23 settembre 2018

Tempi duri per i giornalisti


L'audio della telefonata tra il portavoce del governo, Rocco Casalino, e due giornalisti che venivano edotti su cosa scrivere sullo scontro tra pezzi del governo e i burocrati dei ministeri (quelli che “remano contro”) ha scatenato la solita polemica di cui ci dimenticheremo tra qualche giorno.
Casalino non dovrebbe dimettersi per quello che ha detto, ma per il fatto che da un governo del cambiamento ci si aspettava qualcosa di diverso. Se questo governo non ha più la fiducia di questi funzionari del ministero del Tesoro, può cambiarli, ma apertamente.
E questa è la prima cosa da dire.
La seconda riguarda la categoria dei giornalisti: un giornalista con la schiena dritta, di fronte a telefonate (o sms, come quelli di Sensi, l'ex portavoce di Renzi) saprebbe già cosa dire. Ma purtroppo la categoria, non da oggi, è vittima del precariato ed è dunque ricattabile: è molto difficile tenere la schiena dritta se poi il tuo direttore non ti protegge.
Spiace che di questo non se ne parli mai: giornalisti a cottimo, pagati poco, spesso nemmeno senza le giuste tutele legali.

Infine la questione di quei “10 miliardi del cazzo” (sono le parole di Casalino, eh): come scrive Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano, a cosa servono quei soldi?
Sono una parte del bilancio dello Stato e serviranno solo ai ministri di questo governo del finto cambiamento per andare nei talk (la nuova strategia mediatica del M5S, appunto) a fare altre promesse.
Servissero alla messa in sicurezza delle scuole, alla messa in sicurezza del territorio uno potrebbe anche capire.

Tempi duri per i giornalisti e non da oggi, che tra l'altro è pure l'anniversario dell'omicidio di un grande giornalista giornalista, Giancarlo Siani.
Ucciso dalla Camorra perché voleva fare semplicemente il suo mestiere, non scrivere quello che era comodo o quello che gli veniva imbeccato dal pretore o dai carabinieri.
(PS: mi scuso per aver messo Casalino e Siani in uno stesso post)

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