La prima inchiesta del vicequestore
Luca Wu a Roma
Incipit
Dolore e paura. Un dolore vasto e profondo come un abisso, una paura buia e soffocante. Questo è tutto ciò che sente la ragazza. Il suo mondo è soltanto dolore e paura. Però è ancora viva. Il cuore continua a battere, lei continua a respirare, e a poco a poco il perimetro del suo mondo si allarga fino a comprendere le altre due ragazze nella stanza.Sono cinesi come lei, e sono arrivate lì nel suo stesso modo. Sa che provano il suo dolore e la sua paura.
Tre ragazze chiuse in una stanza,
sembrerebbe l'incipit di un romanzo del terrore non di un noir
ambientato nella Roma odierna. Ma queste ragazze hanno provato
veramente quel terrore che le inchioda a quelle pareti spoglie di una
stanza di tortura.
Quale colpa devono scontare queste
ragazze cinesi, per provare un dolore che è come “una pianura
in fiamme” e chi è il demone che le viene a visitare e che
compie il suo rito sui loro corpi?
Sono solo tasselli di un disegno più
grande e pauroso che si ricostruirà solo alla fine, per merito del
vicequestore Luca Wu, dirigente del commissariato di TorPignattara a Roma, ex commissario della Mobile a Bologna e
chiamato a Roma dal Questore per dirigere uno dei commissariati dei
quartieri “cinesi” della capitale. E non solo solo per una
questione “politica”, perché serviva un poliziotto con gli occhi
a mandorla da sbandierare di fronte a giornalisti e cittadino.
Il vicequestore Luca Wu è uno bravo,
uno di quei poliziotti che non sta dietro una scrivania a firmare
moduli e a seguire casi facili per fare carriera e compiacere i
superiori.
Sono il vicequestore aggiunto Luca Wu, ho trentaquattro anni, e sono nato in Italia da genitori cinesi. Sono italiano e sono cinese.
Luca Wu è uno di quegli “sbirri”
nati per fare questo mestiere: seguire gli indizi, non fermarsi alle
apparenze, andare fino in fondo alle indagini. Lo aveva fatto a
Bologna e lo fa anche qui a Roma.
E' un poliziotto figlio di un ex
poliziotto cinese (“Silenzioso” Wu) fuggito dal suo paese perché
non riusciva a sopportare certe cose del suo regime e che in Italia è
riuscito a rifarsi una vita, che ha insegnato al figlio il Ving Tsun,
una delle arti
marziali cinesi derivate dal Kung Fu.
Una moglie un figlio, rimasti a
Bologna, dopo che i rapporti in casa si sono incrinati.
«Chi sono i due morti?»
«Un uomo e una bambina di quattro anni, sua figlia. La moglie ha assistito.»
Un ago gelido mi si conficca nella nuca. Giacomo ha cinque anni.
«Sono cinesi…»
Wang Jiang, chiamato "abile"
Wang e la figlia, Wang Fanfang, la "profumata": sono
loro il padre e la sua figlia uccisi per strada, proprio a Tor
Pignattara, di fronte alla madre, nel corso di una rapina.
Il caso viene assegnato al
commissariato e non alla Mobile dal sostituto che segue il caso come
gesto di stima nei confronti di Wu, fiducia che però ha come
contropartita l'ottenere dei risultati:
«Wu, domani in televisione e sui social parleranno di una povera bambina cinese di quattro anni uccisa a colpi di pistola. La comunità cinese a Roma conta. E tanto».
Man mano, conosciamo la storia del
vicequestore, della sua famiglia e dei suoi collaboratori che hanno
accettato (più o meno) l'arrivo di un nuovo capo da fuori e per di
più “cinese”.
A cominciare dall'ispettore Missiroli,
la mente del gruppo che gli fa quasi da padre.
L'autore ci racconta anche la storia
del quartiere dove è avvenuto il delitto, la massiccia immigrazione
che ha causato la rottura di vecchi equilibri, sempre in bilico,
l'arrivo della droga.
Ma nonostante questo, un quartiere
tranquillo: ecco, quei due morti, in una rapina con molti punti
oscuri, fanno sorgere tante domande.
A cominciare dall'atteggiamento di
Saverio Liberati Wang Xinxia, la moglie: “ha appena perso il
marito e la figlia, eppure sul suo viso non riesco a leggere niente.
È una vittima, è traumatizzata, ma non so cosa pensare”.
E poi tutti gli
altri personaggi della comunità cinese del quartiere che arrivano al
commissariato per aiutare le indagini, senza però dare alcun
contributo. Come se invece volessero solo capire cosa i poliziotti
hanno in mano.
Il presidente
dell'associazione di imprenditori cinesi, Huong o anche “Vecchio”
Zhao presidente di un’associazione culturale, il Cerchio Felice.
Tutti persone
legate alla famiglia Wang da vari interessi. Non sempre trasparenti:
Guanxi è una parola semplice che in mandarino rimanda a un concetto molto complesso. Significa “rapporto, relazione, legame”.
La squadra del
vicequestore Wu lavora bene: lavorando sulle immagini delle
telecamere, arriva ad individuare persino i due rapinatori, due
croati, e lo sfasciacarrozze a cui si sono appoggiati. Ma è come se
qualcuno anticipasse le loro mosse: uno dei due rapinatori viene
trovato morto, sgozzato, nell'auto in fiamme.
Lo sfasciacarrozze
viene trovato decapitato.
Missiroli si volta verso di me. Un morto con la testa tagliata può essere un caso, due no. E sappiamo entrambi cosa può significare.
E' come se qualcuno
avesse voluto firmare quei delitti: una firma che porta dritta verso
la mafia cinese, le Triadi, da anni ormai ben radicate nel nostro
paese e in buoni rapporti con le altre mafie italiane.
Le Triadi sono poco interessate ai codici e ai rituali mafiosi, e non mirano a esercitare un controllo del territorio come invece fanno Cosa Nostra, la Camorra e la ’Ndrangheta. Codici, rituali e controllo del territorio sono un mezzo. Perché alle Triadi importa una cosa sola: fare soldi.
Le indagini
prendono una direzione precisa: si indaga sull'impresa artigianale
dei Wang e sui rapporti con Vecchio Zhao, che Luca Wu ritiene essere
il capo, la “Testa del Drago”, il capo della struttura
mafiosa nella terminologia delle Triadi cinesi.
A questo punto
l'inchiesta si trasforma nel gioco delle scatole cinesi in cui
ogni scatola una volta aperta, ne ne nasconde una più piccola:
partendo dall'inchiesta sul duplice omicidio si arriva via via a
traffici criminali sempre più ampi, sempre più difficili da
inquadrare e inchiodare. Delitti che nascondono altri delitti, che
portano gli investigatori sempre più vicini ai vertici della cupola
del “Drago con la Testa e con la Coda”, un organizzazione
criminale di tipo mafioso.
Per la diffidenza e
l'omertà della comunità cinese, per la complessità nel decifrare i
meccanismi della Triade, per le difficoltà umane che questo caso
comporta: a cominciare da quelle di Luca Wu, che dovrà dimostrare le
sue capacità a tutti i poliziotti della sua squadra, per essere
accettato del tutto.
Perché il
protagonista è sì un poliziotto in gamba, ma è anche un uomo che
non è stato capace di tenere in piedi il suo matrimonio, per il suo
vizio di andare dietro alle donne. Come se avesse dovuto ogni volta
dimostrare qualcosa a sé stesso, una conferma, “una definizione di
sé stesso”.
.. sono Luca Wu, il cinese nato in Italia da genitori cinesi, che oscilla costantemente tra queste due radici. Troppo cinese per gli italiani, e troppo italiano per i cinesi. Una banana, appunto.
Però, con un
lavoro da certosini, mettendo assieme tutti i tasselli (telefonate,
intercettazioni, le carte delle società dei Wang e del Vecchio Zhao)
e mettendo assieme anche alcuni dei suoi vecchi colleghi di Bologna
(come Carmelo, l'ispettore della scientifica con cui era cresciuto),
la squadra di Wu, assieme al pm Caruso, riuscirà ad arrivare ad una
soluzione del caso.
Un caso che
toccherà molto da vicino lo stesso Wu, anche per motivi
sentimentali.
“Il cinese”
è il primo di una (spero) lunga serie di gialli: seguendo i tweet
dell'autore, ho letto che è già pronto un nuovo capitolo del
poliziotto cinese a Roma.
Che ha tanto da
raccontarci ancora sulle sue inchieste e sulla sua vita personale,
con troppi fili da riannodare.
Ho letto pochi
libri come questo, così ben documentati sul modo di lavorare della
polizia: come affrontare i casi e l'analisi delle prove, i rapporti
con gli altri corpi delle forze dell'ordine, Carabinieri e Finanza e
con i rivali della Mobile, l'elite della Polizia.
I rapporti che si
instaurano tra persone che devono passare delle ore assieme e che,
alla fine, diventano come una famiglia (se non si scannano prima..).
E, infine, c'è il
racconto molto interessante della cultura cinese, della loro
mentalità e della loro cultura che mescola storia e leggende.
A proposito, che
fine hanno fatto quelle ragazze cinesi dentro quella stanza,
terrorizzate a morte da un demone senza volto?
La presentazione del libro da parte dell'autore:
La scheda del libro sul sito di Rizzoli
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