02 settembre 2018

Non basta scendere in piazza

L'elogio del repubblicano Mc Cain.
Il riferimento a Macron come argine ai populisti.

E, prima ancora, aver messo Blair al posto di Berlinguer, i decreti sicurezza, la puerile difesa degli azionisti per non toccare i Benetton (dopo il crollo di Genova), le polemiche con l'Anpi.
Marchionne e la mano libera alle imprese: "niente alibi ora", questo lo slogn di Renzi dopo il jobs act.
Sono tutti piccoli passettini del centro sinistra italiano e del suo partito di riferimento, parlo del PD, che indicano il suo spostamento a destra.

Lontano dai suoi valori e soprattutto dal suo elettorato.
E ora che i buoi sono scappati e la mucca bivacca nel corridoio (citando Bersani), ci tocca anche sentire Veltroni e la sua voglia di rifondazione.
Veltroni col suo 33 % alle elezioni del 2008 che aveva fatto sparire la sinistra dal panorama politico.

Troppo tardi ora gridare al lupo al lupo, ovvero ai fascisti: non li hanno portati i marziani, ma sono il frutto dello spostamento a destra del baricentro politico. Da una parte un centro moderato che strizza l'occhio alla destra e, sempre più in fondo, la destra sociale del prima agli italiani (quella forte coi deboli).

Caro PD vuoi tornare in piazza? Ma in piazza trovi persone come gli operai dell'Ilva di cui oggi parla Matteo Pucciarelli su Repubblica: quelli che imputato al Pd di aver trascurato il ceto medio per andare a cena con gli amministratori delegati.



Che imputano alla sinistra (non solo il Pd, ma anche alla Boldrini, come riferimento a quell'area che dovrebbe occuparsi degli ultimi) di essere andati a vedere gli immmigrati della Diciotti ma di non essere stati a Genova.

Operai che per disperazione hanno votato M5S: il partito liquido che prende la forma che conviene avere in quel momento, a seconda delle opportunità.
E in questo momento è molto più conveniente, perché porta consenso, stare a destra ad urlare, a prendersela con qualcuno. Le banche, i Benetton, gli immigrati, le Ong. 

E invece servirebbe una vera sinistra che riparta dalle disuguaglianze, dalla centralità del ruolo dello Stato, dai servizi pubblici.
Non basta scendere in piazza, caro segretario Martina.

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