L'audio della telefonata tra il
portavoce del governo, Rocco Casalino, e due giornalisti che venivano
edotti su cosa scrivere sullo scontro tra pezzi del governo e i
burocrati dei ministeri (quelli che “remano contro”) ha scatenato
la solita polemica di cui ci dimenticheremo tra qualche giorno.
Casalino non dovrebbe dimettersi
per quello che ha detto, ma per il fatto che da un governo del
cambiamento ci si aspettava qualcosa di diverso. Se questo governo
non ha più la fiducia di questi funzionari del ministero del Tesoro,
può cambiarli, ma apertamente.
E questa è la prima cosa da dire.
La seconda riguarda la categoria dei
giornalisti: un giornalista con la schiena dritta, di fronte a
telefonate (o sms, come quelli di Sensi, l'ex portavoce di
Renzi) saprebbe già cosa dire. Ma purtroppo la categoria, non da
oggi, è vittima del precariato ed è dunque ricattabile: è molto
difficile tenere la schiena dritta se poi il tuo direttore non ti
protegge.
Spiace che di questo non se ne parli
mai: giornalisti a cottimo, pagati poco, spesso nemmeno senza le
giuste tutele legali.
Infine la questione di quei “10
miliardi del cazzo” (sono le parole di Casalino, eh): come scrive
Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano, a cosa servono quei soldi?
Sono una parte del bilancio dello Stato
e serviranno solo ai ministri di questo governo del finto cambiamento
per andare nei talk (la nuova strategia mediatica del M5S, appunto) a
fare altre promesse.
Servissero alla messa in sicurezza
delle scuole, alla messa in sicurezza del territorio uno potrebbe
anche capire.
Tempi duri per i giornalisti e non da
oggi, che tra l'altro è pure l'anniversario dell'omicidio di un
grande giornalista giornalista, Giancarlo Siani.
Ucciso dalla Camorra perché voleva
fare semplicemente il suo mestiere, non scrivere quello che era
comodo o quello che gli veniva imbeccato dal pretore o dai
carabinieri.
(PS: mi scuso per aver messo Casalino e Siani in uno stesso post)
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