25 settembre 2018

Presa diretta: Capitale umano

Nel giorno in cui esce il decreto sicurezza, che passerà al vaglio dell'ufficio giuridico del Quirinale (potrebbe avere profili di incostituzionalità, potrebbe violare dei trattati internazionali..) Presadiretta si occupa di lavoro e di capitale umano.

Ma prima, l'intervista il presidente della Camera Roberto Fico.
Si parla di sicurezza, dell'Egitto di Regeni e dei recenti provvedimenti del governo.

La visita in Egitto era già programmata e ho voluto che ci fosse un punto a piano: la tortura e la morte di Giulio Regeni – racconta Fico.
La procura di Roma ha fatto un bel lavoro, anche senza un protocollo ufficiale: Regeni è sparito dentro una ragnatela, ci sono stati tanti depistaggi sulla fine di Giulio.
Ho chiesto ad Al Sisi l'inizio di un processo vero, guardandolo negli occhi.
Dopo l'incontro Al Sisi ha fatto una dichiarazione per uscire da questa situazione di stallo: i rapporti tra i nostri parlamenti possono riprendere se si risolve questa situazione sul caso Regeni.

La questione sicurezza: Fico ha tenuto un atteggiamento diverso da quello di Salvini e di parte del M5S (e di Di Maio).
C'è un dibattito aperto tra me e Di Maio, dibattere è il sale della democrazia.

Che differenza tra politiche securitarie e percezione della sicurezza?
Ci si deve occupare ai diritti dei cittadini alla cultura, all'acqua pubblica, alle cure: quando si rispettano questi diritti i cittadini sono più sicuri.
Solo col bastone, con la politica sicuritaria, non si ottiene persone più sicure.

Sulle diverse visioni all'interno del movimento.
Il movimento è un contenitore di idee, né di destra né di sinistra nel senso di andare oltre le divisioni. Il dibattito nel movimento deve esserci.

Ci sarà un avvicinamento col PD?
Non è previsto: nei giorni della crisi, prima della formazione del governo, Fico ricorda la distanza del PD dal movimento.

La partita con la Rai.
Fico è stato presidente della commissione di Vigilanza: ai tempi del governo Renzi aveva contestato la riforma della Rai; questa va superata mettendo assieme partiti e governo, per arrivare ad una Rai indipendente.
È nel programma di contratto, se così non sarà sarà un fallimento.
Serve una legge sulla governance della Rai, per liberarla dai partiti e sul conflitto di interesse, che non è un problema solo di Berlusconi.

Il mercato del lavoro italiano e i suoi paradossi.

Le aziende italiane cercano lavoratori e non li trovano: a Rovereto Presadiretta è andata ad intervistare i manager della Bonfiglioli, un'azienda in crescita che in questi anni ha assunto 60 persone.
Ma questa azienda fa fatica a trovare lavoratori dentro il mondo degli istituti tecnici e degli ingegneri: cercano persone con esperienza pregressa.
C'è ne sono tante di aziende che fanno fatica a trovare personale: per questo l'università di Trento ha aperto un laboratorio di meccatronica per avvicinare la domanda e l'offerta.
Questa decisione, all'interno dell'università, è stata vincente: chi si iscrive alla facoltà di meccatronica trova lavoro entro un anno.

In Italia abbiamo pochi laureati: sono laurati solo 18 persone su 100, tra gli ultimi al mondo.
Per questo sono nati gli ITS, gli istituti superiori di tecnica dove gli studenti fanno anche un tirocinio presso delle aziende.
Scuola e formazione per poi approdare ad un contratto di lavoro: le aziende fanno comunque fatica a trovare personale nel settore tecnico, rispetto a Germania a Francia sforniamo pochissimi diplomati.
Il vicepresidente di Confindustria, intervistato dalla giornalista di Presadiretta, ha spiegato come mancano ancora oggi migliaia di persone in settori tecnici: il capitale umano va formato e preparato per il lavoro.
Di questo dobbiamo occuparci se vogliamo vincere la battaglia sulla disoccupazione: formare gli studenti, puntare sulle professioni che hanno valore per le imprese, potenziare i centri per l'impiego.

I centri per l'impiego.
La giornalista Roberta Ferrari di Presa diretta è andata in Molise, nel distretto del tessile e dell'agroalimentare a Campobasso messo in ginocchio dalla crisi.
La regione e i centri per l'impiego non hanno fatto molto per i disoccupati, per le persone in cassa integrazione.
Solo il silenzio dai centri per l'impiego dove, dalla riforma del jobs act, si dovrebbero incontrare domanda e offerta, dove si dovrebbero offrire corsi per le persone in difficoltà.
Invece niente: computer vecchi, banche dati che non si parlano, tra quelle statali e quelle regionali. E chiaramente niente corsi per i disoccupati.
E la situazione di Campobasso è comune ad altre città: anche a Roma, al centro impiego di Cinecittà.
Se le regioni non dialogano succedono storie come quella di Benevento: qui si sono selezionate persone per lavorare in Germania, nel settore medico.
Ma i ragazzi che hanno aderito alla domanda non sapevano il tedesco e non avevano visibilità delle altre domande qui in Italia.
I 552 centri, costano 600 ml di euro l'anno: in Germania ci sono 100mila operatori e si spendono 11 miliardi per i centri.
Il risultato è che in Germania il 20% delle persone trova lavoro in questi centri: i nostri, dopo il fallimento del referendum di Renzi, i centri sono stati abbandonati alle regioni.
Si chiama Anpal la struttura centralizzata che doveva supervisionare i centri, hanno solo parte delle offerte e nemmeno hanno potere sanzionatorio.

Ma ci sono anche storie diverse: a Foggia al Salone del lavoro organizzato dall'università, sono riusciti a far incontrare domanda e offerta.
Alla fine della giornata, 6000 ragazzi hanno fatto un colloquio e 200 ragazzi hanno firmato un contratto.

Cosa farà il governo Conte?
Cosa bolle in pentola in Parlamento?
Come spendiamo i soldi dei fondi europei? In studio Iacona è stato affiancato dal giornalista Sergio Rizzo.

Marcello Bracciaroli è andato a vedere dove finiscono i fondi europei per la formazione: sono 7 miliardi nel periodo 2014-2020 per il “capitale umano”.
Capire come sono spesi è difficile? È un caos capirlo, perché sono fondi in mano alle regioni e ciascuna fa di testa sua.
Nel Lazio c'è il bando per chi vuole andare all'estero, c'è il contratto di ricollocazione per gli over 40, il contratto generazioni.
Bisogna prima iscriversi al centro per l'impiego e scegliere un ente di formazione che si prenderà 800 euro per persona: sono enti che fanno sì formazione ma non si occupano di contattare le aziende.
Anzi, nemmeno formazione: solo qualche lezione per fare il cv, per come presentarlo.
La regione Lazio spende per i centri di formazione per 500ml di euro: di questi, 48ml servono per finanziare enti privati accreditati per fare formazione.
Enti che dovrebbero ricevere soldi solo se riescono a dare un lavoro alle persone, ma non è così: gli 800 euro, dice la responsabile delle politiche per il lavoro, sono un loro rimborso spese.

Livorno è una città che è stata colpita dalla crisi, qui si sono persi migliaia di posti di lavoro: per rilanciare il porto e creare occupazione si sono investiti 500ml.
La regione Toscana ha finanziato dei corsi specifici per posizioni di lavoro legate all'industria livornese: sono corsi veri ma i posti sono limitati.
Anche qui ci sono poi i corsi d formazione erogati da enti accreditati: molti di questi però sono legati alla ristorazione, alla cura della persona ..

Le aziende hanno bisogno di competenze tecniche ma ci sono troppi corsi per il turismo, per fare i barman, come mai?
Come mai la regione non controlla i corsi erogati, specie quelli privati?
Tecnici informatici, metalmeccanici .. non c'è bisogno di badanti,barman, estetista, operatore assistenziale o guida turistica.

Come si difendono gli enti? Si difendono dando la colpa alle persone che arrivano da loro, che si scelgono i corsi che ritengono migliori, che daranno loro le migliori prospettive.
La moda del cuoco e dello chef stellato..
Colpa della regione Toscana, dicono.
E la regione Toscana dice che loro i dati, sugli indirizzi, li ha pubblicati.

La regione ha speso in voucher 7ml di euro, una buona parte dei fondi, per i corsi di formazione: il governatore Rossi si è auspicato la creazione di una unità centralizzata sui centri per l'impiego e la formazione, cosa che doveva avvenire con la riforma costituzionale.
La regione controlla i centri privati: dei 500 enti, almeno 60 sono stati sanzionati e alcuni di questi si sono visti togliere i fondi.

La vicenda Almaviva: nel 2016 il colosso dei call center manda a casa 1600 dipendenti a Roma; il governo vara il piano Almaviva per re inserire almeno l'80% dei lavoratori.
Dopo due anni il piano è fallito: molti degli ex dipendenti non hanno trovato lavoro e ora sono disposti ad accettare qualsiasi lavoro.
Altro che formazione: molti di loro hanno anche una certa età e sono penalizzati rispetto a persone più giovani.
I corsi di formazione si sono rivelati mini corsi da 30 40 ore, molti enti accreditati si sono ritirati e non hanno rilasciato nessun attestato.
Tra l'altro, visto che gli ex Almaviva sono entrati dentro il progetto Anpal, non hanno potuto accedere ai corsi regionali.

Su 1200 figure, questo sistema ha ricollocato meno del 10%.

L'ente di formazione Ciapi di Palermo ha speso migliaia di euro per formare pochi apprendisti: i soldi presi dai fondi europei sono finiti in giri politici.
È una storia che è stata raccontata da Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella nel loro libro “Se crolla il sud”: il sistema dei centri per l'impiego alimenta solo sé stesso, non serve affatto per trovare lavoro.
E' un sistema concepito male: pochi controlli, fondi sbriciolati in mille rivoli che alimentano clientele, regioni che non sanno gestire i fondi.
O come la Calabria, spesi per finanziare la nazionale di calcio.
Troppi centri per l'impiego che non sono confrontabili, regione per regione: capire se i soldi dei fondi strutturali europei sono spesi bene o male è impossibile.

Servirebbe una centralizzazione nella gestione di questi fondi: di questo è convinto Rizzo.
Una struttura che sappia sanzionare le regioni e gli enti inadempienti: era stata pensata dai governi Monti e Letta ma poi non se ne è fatto niente.
Dei 7 miliardi di fondi, ne abbiamo impegnati solo 1,1.

Le riforme pensate del governo.Il 7 agosto il decreto dignità voluto dal ministro Di Maio è legge: ci sono vincoli sui contratti a termine, una estensione sui voucher, sanzioni per le aziende che delocalizzano.
L'obiettivo è aumentare i contratti a tempo indeterminato: l'inps però ha stimato una perdita dei posti di lavoro; contro il decreto anche pd, fi e fdi.
IL jobs act non è stato smantellato – ha spiegato la deputata Serracchiani: la riforma ha confermato pezzi della riforma di Renzi.

Contrari, per motivi diversi, anche CGIL e Confindustria: la prima perché non c'è il ritorno dell'articolo 18, la seconda per l'irrigidimento delle norme del lavoro.
Marco Bentivogli, segretario FIM Cisl parla di una grande operazione di marketing, che farà perdere posti di lavoro: si deve investire nella formazione sulle persone e un incentivo alla stabilità.

Il decreto dignità non tocca né i centri per l'impiego, né il reddito di cittadinanza, né l'articolo 18 e nemmeno la formazione: alcuni di questi saranno affrontati nei prossimi mesi, ma l'articolo 18 no, non è nel contratto di governo.

Dal servizio che abbiamo visto si capisce una cosa: serviranno tempi lunghi e molte risorse per sistemare le cose nei centri per l'impiego.
E poi c'è l'effetto collaterale della riduzione della durata dei contratti a tempo da 36 a 24 mesi: nelle aziende dove il capitale umano vale meno, si tenderà ad una maggiore rotazione del personale.

L'uscita dall'euro.
Di uscita dall'euro non si parla nel contratto di governo, che all'interno ha delle promesse molto esose per le nostre casse: a meno che non si riescano a pescare i soldi da qualche parte, c'è il rischio che si arrivi alla svolta indicata nell'ultimo libro di Rizzo per Feltrinelli, un romanzo di fantapolitica che immagina una nostra uscita dall'euro in due anni.
Il default dello Stato, le aziende che chiudono, il fallimento dell'export (per i dazi messi dalle nazioni straniere): uno scenario che Rizzo ha studiato andando ad ascoltare diversi economisti che hanno studiati questi scenari.

Il mondo dei centri per l'impiego in Olanda
In Olanda si può perdere il lavoro a 50 anni e ritrovarsi a lavorare in un settore completamente diverso: in questo paese i centri sono solo 35, sono tutti collegati e seguono le persone in cerca di lavoro giorno per giorno.
Sulla piattaforma web si tengono corsi online veri per far incontrare domanda ed offerta: le agenzie vanno a cercare persone anche all'estero, purché qualificati.
Lo Stato ha puntato sulla flexsecurity: ti aiuta a trovare lavoro supportandoti nella formazione e con sussidi di disoccupazione pari all'ultimo salario.
E non c'è solo il sussidio, ma anche il reddito minimo garantito che arriva a 900 euro: se non arrivi a questa cifra, il resto lo mette lo Stato.
500mila persone prendono i sussidi in Olanda: sono erogati fino a 65 anni, poi c'è la pensione sociale e sono gestiti dai comuni.
Coi sussidi le persone poi non lavorano?
Gli enti pubblici lavorano affinché le persone non debbano dipendere da sussidi: “noi crediamo nelle persone” dicono.
L'Olanda aiuta molto le persone in difficoltà e anche gli stranieri: chiunque arrivi ha un codice, il BSN, con cui accedere ai servizi.

Il paese crede nelle persone, per rimettere in circolo l'energia, per far ripartire le aziende e l'economia.

In attesa che sia il governo a prendere a copia il modello olandese, alcune aziende private, le più illuminate, hanno deciso di puntare sul capitale umano per la loro crescita: hanno creato un sistema di welfare aziendale che mette al centro la persona.

Succede alla Gefran (società che si occupa di automazione e sensori), dove i corsi di formazione li paga l'azienda stessa e sono svolti durante l'orario di lavoro: come il corso per “public speaking” a cui Iacona ha potuto assistere.
Se le persone stanno meglio, lavorano meglio – racconta un dirigente dell'azienda: quello che cercano qui non è solo l'esperienza ma l'approccio al lavoro, improntato alla voglia di imparare.
Perché il lavoro che fai oggi non è detto che ci sia domani.
La fabbrica nata negli anni 60 sul lago d'Iseo è oggi una multinazionale che realizza sensori che misurano temperatura e pressione, che vengono venduti anche nei mercati emergenti.

Gefran è un'azienda che, per essere vincente e competitiva nel mercato internazionale ha deciso di investire nelle persone, nella loro formazione, nel loro benessere, le aiutano a crescere e a sviluppare il loro talento.

Qui essere donne e madri non è un handicap, non preclude le promozioni: “l'azienda sono le persone” racconta la responsabile del personale, Patrizia Belotti.
E la presidente Maria Chiara Franceschetti aggiunge “le persone hanno imparato ad imparare e questo ha fatto sì che oggi è il nostro capitale umano ..”.

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