finisce sulle prima pagine dei giornali perché avvenuto in un quartiere della Napoli bene, in quel palazzo dove vive tanta brava gente, un avvocato, un ingegnere, gli stessi genitori di Sarah.

Eppure, nessuno ha sentito niente se non quell'ultimo incontro col fidanzato, quel pomeriggio, prima che tutto accadesse.

Forse si chiedeva perché mi interessavo tanta quella storia. La verità non lo sapevo nemmeno io. L'unica cosa era che, da quando avevo visto Sarah morta dentro al palazzo, mi pareva che quello che stava attorno non era più tale e quale a prima. E mi ero fatto la convinzione che solo se scoprivo come erano andate le cose, solo se pigliavamo a chi l'aveva ammazzata, riuscivo a trovare di nuovo un poco di tranquillità.

Una strana coppia, questi investigatori: da una parte il giovane poliziotto che vuole rendere giustizia a Sarah per trovare una sua pace interiore, dall'altra quello strano commissario - “non riesco mai a capire che gli gira per la testa” pensa Acanfora, che però piano piano riesce a conquistarsi una certa confidenza per scoprire i pensieri del commissario e anche le cause di quel peso che sembra portarsi dentro.

Ma l'indagine è anche l'occasione per vedere Napoli con occhi diversi, più maturi: una città piena di contraddizioni, palazzi residenziali dove tutto è pulito e lindo e quartieri popolari dove è meglio farsi i fatti propri, non vedere certe cose, non cercare di applicare la legge a tutti i costi.

Ma ci sono anche altre contraddizioni, più sottili: forse tutto quel lustro, quella pulizia nei quartieri alti è solo una questione di facciata, dietro c'è tanta sporcizia, tanta ipocrisia, un pizzico di razzismo contro gli altri, quelli che vengono da fuori.

Perché questa è una città che vede la monnezza solo quando arriva fin sulle strade dei ricchi:

«E' vero» ha detto mia madre, «è diventata una città pericolosa. Adesso non si può stare tranquilli neanche in casa propria».

Io non l'ho risposta, però mi è sembrato che era proprio come diceva il mio commissario, che si preoccupano solo quando la monnezza arriva nelle strade dei ricchi.

Oppure che vede la corruzione sugli appalti per la ricostruzione post terremoto, solo dopo che sono partiti gli avvisi di garanzia e gli arresti contro politici e professionisti.

Io stavo là, senza sapere che fare. Neanche capivo a che serviva che ero andato a quel funerale.

O forse sì che lo capivo.

Ero andato perché uno non può campare così, facendo finta di non vedere quello che gli capita attorno. Perché io, fino ad allora, era sempre a quella maniera che avevo fatto. Che solo delle cose mie mi interessavo. E il resto niente.

Forse ad uccidere fisicamente Sarah è stato uno solo. Ma le ferite, dentro, nascoste, gliele hanno lasciate in tanti, tra le persone che aveva attorno.

La scheda del libro sul sito di Sellerio

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


21 ottobre 2021

A proposito di sanità pubblica

A proposito di sanità pubblica, notizia di ieri è che il gruppo Humanitas  in Lombardia, ha deciso, unilateralmente, di non seguire più i pazienti cronici. Perché non profittevoli, probabilmente.

La notizia è stata parzialmente rettificata, ma il senso rimane: della famosa sanità territoriale, che abbiamo scoperto essere così importante, cosa rimane nel PNRR, nell'agenda del governo dei competenti (che partiti e parlamento non devono disturbare)?

La regione Lombardia, che oggi torna a chiedere maggiore autonomia, sta preparando una nuova riforma della sanità in continuità con la vecchia gestione, i profitti al privato e le rogne al pubblico.

20 ottobre 2021

Ritorno al passato

 Il governo tira dritto, Draghi tira dritto, super Mario schiaccia il dissenso, sgonfia la piazza .. ma gli articolisti dei quotidiani italiani, quelli schierati senza sé senza ma con l'uomo solo al comando, si rendono conto di quanto si stanno rendendo ridicoli?

Soprattutto, si rendono questo che questo schierarsi per una forma di governo che schiaccia partiti e parlamento, è anche leggermente in direzione contraria a quella della Costituzione? 

Il Parlamento, che rappresenta (o dovrebbe farlo) gli elettori e le loro istanze attraverso i partiti, deve approvare i decreti dell'esecutivo senza permettersi di alzare un dito, di mettersi in mezzo.

Anche questa è antipolitica: fine dei partiti, non esiste più destra o sinistra (ma solo il partito di Draghi).

Il risultato è, da una parte la polarizzazione solo a destra del voto, dall'altra l'astensione al voto degli italiani.

Non mi sembra che ci sia molto da esultare: astensionismo alto (alle elezioni amministrative), la scomparsa della sinistra (a furia di votare il meno peggio), le piazze piene di manifestanti contro il green pass in uno scontro voluto dal governo (che non ha voluto imporre il vaccino) e di gruppi neofascisti (con tanto di leader con Daspo ma a cui è concesso di trattare con la polizia ai cortei).

Più che un governo proiettato al futuro, per risollevare il paese dalla crisi del covid, mi sembra un governo che ci stia portando indietro, un ritorno ai tempi in cui la politica (e il voto) erano legati al censo.

Siamo passati da un populismo delle masse, le persone che non riuscivano ad identificarsi dai partiti "tradizionali" come il PD e Forza Italia, ad un altro populismo, quello delle élite.

19 ottobre 2021

Presadiretta – il sassolino nella scarpa

L'industria della moda garantisce profitti alti ai top manager ma scendendo la filiera si scoprono salari bassi, basso rispetto dei diritti umani, delle norme ambientali, e non all'estero, anche qui in Italia.

All'interno dell'industria della moda, la scarpa è oggetto di un marketing ossessivo: ogni giorno produciamo 66ml di paia di scarpe al mondo, nel 2019 il mercato delle calzature sportive ha venduto per 140miliardi di dollari, tanto da convincere Federer e Di Caprio ad entrare nel mercato con un loro marchio.

Un mondo dove troviamo scarpe da migliaia di euro reclamizzate da influencer, scarpe indossate da attori famosi per fare pubblicità: ma queste scarpe producono tanta co2, alla faccia della sostenibilità.

LA produzione di calzature è in crescita dal 2010, con un tasso del 2% l'anno, non solo per i modelli in pelle, fatti a mano, anche per le più semplici sneakers che nonostante la semplicità per la produzione hanno costi alti sul mercato.

L'Asia copre più dell'80% della produzione mondiale al mondo e in questo continente a far la padrone è la Cina: qui sono popolari i brand italiani molto venduti anche ai giovani.

Ma anche l'Italia non se la passa male: vengono ad acquistare da noi fin da Dubai, dalla Russia e anche da altri paesi.

Il 66% del prezzo di una scarpa è racchiuso nella distribuzione e nel marketing: l'alta moda parla italiano, ma dietro le luci e i brand cosa si nasconde?

Presadiretta ha ripercorso la filiera della scarpa partendo dalla pelle: l'Italia ha la conceria più grande in Europa, ma la pelle prima di arrivare in Italia ha girato il mondo, per esempio partendo dall'Amazzonia, da pascoli rubati all'Amazzonia.

Per produrre un kg di pelle servono 4kg di foraggio per allevare bovini che vengono scuoiati in macelli che separano subito la pelle dalla carne.

Per bloccare la putrefazione della pelle questa viene sottoposta ad un prodotto chimico, detto concia: si usano sostanze come il cromo, che è molto inquinante ma che garantisce molta efficienza per la produzione.

Con altri prodotti chimici le pelli si colorano, si riconciano e poi vengono nuovamente trattate per renderle più sottili e pronti per diventare scarpe.

L'industria conciaria è leader europea, qui troviamo i più grandi distretti della pelle come ad Arzignano in Veneto e Santa Croce in Toscana, per un fatturato da 4 miliardi.

Ma con un residuo enorme di residui tossici: ad aprile 2021 la DDA ha aperto una indagine su aziende conciarie nella zona Santa Croce in Toscana, per sversamenti illegali in un canale di rifiuti aziendali non trattati. In questa indagine sono stati indagati sindaci locali, uomini della regione e un consigliere del PD che aveva presentato un emendamento per favorire queste aziende: questo emendamento avrebbe consentito una scorciatoia per sversare questi prodotti, ma è stato subito bloccato dal governo.

In queste questa indagine era presente anche la ndrangheta, che ha sepolto sotto una strada provinciale rifiuti tossici: l'indagine ha fatto emergere una commistione tra mafia, politica e industria conciaria che sta allarmando diverse associazioni di cittadini.

L'ONG abiti puliti aveva denunciato lo scorso anno tutte queste cose in un report, che puntava il dito contro i conciatori di Santa Croce: questo rapporto ha causato loro molti problemi, perché gli industriali sono arrivati fino commissione europea per cercare di bloccare i finanziamenti che ricevevano dall'Europa.

E' così importante il distretto toscano che qui a Santa Croce si sono spostati anche gruppi veneti, che si si sono mossi dall'altro distretto nella zona di Arzignano a Vicenza.

Anche in Veneto gli effetti della concia hanno causato danni all'ambiente e alle persone, costrette ad allontanarsi dalle concerie, come successo alla famiglia di Gianfranco Cecchin.

Le famiglie hanno scritto all'amministrazione di Zermeghedo (uno dei comuni del distretto conciario), ma il sindaco non ha mai risposto né alle mail delle persone e nemmeno alla richiesta di intervista di Presadiretta.

Il comitato “diritto di respirare” ha presentato ora una querela contro il sindaco e dovrà rispondere, almeno a questa.

Anche qui, come in Toscana, c'è un forte legame tra politica locale e le concerie: i comuni non controllano più le emissioni di idrogeno solforato, l'inquinamento di terreni e acqua, perché alle aziende sono stati concessi limiti per le emissioni più alti oppure sono proprio stati tolti.

Così, nonostante le centraline dell'ARPAV registrino valori di emissione per gli inquinanti sopra soglia, in questi comuni nessuno ha chiuso nulla, nessuno ha fermato le concerie.

LA giornalista ha anche scoperto che le pelli, che per regolamento della polizia locale non potrebbero essere tenute all'aperto sul piazzale, sono tenute proprio lì e ha pure ricevuto delle minacce da uno di questi conciatori che evidentemente pensa di fare quello che vuole.

“La pianura è morta, la frutta che si produce su questa pianura è piena di prodotti chimici” – è la denuncia di un medico di base – “tutto quello che si produce qui è morte e si diffonde per tutta la regione”.

Perché poi le acque reflue delle concerie finiscono nel fiume Frattagozzone e sono utilizzate per irrigare i campi, per la frutta che poi finisce sulle tavole dell'Italia.

La regione Veneto spenderà altri 11 ml di euro per spostare il collettore che convoglia le acque reflue “un po' più in là”, dal vicentino fino al veronese, non per risolvere il problema.

Perché il settore della concia vale l'1% del PIL, sono potenti in regione e anche a Roma.

Il ministero della transizione ecologica, su sollecitazione dei cittadini, ha scritto una lettera alla regione, che non ha ricevuto una risposta.

E nessuna risposta è arrivata nemmeno sul rischio del PFAS, un veleno anch'esso contenuto dentro le acque reflue: questi inquinanti velenosi sono entrati nel sangue delle persone in Veneto, a seguito dell'inquinamento di un'azienda chimica, la Miteni, oggi sotto processo per il danno ambientale.

Purtroppo i PFAS sono usati anche dall'industria della concia: la nuova Miteni è il distretto conciario che già nel 2019 doveva mettere a norma la produzione, su indicazione di un giudice, ma ad oggi non è stato fatto nulla, come per anni non era stato fatto nulla dalla regione Veneto per il PFAS trovato nelle acque e nella frutta coltivata.

Dal 2017 la regione non ha più fatto analisi sugli alimenti, non sta facendo analisi sulle acque, lo hanno fatto le mamme dell'associazione “mamme no pfas”.

Presadiretta non ha ottenuto risposte dalla regione Veneto, dall'assessore per l'ambiente, dal rappresentante del distretto della concia: in una lettere il direttore delle Acque del Chiampo ammette che il depuratore non riesce a trattenere il PFAS: il sospetto è che non sia in grado di controllare le aziende e gli scarichi dei PFAS. E' tutto lasciato nelle mani delle concerie, ammette il direttore, che di fronte alla giornalista aggiunge che toccherebbe alla regione mettere dei limiti sugli scarichi, perché l'impianto non è efficace.

Ma quello che conta, per la regione, è la mediana (non importa che in un giorno i valori siano superati), basta fare un controllo su base annuale: è così che si continua ad avvelenare il Veneto.

Dalla pelle si passa alla lavorazione per produrre le scarpe: questa parte della filiera è molto lunga e dentro troviamo aziende con salari da fame, per scarpe che costano quasi come uno stipendio di un impiegato.

In Italia abbiamo tante aziende che fanno produzione, anche in modo artigianale: 14,3 miliardi di euro era il fatturato di queste aziende prima del Covid, poi sceso del 15% nel 2020.

Il covid ha messo in crisi i piccoli artigiani che lavorano per i grandi gruppi che impongono margini bassi a chi lavora per loro.

“La filiera delle scarpe è una delle più complesse e meno indagate nel mondo della moda” – racconta la giornalista Giulia Bosetti - “ i marchi del lusso si forniscono di fornitori di primo, secondo e terzo livello, appalti e subappalti, per ogni brand decine o centinaia di terzisti tagliano, cuciono e assemblano le varie parti della scarpa, dalla tomaia che è la parte superiore, alla suola”.

Ci sono marchi dove la suola è fatta in Italia mentre il resto è fatto e assemblato in Turchia, con un costo da 25 a 27 euro, prezzo non paragonabile a quello che si trova nei negozi italiani, dove quelle scarpe si vendono anche a 400 euro.

Come è possibile che un prodotto venduto dal fornitore a 31 euro, arrivi ad un prezzo di mercato di 480 euro, con una ricarica di dieci volte?

Il produttore che ha accettato l'intervista non può fare il nome del brand, altrimenti perderebbe il contratto, perché tutti fornitori dei marchi del lusso sono costretti a firmare rigidissime clausole di riservatezza, se dichiari, per chi lavori, se ti lamenti dei prezzi che ti affamano, sei fuori dal mercato.

“Nessuno denuncia” racconta uno di questi subfornitori, Carla Ventura, che denuncia un vero e proprio sistema - “ad un certo punto ho dovuto arrendermi all'evidenza e dire ho fallito, non ce la faccio e ho gettato la spugna”.

Questa imprenditrice ha chiuso la sua attività: la sua colpa aver denunciato i ritardi nei pagamenti da parte di Tods, capofiliera della produzione.

Tods, dopo la denuncia di ingiunzione fatta dall'imprenditrice, le avrebbe tolto il lavoro: poiché questo marchio era uno dei principali committenti la signora Ventura ha dovuto chiudere.

Questo è un sistema dove, per ottenere prezzi sempre più bassi, i marchi si rivolgono all'estero, in Turchia e in Cina: lo fanno anche marchi che sul palco del Fashion Awards difendono i diritti civili delle persone. Ma la realtà è diversa perché i grandi brand producono gravi impatti laddove portano la produzione: impatti sull'ambiente, sulle condizioni di lavoro.

C'è una facciata dove si parla di codici etici, di controlli della supply chain, di dichiarazioni di trasparenza: ma la verità è che i brand del lusso vogliono spendere il minor prezzo possibile.

Un altro di questi imprenditori, che ha scelto di non mostrarsi, fa qualche nome di questi marchi, Givenchy, Barbery, il gruppo LVMH: “loro devono avere più margine possibile per avere il maggior profitto possibile.”

LVMH è una multinazionale del lusso, una delle più grandi al mondo, 75 maison, 44.7 miliardi di euro di fatturato, detiene brand come Luis Vitton, Fendi, Dior, Loropiana. L'azionista principale è Bernard Arnoult, molto felice del record di profitti raggiunto, uno dei tre uomini più ricchi al mondo, con un patrimonio, netto di 188 miliardi di dollari.

C'è poi il gruppo Kering, 13 miliardi di fatturato e una galassia di brand che vanno da Gucci a Yves Saint Loren, da Bottega Veneta a Valenciaga.

La persona intervistata dalla giornalista lavora per questi gruppi, il suo compito è fra produrre le collezioni in Italia e all'estero e vengono richiesti sempre tempi di consegna inferiori per prezzi sempre inferiori.

La differenza tra i prezzi con cui questi capi vengono venduti sul mercato e il prezzo a cui vengono pagati a queste aziende è enorme: “noi troviamo un capo spalla che il fornitore vende a 100 euro venire tranquillamente venduto a 2500, 3000 euro in negozio.. ”.

Se i margini sono alti, perché strozzano così tanto i piccoli produttori?

Giuseppe Iorio è un manager del settore della moda, direttore della produzione della ITIERRE: a Presadiretta racconta di aver delocalizzato aziende del settore per anni per i grandi gruppi “da un punto di vista economico io posso dire che hanno fatto un'operazione brillante perché comprare a 12 e vendere a 200, vuol dire che veramente hai il cervello, ma da un punto di vista morale, non è concepibile. Il tuo non è made in Italy ma sono prodotti nei peggiori tuguri della Tunisia ...

Questo gap, questa differenza finisce nelle tasche a dei produttori italiani che se ne sono andati in Romania, con la connivenza dei grossi marchi, con la connivenza di confindustria e soprattutto con la connivenza della camera della moda. ”

La Ong Abiti puliti ha fatto un report sulle nostre scarpe per capire quanto siano rispettosi del rispetto dei diritti umani: marchi come Geox che ha fatturato 535ml di euro e ora sta chiudendo uno stabilimento in Serbia aperto grazie ai fondi del governo Serbo.

Il gruppo Tods, 55 società controllate, 637ml di fatturato nel 2020, una icona del made in Italy.

MA come funziona la produzione negli stabilimenti in Serbia, in Romania e nell'est europeo? Sono veramente rispettosi dei diritti umani?

A Durazzo c'è uno stabilimento della Tods e Hogan, dove lavorano le operaie prese dai villaggi: si lavorano in condizioni difficili, non ci sono sindacati a tutelare le persone. Rideva, Renzi, quando invitava gli imprenditori a spostarsi in Albania, soprattutto quelli della moda e del calzaturiero, perché il costo del lavoro è molto basso in Albania.

E le Hogan fatte in Albania e vendute da 200 a 300 euro, sono made in Italy certo, ma sono prodotte da operaie pagate anche 1 euro l'ora.

230 euro al mese, questo guadagnano le operaie che lavorano per Hogan, Luis Vitton: alle operaie albanese non è concesso lamentarsi per le loro condizioni di lavoro agli italiani che dovrebbero fare il controllo di qualità.

Sperduta nelle campagne si trova un'azienda che lavora per il settore pubblico italiano: le t-shirt di carabinieri e guardia di finanza, per ospedali pubblici.

Anche il pubblico si comporta in Albania come il privato, imponendo ai terzisti albanesi prezzi sempre più bassi che nemmeno bastano a ripagarsi dei costi della produzione.

Eppure tutte queste filiere sono certificate da enti che dovrebbero certificare il rispetto ambientale, il rispetto dei diritti umani delle persone.

Ma non è vero.

Presadiretta ha elencato una serie di incidenti di petroliere e anche di navi per le crociere, tutte certificate dal Rina: “il Rina fa tutto quello che vuole Fincantieri, è interesse di tutti fare prove finte” si sente dire in una intercettazione fatta per le indagini della Costa Concordia.

Certificazioni erano presenti anche nell'azienda in Pakistan, la Ali Enterprises, dove lavoravano bambini, poi esplosa: anche qui la certificazione era del Rina.

La stessa storia per l'affondamento di un traghetto tra Italia e Albania: traghetto certificato dal Rina.

Rina è una holding che opera nel settore dei trasporti e nel settore delle certificazioni: la procura di Genova sta indagando su un giro di false certificazioni, come quelle rilasciate per la sostenibilità dei marchi della moda.

In Pakistan lo stabilimento esploso aveva la certificazione, eppure era una trappola per chi ci lavorava dentro, non si rispettavano le norme di sicurezza, nessun salario minimo pagato, i controlli erano concordati, perché altrimenti si perdevano i clienti – racconta un auditor a Presadiretta.

Se consentiamo alle fabbriche che lavorano per noi all'estero di lavorare senza rispetto dei diritti umani, poi questo si rivolta contro di noi: alla Texprint a Prato gli operai in picchetto sono stati presi a bastonate da picchiatori, venuti a bloccare lo sciopero. Altre squadracce sono venuti a picchiare gli scioperanti davanti la Fedex.

Come mai gli operai di Prato protestavano? La Texprint è una fabbrica tessile di Prato, sono stati licenziati dopo aver protestato per le condizioni di sfruttamento in cui erano costretti a lavorare. Lavoravano con un contratto da apprendistato per 7 giorni su sette e alla fine del periodo da apprendista venivano cacciati.

Non vogliono essere più schiavi, queste persone: una delle responsabili dell'azienda risponde a Giulia Bosetti che non è vero che lavoravano 12 ore, che i lavoratori stanno facendo un ricatto.

Ma tante aziende che lavorano conto terzi nel settore dell'abbigliamento lavorano così: sfruttando le persone, con controlli insufficienti per cambiare la realtà, perché le sanzioni sono insufficienti, spiega un sindacalista del SI Cobas.

Buste paghe false, contributi non versati, salari in nero, condizioni di lavoro poco igieniche, rischi per la salute per il contatto con sostanze chimiche, turni infiniti: queste le denunce degli operai di una di queste fabbriche del settore.