31 agosto 2021

Il diavolo in blu di Walter Mosley

 

Fui sorpreso di vedere un bianco entrare nel bar di Joppy. Non solo era bianco di pelle: portava un abito di lino bianco sporco, una camicia bianca, un panama, scarpe bianche e un paio di lucide calze di seta bianche. La sua pelle era liscia e pallida, con appena qualche lentiggine. Un ciuffo rossastro di capelli sfuggiva dal cappello di paglia.

Il diavolo esiste ed ha un vestito blu al ginocchio, occhi azzurri e a volte verdi, un corpo profumato dal sapone Ivory ed è capace di prenderti l'anima e portarti alla dannazione, perché sai che più cerchi di starle vicina più la perderai.

Il diavolo è ovviamente la donna al centro del noir di Walter Mosley, il primo della serie con Ezechiel “Easy” Rowlins, il detective privato di colore: siamo a Los Angeles nel 1948, la guerra è finita da pochi anni, Easy il protagonista è stato appena licenziato e ora deve trovare i soldi per pagare l'ipoteca sulla casa che ha acquistato e a cui tiene molto.

Anni prima è scappato dalla sua città, Houston, per sfuggire ad un destino scritto di violenza e si era anche offerto come volontario per andare a combattere in Europa.

Ma anche nell'esercito vigeva un certo razzismo per cui i soldati di colore non potevano combattere, non potevano contribuire alla conquista della libertà, hai visto mai che ci prendevano gusto e avrebbero preteso quella libertà anche a casa loro?

Ma Easy non si è accontentato di stare dietro una scrivania: volontario per il D-Day e con Patton nella controffensiva delle Ardenne, ha visto morire tanti uomini in guerra e quella violenza gli è rimasta dentro.

L'occasione per guadagnare dei soldi e tenersi la casa (perché senza qualcosa di tuo la gente ti avrebbe guardato sempre come un pezzente, anche se vali come un bianco) gli arriva nel bar di Joppy, un ex pugile, dove incontro quest'uomo bianco, vestito tutto di bianco, che gli propone un incarico

Mr Albright sta cercando uno per un lavoretto. Io gli ho detto che sei a spasso e c’hai anche da pagare un’ipoteca”.

Si tratta di ritrovare una ragazza bianca, Daphne, per conto di un amico: un lavoro semplice se non fosse per l'aria di Mr Albright DeWitt, un tipo pericoloso da cui stare alla larga, uno capace di uccidere una persona che gli ha creato problemi senza farsi troppi scrupoli. Ma ci sono i soldi per l'ipoteca, senza cui niente casa.

Così Easy decide di mettersi sulla tracce di questa ragazza, una bella ragazza, una che frequenta locali per neri e proprio da uno di questi decide di partire. Si tratta del locale di John, uno spaccio clandestino dove suonano jazz e dove fare qualche domanda senza dare troppo nell'occhio.

Ma ecco che le cose iniziano a mettersi subito male: perché proprio una delle ragazze incontrare la sera precedente viene trovata morta a casa e la polizia non ha migliore sospettato di una persona di colore.

Pensavo che una qualche giustizia per un nero potesse esserci se lui aveva i quattrini per oliarla. Il denaro non è una puntata sicura, ma è la cosa che più somiglia a Dio tra tutte quelle che ho visto in questo mondo.

Non sarà l'unico morto in cui Easy dovrà imbattersi e ogni volta dovrà fare tutto il possibile per tenersi lontano dalla polizia, dalla pistola di DeWitt e anche dagli altri personaggi dietro questa donna.

Un candidato sindaco con gusti molto discutibili la cui candidatura è stata stoppata da uno degli uomini che contano nella città che, guarda caso, è la persona che sta cercando Daphne perché innamorato. Ma non è solo questa ragazza a creare problemi, c'è anche una borsa con trentamila dollari che fa gola a molti e che per molti costituisce un buon motivo per uccidere.

Furono quei due giorni, più di qualsiasi altra occasione, a fare di me un detective. Sentivo un’eccitazione segreta quando entravo in un bar e ordinavo una birra coi soldi di un altro..

Per la prima volta Easy Rawling si ritrova a lavorare usando la sua testa e spendendo i soldi ricevuti da qualcuno per fare un lavoro, una sensazione strana, piacevole, poter girare per la città senza dover prendere ordini da nessuno.

Non sapevo perché avessi accettato di andare da solo dalla ragazza in blu. Ma per la prima volta da tempo ero felice e ottimista.

Ma, attenzione, c'è quella ragazza da trovare: una donna che non è quell'angelo biondo dagli occhi azzurri, dall'aria indifesa. E' lei il “diavolo in blu” che da il titolo alla storia, un diavolo capace di prenderti l'anima, l'unico modo per salvare la pelle è lasciarla andare via.

Daphne era come una porta rimasta chiusa per tutta la mia vita; una porta che all’improvviso si spalancava e mi lasciava entrare. Il mio cuore e il mio petto si aprirono, grandi quanto il cielo, per quella donna. Ma non posso dire che era pazza. Daphne era come il camaleonte. Cambiava per il suo uomo.

Meglio ancora, avere a fianco l'amico di infanzia Raymond Alexander, detto Mouse, un'altra persona capace di usare la pistola contro qualcuno senza avere rimorsi.

Uno di quelli per cui Easy se ne era scappato da Houston tanti anni prima..

E l’altro lavoro?”

Lo faccio quando mi serve qualche dollaro. Investigatore privato”.

Ma non farmi ridere!”

Sul serio”.

Per chi lavori?”

Amici e amici di amici”.

In questo noir hard boiled un nuovo investigatore, nero, intelligente e desideroso di farsi valere per sue capacità come un bianco, è nato ed è pronto a muoversi in quella zona ai margini della legge, tra criminali in doppio petto e sbirri dalle mani pesanti, specie con le persone di colore. Ed è pronto a farsi rispettare!

La scheda sulla pagina FB e sul sito dell'editore 21 lettere

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


Presadiretta – processo al giornalismo

Un uomo 11 anni fa aveva previsto il disastro della missione militare in Afghanistan, è Julian Assange che però oggi è in carcere con l'accusa di essere una spia. Il suo processo è uno scandalo per quei paesi occidentali, compreso il nostro, che pretendono di esportare la democrazia.

Per la prima volta, sulla Rai, si parla del processo ad Assange e di Wikileaks, il sito che con le sue rivelazioni (ricevute da whistleblower degli apparati di sicurezza) aveva gettato luce sulla guerra al terrore scatenata dagli USA dopo l'attacco alle Torri Gemelle del 2001: sono i documenti segreti che parlavano delle torture, dei crimini di guerra e della situazione della guerra sul campo dando una visione completamente diversa da quelli che erano i comunicati stampa ufficiali.

Assange è in carcere a Londra, in attesa che si concluda il processo di estradizione degli Stati Uniti (ad oggi si è concluso il primo grado): il racconto di Iacona parte da Ginevra, dove sono presenti le principali associazioni sui diritti civili.

In questa città in difesa del giornalista è stato organizzato un incontro dalla stampa, dove hanno parlato tra gli altri il sindaco della città e relatore Onu sui reati di tortura, Niels Melzer.

Sulla riva del lago sono presenti le statue dei tre maggiori whistleblower, Assange, Chelsea Manning e Edward Snowden, realizzate da un artista italiano, Davide Dormino.

Qui Iacona ha incontrato anche la compagna di Assange, l'avvocato Stella Morris, con cui il giornalista ha avuto due figli, che non vede da mesi per colpa del Covid.

“Non dirò ai miei figli che il padre è in prigione, perché in prigione ci sono persone cattive” – dice Stella Morris che è convinta che se Assange non uscirà dalla prigione, ne morirà dentro, perché lo avranno ucciso.

Assange è stato arrestato da Scotland Yard nell'aprile 2019: su quali basi legali un giornalista è in carcere, senza una condanna definitiva, in piena Europa, non in una dittatura? Che segreti del potere Assange ha rivelato?

Ha rivelato al mondo della strage di civili a Baghdad compiuta da soldati americani: è la strage che trovate su youtube cercando il video “collateral murder”, dove i piloti di un elicottero apache sparano a dei civili scambiati per terroristi. Sparano anche ad un furgone che stava soccorrendo un ferito scampato alle prime raffiche: i soldati si mettono anche a ridere, di fronte ai 18 morti, tra cui un giornalista della Reuters e il suo operatore. Tra i feriti di questa strage ci sono due bambini: colpa loro perché portano i bambini in battaglia – si sente dire da un pilota.

Questo video è stato consegnato a Wikileaks, dall'analista Chelsea Manning: questa piattaforma era stata creata pochi anni prima da uno strano giornalista australiano, Assange appunto. E' grazie a questo che è stata smontata la bugia dei soldati americani, secondo cui l'azione dell'elicottero rispettava le regole d'ingaggio.

Queste uccisioni di civili, in Iraq e anche in Afghanistan, hanno avuto un impatto forte sulla popolazione di questi paesi: ancora oggi il figlio di Saeed Chmagh non riesce a non piangere, pensando alla morte del padre, a Baghdad, un reporter che si ostinava a fare il suo lavoro nonostante i pericoli.

Saeed è stato ucciso, come un animale: nel video si vede che si trascina a fatica, dopo i primi spari: i piloti che lo hanno ucciso sono oggi liberi, gli americani non hanno posto le scuse alla famiglia, solo la Reuters è stata vicina alla sua famiglia, ma solo per un breve periodo.

Mosul è stata liberata dall'esercito iraqeno nel 2017 e oggi è ancora una città di macerie: qui vivono i familiari di Namir, l'operatore che lavorava con Saeed. Anche qui, i genitori, provano tanta rabbia contro gli americani e sono grati ad Assange e Wikileaks che gli ha consentito di vedere coi loro occhi la verità sulla morte del figlio.

Nell'aprile 2010 la pubblicazione di “collateral murder” cambia le regole del gioco, racconta la guerra per quello che è: per questo Wikileaks doveva essere chiuso, perché smontava la bugia della propaganda americana.

Dal 2010 Assange è finito in un calvario, che lo ha privato della libertà: prima gli anni dentro l'ambasciata dell'Ecuador, poi il carcere.

Dopo la pubblicazione del primo video, Assange annuncia la pubblicazione dei 400mila file dei report redatti dai soldati sul campo: sono gli Afghanistan War Logs e poi l'Iraq War Logs pubblicati assieme ad una serie di testate internazionali, tra cui anche l'Espresso e Der Spiegel.

Lo racconta Stefania Maurizi, la giornalista de l'Espresso e oggi del Fatto Quotidiano che ha iniziato a collaborare con Assange in quel periodo: grazie a Wikileaks il giornalismo aveva in mano dei documenti, non secretati, in tempo reale, della guerra.

Documenti sulla guerra, minuto per minuto, in Afghanistan e in Iraq: i massacri ai check point dove si sparava a tutto ciò che si muoveva, le torture in tutti i dettagli, le uccisioni di massa, le bombe tra le due fazioni, gli sciiti e i sunniti.

Questi report raccontavano già anni fa come la coalizione in Iraq e in Afghanistan non potesse vincere la guerra, per gli attentati, per le bombe degli insorgenti.

Di questa guerra in Iraq chi ha sofferto di più è stato il popolo iraqeno: altro che missione compiuta, come annunciò Bush sulla portaerei nel 2003, altro che missione compiuta, altro che libertà e pace, altro che ricostruzione. Nel 2003 l'Iraq piombò in una guerra civile che fece migliaia di morti.

Bradley Manning era un analista di 22 anni di stanza a Baghdad: chattando con un hacker americano, che poi lo denunciò al governo americano, Manning racconta la ragione del consegnare a Wikileaks dei documenti segreti sulla guerra. Perché il mondo deve sapere, le persone devono essere informate, devono conoscere il volto del “potere segreto”, quello composto dalla lobby delle armi, dalle strutture di intelligence, dalla grande finanza che va a braccetto con i primi due.

Chelsea Manning (come oggi si chiama) ha consegnato un'enorme quantità di materiale classificato che smontava in tempo reale la bufala della propaganda sulle guerre umanitaria: il potere segreto che poteva andare sopra i miliardi spesi per queste guerre, sul lager di Guantanamo, sui 15 mila morti civili in Iraq, sulle torture e sulle rendition (tra cui anche quella in Italia dell'imam Abu Omar).

Senza il suo coraggio, senza la pubblicazione delle schede degli arrestati a Guantanamo, non sapremmo nulla dei detenuti in questo lager: sono storie incredibili, persone reclutate da Al Qaeda per una lotteria e per questo spedite a Guantanamo, persone arrestate perché conoscevano i sentieri impervi dell'Afghanistan.

La guerra per esportare la democrazia è diventata subito una guerra sporca: lo dicono i documenti di Wikileaks, lo dicono le foto di Abu Ghraib pubblicate dal giornalista Seymour Hersh, che si era basato su un rapporto di un generale, Tabuga, che scelse di non nascondere le torture.

Altro che onore, dovere, patria: ad Abu Ghraib c'era solo omertà, come nella mafia.

Edward Snowden, ex analista dell'NSA, è un altro whistleblower di Wikileaks che rivelò al mondo dello spionaggio di stato su cittadini americani ed europei, degli omicidi compiuti dai droni (che non uccidono solo terroristi), delle rendition e delle torture di persone sospettate di essere terroristi, come il cittadino tedesco El-Masri o Abu Omar in Italia.

Tutte storie in cui i tribunali, la giustizia, le leggi, non potevano intervenire perché c'era il segreto di stato, perché in nome della sicurezza si bloccava tutto. Ma era un segreto di stato usato per nascondere torture e reati.

Il caso Abu Omar è l'unico che è approdato in un processo e che ha portato a delle condanne, sia degli agenti della Cia che del Sismi che collaborarono al rapimento: l'ex magistrato Spataro ha spiegato come il rapimento e la tortura non sono servite a salvare vite umane, a prevenire attentati. Siamo tornati al medioevo, alla tortura per ottenere una confessione, con un salto indietro di secoli, calpestando le convenzioni internazionali e la nostra Costituzione.

Ma poi il segreto di Stato ha salvato gli agenti della Cia, grazie a tutti i governi che si sono succeduti dal 2007 e alla grazie presidenziale: nei documenti inviati dalle ambasciate e che Wikileaks ha pubblicato (i cable-gate) emergono le pressioni fatte dal governo americano per bloccare l'azione dei magistrati italiani di Milano.

Ci sono le pressioni all'allora sottosegretario Enrico Letta per bloccare i pm di Milano e poi quelle all'allora ministro La Russa.

Non abbiamo chiesto l'estradizione di quegli agenti, “è una tradizione” dice Frattini oggi, come se fosse normale che un paese alleato calpesti la nostra sovranità nazionale.

Nei cabli pubblicati da Assange emerge come per gli americani l'Italia fosse il giardino di casa: il nostro paese ha dato assistenza per le missioni di guerra, ha bloccato le proteste dei pacifisti che potevano bloccare il materiale militare.

L'Italia è il posto eccellente per fare i nostri affari politici e militari – racconta l'ambasciatore Sembler riferendosi al governo Berlusconi.

A fine 2010 sulla testa di Assange piomba un'accusa terribile, quella di stupro nei confronti di due donne svedesi, nel corso di una sua visita.

Con queste due accuse la sua immagine inizia ad essere scalfita, perché si tratta di accuse infamanti: nel suo libro (Il potere segreto- Chiarelettere) la giornalista Stefania Maurizi racconta le stranezze dell'accusa della procuratrice svedese, le zone oscure, quanto le indagini si siano protratte a lungo per colpa della procura svedese e della corte inglese.

Anche il relatore per l'Onu sulla tortura, Nils Melzer, che si è letto le carte dell'istruttoria su Assange, è convinto che questo processo non abbia delle basi solide e che dietro abbia invece solo il tentativo di metterlo a tacere.

Assange avrebbe potuto essere interrogato a Londra dalla procuratrice svedese, che invece voleva per forza interrogarlo in Svezia, dove c'era il rischio che venisse estradato in America.

Dopo aver perso la battaglia per l'estradizione, Assange si rifugiò nell'ambasciata dell'Ecuador, dove rimane per sette lunghi anni, anni in cui il caso rimase incredibilmente aperto.

Anche qui diventa prezioso il lavoro di indagine della giornalista italiana: sono stati gli inglesi ad aver impostata la strategia di accusa con gli svedesi, nessuna interrogazione per via telematica, ma portare il caso per le lunghe per bloccare Assange che non può mettere il naso fuori dall'edificio circondato da poliziotti inglesi.

Assange rimane per sei anni rinchiuso in una piccola stanza, senza la luce del sole, senza poter respirare all'aria aperta: ma finché in presidente rimase Correa, il giornalista poteva stare tranquillo. Ma poi arrivò un altro presidente, più sensibile ai desiderata degli Stati Uniti, del Fondo Monetario: il governo Correa fu fatto cadere anche per le manovre della Cia, sostiene oggi l'ex presidente, che aveva fomentato una rivolta nel paese sudamericano.

Col nuovo presidente Moreno, la vita dentro l'ambasciata inizia a diventare un inferno: Assange inizia ad essere isolato, non può ricevere visite, il tutto per rendergli la vita difficile, per costringerlo a fare un passo falso.

Dentro l'ambasciata Assange era spiato: è quanto è emerso dallo scoop di un giornale spagnolo, El Pais, sulla UC Global di David Morales che spiò per gli americani Assange dentro l'ambasciata, in modo illegale, tutti i giorni.

Vengono spiati anche gli incontri dell'ambasciatore dell'Ecuador, gli incontri di Assange coi suoi avvocati, i cellulari dei visitatori compresi i codici Imei, tutte informazioni poi finite nelle mani dei servizi segreti americani.

Assange avrebbe potuto essere nominato diplomatico dall'Ecuador, per consentirgli di uscire dall'ambasciata senza il rischio di essere arrestato: lo si era deciso in una riunione del 21 dicembre, ma guarda caso il 22 dicembre gli Stati Uniti formalizzano un'accusa contro Assange, che evidentemente erano stati avvisati per tempo.

Nell'aprile del 2019 viene revocato nel 2019 e così la polizia inglese riuscì ad entrare dentro l'ambasciata per arrestarlo, in attesa del processo di estradizione.

Una detenzione crudele, ai limiti della tortura, per zittire un giornalista che aveva colpito questo potere segreto: Assange ha i sintomi di una tortura psicologica racconta a Iacona Niels Melzer “quando mi manderanno negli Stati Uniti quella sarà la mia condanna a morte” racconta Nils Melzer relatore speciale contro la tortura all'Onu, “se mi dovessero estradare farò in modo di non andarci vivo”.

Assange è sotto processo per una legge del 1917 che per la prima volta colpisce un giornalista: ma secondo il governo americano non è un giornalista, è solo uno che ha violato la sicurezza di chi collaborava con gli USA nei teatri di guerra.

Viene accusato anche di avere le mani sporche di sangue, ma si tratta di una bugia perché ad oggi non risulta nessun caso di analista, collaboratore, informatore ucciso per colpa di questi leaks. Non solo, Wikileaks ha filtrato la documentazione rivevuta da Assange e Snowden prima di pubblicarla.

Condannare Assange considerandolo come una spia significa condannare il giornalismo: come potranno poi gli Stati Uniti puntare il dito contro altre dittature che non amano la libertà di stampa?

Se Assange verrà condannato sarà un precedente per altri giornalisti che si dovessero permettere di pubblicare atti secretati.

Assange è perseguito perché ha sfidato la nazione più potente del mondo pubblicando notizie vere per informare le persone: la sua condanna è un deterrente per preservare il potere segreto, che protegge la criminalità di stato (le torture, i rapimenti come nel Cile di Pinochet), che consente alle aziende delle armi di continuare a fare affari.

Se Assange dovesse essere condannato, conclude la sua intervista Nils Melzer, “significa che noi viviamo in una tirannia”.

Questa è la partita dietro il processo ad Assange: in gioco è la democrazia dell'occidente e dentro ci siamo tutti, lo vediamo dalle immagini della caduta rovinosa di Kabul.

Le parole di Gino Strada sul suo Afghanistan, morto in questo agosto, diventano ancora più importanti: fino alla fine aveva denunciato questa guerra, senza senso, che è andata avanti da venti anni, che è costata 8,5 miliardi di euro, che ha reso questo paese più povero, che ha causato un flusso di 4 milione di profughi.

Una guerra persa, non solo dal punto di vista militare ma anche da quello dei diritti, per liberare le donne dal burqa, quando avremmo dovuto portare istruzione e lavoro.

La guerra si associa sempre con la bugia – continua Strada nell'intervista - si raccontano frottole per giustificare l'uccisione di persone, la scusa di aver ospitato Bin Laden non teneva, perché si era rifugiato al confine col Pakistan.

Ma il potere non ama la verità, per questo Assange è oggi sotto processo.

30 agosto 2021

Anteprima delle inchieste di Presadiretta – processo al giornalismo

La prima puntata di questa stagione di Presadiretta tocca un argomento quanto mai attuale: i retroscena della guerra in Afghanistan e in Iraq su cui i nostri governi non hanno raccontato tutta la verità.

Verità che non può essere nascosta, dopo venti anni, dall'esigenza di mettere in pericolo la sicurezza del nostro paese e dei nostri soldati in una missione durata venti anni, che doveva esportare con le armi la democrazia e che si è invece conclusa con le immagini della fuga da Kabul.

Democrazia significa che chi detiene il potere deve rendere conto ai suoi cittadini delle scelte, delle decisioni, specie se queste riguardano una parte importante delle nostre spese: in un momento in cui si chiudono ospedali, manca personale medico, insegnanti, asili, i miliardi spesi nelle missioni militari prorogate in questi anni sono quasi uno schiaffo in faccia alle persone.

Se non è chi detiene legittimamente il potere a fare luce, è compito allora del giornalismo raccontare i fatti andando al di là delle veline e della troppa propaganda attorno alla guerra al terrorismo: Presadiretta e i suoi giornalisti racconteranno della vicenda di Julian Assange, in carcere a Londra da due anni e mezzo, in attesa che si concluda il processo di estradizione negli Stati Uniti, dove è accusato di rivelazione di documenti segreti, in base ad una legge del 1917.

Bruciali tutti vivi! La strage di civili del 2007 a Baghdad

Julian Assange, fondatore di Wikileaks, rischia 175 anni di carcere per aver rivelato nel 2010 (assieme ad altre testate giornalistiche) i crimini di guerra in Iraq, come il video che potete trovare su Youtube “collateral murder”, dove si vede un Apache uccidere dei civili scambiati per terroristi. Nel video si vede uno di questi, l'autista di un fotografo della Reuters, che rimasto ferito, viene soccorso dai conducenti di un furgone: i militari sull'elicottero (nonostante avessero visto che non fossero armati), spara addosso al ferito e a queste persone.

Nel video si sentono i militari ridere perché hanno bucato il parabrezza del van con la loro 30 mm: questo attacco causò 18 morti, tra cui il giornalista della Reuters e non ne avremmo mai saputo niente se l'ex analista della Difesa Bradley Manning (oggi Chelsea Manning) non avesse passato questo video a Wikileaks.

Nemmeno alla Reuters l'esercito aveva dato tutto il video, per fare luce sulla morte di un loro collaboratore: per gli americani questa azione era legale perché rispettava le “regole di ingaggio”.

Wikileaks ha pubblicato i documenti segreti redatti dai militari sul campo in Afghanistan, Gli Afghanistan War Logs, dalla cui lettura cui emergeva chiaramente come l'esercito non stesse vincendo la guerra sul campo. Sono i 91mila documenti secretati che raccontavano la guerra vista dal campo, non filtrata dalle veline del Pentagono, che Chelsea Manning aveva inviato ad Assange e che sono stati resi pubblici il 25 luglio 2010: già undici anni fa sapevamo che la battaglia contro i Talebani non poteva essere vinta, sapevamo anche delle centinaia di uccisioni di civili di cui non si era mai avuta notizia prima.

Per la prima volta si sentiva parlare della Task Force 373, un'unità che aveva il compito di eliminare esponenti di Al Qaeda, “ma che in realtà nemmeno sapeva chi erano le persone che ammazzava, creando un risentimento pazzesco nella popolazione” - commenta la giornalista Stefania Maurizi.

La giornalista del Fatto Quotidiano (e prima de l'Espresso) ha collaborato dal 2009 con Assange e Wikileaks (sia sui leaks della guerra in Iraq e in Afghanistan che sui documenti dei Cable-Gate, i cabli inviati dagli ambasciatori americani in tutto il mondo).

Nel libro “Il potere segreto” ha ricostruito tutta la vicenda Wikileaks e gli attacchi che Assange ha dovuto subire: attacchi che nascono da una ragione semplice, Assange con la pubblicazione dei documenti segreti ha messo in crisi la macchina della propaganda americana (ma anche delle nazioni alleate come la nostra) che hanno sempre omesso le stragi di civili. Tutto sbugiardato e in tempo reale, non dopo trent'anni quando di quei fatti non frega più niente a nessuno.

Stiamo parlando di miliardi spesi per delle guerre che hanno causato migliaia di vittime innocenti, uccise da droni, dalle bombe, dai colpi di arma da fuoco.

Di persone torturate dentro lager come Guantanamo, trattate peggio di animali perché considerati terroristi, senza però aver ricevuto nessuna accusa, nessun supporto legale.

Da 11 anni Assange non è più un uomo libero: prima l'accusa di stupro lanciata dalla magistratura svedese, poi quasi sette anni recluso dentro l'ambasciata dell'Ecuador a Londra, dove è stato illegalmente spiato, H24, registrando persino gli incontri coi suoi avvocati.

Il momento dell'arresto di Assange nel 2019 (il poliziotto in primo piano a stento trattiene un sorriso)

Ora si trova in carcere in attesa che i giudici inglesi decidano se estradarlo negli Stati Uniti, per un reato di spionaggio: “quando mi manderanno negli Stati Uniti quella sarà la mia condanna a morte” racconta Nils Melzer relatore speciale contro la tortura all'Onu, “se mi dovessero estradare farò in modo di non andarci vivo”.

Se Assange dovesse essere condannato, conclude Melzer, “significa che noi viviamo in una tirannia”.

Il giorno 11 aprile 2019 Assange è stato arrestato dalla polizia londinese dentro l'ambasciata ecuadoregna: i due anni di permanenza dentro l'ambasciata lo hanno minato nel fisico e anche nella mente. Se è rimasto al chiuso dentro l'ambasciata è stato per evitare l'estradizione in Svezia, dove era indagato per il reato di stupro (reato finito in prescrizione), ma Assange temeva che poi sarebbe stato estradato negli Stati Uniti, la grande democrazia che difende gli oppressi. O forse no.


Gli Stati Uniti sono una nazione che (assieme all'Inghilterra) ha mentito al mondo, per l'invasione in Iraq, e che ora abbandona l'Afghanistan in mano ai Talebani (con cui ha pure stretto un accordo a Doha) vuole condannare a morte un giornalista (e la sua organizzazione) che ha la sola colpa di aver informato il mondo di quello che succedeva a migliaia di km, lontano dalle telecamere.

Il processo contro Assange è un processo contro il giornalismo, “il più grave scandalo della storia giudiziaria” racconta nell'anticipazione del servizio Riccardo Iacona, che continua “riguarda noi, l'Occidente perché è da noi che si vuole processare un giornalista solo perché ha detto la verità”.

Se Julian Assange dovesse essere condannato potremmo ancora considerarci una democrazia?

Lo scandalo più grave è il silenzio con cui si è consumata questa brutta pagina del giornalismo, Assange è stato lasciato solo anche dai giornalisti del Times e del W. Post che, tanti anni fa, decisero di mettersi contro l'amministrazione Nixon per pubblicare i Pentagon Papers.

Perché, come recitava la sentenza della Corte Suprema del 1971 che decise su questa divulgazione di documenti segreti: “la stampa deve essere al servizio dei governati, non dei governatori”.

Con che coraggio le presunte democrazie occidentali (compresa la nostra) si potranno permettere di puntare il ditino contro le dittature nel mondo che opprimono gli oppositori, che non consentono la libera stampa, dopo quello che sta succedendo a Julian Assange?

Nel libro “Il potere segreto” (Chiarelettere) la giornalista Stefania Maurizi scrive:

Il caso [Assange] va ben oltre la vita e la libertà del fondatore di WikiLeaks e dei suoi collaboratori: è la battaglia per un giornalismo che espone il livello più alto del potere, quello in cui si muovono diplomazie, eserciti e servizi segreti. Un livello che nelle nostre democrazie – soprattutto quelle europee – il cittadino comune spesso nemmeno percepisce come rilevante per la sua vita, perché raramente si mostra nei telegiornali e nei talk show. E perché il cittadino comune guarda al potere visibile: la politica che decide della sua pensione, della sua copertura sanitaria, della possibilità o meno di trovare un posto di lavoro.

Eppure quel potere, schermato dal segreto di Stato, decide eccome la sua vita. Decide, per esempio, se il suo paese passerà vent’anni a fare la guerra in Afghanistan mentre non ha le risorse per scuole e ospedali, come nel caso dell’Italia.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

29 agosto 2021

La nuova indagine del vicequestore Luca Wu

Abbiamo dovuto aspettare quasi tre anni per leggere un nuovo romanzo dello scrittore romano Andrea Cotti col suo vicequestore Luca Wu, metà cinese e metà italiano. Anzi, sia cinese che italiano.

Nel primo, "Il cinese" - Rizzoli editore, il dirigente del commissariato di Torpignattara doveva indagare sulla mafia cinese e sui suoi affari nella capitale.

Questo nuovo capitolo, L'impero di mezzo, uscirà sempre per Rizzoli il 31 agosto, e sarà quasi interamente ambientato in Cina: di seguito la scheda del libro

Tra megalopoli ipertecnologiche, fiumi di denaro e intrighi internazionali, una nuova indagine per il vicequestore Luca Wu.

Dopo l’ultima, sfiancante inchiesta, il vicequestore Luca Wu ha bisogno di riposo e di ritrovare sé stesso: lo deve a sua moglie, Anna, che lo ha cacciato di casa dopo l’ennesimo tradimento, e soprattutto a suo figlio Giacomo. L’occasione per allontanarsi da Roma e dal commissariato di Torpignattara si presenta quando i nonni di Wu decidono di tornare un’ultima volta al loro villaggio di origine, Caoping. 

Ma a pochi giorni dall’arrivo, l’ufficio sicurezza dell’ambasciata italiana in Cina lo contatta per chiedere il suo aiuto su un caso molto delicato: un importante imprenditore italiano è morto precipitando dal diciassettesimo piano di un parcheggio a Wenzhou. Il sospetto è che si tratti di incidente, ma qualcosa nella ricostruzione delle autorità cinesi non torna. Insieme alla poliziotta Yien Bao Yi, quello che sembrava un semplice contrattempo si trasforma in una corsa impazzita tra i locali controllati dalle Triadi, le stanze della politica e le fabbriche dei colossi mondiali della tecnologica. 

Un intrigo internazionale fatto di affari miliardari, depistaggi, omertà e lotte di potere nei territori più oscuri dell’Impero di Mezzo. Dopo la Roma multietnica de Il cinese, Andrea Cotti spedisce Luca Wu alla scoperta delle sue origini, e dipinge un affresco della Cina sospesa tra tradizioni millenarie e futuro accelerato, dove spesso il confine tra legge e crimine, tra colpevoli e innocenti è troppo sottile per essere individuato.

L'uranio di Mussolini, di Franco Forte e Vincenzo Vizzini

 


Antefatto

Sicilia, agosto 1933

Il rombo di un motore rompe la quiete della campagna, facendo fuggire le vacche al pascolo. Il sentiero che Vittorio Borgia sta percorrendo in sella alla sua Sertum 250 si inerpica sulla collina che domina le cave di bitume alle spalle di Ragusa. La moto scalcia, scivola sulla pietraia che i contadini faticano a percorrere a dorso di mulo.

Questo romanzo parte da un presupposto, raccontato nei primi capitoli e che posso dunque riportare senza togliere nulla ai lettori, che storicamente ritengo sia poco credibile.

Si tratta dell'invenzione di una nuova portentosa arma atomica che Enrico Fermi, lo scienziato italiano padre della pila atomica, avrebbe promesso a Benito Mussolini: arma che per essere costruita avrebbe avuto bisogno dell'uranio estratto dalle cave in Ciad, in Africa, paese sotto controllo francese.

Si tratta dell'operazione Ausonia, questo il nome in codice dell'operazione in cui sono coinvolti i vertici del fascismo italiano, nel pieno dei suoi anni ruggenti, da Mussolini a Italo Balbo, maresciallo dell'aria, diventato famoso per il primo volo in formazione sopra l'oceano atlantico.

Per compiere questa operazione serve costruire una pista in Sicilia, da cui far partire gli aerei che andranno ad occupare il paese africano: ma laggiù in Sicilia, nelle campagne tra Ragusa e Siracusa, Vittorio Borgia, l'uomo della milizia che doveva seguire sul posto l'acquisto dei terreni, è stato trovato morto.

Il duce in persona incarica così un agente del neonato servizio segreto militare, il Sim, di andare sul posto e indagare sulla morte di Borgia. L'uomo dei servizi militari si chiama Franco Durante, anche se di origini milanesi, era stato amico di Vittorio, e così ora viene mandato, sotto le mentite spoglie di funzionario della propaganda del partito, giù in Sicilia per questa indagine difficile.

«Ma picchì mandano a noi, se il cadavere l’hanno trovato vicino al confine di provincia?» Caruso scosse il testone. «Ma Rubino non vuole liberarsi del morto?»

«Così mi disse. Quindi vediamo di toglierci subito questa pala di fichi d'India da sotto il sedere e torniamocene a casa, prima che si aprano le cataratte dal cielo»

Indagine difficile perché Durante non conosce il territorio, le persone che hanno avuto a che fare col morto, non conosce nemmeno il dialetto parlato in quella parte d'Italia che sembra così lontana da Roma e dalla sua Milano.

A condurre le indagini qui c'è un commissario che pure conosceva bene Borgia: si chiama Vincenzo Ibla, cammina con un bastone per una ferita ricevuta durante la prima guerra mondiale ed è un poliziotto dal carattere duro, sembra quasi sempre pronto a scagliarsi contro la persona che ha di fronte col suo bastone. Ma è anche un poliziotto capace di fare il suo lavoro.

Franco Durante e Vincenzo Ibla, una coppia peggio assortita non si poteva trovare per seguire questo caso: per la differenza di carattere dei due, tanto sanguigno e poliziotto vecchio stile Ibla, tanto strafottente il secondo, Durante, che ha imparato le moderne tecniche di indagine, per esempio l'utilizzo delle impronte digitali, di un archivio fotografico dove conservare le immagini delle persone schedate.

Ha uno strano vizio, l'agente del Sim: osservare i lineamenti delle persone che incontra per tracciare le sue “classificazioni somatiche”.

Ma c'è anche qualcos'altro che divide i due: Durante non può raccontare a Ibla quello che sa su Borgia e sull'incarico ricevuto, l'operazione Ausonia.

Quel delitto potrebbe essere opera di qualche servizio segreto estero che potrebbe voler danneggiare questa operazione

«Qualcuno» aveva continuato Giuliani, «forse i Servizi segreti francesi o inglesi, sta cercando di sabotare l’Operazione Ausonia. Borgia potrebbe essere stato ucciso proprio per impedire di realizzare il nostro piano

In effetti qualcuno che sta osservando da vicino le mosse di Durante in Sicilia, seguendolo nei suoi spostamenti, c'è: sono due uomini che l'agente classifica come “Classe 2”, potenziali criminali secondo il suo schema, che Durante si ritrova di fronte sia in albergo sia dentro la banca che dovrà usare come tramite per comunicare con Balbo a Roma.

E c'è anche un'altra presenza inquietante, a Ragusa: un certo signor Smith che si muove per contro della Lancaster Oil, una società petrolifera americana che ha ricevuto delle concessioni sull'isola. Anche lui deve capire cosa stesse facendo Borgia, per conto di Mussolini, su quei terreni che alla società americana interessano molto.

La Lancaster Oil aveva lubrificato alla perfezione gli ingranaggi dell’operazione, riuscendo a coinvolgere personaggi di primissimo piano come il fratello di Benito Mussolini, Arnaldo, e persino re Vittorio Emanuele

Vittorio Borgia è stato ucciso e gettato in fondo ad un dirupo, dopo essere stato torturato a lungo, come se il suo assassino, che l'ha attirato nella trappola, volesse estorcergli i suoi segreti.

Ma chi può essere il suo assassino? E' finito nel mezzo di una guerra tra servizi segreti? C'entra qualcosa la mafia, che nonostante la guerra a colpi di cannoni del prefetto Mori, continua a controllare il territorio a Ragusa come a Palermo?

E se invece si trattasse di un delitto passionale, Borgia era quello che si dice un fimminaro, frequentatore della casa di tolleranza di Madame Florence, come prevede il manuale fascista.

C'è quella ferita mortale alla gola, fatta con un coltello a lama piatta e lunga, un “liccasapuni” che potrebbe propendere per quest'ultima ipotesi, ma in realtà l'indagine di Ibla e Durante, almeno nella prima fase, sembra procedere a passo di gambero, per ogni passo avanti, due passi indietro.

Troppe le piste, tanti gli indizi ma nessuna prova che porti all'assassino e alla causa di quella morte, che potrebbe anche essere legata ad una faida interna al partito fascista, per mettere in cattiva luce un ministro del governo originario proprio di quelle province.

Paradossalmente a dare un aiuto alle indagini saranno proprio due donne: la prima si chiama Madame Florence ed è la tenutaria della casa di tolleranza, l'unica a Ragusa, che conosceva molto bene Borgia e che racconta ai due investigatori il cambio di umore del morto negli ultimi tempi, per colpa di quell'incarico che lo preoccupava.

Madame Florence racconta a Durante di qualcosa che sta preoccupando lei: negli ultimi mesi tre ragazze che lavoravano per lei sono scomparse, senza lasciare traccia.

.. era questo che scorgeva negli occhi di Madame Florence: non rabbia perché alcune delle sue ragazze erano scomparse all’improvviso, bensì viva preoccupazione perché qualcuno della famiglia si era allontanato senza avvertirla

La seconda donna ad aver un ruolo fondamentale in questa indagine è la sorella del commissario Ibla, Rosetta che, con le sue intuizioni, saprà dare il suo contributo per portarle nella giusta direzione. Oltre che stupire l'agente dei servizi, il milanese Durante, con le specialità della cucina locale, dalla caponata alla pasta incasciata.

Le indagini portano alla luce uno strano interesse attorno ai terreni dove è avvenuto l'omicidio, su cui in tanti vorrebbero mettere le mani, sia potenze straniere che prestanome della mafia.

Strani avvertimenti arrivano a Ibla e Durante, come se qualcuno volesse depistare le loro indagini indirizzandole contro personaggi chiacchierati..

«Non hai capito chi erano?» «Dimmelo tu» grugnì Durante. «Picciotti d’onore» rivelò lei. «Avevano l’accento di Palermo, quindi rappresentavano i capi della mafia, quelli che contano davvero.»

L'indagine viene raccontata, con un espediente letterario ben azzeccato, alternando il punto di vista dei due uomini, il poliziotto e l'agente che, passo dopo passo, prenderanno a fidarsi l'uno dell'altro sempre di più. L'intrigo è stato ben costruito dall'autore che ha saputo ricostruire bene il contesto storico dell'isola, dentro cui gli autori inseriscono il delitto Matteotti, le tangenti pagate per le concessioni petrolifere, lo scontro per la creazione della corporazione degli agricoltori in Sicilia, il potere della mafia (all'epoca ancora mafia rurale ma non meno pericolosa).

Rimangono le mie riserve sullo spunto iniziale, storicamente poco credibile visto che Fermi realizzerà la pila atomica solo nel 1942 a Chicago dopo aver abbandonato l'Italia a seguito delle leggi razziali. E sulla descrizione che l'autore da dei personaggi storici, Balbo e Mussolini, che ho trovato un po' troppo da istituto Luce.

La scheda del libro sul sito di Mondadori

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28 agosto 2021

Alabama di Alessandro Barbero

 


«Se me lo ricordo? Eh, direi che me lo ricordo. Non mi sono mica bevuto il cervello in tutti questi anni, nossignora, non io. Me lo ricordo benissimo. Stavo leggendo il giornale e mi rammento anche quale, l'Araldo di Richmond, proprio così; non ho mai visto tante bugie stampate su un foglio di carta, da allora...»

Ci sono tanti modi per raccontare un evento del passato, un passato che ha ancora tanti riflessi sul nostro presente. La scelta del professor Barbero è stata molto originale: raccontare una strage avvenuta nel corso della guerra di Secessione americana nella foresta di Winderness facendo parlare uno dei protagonisti di quell'eccidio, un soldato sudista, che viene intervistato da una giovane studentessa che sta facendo un lavoro di ricerca, partendo da delle lettere che uno dei testimoni ha scritto ad un giornale.

Questo reduce di una guerra che ha causato migliaia di morti, ha voglia di raccontare e, capitolo dopo capitolo, ci racconta la sua vita, di uno dei tanti agricoltori in uno stato del sud, il reclutamento dei soldati per formare l'esercito confederato, la guerra contro l'esercito del nord, perché nessuno deve permettersi, nemmeno il presidente Lincoln, di venire qui a dirci come dobbiamo comportarci.

Il suo racconto è ricco di aneddoti, perché il signor Dick Stanton, dalla contea di Magnolia, si ricorda ancora tutto, nonostante siano passati quasi ottant'anni e nel presente dove si svolge la storia siamo nel mezzo di una nuova guerra, contro il Giappone che ha dichiarato guerra agli Stati Uniti.

L'arruolamento fatto da padron Jones, uno dei più grandi proprietari terrieri della zona, per chiamare tutti i bianchi alla guerra, la marcia dei soldati dal campo verso la battaglia, un esercito fatto di soldati con scarpe sfondate, vestiti alla bell'é meglio, con pantaloni pieni di toppe, persone che fino all'altro giorno lavoravano la terra, si scambiavano favori o torti e che ora si ritrovano assieme contro gli odiati yankees, che li chiamano ribelli.

E man mano emergono i contorni di questa società, quella degli stati del sud, che si basava sostanzialmente sullo sfruttamento dei neri (o negri, come li chiamano questi gentiluomini del sud) da usare come schiavi nei campi. Da far lottare tra di loro per il divertimento delle brave persone la domenica sera.

Da trasformare in fattrici, per sfornare forza lavoro, come fossero bestie da monta. Da marchiare col fuoco, per evitare che qualcuno possa prendere possesso dei loro schiavi. Non persone, ma cose di loro proprietà.

E' questa la società del sud dove sono cresciuti i protagonisti di questo racconto, che vede con disprezzo le fabbriche che stanno sorgendo al nord dove le persone di coloro possono lavorare pretendendo pure una paga.

Perché senza i negri, dicono, nessuno avrà voglia di lavorare la terra nelle contee del sud. Si intende nessun avrà voglia di lavorare la terra essendo trattato come uno schiavo.

Sogghignano, i bravi agricoltori del sud che vivono in una società patriarcale, dove chi ha più terra comanda, alla vista di donne che lavorano in una industria che pure fabbrica proiettili per i loro fucili.

Sono tutti bravi soldati di Cristo, questi uomini, anzi il loro reverendo lo sprona a lottare in nome di una fede distorta, come fossimo in una crociata del secolo diciannovesimo: Dio vuole lo schiavismo perché la Bibbia (l'antico testamento si intende) è piena di riferimenti a re e a schiavi, perché tutti avevano degli schiavi, da Abramo a Isacco a Giacobbe.

Sam Martin andò lì e gli chiese se lui non era mica per caso un lurido abolizionista, e Phil White gli chiese se non si vergognava di portar via i negri ad una povera donna, che erano tutta la sua ricchezza, e se la coscienza non gli rimordeva, e che per una roba del genere doveva bruciare all'inferno; e quello alzò le spalle e disse che Dio lo aveva incaricato di liberare i negli, e che non credeva di bruciare all'inferno; e Phil White gli fa, perché, tu non crederai mica che la schiavitù è sbagliata?, e Sam Martin gli fa, lascia perdere, non lo vedi che è un miserabile abolizionista, e che sugo c'è a stare a discutere con un disgraziato così, ma Phil White, lui era un uomo ostinato, e gli fa, ehi uomo, non lo sai che la Bibbia è piena di schiavitù?

[..] sei un ministro, e ti pare di far bene, sotto gli occhi di Dio, a venire qui a casa nostra e rubare i nostri schiavi? Che sono come denaro, né più né meno, e questi qui poi appartengono a una povera donna, e sono tutto il suo pane, e che cosa farà senza di loro eh? E quello appoggiandosi al recinto e masticando un filo d'erba gli fa, ha solo da richiamare a casa suo figlio, che sarà di sicuro qui con voialtri ribelli, ad ammazzare la brava gente.

Questo insegnavano i predicatori delle chiese dell'epoca, settarie e identitarie, a loro volta proprietari di schiavi.

E l'episodio di sangue, quello che la studentessa voleva ricostruire per la sua ricerca?

Dopo un lungo ricordare, il vecchio reduce arriva alla strage dei soldati neri, alla fine di un assalto nella foresta di Wilderness, colpevoli solo di aver puntato il fucile contro i confederati, per difendere la loro libertà.

Ma come si permettevano, questi negri, di sparare su padron Jones e sulle altre brave persone che combattevano per tenere in piedi un mondo destinato a sparire?

O forse no. Forse quel mondo non è sparito affatto alla fine della guerra di Secessione. La schiavitù è stata abolita, ma per decenni ancora essere una persona di colore al sud era molto pericoloso. Perché non eri una persona come le altre, con gli stessi diritti.

Per esempio il diritto di un giusto processo e non un linciaggio. Per esempio il diritto di voto. Ecco allora che questo racconto, così strano, fatto con un linguaggio semplice, ci parla anche del nostro presente.

Dei tanti bravi americani (ma non è necessario andare tanto lontano con lo sguardo) strenui difensori del loro modo di vivere, maschilisti e razzisti, armati e intolleranti, chiusi ad ogni idea di cambiamento, mutazione, che vedono negli estranei, nei diversi, una minaccia per la loro esistenza e la causa di tutti i loro problemi:

.. voglio proprio vedere se verranno qui a casa nostra a insegnarci come dobbiamo vivere..

Unica pecca, lo stile del racconto può diventare per molti un ostacolo, perché troppo dispersivo, non sempre i ricordi del vecchio soldato seguono un filo logico preciso, col rischio che si tenda a saltare le pagine per vedere come va a finire.

La scheda del libro sul sito di Sellerio

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08 agosto 2021

Crepuscolo di Kent Haruf

 


Tornarono nella scuderia nella luce obliqua del mattino. I fratelli McPheron, Harold e Raymond. Vecchi che si avvicinano a una vecchia casa alla fine dell'estate. Attraversarono il vialetto sterrato, superarono il furgone e l'automobile parcheggiata vicino alla recinzione in rete metallica e varcarono il cancello l'uno dopo l'altro.

Crepuscolo è il secondo capitolo della trilogia della pianura, e come i precedenti è ambientato nella contea di Holt, in Colorado, una città inventata che però, come la Vigata di Camilleri, romanzo dopo romanzo, per i suoi lettori è diventata una vera cittadina della provincia americana. Peccato che Kent Haruf sia morto troppo presto, probabilmente avrebbe dato anche dato un seguito a questa serie.

Dentro questo romanzo troviamo tante storie dei protagonisti di questo mondo, lontano qualche centinaio di miglia dalle grandi città, in mezzo alla pianura estesa di allevamenti e campagna.

Alcuni di questi personaggi li abbiamo già incontrati nel precedente Canto della pianura, come i fratelli McPheron, allevatori di bestiame, cresciuti assieme e invecchiati assieme nella loro casa. Dove due anni prima avevano accolto Victoria, un'adolescente incinta con problemi familiari. E che ora vedono andare via, a Fort Collins, perché ha deciso di iscriversi all'università per cercare una vita migliore.

Ma Victoria non si è dimenticata dei due fratelli che l'hanno trattata come una figlia, salvandola da un destino forse segnato.

Non siamo parenti, disse Victoria. Mi hanno salvato due anni fa, quando avevo un disperato bisogno d'aiuto. Ecco perché sono qui. 

Sono pastori, è questo che intendi.

No. Non sono pastori. Però mi hanno salvato. Non so cos'avrei fatto senza di loro. E che nessuno si azzardi a dire una sola parola contro di loro.

Anch'io sono stata salvata, disse la ragazza. Ringrazio Gesù Cristo ogni giorno della mia vita.

Non mi riferivo a questo, ribatté Victoria. Non stavo proprio parlando di questo.

DJ è invece un ragazzino che vive assieme al nonno, anche lui, come Victoria e come tanti altri, ha dovuto imparare in fretta quanto possa essere dura la vita, senza genitori e solo con il nonno.

Il ragazzino si chiamava DJ Kephart. Si prendeva cura del vecchio: di notte, quando il nonno aveva finito di chiacchierare in quella bettola, lo portava a casa lungo le strade buie, in casa era perlopiù lui a occuparsi di cucinare e fare le pulizie, e una volta la settimana portava i vestiti sporchi alla lavanderia automatica di Ash Street.

E' dovuto crescere in fretta DJ, le asprezze lo hanno reso più solitario ma non lo hanno incattivito anzi: un giorno incontra le due figlie della signora Wells, Dema ed Emma, anche loro con un padre lontano in Alaska, e finalmente può ritagliarsi anche lui un suo spazio dove sognare e fare le cose che normalmente fanno i ragazzini tra di loro.

Ma ci sono ragazzini meno fortunati, come i figli di Betty e Luther, cresciuti dentro la roulotte sbiadita al sole, con grandi difficoltà. Tanto che i genitori devono rivolgersi ai servizi sociali, a Rose Tyler. E da lei dovranno ritornare quando le loro piccole vite incontreranno quella dello zio Hoyt, un ubriacone buono a nulla:

Rose scrisse sul suo taccuino e una volta finito guardò i due bambini e guardo il vicesceriffo e di colpo si sentì che rischiava di scoppiare a piangere senza riuscire a fermarsi. Aveva visto tanti problemi nella contea di Holt, e tutti si erano accumulati, custoditi, nel suo cuore. Questo di oggi l'aveva disgustata. Non era mai riuscita a diventare insensibile a quei problemi. Ci aveva provato, ma non ce l'aveva fatta. Guardò i due figli dei Wallace, li osservò per un istante, poi riprese a fare domande alla ragazzina.

Anche i figli di Tom Guthrie, insegnante al liceo della cittadina, hanno imparato subito quanto possa essere dura la vita, per l'abbandono della madre, che ha lasciato la famiglia tempo fa.

Ma Tom non si è arreso, non ha smesso di aiutare gli altri, di cercare di essere un buon padre.

No, rispose Guthrie.

Guardò il figlio, seduto accanto a lui nel furgone che viaggiava sulla strada sterrata in quel luminoso pomeriggio invernale, l'aperta campagna piatta tutt'intorno a loro, grigia, bruna, molto secca.

Non lo sono mai, disse. Non riesco a immaginare qualcosa o qualcuno che possa esserne contento. Ma ogni essere vivente a questo mondo prima o poi va svezzato.

In questo romanzo c'è dentro la vita in tutte le sue sfumature: la vita di persone che si fanno in quattro pur di aiutare gli altri, che si lasciano andare dalla disperazione, altre che invece cercano sempre la scorciatoia, per faticare di meno e campare alle spalle degli altri.

Persone indurite dal vento e dall'aria aperta ma gentili ed educate come i fratelli McPheron, o indurite dalle vicende di cui devono occuparsi come l'assistente sociale, Rose Tyler. Ma che ogni volta sente le lacrime salire per quello a cui deve assistere e a cui non è riuscita ad abituarsi.
Un ruolo importante lo hanno i bambini in Crepuscolo, le prime vittime della cattiveria degli adulti, degli alti e bassi della vita, bambini cresciuti in fretta tra sacrifici e lacrime e strappati ai giochi e ai sogni.

C'è dentro anche l'amore che, ci insegna Haruf, può arrivare in qualsiasi momento della vita, non bisogna mai chiudersi dentro la proprie amarezze, mai chiudere gli altri fuori. 

C'è dentro tanta dolcezza, tanta poesia, nonostante le storie raccontate con stile asciutto, non siano tutte a lieto fine, ma questa è la vita purtroppo.

E ancora più in là, fuori città, sugli altopiani, le luci blu dei lampioni nei cortili avrebbero brillato dagli alti pali sulle fattorie e sugli allevamenti isolati nella campagna aperta e brulla, si sarebbe alzato il vento, avrebbe soffiato negli spazi aperti senza trovare ostacoli sui vasti campi di grano invernale, sugli antichi pascoli e sulle strade sterrate, portando con sé una polvere pallida mentre il buio si avvicinava e scendeva la notte.

E loro erano ancora seduti insieme nella stanza in silenzio il vecchio con questa donna gentile fra le braccia, in attesa.

La scheda sul sito di NN Editore

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06 agosto 2021

Tanto c'è il green pass

Mentre in Europa si pensa alla terza dose di vaccino, nella parte povera del mondo mancano le dosi: l'esperienza e l'analisi dei dati ci ha insegnato che quando il virus può circolare, come in India nella scorsa ondata, si sviluppano le varianti, come la Delta oggi preminente in Italia. Cosa facciamo se la prossima variante dovesse essere meno sensibile ai vaccini?

L'Europa e l'Italia hanno detto no alla proposta sui brevetti e non vogliono concedere nulla sui vaccini all'altra parte del mondo.

Ma l'Italia merita (o demerita) qualche appunto in più: il ritorno del ponte sullo stretto, il pnrr poco green e con dentro molto cemento, l'archiviazione dello smartworking, i pochi investimenti sul trasporto e sulla sanità locale.

Ci si è concentrati sul greenpass, il lasciapassare che regolerà spostamenti (fuori dalle regioni), l'accesso ai luoghi chiusi, alla scuola e chissà, magari anche al lavoro.

Lavoro dove mancano gli ispettori per controllare il rispetto delle regole, ma poco importa, non possiamo bloccare lo sviluppo e mettere lacci alle imprese per qualche morto (gli ultimi casi, l'operaia stritolata da un macchinario e ieri l'operaio morto in autostrada schiacciato in un cantiere).

A tutto questo aggiungiamo anche il capitolo della spesa militare: anni d'oro questi, altro che pandemia, quest'anno due miliardi saranno destinati al nuovo progetto del caccia Tempest, quando ancora non è stato completato il progetto per il caccia F35.

E nemmeno possono essere usati per spegnere gli incendi.

03 agosto 2021

Il paese dei tabù

Forse, più che il paese dei misteri, i misteri italiani, dovremmo parlare di paese dei tabù.

Dei misteri che in tanti conoscono ma che non si possono dire al paese.

E' tabù ammettere che in Italia abbiamo avuto una democrazia a sovranità limitata, dove la politica estera, la politica industriale, erano condizionate da vincoli atlantici.

E' tabù ammettere che in questo paese si è fatto uso della tortura, durante la lotta al terrorismo, fino al G8 e ancora fino ad oggi.

E' tabù ammettere che ad Ustica non è caduto un aereo, ma che un aereo è stato abbattuto sui nostri cieli nel corso di un conflitto causato anche dalla nostra ambigua politica estera (la moglie americana e l'amante libica).

E' tabù ammettere che pezzi delle istituzioni non rispondevano alla Costituzione, ma ad altri organismi: i servizi (non deviati, ma a servizio di chi comanda) che tolleravano le azioni dei gruppi neofascisti, i servizi che hanno coperto, parti della magistratura che tenevano nel cassetto i fascicoli trasformando colpi di Stato in golpe da operetta.

Tabù ammettere che in Italia, dentro lo stato, esisteva uno stato nascosto, parliamo di Gladio, ma non di quella rivelata da Andreotti nel 1990 quando ormai (crollato il muro) non serviva più coprire il segreto. Parliamo della Gladio nascosta, che va oltre l'elenco degli iscritti comunicati al Parlamento.


Uno stato nello stato che legava assieme pezzi di politica, impresa, massoneria, la loggia di Gelli, parti dei servizi italiani, la mafia, faccendieri e che ha condizionato la storia del nostro paese per decenni.

Non è sufficiente desecretare i documenti classificati su Gladio, non basta dire che, passati 41 anni dalla strage di Bologna il fumo si sta alzando.

Perché quei documenti (su Gladio e sugli altri tabù della nostra storia) devono essere desecretati e messi a disposizione di storici, associazioni e gruppi di studio, persone di assoluta fede che possano finalmente fare luce sulla nostra storia.

Penso ad Aldo Giannuli e a storici come Nicola Tranfaglia scomparso di recente.

Altrimenti è solo altro fumo che si alza per nascondere il quadro che è già di per sé inquietante.

Perché partendo da Portella, fino alle stragi di mafia, passando per Bologna, quello che per molti è un mistero per me è solo il volto del potere nascosto che tiene bloccato questo paese sin dalla sua nascita.

02 agosto 2021

La strage fascista di Bologna

 

Immagine presa da qui

La strage di Bologna è stato l'attentato più grave avvenuto in Italia dal dopoguerra: 85 morti e più di duecento feriti per lo scoppio di una bomba (composta da una miscela chiamata compound B, di tipo militare) il 2 agosto 1980 dentro la sala d'attesa di seconda classe alla stazione.

Diversamente da altre stragi avvenute in Italia, su questa si è arrivati ai responsabili, i neofascisti Giovanna Mambro, Giusva Fioravanti e Luigi Ciavardini, esponenti dei NAR, condannati per strage e dunque oggi uscito dal carcere.

Ma, come per altre stragi, anche per quella di Bologna si devono segnalare i tanti episodi di depistaggio, a cominciare dalle prime ipotesi che parlavano dell'esplosione di una caldaia, come per Piazza Fontana.

Tutti i depistaggi sono contraddistinti da uno stesso copione: spostare l'attenzione verso una fantomatica pista internazionale sempre smentita dai magistrati.

Depistaggi organizzati da alti ufficiali del Sismi, che all'epoca era il nostro servizio segreto estero, legati al gran maestro della Loggia P2 Gelli (e ricordiamo che Belmonte, Musumeci e Santovito erano tutti iscritti alla P2).

Ma le condanne dei responsabili non bastano: altre domande meritano una risposta, per le vittime della strage, per la credibilità delle istituzioni.

Chi sono stati i mandanti? Chi i finanziatori? Perché quella strage (quando la situazione politica era già in fase di stabilizzazione, quando già si preparava il riflusso)?

L'anno scorso un nuovo pezzo di verità è venuto fuori: si tratta di un documento, rimasto nel cassetto per anni, dove si parla di un finanziamento di Gelli verso i NAR responsabili della bomba.

L'ex moglie del terrorista Paolo Bellini ha riconosciuto il volto del marito in un pezzo di un video girato pochi minuti dopo l'esplosione.

Bellini, esponente di Avanguardia Nazionale, è legato anche ad un altro pezzo oscuro della nostra storia, le bombe della mafia fatte esplodere in specifici luoghi d'arte (Firenze, Roma, Milano) per lanciare messaggi allo stato italiano durante la trattativa stato-mafia.

E' lo stesso Bellini che, in carcere assieme a Nino Gioè, uno dei soldati di mafia responsabili della strage di Capaci, suggerisce di colpire le opere d'arte, per piegare lo stato.

E' come se ci fosse un filo nero che lega le bombe scoppiate in Italia negli anni della strategia della tensione (Milano, Brescia, Peteano), la bomba di Bologna con le bombe della mafia nel periodo 1992-93.

Massoneria, pezzi dello stato (non solo i servizi, deviati o meno ma anche dirigenti del Viminale come Federico Umberto D'Amato), neofascisti.

Per comprendere bene questa zona nera vanno citati tre episodi: dieci anni dopo la strage, a seguito dell'assoluzione in appello dei neofascisti, il presidente Cossiga e l'MSI chiesero che dalla lapide alla stazione fosse tolta la parola “fascista”.

Il procuratore Ugo Sisti, che guidò le prime fasi dell'indagine, fu trovato durante una perquisizione a casa di Aldo Bellini, padre di Paolo Bellini, estremista di destra pure lui.

La telefonata, una delle tante, per uno dei primi tentativi di depistaggio, partì dal centro Sismi di Firenze.

Ma va ricordata un'altra cosa: sin dai momenti successivi alla strage, quando si comprese subito l'enormità di quanto successo, tutti i bolognesi si misero a disposizione per aiutare i parenti delle vittime, per rimuovere le macerie, per trasportare i feriti.

Per queste persone, la parte migliore del paese, le istituzioni dovrebbero fare lo sforzo di arrivare fino in fondo.

Chi ha voluto questa strage?

01 agosto 2021

Il country club di Howard Owen

 


Lunedì 17 gennaio

In archivio la roba te la devi cercare da solo, il che non aiuta, visto che i nostri reporter hanno seri problemi con i macchinari e non c’è nessuno che gli spieghi per la terza volta come caricare un microfilm. [..] Naturalmente i documenti dell’agosto 1983 non erano tra luglio e settembre, ma subito prima di aprile, come se qualcuno avesse pensato che i mesi andassero sistemati in ordine alfabetico.

Però alla fine sono riuscito a trovare un’immagine di Richard Slade all’epoca del suo arresto.

Avevamo lasciato Willie Black, giornalista del quotidiano locale a Richmond, in Virginia, felicemente vivo per essere scampato ad un tentativo di abbrustolirlo vivo e anche per essere riuscito, dopo una sua personale indagine, a trovare il responsabile di una serie di delitti facendo fare una brutta figura alla polizia locale.

In questo secondo romanzo, lo ritroviamo a raccontare, sempre da cronista, della scarcerazione di Richard Slade, dopo 26 anni di carcere per un reato che non aveva commesso.

Cose che possono succedere in un sistema giudiziario dove il colore della pelle conta e conta ancor di più se la persona che ti ha accusato di stupro fa parte di una famiglia importante della città.

Ma ora, grazie al lavoro del gruppo Innocent Project, alla tenacia del suo avvocato e soprattutto grazie al Dna, Richard è un uomo libero.

Tanti anni prima era stato beccato dalla polizia a sguazzare nel lago di un club nel quartiere di Windsor Farms, dove erano ammessi solo i membri delle famiglie più prestigiose, tra cui la famiglia di Alicia Simpson, la ragazza stuprata.

Il giornale di Willie non era stato tenero con l'indagato, altro che presunzione di innocenza o garantismo: il colpevole era stato individuato e doveva marcire in galera.

Forse ora il giornale potrebbe fare ammenda di quanto scrisse anni prima, anche se per mano degli “editorialisti” dei piani alti, non frutto del lavoro di un giovane cronista come lo era nel 1983 Willie.

Ma le parole “mi dispiace, abbiamo sbagliato” non fanno parte del vocabolario degli editorialisti ed è anche la linea del giornale, attento a non disturbare troppo la famiglia Simpson, che ha fatto i soldi col tabacco e che è ancora un peso in città e anche sui membri del comitato di direzione del giornale.

Non saprò mai cos’è successo quella notte di ventotto anni fa al Quarry, ma sia Alicia Simpson sia Richard Slade ci hanno rimesso qualcosa.

Potrebbe finire tutto qui, anche per Willie che, tutto sommato, sta attraversando un periodo tranquillo: con la madre “sregolata” e il suo compagno Les, con la figlia (della prima moglie) Andi e con la terza moglie Kate, a cui paga l'affitto dell'enorme appartamento al Prestwould, dove vice assieme ad Abe, il tuttofare del palazzo.

Ma a pochi giorni dalla sua scarcerazione, qualcuno spara e uccide Alicia mentre stava andando con la sua macchina in palestra, e allora le porte del carcere si spalancano nuovamente per Richard Slade, ancora una volta colpevole perfetto di un delitto.

Ancora una volta tutto troppo facile, troppo semplice e così Willie inizia a seguire il caso perché queste conclusioni non lo convincono. Caso che, tra l'altro, lo riguarda da vicino per due motivo. Kate, la terza moglie, farà parte del collegio di difesa di Richard e, parlando con la madre, viene fuori che lui e Richard potrebbero essere parenti.

Ci gira intorno per un po’, ma alla fine vengo a sapere che io e Richard Slade potremmo essere cugini di secondo grado.

Crescere nel quartiere di Oregon Hill con dentro del sangue nero, non è facile: è qualcosa che cerchi di nascondere a tutti i costi. Ma ora è arrivato il momento di fare i conti con questa realtà, anche perché sulla storia dell'omicidio di Alicia Simpson (e dell'assassino già bello e impacchettato per il processo) cade dall'alto, dall'editore del giornale e dalla direzione, l'ordine di lasciar perdere, di non raccontare nulla fino al processo. Perché la famiglia Simpson è già stata duramente colpita ..

I miei migliori articoli li ho scritti dopo che qualcuno mi aveva detto di farmi da parte. Anche quelli peggiori, ora che ci penso.

Ancora una volta Willie, di fronte al bivio se lasciar perdere per non rischiare il lavoro (e l'assicurazione sanitaria, che in America è un privilegio e non un diritto) e fare il suo mestiere, sceglierà la strada più impervia e difficile.

Questo secondo romanzo di Howard Owen conferma quanto di buono avevo detto sul precedente: c'è il racconto della provincia americana, nel sud, ancora razzista e profondamente classista, che vive in quartiere esclusivi, che pensa di poter godere di un occhio di riguardo dalla stampa e dalla polizia dove le persone sono spesso imparentate tra loro.

E, attorno, quartieri “poveri” come Oregon Hill dove Willie è cresciuto, in mezzo ai bianchi

Da adulto non ho mai cercato di nascondere la mia identità, ma a quei tempi, quando ero un ragazzino, era più facile essere “noi” che essere “loro”, i neri.

In questo romanzo, ancor più che nel precedente, si racconta del sud degli Stati Uniti che non ha mai fatto i conti col suo passato – racconta la traduttrice Chiara Baffa.

Bianchi e neri, separati in classi diverse e in quartieri diversi: due mondi distinti e separati da un muro a cui solo uno come Willie può far breccia. Un bianco con dentro un pezzo di anima “afroamericana” con cui non aveva mai fatto i conti e che aveva sempre evitato di tirar fuori da giovane, in mezzo ai suoi compagni di strada bianchi.

Un uomo in mezzo ai due mondi che non si trova a suo agio in nessuno dei due forse, che non è stato capace di essere un buon marito e forse nemmeno un buon padre. Col vizio del bere e di cercare di risolvere nell'alcool i suoi problemi.

Ma che sa cosa vuol dire essere un buon giornalista: seguire una notizia senza guardare in faccia a nessuno, anche a costo di rischiare di perdere il lavoro, o peggio. Un mestiere in cui non ti fai tanti amici, né nelle forze dell'ordine, né tra i colpevoli e nemmeno tra le vittime.

La scheda sul sito di NN Editore

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