11 settembre 2018

Peccato mortale, di Carlo Lucarelli



Incipit
Se non fosse inciampato sarebbe morto, perché il proiettile spaccò il vetro con lo schianto secco di un colpo di tosse e gli passò tra i capelli sulla nuca, di traverso, lasciandogli sulla pelle una ditata lucida e rossa come una scottatura.De Luca piombò a terra senza neanche avere il tempo di mettere le mani avanti e affondò la faccia in un fagotto gonfio che più che un sacco, morbido com'era, sembrava un cuscino.

Peccato mortale è probabilmente l'indagine più complessa in cui si trova coinvolto il commissario De Luca: complessa per il periodo storico in cui si svolge, nei giorni tra il 25 luglio e l'otto settembre 1943, tra la seduta del Gran Consiglio e l'armistizio annunciato da Badoglio.
Dalla fine di Mussolini all'arrivo dei tedeschi.
Complessa per la difficoltà, per un poliziotto, nel voler cercare il responsabile per la morte di diverse persone in un momento storico in cui per la guerra ne morivano a migliaia, di persone.
Sotto le bombe in città (il libro parte col bombardamento di Bologna del 24 luglio), al fronte, nei campi di concentramento, per le malattie e la fame ..
Complessa è anche la trama, la varietà di personaggi che De Luca poliziotto e uomo dovrà incontrare nel corso della storia.

C'era questo periodo storico, tra “Indagine non autorizzata”, nel pieno degli Anni ruggenti del fascismo e “Carta Bianca”, a ridosso della fine della guerra, che non era ancora stato coperto: cosa stava facendo il nostro commissario De Luca, il poliziotto più bravo d'Italia, quando nel paese veniva annunciata la fine del governo Mussolini, il subentro di un generale (Badoglio, oltre al coprifuoco e all'esercito nelle strade)? E come avrebbe reagito alla notizia dell'armistizio, della “non” fine della guerra, col paese allo sbando perché all'improvviso venivano a mancare tanti punti di riferimenti essenziali per un “poliziotto” come De Luca?
Cosa avrebbe fatto De Luca, che è sempre stato un poliziotto sotto il regime fascista, di fronte alle deportazioni degli ebrei (e dei soldati catturati dopo l'otto settembre, e dei comunisti, e degli omosessuali) nei campi di concentramento dove, ipocrisia delle parole a parte, si sapeva in cosa consisteva il trattamento finale?
Avrebbe collaborato con le SS oppure avrebbe preso altre scelte?
“sono solo un poliziotto”: è sufficiente questo, dire di essere solo un tecnico, uno che segue le leggi, per difendersi dalle accuse di aver fatto parte di un regime?
Un regime corrotto e amorale, che lo aveva pure premiato a De Luca..

C'è anche questo, nel romanzo di Lucarelli che, come spiega a fine libro, “avevo ancora dei conti in sospeso con il mio commissario De Luca, così sono tornato indietro all'origine del viaggio esistenziale per capire cosa lo aveva portato a tormentarsi ed essere tormentato”.

C'è un “peccato originale” nel suo passato e questo lo renderà, nel resto della sua carriera, ricattabile. Ma questo l'autore ce lo racconterà quasi al termine del lungo viaggio.
Che, come tutti i romanzi gialli che si rispettino, parte dalla scoperta di un cadavere, anzi, per la precisione, per un cadavere senza testa.

Un cadavere in cui De Luca e la sua squadra (in cui ritroviamo Rassetto) si imbatte per caso, nel mentre di una operazione contro uno specialista della borsa nera: il Borsaro e il suo aiutante, Franchino, un ragazzino che si mette a piagnucolare alle prime sberle della polizia. Sul luogo accorrono oltre al giudice e al suo superiore, “Lo scimmino” anche un console della Milizia per requisire tutto il ben di Dio nascosto in quelle case, le case di Morri, il principe Morri proprietario di quelle case abbandonate.
Chi è il cadavere? Franchino, il ragazzino che lavora col Borsaro, di fronte alle domande dei poliziotti si mette a urlare una strana frase, che lui quella mattina alla chiusa aveva visto qualcosa di strano
- Al Crest d'i càn! A io' vest' al Crest d'i càn! 
- Il Cristo dei cani, - disse Corradini. 
- Il Cristo dei cani? - ripeté De Luca, e anche Rassetto, - il Cristo dei cani? E che cazzo è?


Un altro poliziotto, ma non De Luca, si sarebbe fermato qui: all'operazione brillante, il cadavere per un fascicolo da archiviare (a chi interessa quel morto, in quel momento caotico?). Ma non a De Luca che, preso dalla sua “febbre”, continua a pensare a quel corpo, al Cristo dei cani. E alla chiusa.

Lorenza gli soffiò un bacio sulla punta delle dita e raggiunse gli altri, aggiustandosi il costume sulle cosce. Era bella, Lorenza, di una bellezza tranquilla e poco appariscente, ma cosí naturalmente elegante da trasformare in un abito da sera anche un vecchio costume come quello, con la sottanina e le spalle coperte. De Luca la guardò entrare in acqua tra gli schizzi, gridando come una bambina, ed era già arrivato in fondo alla fila dei bottoni quando di nuovo si perse. In un attimo era ancora laggiú, al casolare dell'uomo senza testa

La febbre nel proseguire le indagini, anche a discapito della sua ragazza, Lorenza, con cui passa la giornata di domenica. Giusto una pausa dal suo lavoro, perché la sera, De Luca torna alla chiusa, dove scopre cosa sia, quel “Cristo dei cani”
Anche senza l'aiuto della torcia.Così bianca che bucava il buio, come la schiuma.Incastrata tra i rami di un albero che si era piantato contro la chiusa, sospeso sull'acqua, fluttuante a mezz'aria, da sola.Una testa.


E così ora i cadaveri sono due, perché la testa e il corpo scoperti non combaciano.
E non è l'unica anomalia di quel caso: perché il generale della Milizia è accorso subito al sequestro dei beni? Che fine ha fatto la borsa che un suo agente ha trovato nella casa del “Borsaro”? E perché costui, a ridosso del 25 luglio (e del crollo del governo fascista) viene preso in carcere proprio dal console?
L'inchiesta, che interessa solo a De Luca, prende una brutta strada, che porta al console della Milizia.
E si complica dalla scoperta dell'identità dei morti: un ebreo con un vestito dimesso e la passione per le donne e un mezzo inglese che era fuggito dal campo di detenzione per civili di Parma.
Ma siamo all'otto settembre, con tutto quello che ne consegue: il tutti a casa, la guerra è finita, la caccia ai fascisti e alle persone implicate col regime. Come Rassetto e la sua squadra politica. Come lo stesso De Luca che, in mezzo alla folla rischia la pelle salvandosi solo dopo un tuffo nel canale.
Tempi difficili per gli italiani, tempi difficili anche per i poliziotti che fino a ieri erano poliziotti del regime fascista.

- Perché noi mica facciamo politica, meschini, facciamo il nostro mestiere, noi, siamo poliziotti. Ci cambieranno nome,ma ancora qua saremo, perché di poliziotti come noi ne hanno bisogno tutti i governi. Ho ragione dottore?
-Non sono dottore, -disse

Basta ripetersi continuamente – Sono solo un poliziotto, per tenersi lontano dalla politica, dagli scontri, dalla necessità di porsi le domande, dei dubbi sulle leggi che deve far rispettare.
Perché queste leggi, le liste che deve compilare (degli ebrei, dei nemici del regime, dei disfattisti che venivano rinchiusi nei manicomi), le direttive da applicare, possono arrivare a colpire persone che ti stanno a fianco.
Come Lorenza, come i suoi genitori, due intellettuali che fino a quel momento si sono salvati da qualsiasi repressione, come gli amici di Lorenza, in età da militare, col rischio di finire al fronte o di fronte al muro ..
Che senso ha continuare a cercare un assassino per una testa senza corpo e un corpo senza testa? C'è un passaggio fondamentale per comprendere il pensiero di De Luca:
- Io sono un poliziotto, - disse De Luca. Fissava la città oltre la terrazza, sempre più nera, e praticamente parlava a sé stesso, ma con un tono così deciso che gli altri si fermarono ad ascoltarlo. - L'avrò detto un milione di volte, in questi giorni, ma lo ripeto. Sono un poliziotto. Sono entrato nella PS che c'era il fascismo, sempre alle dipendenze di un ministro degli Interni fascista, seguendo il testo Unico del 1931 e il codice Rocco, leggi dello Stato che finora era quello fascista. Servo lo Stato, - marcò sulla S, lo Stato, - è il mio mestiere, che resta lo stesso anche quando lo Stato cambia.- Perché cambierà qualcosa? - disse il Filosofo. - Per me non cambia niente. E infatti hanno messo un militare al governo, mica un filosofo. 
- Cambierà, cambierà,- disse Giovannino, - o lo cambiamo noi -. Voleva essere serio, ma il bicchiere gli aveva lasciato un cerchio rosso attorno alle labbra, come un bambino, che fece ridere gli altri, anche De Luca, che non ne poteva più di quella tensione. Armando sorrise, ma più freddo. 
- Chiacchiere da salotto, disse, - chiacchiere da intellettuali, come è giusto, perché è quello che siamo tutti. 
Quasi tutti -. Guardò De Luca, che non capì se si riferiva a lui o a sé stesso. O a tutti e due. - Mussolini non c'è più, il fascismo non c'è più, possiamo darci del lei e stringerci la mano senza che nessuno ci sgridi .. io sono anche uscito dal manicomio, posso scrivere un editoriale sul giornale. Basta così poco perché non cambi niente. Adesso dico una cosa, signor commissario, dico che per cambiare davvero tutto ci vuole un bagno di sangue e a volte anche quello non basta. Però, visto come cambiano le cose, soltanto un mese fa mi avreste dovuto arrestare. 
- Anche adesso, - disse De Luca..

Dialogo che poi prosegue, tra De Luca e Lorenza: cosa nasconde quel ripetersi quelle parole “Sono solo un poliziotto”, cosa nasconde quella sua febbre, quella tensione che lo spinge sempre alla ricerca della verità, di non fermarsi di fronte ad una pista
- Papà dice che c'è qualcos'altro. Quando racconti le tue cose ci metti una foga, una smania, ti brillano gli occhi come .. lui dice che ci vede il Senso della verità e della giustizia, lo dice da filosofo, è per questo che gli piaci così. 
- Grazie. 
Però a baciarla ma lei si allontanò ancora. Staccò la testa, anche, un po'.- La mamma, però, dice che non è vero. Dice che è perché sei egoista. No, anzi, egocentrico. Ossessionato da un pensiero fisso, arrivare fino in fondo, capire, scoprire, a qualunque costo .. così ti puoi dimenticare di tutto il resto, le difficoltà quotidiane, le responsabilità di una vita normale, anche la politica. 
- E per fortuna che non volevi offendermi..



Dovrà proseguire da solo, o quasi, nella sua indagine: che da indagine per dei delitti proseguirà come inchiesta sugli arricchimenti dei gerarchi.
Che mette assieme traffici di droga e di beni degli ebrei, spogliati della loro dignità da un regime ladro e corrotto e spogliati anche dei loro beni.
Ma .. c'è un ma. Messo di fronte ad una scelta, che tocca la possibilità di arrivare al colpevole e perfino di salvarsi la vita, dovrà fare una prima scelta, un primo compromesso.
Quel peccato mortale che poi segnerà la sua carriera come poliziotto.

Come ogni romanzo che si rispetti anche questo, col suo finale libero, con De Luca di fronte alle sue scelte, lascia al lettore tanti spunti per delle riflessioni.
Il racconto di quei giorni terribili (e dei mesi ancor più duri dell'inverno 1943 – 1944 in cui magari incontreremo nuovamente De Luca).
Il rapporto di De Luca col regime: che era il regime delle leggi fascistissime, delle leggi razziali, della tragica spedizione in Russia e in Africa. Del delitto Matteotti, dei detenuti politici e dei tribunali speciali.
Fino a che punto si può ripetere “Sono solo un poliziotto”.

Attenzione, non è un processo a De Luca: lo scrive anche Lucarelli stesso nella sua auto intervista su l'Espresso.
Oggi De Luca non avrebbe più scuse. Lo saprebbe cosa significa quando un uomo di governo dice venitemi a prendere e poi vedrete la gente che fa. Quando ci sono persone classificate e schedate in quanto categorie etniche e culturali – la persona razza è una aberrazione e non la uso – persone che non possiamo caccare via perché purtroppo sono, ancora, cittadini nostri...”

Ecco, oggi De Luca non avrebbe più alibi per essere "distratto".


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- “Io sono un poliziotto”

La scheda del libro sul sito di Einaudi
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