30 aprile 2022

Pio La Torre – il comunista siciliano


Il 29 aprile aprile 1982 un commando mafioso uccideva a Palermo il segretario del partito comunista siciliano, assieme al suo autista Rosario di Salvo.

Un omicidio non solo mafioso: Pio La Torre non era solo un dirigente comunista, aveva conosciuto la mafia da vicino come figlio di contadini, aveva visto la mafia crescere il suo potere all’ombra dei latifondisti e dei loro rappresentanti politici nella DC.

Sapeva dove bisognava colpire la mafia, sui suoi beni, sulla sua impunità: la legge Rognoni La Torre, che il parlamento italiano approvò solo dopo la morte del prefetto Dalla Chiesa, ucciso sempre a Palermo nel settembre dello stesso anno, era pensata proprio per questo.

Essere mafioso era un reato di per sé ed in quanto tale i beni dei mafiosi potevano essere sequestrati.


Per la prima volta i mafiosi erano riconosciuti esplicitamente come criminali e li si poteva colpire nei loro patrimoni. Ma la condanna a Pio La Torre arrivò anche per il suo impegno, assieme al PCI, contro i missili americani a Comiso.


È molto interessante rileggere questa pagina della nostra storia, specie alla luce della guerra in Ucraina e alle accuse fatte ai pacifisti di essere utili idioti della Russia.

La Torre aveva capito che non era con le armi che si costruiva la pace ma, soprattutto, che il progetto di Comiso era un bel favore alla mafia locale, con tutti i suoi agganci a Palermo e Roma.


Questo era Pio La Torre, anche questo era il partito comunista: chissà che direbbe oggi quel comunista di Putin, della guerra, delle morti sul lavoro, dei responsabili nei supermercati che si permettono di far perquisite le dipendenti, di Amazon che multa chi sta troppo tempo nel bagno ...

29 aprile 2022

Finché c'è guerra

Finché c'è guerra c'è speranza era il titolo di un film di Alberto Sordi degli anni 70 dove si parlava dell'ipocrisia attorno al mondo delle armi, strumenti di morte che però, piaccia o meno, arricchisce una parte del mondo.

Abbiamo battuto il record di spesa militare da quando queste sono tracciate, ovvero dal 1949: siamo arrivati alla cifra monstre di 2000 miliardi di dollari.

Altri che la fame nel mondo, la lotta alla pandemia anche nei paesi poveri, il vaccino per tutto il mondo, la lotta ai cambiamenti climatici.

Attenzione: tutto questo non ha nulla a che fare con le responsabilità di Putin o dei crimini di guerra del suo esercito, ma significa guardare le cose nella sua interezza.

La difesa dei valori occidentali, della libertà dei popoli, la libertà di stampa, la sicurezza dei popoli europei, sono tutte chiacchiere buone solo ad intossicare il clima, magari per offuscare le celebrazioni del 25 aprile.

I miliardi per i vaccini, per la crisi climatica, non si trovano, come in Italia non si trovano soldi per la sanità, per le scuole. 

Ma i miliardi per le spese sono sempre benedetti: dicono che portano lavoro (non è vero), che la spesa in armi ci renderà più sicuri (e abbiamo visto col covid quando eravamo sicuri), che ci sono gli accordi con la Nato da rispettare (e il patto con gli elettori?).

Ma non è solo una questione economica: questa guerra in Ucraina si sta allargando sempre più, non si fermano le stragi dei civili (come tutte le guerre cosiddette moderne) e allo stesso modo si incattivisce la discussione su questa.

L'America fornirà altre armi, l'amministrazione Biden ha chiarito che l'obiettivo ora non è proteggere l'Ucraina ma logorare Putin (con tutte le conseguenze del caso in termini di morti), la Nato accetterà l'ingresso di altri paesi al confine con la Russia, gli accordi di pace non vedono sbocchi.

Si parla con una incredibile leggerezza di terza guerra mondiale e di uso dell'atomica.

E tutto questo mentre in Italia si discute se si vuole la pace o i condizionatori, sull'introduzione o meno del salario minimo (sempre annunciato, ma rimasto fuori dal PNRR e dall'agenda del governo, solo un desiderata di Orlando), mentre Bonomi (Confindustria) fa già sapere che i salari non possono essere aumentati.

Siamo in guerra, stiamo fornendo armi ad un paese in guerra, per la crisi economica, per gli effetti della pandemia, per i problemi su sanità, morti sul lavoro. 

L'unica consolazione (per così dire) è che potrebbe essere l'ultima in questo pianeta, combattuta dagli homo sapiens. 

 

26 aprile 2022

Report – il monito dei Hibakusha e l’ipocrisia delle sanzioni

Chi sono gli oligarchi russi in affari con imprenditori (anche italiani) a cui abbiamo affidato un assett strategico?

A seguire un servizio sullo scandalo dei passaporti ciprioti dati senza troppi controlli a investitori russi, anche usando lo studio legale del presidente dell'isola, infine l'aria che tira nei Balcani. Nell'anteprima, i testimoni dell'orrore nucleare

HIBAKUSHA TESORI VIVENTI di Pio D’Emilia, collaborazione Umberto Caiafa

“I cittadini giapponesi e i sopravvissuti alla bomba atomica hanno provato indignazione di fronte alle dichiarazioni di Putin circa la possibilità di usare le armi nucleari” – racconta a Report l’ex sindaco di Hiroshima Tadatoshi Akiba – “siamo rabbrividiti e come ex sindaco di Hiroshima ho voluto fare un appello a Putin e al mondo di abbandonare questa folle idea.”

L'ex sindaco ha coinvolto il presidente giapponese Abe per lanciare un appello a Putin contro l'arma nucleare: oggi le armi nucleari rischiano di distruggere l'umanità, mentre doveva essere il contrario – racconta a Report.

L’ex sindaco ha invitato tutti i leader del mondo a visitare il museo dell'atomica a Hiroshima, per avere coscienza di cosa sia, la guerra nucleare.

Nonostante questo orrore, oggi qualcuno vuole ricorrere nuovamente a questi ordigni: diventa preziosa la testimonianza dei sopravvissuti, noti come Hibakusha, le foto di quell'agosto 1945, i morti, i corpi devastati dalle radiazioni.

Sorprende che ci siano ministri, presidenti, che considerino l’arma nucleare come un’arma qualsiasi (come il ministro Lavrov): si rischia di minimizzare il pericolo e generale un effetto catena che porterà altri nuovi paesi a voler avere anche loro la bomba nucleare.

La memoria del male deve migliorare l'umanità: ma l'ex premier Shinzo Abe ha riaperto il dibattito sul nucleare, nonostante il suo paese abbia vissuto sulla propria pelle gli effetti di questi ordigni.

Oggi in Giappone esistono i parenti delle vittime della bomba nucleare, non tutti hanno accettato di mostrare gli effetti della bomba perché in Giappone sono considerati uno stigma: tutti però considerano una dannazione la bomba nucleare.

CORRISPONDENZE DALL’UCRAINA: IN FUGA DA MARIUPOL

Di Luca Bertazzoni – Carlos Dias, Collaborazione Giulia Sabella

Il servizio di Bertazzoni è stato girato vicino a Malaya Rohan, dove per giorni si è combattuto una violenta battaglia: la strada principale fa impressione tanto è deserta, ma nel paese oltre ai cadaveri delle persone uccise si incontrano le donne appena uscite dagli scantinati.

Al giornalista raccontano delle bombe cadute vicino alle case, in una zona dove non c'erano militari o altri obiettivi strategici. A Report le persone riportano anche casi di violenza.

Mariupol è oggi in mano ai russi: dentro la città non c'è elettricità né gas, le persone non hanno cibo per i bambini, mancano le medicine, le persone iniziano ad attaccarsi per il cibo – così racconta un testimone a Bertazzoni.

Le persone non riescono a fuggire da Mariupol, l'esercito russo non fa uscire molti bus dalla città: chi può, scappa nella città i Zaporizhzhia dove questi profughi sono accolti in strutture di accoglienza. Le persone che arrivano hanno bisogno anche di un supporto psicologico, oltre che di cure e cibo, ma la guerra è a soli 200km da questa città, e così i profughi verranno spostati successivamente verso l'Europa.

Scappare da Mariupol non è un'impresa facile: Bertazzoni ha raccolto la testimonianza di un profugo che raccontava le violenze subite dalle milizie filorusse del Donbass nei confronti dei civili “Mariupol era la mia città, ora è un cumulo di macerie e morti.”

Sarà difficile per chi è fuggito, tornare a Mariupol: la maggior parte degli edifici sono distrutti, le immagini dal cielo mostrano le tante, troppe fosse comuni.

LA GRANDE IPOCRISIA – Kremlin kids

di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella e di Lidia Galeazzo, Eva Georganopolou, Ilaria Proietti
Ricerche di Alessia Pelagaggi

Le sanzioni dovevano colpire le fortune degli oligarchi ma l'occidente non ha considerato i meccanismi, le scatole cinesi, l’offshore, gli studi legali, che consentono ai ricchi del pianeta di nascondere i loro beni con società fantasma e prestanome. L'Europa ha tollerato paesi come Malta e Cipro, specializzati per attirare beni dalla provenienza sconosciuta e gli oligarchi ne hanno approfittato subito.

Gli oligarchi hanno trovato una ciambella di salvataggio dei loro beni col contributo della stessa Europa: una fonte della Evraz, il gruppo russo che fa riferimento ad Abramovich, ha raccontato a Report dell'importanza strategica di Cipro e Malta. I russi vengono qui a creare società di comodo e intestarle a prestanome: basta pagare le cifre giuste per nascondere i segreti degli oligarchi russi.

In questa storia è coinvolto anche il presidente cipriota Anastasiades, che era a capo di uno studio legale rimasto invischiato nella passaportopoli cipriota, che oggi ha affidato lo studio alle figlie.

L’inchiesta ha portato poi all’uscita una lista di oligarchi russi che sono passati per gli studi legali ciprioti, piena di omissis senza i nomi delle persone, ma Report è riuscita a venire in possesso della lista completa con tutti i nomi: tra questi anche Usmanov, molto vicino a Putin, ex direttore di Gazprom, per 14 anni direttore generale della Gazprom, ha investito in Facebook e Ali Baba. Il suo aereo personale è un Airbus che nemmeno sta nel suo hangar in Costa Smeralda, dove ha investito molti dei suoi soldi.

Questa è la grande ipocrisia delle sanzioni: di fatto sono solo azioni di facciata che poco possono intaccare delle fortune degli oligarchi russi.

Sono ricchezze che una volta erano pubbliche, della vecchia Unione Sovietica di cui questi personaggi hanno messe le mani, anche per i contatti col potere politico e coi vecchi servizi segreti.

Nel cerchio magico di Putin troviamo Sechin, nominato commendatore al merito nel 2017, è un collaboratore stretto del presidente russo: Di Maio ha premiato diversi oligarchi, anche a pochi giorni dall'invasione dell'Ucraina.

Ma è successo lo stesso anche col governo Renzi, con l'oligarca Usmanov, il portavoce di Putin Peskov è stato premiato col governo Gentiloni.

Erano oligarchi che si occupavano di gas e petrolio o di banche: è una cosa vergognosa che l'Italia abbia dato onorificenze a questi personaggi, che potrebbero finire alla sbarra per crimini di guerra.

Usmanov nella sua villa in Costa Smeralda aveva iniziato dei lavori, ma con la guerra i contratti sono saltati: gli oligarchi portano soldi, per questo sono ben accolti dai sindaci del luogo, “ben vengano i vari Usmanov” dicono.

Dopo gli arabi, i russi, ora chi arriverà a colonizzare l'isola, i cinesi? Oggi i beni di Usmanov, cittadino onorario di Arzachena, sono congelati ma il sindaco lo considera un mecenate, per le donazioni fatte: durante la pandemia aveva donato 500mila euro. Le sanzioni non hanno cambiato il giudizio del sindaco di Arzachena, che rimane un filantropo per i soldi che ha portato.

Ma ha dato lustro alla città o ha solo portato soldi per abbellire le sue ville?

Dietro Usmanov c'è una società offshore, con altre holding nel Belize: nessuno di quelli che ha preso soldi da Usmanov si è mai fatto problemi chiedendosi da dove arrivano i suoi soldi.

Oggi le sanzioni stanno bloccando l'indotto in Costa Smeralda, perché le attività di ricreazione si bloccano: un problema per i gestori delle discoteche sull’isola.

Usmanov oltre alla passione per la Costa Smeralda, aveva investito anche nella catena di pizzerie di Briatore a Roma: la società di Briatore, Crazy Pizza, è divisa tra soci a livello internazionale, tutti in paesi offshore: nella società si ritrovano i due finanzieri D'Avanzo e Cerchione, che Report aveva già incontrato nel passato, in una inchiesta sui veri proprietari del Milan.

Oggi sono soci di Briatore in Crazy Pizza, poi c'è un iraniano che vive a Montecarlo, Moshiri, uomo di riferimento di un oligarca russo, cioè Usmanov.

E, scavando in questi investitori, si trova anche un arabo, che di solito non investono assieme agli iraniani: “Briatore dovrebbe prendere il nobel della pace” è il commento dell'esperto di riciclaggio Bellavia. A dicembre entra un altro socio, schermato da una fiduciaria: si tratta del nuovo editore de l'Espresso, Iervolino.

Tutte operazioni fatte prima delle sanzioni: Report ha scritto ai soci di Crazy Pizza, i quali negano che Usmanov sia tra i soldi della società.

Usmanov è sanzionato perché si ritiene che con le sue ricchezze abbia contribuito alla guerra in Ucraina: è un investitore che ha messo soldi in tanti paesi in Europa, ma ha interessi anche a Cipro dove, con una società sull'isola, si può prendere il passaporto europeo.

In mano ai russi c'è anche l'aeroporto civile di Grosseto, che è ospitato dentro un aeroporto militare, quello del 4o stormo dell’Aeronautica militare, da cui decollano gli Eurofighter per la ricognizione del nostro spazio aereo.

Si tratta di un aeroporto strategico, è posseduto dalla Seam, una società mista pubblico-privata: il privato ILCA SRL ha il 35% e nomina il presidente del CDA, la regione ha il 7% delle quote mentre la provincia il 25%. Chi è il proprietario di ILCA?

Il presidente della provincia di Grosseto nell’intervista a Report, ammette di non conoscerne il nome, è una società che fa capo ad altre società, al cui capo c’è Aeon: in realtà il vero proprietario non è Aeon, ma la Plutoworld che ha sede a Nicosia.

il proprietario è il russo Roman Trotsenko che proprio per questa acquisizione ha preso dal nostro ambasciatore l’onorificenza dell’Ordine della Stella d’Italia. Ma forse l’ambasciata italiana doveva premiare qualcun altro.

A Nicosia si trova l’AD della società Plutoworld che possiede l’aeroporto tramite la Ilca SRL, l’armeno cipriota Aristakesyan: la società Plutoworld è intestata a Roman Trotsenko oppure alla moglie? Sono informazioni che l’amministratore non è autorizzato a dare. Alla fine Report ha scoperto che la quota di maggioranza dell’aeroporto è intestata alla moglie Sofia Trotsenko che si occupa di arte contemporanea e musei.

Il nome di Roman era presente sulle carte solo tra il 2014 e il 2015, nei mesi dell’invasione della Crimea, prima delle sanzioni: forse intestarlo alla moglie è un modo per salvare le quote dalle sanzioni.

A Grosseto ha investito anche Lupo Rattazzi, che è vicepresidente del CDA: a Report racconta del suo stupore nell'apprendere della vendita delle quote da parte del presidente della provincia ad un cittadino straniero, extracomunitario, ovvero Trotsenko.

Roman Trotsenko controlla diversi aeroporti in Russia: non è stato inserito nell'elenco delle sanzioni, ma è considerato vicino a Putin.

Oggi Trotsenko è considerato ancora un benefattore dal sindaco della città di Grosseto e in effetti anche lui è stato beneficiario di una onorificenza dall'Italia.

Come mai la provincia di Grosseto ha venduto un assett strategico ad un oligarca russo (nonostante le quote siano della moglie)?

Lo scandalo dei passaporti d'oro a Cipro è finito nel 2020, quando nell'isola è stata istituita una commissione di inchiesta, che ha indagato anche sullo studio legale del presidente, Anastasiades.

I paperoni russi si sono spostati a Cipro nel 2003, quando Putin aveva iniziato a colpire gli oligarchi russi a lui ostili: si sono spostati nell'isola che è piena di studi dove creare società per coprire i propri beni.

Sull'isola c'è la sede legale la società di Usmanov, ma qui sono stati trovati i conti correnti dell’ex capo della campagna pubblicitaria di Trump Paul Manafort, coinvolto nel Russiagate. Wilmor Ross segretario al commercio dell’amministrazione Trump aveva quote nella banca di Cipro, un istituto noto per le misure di antiriciclaggio molto lasche e di cui era azionista anche il magnate russo Vekselberg vicino a Putin. Ma qui troviamo anche gli oligarchi ucraini amici di Zelenski: anche il presidente ucraino ha una società a Cipro con cui detiene una villa da 4 milioni acquistata in Versilia. Il governo cipriota ha concesso quasi 8000 passaporti europei a investitori stranieri, cinesi, russi, ucraini, dietro cui si nascondono parecchie ombre.

La commissione di indagine sui passaporti è stata gestita dall'ex presidente della Corte Costituzionale Nicolatos: al giornalista di Report ha raccontato di averne revocate almeno il 53%, ma aggiunge anche quanto non sia facile revocare tutte le nazionalità concesse illegalmente, che nei passaporti analizzati erano presenti anche posizioni criminali e che alla fine l’inchiesta si fosse chiusa puntando il dito anche contro lo studio legale del presidente Anastasiades.

Davanti la commissione di indagine il presidente si era difeso spiegando di non aver più un ruolo nello studio, dove però lavorano le sue figlie.

Anche il revisore generale di Cipro ha voluto indagare sullo scandalo dei passaporti ma ha trovato parecchi ostacoli: il portavoce dell’ufficio del Revisore, Marios Petrides, racconta di una nota del ministero degli Interni, che diceva che ci potevano essere alcune questioni legate al riciclaggio di denaro, candidati di alto profilo a rischio, frode, evasione fiscale e così via.

Al revisore generale sono arrivate pressioni e minacce per questo lavoro di controllo, sui giornali è uscita la notizia che il governo stava pensando di licenziare il Revisore Generale dalle sue funzioni.

Quando il lavoro è stato terminato, la commissione Nicolatos ha dovuto cancellare i nomi degli imprenditori coinvolti: dentro c’erano molti russi con molti soldi – ricorda oggi Nicolatos.

Report ha ottenuto a Londra una copia della relazione senza la censura dei nomi, dalle mani di un collaboratore di uno stesso oligarca (che voleva verificare la sua reputazione dopo lo scandalo). Nella lista sono presenti i due soci di Abramovich, come anche un ex parlamentare della Duma.

Grazie ai passaporti europei, ai trust, gli oligarchi russi non hanno perso alcun soldo dal 2013 racconta a Report la fonte di Evraz.

Saprà Cipro applicare alla lettera le sanzioni contro la Russia, oppure avrà con questo paese un atteggiamento più accomodante?

I figli del Cremlino

A marzo Putin ha lanciato una fatwa contro i suoi dissidenti, tacendo sui suoi, che sono passati per Londra, ad esempio, per portare in Europa i loro soldi e riciclarli.

Il sistema di riciclaggio, che consente di eludere i controlli, in Europa, anche contro le fortune di quello che oggi è consentito il nuovo Hitler.

Il sistema finanziario occidentale sta aiutando gli oligarchi russi a nascondere i loro beni: la caccia al tesoro è iniziata a Londra, dove hanno investito in ville, quotidiani, squadre di calcio.

Ci sono poi i Kremlin Kids: i figli degli oligarchi sono dei prestanome in società per conto dei genitori e proteggerli dalle sanzioni.

È uno schema simile a quello della mafia: le relazioni in questo sistema sono di tipo familiare, anche i matrimoni sono importanti e pensati per proteggere le fortune di queste famiglie.

La Repubblica Serba è legata ai Russi, sin dai tempi del bombardamento di Belgrado: l'adesione all'Europa è bloccata da questo rapporto e dalla dipendenza dalla Serbia del gas russo. In Serbia ha vinto un governo di destra, col presidente Vucic e in Parlamento sono entrate forze di estrema destra.

La scheda del servizio: POLVERIERA BALCANI

Di Walter Molino 
Collaborazione Federico Marconi

La Serbia, racconta il servizio di Report, sta un po' in Europa e un po' con la Russia.

Anche qui troviamo partiti filo russi, nazionalisti che fanno grande uso di simboli religiosi (come anche la Lega di Salvini), come il partito Dveri il cui leader Bosko Obradovic su questa vicenda ha idee molto dirette: “Crediamo che la Nato dovrebbe pagare i danni di guerra alla Serbia per tutto quello che è stato fatto nel 1999 durante i bombardamenti”.

Alle passate elezioni il partito di Vucic ha preso il 59% dei voti, non sanciti da alcuna commissione indipendente ma direttamente dal suo partito.

Il partito di Vucic controlla le elezioni, controlla la stampa, l'informazione e la televisione: la TV di Stato Serba è stata bombardata dalla Nato, dove sono morte 17 persone.

Vucic si comporta peggio di Milosevic, eppure è accettato dall'Europa, forse finché i suoi interessi non collideranno con quelli dell'Europa o degli Stati Uniti.

La guerra in Ucraina potrebbe fare da scintilla alle tensioni etniche in Serbia e in Bosnia, tra ortodossi e musulmani.

La Russia, sfruttando l'assenza dell'Europa nei Balcani, ha tutto l'interesse a destabilizzare questa regione, radicalizzando gli scontri tra le etnie (come quella del leader secessionista della Repubblica Srpska Mirolad Dodik, spalleggiato da Putin) in uno scontro vicino alle nostre frontiere.

L'Europa deve essere pronta ad affrontare queste tensioni prima che sia troppo tardi, per non ritrovarci ad una nuova guerra nei Balcani, come successo a partire dal 1991.

25 aprile 2022

Il caso Saint-Fiacre di Georges Simenon

 

La bambina con gli occhi storti

Pochi colpi sommessi alla porta; il rumore di un oggetto posato sul pavimento; una voce timida:
«Sono le cinque e mezzo! È appena suonata la prima campana della messa...»
Maigret si sollevò sui gomiti facendo cigolare la rete nel letto, e mentre osservava con stupore la finestrella che si apriva sul tetto spiovente la voce riprese:
«Deve fare la comunione?»

A Saint-Fiacre il piccolo Maigret era cresciuto: da figlio dell’intendente del conte aveva passato i primi anni della sua vita nella casa colonica vicina al castello. Così, quando alla Polizia Giudiziaria era arrivato quel biglietto così sibillino, che anticipava un delitto nella chiesa, vi si era precipitato:

«Vi informo che nella chiesa di Saint-Fiacre, durante la prima messa del giorno dei Morti, sarà commesso un delitto».

Maigret si trova così, al freddo, ad osservare quella scena che un tempo era per lui così familiare, quella della prima messa mattutina, cercando di prevenire un delitto. Possibile che si possa compiere un delitto dentro una chiesa, nel mentre di una funzione? In mezzo alle poche donne che assistono alla funzione, Maigret scorge la contessa di Saint-Fiacre, che il piccolo Maigret aveva conosciuto da giovane sposa del conte, bellissima e elegante, come “una eroina di un romanzo popolare”.

«Giunti accanto a lei, rimasero entrambi stupiti di quell’immobilità e cercarono di vedere il volto che le mani giunte continuavano a nascondere.

«Turbato, Maigret le sfiorò una spalla. Il corpo vacillò, come se fino a quel momento fosse stato sorretto da un filo, poi rotolò a terra e rimase inerte.

«La contessa di Saint-Fiacre era morta».

Finita la messa, è proprio la contessa l’ultima ad alzarsi dalla sua posizione. Quando Maigret la scuote, sfiorandole la spalla, scopre così che un delitto si è compiuto proprio sotto i suoi occhi. La contessa di Saint-Fiacre è morta, in chiesa, col suo messale in mano.

Com’era possibile parlare di delitto? Non si erano uditi spari! Nessuno si era avvicinato alla contessa! Per tutta la messa Maigret non le aveva praticamente tolto gli occhi di dosso! E non una goccia di sangue, non una ferita visibile!

Inizia così, con un delitto così inspiegabile, seppur anticipato da una lettera alla polizia, il caso Saint-Fiacre: per Maigret è un viaggio nel passato, la sua infanzia, i suoi ricordi che si scontrano coi cambiamenti che ora vede coi suoi occhi. Il castello è stato spogliato, un pezzo alla volta, dei suoi gioielli, i Saint-Fiacre hanno dovuto vendere un podere dopo l’altro. Dopo la morte del conte, la contessa si era affidata a diversi segretari, più giovani di lei, che avrebbero dovuto gestire i beni della famiglia, diventando anche qualcosa di più di segretari, giovani amanti per colmare un bisogno di affetto. Maigret trova al castello un situazione di disordine, anche morale, che lo mette in difficoltà:

Era l’atmosfera ad opprimerlo. Il dramma lo aveva colpito personalmente , e si sentiva pieno di disgusto. Si, disgusto era la parola giusta! Mai avrebbe immaginato di ritrovare il paese dov’era nato in simili condizioni. La tomba di suo padre aveva la lapide annerita dal tempo e gli avevano pure proibito di fumare!

Un delitto che lo disgusta: perché la contessa non è morta per un malore, per un incidente: un assassino vigliacco ne ha causato la morte, con un piano astuto dove si è pure permesso cinicamente di avvisare la polizia, come se avesse bisogno di una platea che assistesse a quella morte.

Ma è un disgusto anche per le persone che incontra al castello: il segretario della contessa, un giovane di buona famiglia che campava grazie al nome dei Saint-Fiacre, millantando investimenti che non avevano portato a nulla.

Il figlio della contessa, Marcel Saint-Fiacre, che si presenta al castello con una macchina sportiva gialla e un assegno scoperto di 40 mila franchi, che deve trovare ad ogni costo per non finire in carcere.

Quella di Maigret non è un’inchiesta: in questa storia, di decadenza, di piccoli profittatori, di giovani scialacquatori del patrimonio di famiglia, Maigret diventa quasi spettatore. Nonostante il piano dell’assassino sia quasi un’offesa personale, si lascia condurre dal fato, dal corso degli eventi.

L’indagine troverà una soluzione solo al termine di una cena a cui sono invitati tutti i protagonisti della storia, il figlio della contessa e il suo segretario e anche il medico e il parroco, come fossimo in un romanzo di Agata Christie, in un gioco di sfida con l’assassino dove, ancora un volta, Maigret è spettatore:

Maigret si sentiva in presenza di una forza alla quale era impossibile opporsi. Ci sono individui che, in un dato momento della loro esistenza, vivono un’ora di pienezza, un’ora durante la quale essi sono in qualche modo al di sopra del resto dell’umanità e di se stessi.

Piccola nota cinematografica: dal libro è stato tratto anche un film, con Jean Gabin nel ruolo di Maigret e dove il regista ha scelto di far seguire alla storia un altro filo. Nulla toglie alla bellezza del libro, se avete già visto il film e nulla toglie al film, se avete letto o se avete intenzione di leggere il libro.

La scheda del libro sul sito di Adelphi

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


Anteprima inchieste di Report – la rete russa in Europa e le tensioni nei Balcani

Putin come Hitler, Putin il pazzo, Putin che vuole invadere tutta l’Europa, con Putin non si tratta, non si può essere equidistanti tra Russia e Ucraina: questa guerra da una parte sta assorbendo tutta l’attenzione dei media (com’è giusto, sebbene tutti gli altri problemi, dal covid alle disuguaglianze siano ancora lì), dall’altra sta polarizzando la discussione.

Nei servizi di Report, oltre a raccontare le storie dal fronte, si parlerà dell’ipocrisia occidentale, dei conti aperti nei Balcani e dell’importante testimonianza dei sopravvissuti dell’atomica ad Hiroshima.

La rete russa in Europa

Dall’Austria, all’Italia alla Francia (dove ieri si è votato per il ballottaggio tra Macron e Le Pen per le presidenziali), Report racconterà come è stato messo in pratica il soft power del Cremlino che ha investito 420ml di euro per intrattenere attraverso società offshore e società fantasma rapporti coi politici dei governi dei paesi europei. Rapporti finalizzati al condizionamento delle elezioni in questi paesi, anche passando attraverso l’uso delle spie.

Il servizio di Emanuele Bellano racconterà dell’incontro avvenuto nel 2013 in un ristorante di Varsavia tra Bartlomiej Sienkiewicz, all’epoca ministro degli interni polacco, con Marek Belka, allora presidente della Banca Centrale della Polonia.

Il manifesto degli interni polacco manifesta al banchiere i suoi timori per la situazione economica: “abbiamo una situazione pessima del bilancio dello Stato che non fa che peggiorare. La spirale della crisi economica rischia di far affossare tutto il sistema. Mancano i soldi e attualmente i tagli sono insufficienti. ”

Registrato da una cimice sotto il tavolo il presidente della banca centrale polacca promette al ministro un aiuto per far uscire il paese dalla crisi, ma in cambio chiede un sacrificio: “potrebbe essere messa in campo un’azione speciale della banca centrale, però per questa eventualità il governo dovrebbe dire addio al ministro delle Finanze Rostowski. E nominarne un altro che sia gradito alla banca centrale. ”

La conversazione, uscita poi sui giornali, tra il ministro e il governatore della banca centrale ha causato uno scandalo che ha coinvolto il partito Piattaforma Civica di Donald Tusk, allora al governo.

Il primo ministro Tusk – racconta a Report un giornalista polacco - due settimane dopo lo scoppio dello scandalo ha detto che quello era un piano scritto in un alfabeto estero, facendo riferimento alla Russia, suggerendo che tutto lo scenario delle intercettazioni nei ristorando fosse organizzato dalla Russia.

Dalla Polonia ad Ibiza, isole Baleari: in un resort di lusso i due principali esponenti del partito di estrema destra austriaco FPOE incontrano una giovane donna russa che racconta loro di essere la nipote di un importante oligarca russo.

I due uomini sono Christian Heinz Strache, all’epoca capo del partito FPOE: alla donna promette che, in caso di una futura partecipazione al governo, è che la società Strabad che costruisce infrastrutture in Austria non avrebbe più ricevuto commesse dallo Stato: “in questo modo si libera un gran numero di appalti pubblici. Ecco, dille di creare una società come Strabad, così poi tutti i contratti pubblici che ora riceve Strabad, li riceverà lei.”

L’altro uomo nel resort è il vice di Stracche, Johann Gudenus: i due politici nel video sembrano promettere alla donna russa gli appalti pubblici che fino ad allora venivano gestiti dal colosso delle infrastrutture Strabag in cambio del supporto della loro imminente campagna elettorale. Nell’incontro la donna russa sostiene di essere interessata a comprare, per conto di suo zio, il più importante tabloid austriaco, per condizionare in vista delle elezioni, l’opinione pubblica.

Cosa che Strache sembra apprezzare: “se lei riesce a compare il partito per tempo e il giornale spinge il nostro partito per due tre settimane, prima delle elezioni, allora sì, non prenderemo il 27%, ma il 34%.”

Per anni e non solo in Italia, gli oligarchi russi sono stati accolti (e anche i loro soldi) con grande entusiasmo: oggi gli stiamo sequestrando gli averi, per le sanzioni. Ma il loro potere, come quello di Putin, lo abbiamo costruito anche noi quando, per anni, non abbiamo voluto vedere il mostro per quello che era.

Report farà un grande viaggio nel mondo di questi oligarchi, partendo da Alisher Usmanov, premiato dall'Italia come Commendatore, Ordine al Merito della Repubblica Italiana, oggi sotto sanzioni Ue.

Il secondo personaggio chiave è Sofia Trotsenko, nome di primo piano nella scena culturale di Mosca, è la proprietaria della quota di maggioranza dell'aeroporto civile di Grosseto, che però è ospitato dentro un aeroporto militare, quello del 4o stormo dell’hAeronautica militare, da cui decollano gli Eurofighter per la ricognizione del nostro spazio aereo.

Si tratta di un aeroporto strategico, è posseduto dalla Seam, una società mista pubblico-privata: ik privato ILCA SRL ha il 35% e nomina il presidente del CDA, la regione ha il 7% delle quote mentre la provincia il 25%. Chi è il proprietario di ILCA? Il presidente della provincia di Grosseto nell’intervista a Report, ammette di non conoscerne il nome, è una società che fa capo ad altre società, al cui capo c’è Aeon: il proprietario è il russo Roman Trotsenko che proprio per questa acquisizione ha preso dal nostro ambasciatore l’onorificenza dell’Ordine della Stella d’Italia. MA forse l’ambasciata italiana doveva premiare qualcun altro: Report è andata a Cipro dove ha sede legale la Plutoworld (che a sua volta possiede la Aeon) assieme ad altre società, tra cui la Lukoil la più grossa società petrolifera russa.

A Nicosia si trova l’AD della società Plutoworld che possiede l’aeroporto tramite la Ilca SRL, l’armeno cipriota Aristakesyan: la società Plutoworld è intestata a Roman Trotsenko oppure alla moglie? Sono informazioni che l’amministratore non è autorizzato a dare. Alla fine Report ha scoperto che la quota di maggioranza dell’aeroporto è intestata alla moglie Sofia Trotsenko che si occupa di arte contemporanea e musei.

Il nome di Roman era presente sulle carte solo tra il 2014 e il 2015, nei mesi dell’invasione della Crimea, prima delle sanzioni: forse intestarlo alla moglie è un modo per salvare le quote dalle sanzioni.

E’ a Cipro che troviamo i protagonisti di questi affari, come Nicos Anastasiades: è il presidente della Repubblica di Cipro e negli scorsi anni ha fatto molte pressioni per allentare le sanzioni contro la Russia. Cipro è l’isola degli affari e dei soldi: qui il segretario al commercio dell’amministrazione Trump aveva quote nella banca di Cipro, un istituto noto per le misure di antiriciclaggio molto lasche e di cui era azionista anche il magnate russo Vekselberg vicino a Putin. Ma qui troviamo anche gli oligarchi ucraini amici di Zelenski: anche il presidente ucraino ha una società a Cipro con cui detiene una villa da 4 milioni acquistata in Versilia. Il governo cipriota ha concesso quasi 8000 passaporti europei a investitori stranieri, cinesi, russi, ucraini, dietro cui si nascondono parecchie ombre.

L’ex presidente della Corte Suprema dell’isola ha raccontato di averne revocate almeno il 53%, ma ammette quanto non sia facile revocare tutte le nazionalità concesse illegalmente. L’anno scorso è stato chiamato a guidare una commissione di indagine sui passaporti facili: l’inchiesta si è chiusa puntando il dito anche contro lo studio legale del presidente Anastasiades.

Davanti la commissione il presidente ha spiegato di non aver più un ruolo nello studio, dove però lavorano le sue figlie. Nella lista analizzata dall’ex presidente della Corte Nicolatos erano presenti anche molte posizioni criminali. Anche il revisore generale di Cipro ha voluto indagare ma ha trovato parecchi ostacoli: il portavoce dell’ufficio del Revisore, Marios Petrides, racconta di una nota del ministero degli Interni, che diceva che ci potevano essere alcune questioni legate al riciclaggio di denaro, candidati di alto profilo a rischio, frode, evasione fiscale e così via.

Al revisore generale sono arrivate pressioni e minacce per questo lavoro di controllo, sui giornali è uscita la notizia che il governo stava pensando di licenziare il Revisore Generale dalle sue funzioni.

Quando il lavoro è stato terminato, la commissione Nicolatos ha dovuto cancellare i nomi degli imprenditori coinvolti: dentro c’erano molti russi con molti soldi – ricorda oggi Nicolatos. Report ha ottenuto a Londra una copia della relazione senza la censura dei nomi, dalle mani di un collaboratore di uno stesso oligarca. Nella lista sono presenti i due soci di Abramovich

Report ha incontrato a Cipro un top manager di Evraz, il conglomerato minerario russo da 13 miliardi di dollari che ha raccontato alla trasmissione perché Cipro piace così tanto ai paperoni russi.

La scheda del servizio: LA GRANDE IPOCRISIA

di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella e di Lidia Galeazzo, Eva Georganopolou, Ilaria Proietti

Ricerche di Alessia Pelagaggi

Per rispondere alla guerra in Ucraina, l'occidente ha cercato di colpire l'establishment russo nelle sue finanze. Oltre a banche e prodotti russi, a finire sotto sanzioni sono stati i cosiddetti oligarchi. Cioè quegli uomini d'affari, spesso con un passato nelle forze di sicurezza o nel KGB, che hanno fatto le loro fortune appropriandosi dei beni pubblici russi grazie alla loro lealtà a Putin. Report racconterà come questi oligarchi sono però un prodotto in buona parte occidentale. Così sono diventati ancor più potenti e intoccabili in patria. Sino a due mesi fa i ricconi di Mosca e San Pietroburgo facevano girare un sacco di soldi e i colletti bianchi di mezzo mondo facevano affari d'oro fornendogli consulenze milionarie. Alcuni Paesi come Cipro o il Regno Unito, con leggi fin troppo favorevoli e avvocati specializzati, hanno dato a questi uomini - e ai loro familiari - un passaporto europeo e la possibilità di costruire impenetrabili schermi che rendono difficilissimo attaccarne le ricchezze. Altri Paesi come l'Italia hanno corteggiato per anni il turismo di lusso dei russi e i loro investimenti in Sardegna e in Toscana. Oggi rischiamo di danneggiare la nostra stessa economia e non riuscire nemmeno a scalfire gli interessi degli oligarchi, proprio perché grazie all'occidente hanno da tempo preso precauzioni. La caccia al tesoro è iniziata. Ma chi è il vero pirata?

Dal fronte ucraino

Luca Bertazzoni ha seguito i soldati ucraini che si muovevano verso Malaya Rohan, un piccolo paesino appena liberato dall’occupazione dei russi, a 20 km da Kharkiv dove si è combattuto per giorni: sul terreno i resti dei carrarmati e dei blindati russi testimoniano la violenza della battaglia.

Le donne che, dopo mesi sottoterra, sono uscite all’aria aperta, mostrano al giornalista i pezzi delle bombe russe cadute attorno alle loro case, in un paese dove non c’erano forze ucraine, solo civili.

La scheda del servizio: CORRISPONDENZE DALL’UCRAINA: IN FUGA DA MARIUPOL

Di Luca Bertazzoni – Carlos Dias con la collaborazione di Giulia Sabella

Gli inviati di Report in Ucraina sono arrivati a Zaporizhzhia, a 200 km da Mariupol, la città martire della guerra in Ucraina. Qui hanno incontrato le persone che sono riuscite a scappare dal centro abitato da mesi assediato e bombardato, ormai nelle mani dei russi. Un audio della Croce Rossa Internazionale e le testimonianze dei profughi raccontano le drammatiche condizioni di quel che resta della città che affaccia sul Mar d’Azov.

I conti aperti col passato – I Balcani

Cosa sta accadendo nei Balcani dopo l’invasione dell’Ucraina?

Qui, nei primi anni 90, dopo la caduta del muro di Berlino e a dieci anni dalla morte di Tito, si è consumata una delle più gravi guerre civili a due passi dai nostri confini.

Anche in quella guerra c’erano di mezzo nazionalismi, milizie paramilitari e a pagare il prezzo più alto furono i civili uccisi dalle armi o per vendetta tra le tante etnie che costituivano la vecchia Jugoslavia. Culmine di questi massacri fu la strage di Srebrenica, oggi ricordata dal memoriale a Potocari con le migliaia di croci bianche a testimoniare le 8000 vittime bosniache di religione musulmana: uomini che avrebbero dovuto essere protetti dai caschi blu dell’Onu e che invece furono sterminati dalle milizie serbe e seppelliti in fosse comuni.


Il più grave genocidio avvenuto in Europa. Sotto i nostri occhi.

Le tensioni in questa regione dell’Europa non si sono mai sopite, come non è passato in Serbia il ricordo dei bombardamenti Nato: al governo ora c’è una maggioranza di destra di cui fa parte il partito di estrema destra Dveri il cui leader Bosko Obradovic su questa vicenda ha idee molto dirette: “Crediamo che la Nato dovrebbe pagare i danni di guerra alla Serbia per tutto quello che è stato fatto nel 1999 durante i bombardamenti”

L’integrità statale della Bosnia è invece minacciata dal leader secessionista della Repubblica Srpska Mirolad Dodik, spalleggiato da Putin: a proposito di queste tensioni, Shida Abdurahmanovic, una sopravvissuta al genocidio di Srebrenica, racconta al giornalista di Report: “Abbiamo paura. Se in Ucraina non finisce come vuole la Russia, in Bosnia potrebbe succedere di nuovo qualcosa”.

La scheda del servizio: POLVERIERA BALCANI

Di Walter Molino

Collaborazione Federico Marconi

A trent’anni dall’inizio dell’assedio di Sarajevo, il conflitto in Ucraina alimenta la tensione nell’area balcanica. L’integrità statale della Bosnia Erzegovina è minacciata dalle mire secessioniste di Milorad Dodik, leader della Repubblica Srpska spalleggiato da Vladimir Putin. In Serbia il conservatore Aleksandar Vučić è stato appena rieletto Presidente della Repubblica con quasi il 60% delle preferenze e in Parlamento sono entrate nuove formazioni della destra radicale. Adesso è chiamato a sciogliere l’equivoco che ha attraversato la campagna elettorale e riguarda il futuro del Paese: da un lato gli interessi commerciali e la richiesta pendente di entrare nell’UE, dall’altro il tradizionale legame con la Russia e il revanscismo nazionalista. Nessuno però ha dimenticato i bombardamenti NATO del 1999 e la condanna unanime di un intero popolo che sente di avere ancora molti conti aperti con il passato.

I sopravvissuti dell’atomica

Mi sorprende ogni volta la leggerezza con cui, i potenti della terra, parlano dell’arma nucleare:

non solo Putin, di cui conosciamo bene il cinismo e il suo essere spietati nei confronti dei nemici.

La guerra fredda si è retta per anni sull’equilibrio del terrore, la paura che l’avversario usasse l’atomica e scatenasse una guerra che avrebbe portato alla fine del mondo. Almeno per noi umani.

L’uso o la minaccia dell’uso dell’atomica ha sollevato l’indignazione dei sopravvissuti all’atomica di Hiroshima, noti come Hibakusha: “tutti gli Hibakusha e la maggior parte dei giapponesi hanno provato indignazione di fronte alle dichiarazioni di Putin circa la possibilità di usare le armi nucleari” – racconta a Report l’ex sindaco di Hiroshima Tadatoshi Akiba – “siamo rabbrividiti e come ex sindaco di Hiroshima ho voluto fare un appello a Putin e al mondo di abbandonare questa folle idea.”

La scheda del servizio: HIBAKUSHA TESORI VIVENTI

di Pio D’Emilia

collaborazione Umberto Caiafa

Quando ho sentito che c’è di nuovo qualcuno, in questo nostro mondo, che pensa seriamente di ricorrere di nuovo alle armi nucleari sono rabbrividito. E ho deciso di agire”. Tadatoshi Akiba, storico sindaco di Hiroshima, dopo le minacce di Putin di ricorrere a un bombardamento nucleare, si è dato da fare e nonostante i suoi 80 anni ha lanciato una campagna di firme e un appello a tutti i leader delle potenze nucleari di riunirsi a Hiroshima per un vertice “pacifista”. “Per esperienza so che chiunque abbia visitato il nostro museo della bomba è rimasto inorridito. Voglio che i nostri leader lo visitino, e vediamo se poi qualcuno avrà il coraggio di premere di nuovo quel maledetto bottone”. Le immagini conservate nel museo sono ancora scolpite nella memoria degli HIBAKUSHA, i sopravvissuti della bomba. Ce ne sono ancora circa 130 mila, di prima, seconda e addirittura terza generazione. Report ha raccolto la testimonianza degli ultimi sopravvissuti di Hiroshima sugli effetti della bomba atomica. Dopo di loro, non ci sarà memoria di cosa quella bomba ha significato.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

24 aprile 2022

La via delle armi

A due mesi dall’inizio di questa guerra le bombe non cessano di cadere in Ucraina sui civili, nessuna mediazione sembra riuscire nel suo intento, ovvero fermare la guerra.

Guerra, che va ribadito ogni volta per le tante persone disoneste intellettualmente, è stata scatenata da Putin quando ha invaso un paese sovrano.

Al momento l’unica via possibile è quella delle armi: chi si oppone a questa ricetta (armi da inviare all’Ucraina per la resistenza all’invasione, armi per rispettare i vincoli Nato che nulla hanno a che vedere con l’Ucraina) viene riservato il trattamento speciale da parte della stampa mainstream.

Come se fosse stata l’Anpi, o Montanari, o Orsini (con le sue idee condivisibili o meno)ad aver scatenato la guerra, ad aver venduto armi a Putin, ad aver stretto rapporti economici con la Russia, per il gas. Fino a ieri accoglievamo gli oligarchi coi tappeti rossi perché portavano soldi, oggi li consideriamo come orchi.

Stiamo vivendo un momento difficile, anche per come stiamo strumentalizzando la nostra storia passata in funzione dello storytelling bellico, l’unico messaggio che deve passare: fino a pochi anni fa il valore storico e strategico della resistenza nella guerra di liberazione era sminuito, anzi, ad ogni 25 aprile spuntavano (vere o false) storie di eccidi di partigiani.

Oggi siamo tutti partigiani a patto che si inviino armi a Zelensky, altrimenti sei, come Pagliarulo, un putiniano. Persino Mattarella nel suo discorso alle forze combattenti della liberazione ha parlato di una libertà presa delle armi, per scacciare l’invasore.

Ma non è propriamente così: a parte che le armi le formazioni partigiani se le erano prese dagli sbandati, erano armi degli ex militari che scelsero di non aderire alla RSI, dai tedeschi e solo in seguito arrivarono le armi dagli alleati.

Secondo, la resistenza è stato un movimento veramente popolare, non solo ha abbracciato tutti i partiti escluso quello fascista, ha abbracciato tutti gli strati popolari. La resistenza l’hanno fatta anche i preti come don Pietro Pappagallo, le staffette come Tina Merlin (la giornalista del Vajont), la rete di spie messa in piedi da Peter Tompkins a Roma. E, certamente anche le varie formazioni militari.

Sempre in tema di torsioni storiche, non posso non commentare la menzogna storica che è circolata nei giorni passata sulla Nato: l’alleanza militare nata con l’inizio della guerra fredda non ha nulla a che vedere con la guerra di liberazione. Semmai la Nato è legata a tante pagine oscure della nostra storia, le stragi fasciste degli anni sessanta – settanta organizzate da formazioni neofasciste con la copertura di parti dello stato (e i servizi) e di Gladio, la struttura italiana della rete Stay Behind.

Tutti i fili delle stragi italiane, da Portella a Piazza Fontana, a Brescia fino a Bologna portano a questi centri di potere segreto: si legga l’articolo uscito su Repubblica – Longform a gennaio.

.. Invece, nelle 280mila pagine (mal contate) di atti depositati in Tribunale, e consultati integralmente da Repubblica, c'è molto altro. C'è la consueta ricerca documentale del "secondo livello" (quello degli uomini incardinati nelle istituzioni italiane) e ci sono nomi e cognomi di ufficiali degli apparati: Sid, Carabinieri, Polizia. Ma c'è, soprattutto, l'indicazione di un inedito terzo livello. 
Parliamo del Comando Forze Terrestri Alleate per il Sud Europa - leggi: Nato - il cui cuore sarebbe stato a Palazzo Carli, a Verona, la città di Toffaloni e Zorzi. Qui, con la copertura di generali dei paracadutisti italiani e statunitensi, si sarebbero svolte le riunioni preparatorie di un progetto stragista che avrebbe dovuto sovvertire la democrazia italiana e rinsaldare lo scricchiolante fronte dei regimi del Mediterraneo. Quello che, all'epoca, teneva insieme il Portogallo salazarista, la Grecia dei colonnelli e la Spagna franchista.

Torniamo all’oggi, a questa guerra e alle posizioni dei pacifisti: tutta campagna stampa contro questi movimenti (da Anpi fino agli organizzatori della marcia della pace), serve solo a nascondere il fallimento dell’occidente nel non aver saputo prevenire questa guerra. Anzi.

L’Italia ripudia la guerra – l’articolo 11 della Costituzione – significa questo: l’Italia deve fare tutto il possibile per non prevenire i conflitti, con la diplomazia, con la politica, con i rapporti commerciali (che passano anche per strutture statali come Eni). Questo volevamo gli ex partigiani che la guerra l’avevano fatta e che nella Costituzione ci hanno tramandato il loro messaggio di pace.

Ecco, oggi siamo arrivati allo scurdammoce ‘o passato: dobbiamo dimenticarci di quanto hanno fatto i nostri politici con Putin, con i suoi oligarchi, dei contratti politici stipulati dalla Lega, delle armi vendute alla Russia nonostante le sanzioni, della sempre maggiore dipendenza dal gas russo. Oggi sui giornali leggeremo delle fake news: “Pagliarulo cambia idea” scrive Repubblica, mentre il presidente dell’Anpi è sempre stato chiaro su chi sia l’aggressore e chi la vittima.

La Resistenza in Italia e la Resistenza dell’esercito Ucraino hanno anche aspetti in comune, ma sono passati ottant’anni quasi, i paralleli sono estremamente difficili.

La via delle armi, che serve nell’ora e adesso per evitare che l’esercito ucraino venga sopraffatto, non è la strada che servirà percorrere per rendere questo pianeta un posto dignitoso per vivere. Non solo in Ucraina, ma anche in Curdistan, in Yemen, in Afghanistan e nei tanti teatri di guerra.

Nemmeno in Italia, dove gli effetti di questa crisi arriveranno tutti assieme e saranno causa di forti tensioni sociali.

Cosa faremo allora? 

Concluso con un passaggio del saggio uscito per Chiarelettere  di Tomaso Montanari (uno dei putiniani finiti nelle liste di proscrizione da parte del gruppo Stampa-Repubblica-Corriere) L'eclissi della Repubblica, di cui è uscita una anticipazione mercoledì scorso

Il mondo che doveva uscire “migliore” dalla pandemia è sprofondato nell’ennesima guerra europea, vicinissima a noi: una guerra capace di far riapparire lo spettro dell’apocalisse nucleare. L’aggressione di Putin all’Ucraina è un atto deliberatamente mostruoso, senza giustificazioni possibili. Ma nella sua genesi, le potenze occidentali hanno una grande responsabilità oggettiva: concependo un mondo in cui l’unica potenza globale sarebbero stati gli Stati Uniti e dunque allargando la Nato fino ai confini della Russia, esse hanno preparato la guerra dicendo di voler con ciò assicurare la pace. L’esito della lunga crisi ucraina dimostra invece che l’abusato detto latino si vis pacem para bellum va riscritto in: si vis pacem para pacem. Questo il senso profondo dell’art. 11 della nostra Costituzione: ripudiare la guerra significa lavorare per non crearne le premesse, per allontanarla, per annullare le possibilità che si verifichi. Come Occidente, come Italia, non lo abbiamo fatto.

Le ragioni di questo fallimento sono tutte raccolte nel governo Draghi: la ragione economica di chi fa affari con Putin senza curarsi della sua tirannia; la ragione politica di chi è strettamente connesso all’internazionale nera sostenuta da Putin (Claudio Gatti ha dimostrato che “Matteo Salvini ha operato in veste di agente di influenza al servizio di un governo straniero, quello di Putin”); la ragione culturale di chi si è totalmente identificato nella politica espansiva della Nato (a invasione russa in corso, Letta ha detto che l’Ucraina avrebbe dovuto essere accolta già da tempo nella Nato), senza volere né sapere mettere in piedi una politica di pace europea. Per chi si chiede come si è potuti arrivare a una guerra nel cuore dell’Europa nel 2022, le risposte sono tutte riunite in questo campionario di incapacità di pensare, progettare, costruire un futuro diverso che è l’attuale governo italiano.

20 aprile 2022

La stagione del pipistrello: con Sarti Antonio e la Compagnia della Malora di Loriano Macchiavelli


 

All’inizio erano in tre: Sarti Antonio, sergente; Prenotato Salvatrice, agente scelta; Cantoni Felice, agente. Agente e basta. Erano già la Compagnia della Malora. Più avanti si sono aggiunti Locasciullo e Feliciani, della scientifica, e, a partire da oggi, Pierotti Luigi, agente scelto.

Ma quanto è cupo e dal sinistro sapore profetico quest’ultimo romanzo (temporalmente, intendo) di Loriano Macchiavelli con protagonista Sarti Antonio, sergente?

La stagione del pipistrello è un giallo ambientato in un non ben identificato futuro prossimo, alla fine della pandemia che ha colpito il mondo, una pandemia che ha stravolto le abitudini delle persone, mandandone molte al camposanto, altre invece si sono arricchite proprio sulle disgrazie altrui. Ma tutto questo dolore, tutta questa sofferenza non hanno fatto altro che preparare il terreno per l’arrivo di un nuovo fascismo, sempre nascosto dietro le sue parole d’ordine di ordine e disciplina.

Come fa Sarti Antonio, che è sì questurino, ma anche una brava persona in fondo, a sopravvivere a questi antichi tempi moderni? Semplice, cerca di continuare a fare il suo lavoro, come può, assieme agli altri membri della “compagnia della malora”, ovvero Felice Cantoni fedele custode dell’auto 28, Salvatrice Prenotato, agente scelto, una poliziotta in gamba che si ostina a chiamarlo “capo” e poi i nuovi aggiunti Locasciullo, Feliciani e Pierotti, detto Siluro (soprannome curioso che indica la sua indole di colpire in modo silenzioso e dunque utile per compiere operazioni delicate, ma questo lo si scoprirà poi..).

Perché compagnia della malora? In questo romanzo Macchiavelli, oltre a raccontarci di questi brutti tempi moderni, ci racconta anche della sua città, dei nomi delle vie, della sua storia. Perché Bologna è sempre stata tante città. Nel medioevo esisteva la compagnia della buonora, che dava aiuto ai sofferenti: col tempo con la peste, questa compagnia fu usata per i morti

.. il maggior impegno della compagnia non fu portare nelle case la buonora, ma nel portare fuori dalla porta i cadaveri. E la Compagnia della Buonora diventò, nell’immaginario popolare, la Compagnia della Malora.

In una fresca sera di fine inverno, incontriamo Sarti che discute assieme a Rosas (sempre seguiti dalla voce dell’io narrante) di questi tempi: l’arrivo della stagione del pipistrello ha fermato le spinte ambientaliste, i timidi tentativi di ripensare il mondo, di provare a cambiare le cose. Le cose cambieranno, ma in peggio con l’arrivo al governo del partito dell’OSI, ovvero organizzazione sociale “ilFuturoènostro”.

«Detta come l’hai detta tu, “da così a così” significa che le cose non cambieranno.»

«No, cambieranno e come. In peggio se vinceranno, come sembra, quei coglioni dell’OSI, che sarebbe Organizzazione Sociale ilFuturoèNostro..»

Un futuro che sa tanto di vecchio: croci teutoniche tracciate sui muri, teste rasate, slogan che pensavamo di non dover sentir più. Questo partito, poi, è solo la ramificazione italiana di una struttura presente in tutta Europa, dove altri partiti di estrema destra stanno puntando a governare, grazie anche ai finanziamenti che arrivano da qualcuno che sta sopra e che consentono loro una campagna elettorale capillare, persistente che piano piano si insinua anche dentro la macchina dello Stato.

Ecco, proprio in questa sera Sarti e Rosas incrociano due di queste teste rasate dopo che hanno gettato un sacco della spazzatura nell’alveo del Reno, l’ex canale oggi diventato la discarica di ogni schifezza. Solo che questa volta nel sacco non c’è del “rusco”, come in bolognese si dice l’immondizia, ma il corpo di una persona che è stata massacrata di botte e che è più di là che di qua.

Una persona che le due teste rasate hanno preso e scaricato nel canale dopo una scarica di legnate, un po’ come tanti anni prima era capitato al suo amico Settepaltò (per i sette cappotti che si porta addosso per le radiazioni).

La nuova generazione, il nuovo mondo richiede gente decisa, vigorosa, non sono ammessi gli straccioni, gli ultimi, le persone con la pelle scura. E gli ebrei: “Ebrei rusco nel rusco”.

Ma non è un uomo quello che è stato ritrovato, si tratta della Biondina, l’amica di Sarti Antonio che aveva conosciuto sui viali tanti anni prima e che pur esercitando la professione, è molto più pulita di altri personaggi di questa storia. Non è forse vero che anche Gesù amava circondarsi degli ultimi?

Chi l’ha ridotta in quello stato? Cosa stava facendo negli ultimi mesi, aveva confidato a Rosas (ma non a Sarti che non la vedeva da un po’) che voleva cambiare vita.

L’indagine non autorizzata e non sempre rispettosa delle regole (che a volte sembrano pensate solo per favorire i grandi criminali) portata avanti da Sarti e dalla sua compagnia della Malora si incrocia con altre storie, con altri uomini: un medico arrivato dalla Palestina a cui tutti vogliono bene; il proprietario della casa di Salvatrice Trovato, che si chiama Calimero, per la pelle scura, un uomo che potrebbe avere anche cento anni e che ne ha viste di cose.

E poi Settepaltò, con le sue fisime per le radiazioni; Quintale, un ex insegnante universitario che un giorno ha deciso di cambiare vita e svuotare le case dalla robavecchia col suo Guzzi 38.

Lo Zoppo, ovvero il vice ispettore Ugo Poli, rifilato in archivio per la sua menomazione, dove invece riesce a risolvere i casi semplicemente mettendo assieme fascicoli, pezzi di indagine apparentemente scollegati.

E, soprattutto, l’indagine si incrocia troppe volte con una multinazionale del farmaco, la tedesca Weltweit Wirksam, che si era arricchita in modo spropositato con la vendita dei vaccini (anche quelli annacquati ai paesi del terzo mondo i quali, però, non hanno il potere di lamentarsi).

Cosa c’entra questa azienda farmaceutica con la Biondina? Come mai ci sono due ragazzotti, chiamato Rullo e Fulmine, che vogliono far la pelle a Sarti, tendendogli un agguato mentre torna a casa, nella zona de ghetto, tra via dedicata all’inferno e una dedicata al Paradiso (quante cose si scoprono su questa città !)?

Cosa sta succedendo a questa città, che una volta era considerata un’isola felice, e che invece ha avuto quel brusco risveglio col rumore della bomba alla stazione, con i colpi di pistola della Uno Bianca? Cos’è accaduto alla signora perbene (per citare un’altra storia di Sarti Antonio, sergente, che rimarrà sempre sergente anche se non esiste più questo grado in polizia)? Cosa sta accadendo al nostro paese in questi anni dell’era del pipistrello?

Una pesante tensione ha coperto la città, scontri per le strade hanno fatto rivivere i lontani anni che avevamo chiamato “di piombo”.

Sembra di rivivere un passato con cui pensavamo di aver chiuso, dimenticandoci dell’ammonimento che ci aveva lasciato Brecht (forse Sarti non lo ha mai letto, ma il “talpone” Rosas, si), sul mostro che nel secolo passato era stato partorito dal sonno della ragione

Questo mostro stava per governare il mondo [..]

ora non cantiamo vittoria troppo presto: il grembo da cui nacque è ancora fecondo.

La stagione del pipistrello è un giallo premonitore di una possibile deriva, di un passato che potremmo rivivere se non stiamo attenti a certi segnali nel presente. Un romanzo scritto pensando al Covid e alle ferite che ha lasciato sulla carne viva della gente, sulla crescita dei nazionalismi, frutto delle politiche economiche fatte in questi anni, che hanno fatto solo crescere le diseguaglianze, destinate ad aumentare per questa guerra, oggi in Ucraina, domani vedremo.


La scheda sul sito di Mondadori e il sito dell’autore

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

19 aprile 2022

Report – la mobilità del futuro, la guerra in Ucraina, le ffp2 e le new Town oggi

Una puntata dove si parla di mobilità, auto guidate dall'intelligenza artificiale (dove l'Italia ha un ruolo importante), la cyberwar in Ucraina, i più di 400 teatri italiani chiusi.

Ma nell'anteprima, le mascherine ffp2: possono essere indossate dai ragazzi per tutte le ore di lezione in presenza?

MASCHERE MOZZAFIATO di Antonella Cignarale

Per gli studenti da sei anni in su esiste l'obbligo di indossarla in classe in caso di contatto con positivi (altrimenti basta la chirurgica), a volte sono gli stessi genitori a fargliele indossare anche senza obbligo. Ma queste mascherine sono pensate per i bambini? Report lo ha chiesto all'Ente Italiano per la Normazione – UNI, che spiega che queste sono maschere per adulti, non pensate per i bambini, specie per un uso prolungato.

I genitori sono allora preoccupati, chiedono una certificazione per le FFP2, che al momento non esiste: queste maschere sono testate su un volto di un adulto, sui bambini il rischio è che il virus si insinui nelle zone di non aderenza.

Per fare le certificazioni non si possono usare bambini, questo è il problema: respirare è dura, dicono i bambini, che impiegano più energia a scuola, col rischio di affaticarsi.

Per i bambini bisognerebbe rivedere i parametri, come per esempio l'accumulo di co2 dentro la mascherine: a Latina hanno fatto uno studio su queste mascherine, arrivando ad un alert, ovvero se il bambino non ha stress in aula, non ci sono problemi. Diverso è il caso se si usa mentre si gioca.

Il CTS e il professor Locatelli (che nel passato avevano detto che non era consigliabile l'uso della ffp2 a lungo) ora rassicurano: gli studi rassicurano sull'uso per i bambini, senza però dare a Report altre informazioni.

In Europa si sta lavorando ad una nuova mascherina che tenga conto dell'affaticamento respiratorio e degli effetti sul suo utilizzo per lunghi periodi di tempo.

La maggior parte dei paesi europei non ha reso obbligatoria la mascherina in aula.

AUTISTI ARTIFICIALI DIGITALI E MECCANICI di Michele Buono con la collaborazione di Edoardo Garibaldi

Il racconto di Michele Buono parte da Las Vegas, con due auto da corsa che si rincorrono nell'autodromo: sono due auto senza nessun guidatore, sono guidate dall'intelligenza artificiale, sono auto che stanno riscrivendo una storia più grande dove dentro c'è una parte dell'Italia. Possiamo riscrivere la storia dei trasporti, con l'auto a guida autonoma che vi viene a prendere sotto casa, ci porta dove vogliamo andare e poi va a prendere altre persone.

In questo scenario servirebbero meno auto per spostarsi, meno auto, meno consumi energetici, meno impatto ambientale, meno incidenti …

Ma l'intelligenza artificiale deve essere allenata: noi italiani siamo bravi in questo settore, la sfida è stata lanciata dalla Dallara, per far gareggiare questi bolidi, che si affronteranno nella pista di Las Vegas, premio un milione di euro.

La Dallara è un'azienda di Parma che produce auto da corsa, da strada e le indie car, quelle della 500 miglia di Indianapolis. Un giorno hanno pensato: e se facessimo correre queste macchine da sole, senza il pilota? LA sfida è stata lanciata a tutti ma è stata raccolta dai ragazzi nei laureati del Politecnico di Milano e di Reggio Emilia e di altre università nel mondo.

La sfida è prevedere tutto quello che potrà andare male nella guida e istruire i veicoli a come gestirli nel corso della gara: si è partiti con gare virtuali, ripetute più volte, prima di arrivare alla gara vera.

La gara virtuale è stata vinta dal Politecnico di Milano che poi ha partecipato alla gara reale.

Questa è stata fatta sul circuito di Indianapolis: le auto sono state fornite dalla Dallara, l'intelligenza è frutto del lavoro dei team delle università, cinque computer al posto del pilota che raccolgono le informazioni dalle telecamere, anche dal GPS e poi prendono le decisioni, muovendo lo sterzo, frenando o accelerando.

Sono auto che imparano anche dai loro errori, usando tutti i dati raccolti: sono auto che sfrecciano a 300km all'ora, evitando gli ostacoli.

I due team, quello di Modena Reggio Emilia e quello di Milano continuavano il lavoro di simulazione una volta finite le gare, per migliorare l'apprendimento del software (l'intelligenza artificiale implementata dall'algoritmo), per cercare di risolvere i bug.

Dietro le auto a guida autonoma c'è una sfida che i responsabili della pista di Indianapolis hanno raccolto subito: ci sono investimenti, ci sono sponsorizzazioni, c'è la possibilità di rivedere il sistema dei trasporti nella vita di tutti i giorni.

C'è una visione dietro, c'è la volontà di attirare i migliori talenti del mondo, comprese le nostre università.

Chi ha vinto la gara di Indianapolis? È stata una gara strana, sul cicuito si sfidavano lo stesso modello di auto, quello della Dallara, ma con algoritmi diversi, frutto del lavoro degli studenti dei migliori atenei al mondo.

I ragazzi del politecnico di Milano hanno scoperto che a velocità elevate la tenuta dei GPS è a rischio, infatti loro ne hanno persi due nel corso della gara, andando poi a sbandare contro un muro. La macchina di Modena si è bloccata per un bug.

Alla fine ha vinto l'università di Monaco, ma la macchina più veloce è stata quella di Modena che ha comunque vinto un premio da 100mila dollari.

Queste gare a cosa servono? A preparare le auto a guida autonoma nelle città, più sicure delle altre, meno inquinanti. Questo è il futuro della mobilità, dice il presidente dell'Indiana ma è lo stesso obiettivo degli organizzatori e degli sponsor.

A Modena all'università si sta lavorando a questo: si addestrano le auto a distinguere i pedoni, le altre auto, gli ostacoli, le strisce pedonali. Servono tanti dati per addestrare l'algoritmo a prendere le giuste decisioni.

Queste auto a guida autonoma potrebbero rivoluzionare la mobilità nelle città, liberando le città dal traffico, rendere l’aria meno pensate per le minori emissioni: lo racconta a Report Sergio Savaresi, docente del Politecnico di Milano: tra dieci anni si cambierà di paradigma, dal possesso dell’automobile per muoversi si passerà all’uso di un servizio trasporti, chiamerò l’auto al domicilio e indicherò dove devo andare “questa è la rivoluzione, il completo cambio di modello dal possesso di automobile ad un servizio pubblico”.

A regime di quanto si potrebbe tagliare il parco delle auto vetture? Secondo il docente si potrebbe passare da 40 a 4 milioni di automobili con questo nuovo modello di mobilità.

A livello globale l'impatto sarebbe anche maggiore: siamo all'alba di una nuova era della mobilità, auto che si muoveranno dentro città intelligenti, con energia intelligente. Gli americani ci credono in questo modello e stanno cercando i migliori ricercatori al mondo, tra cui i nostri ragazzi, come anche gli studenti tedeschi di Monaco.

Ma è un'occasione che l'Italia non può perdere: questa è l'industria del futuro, quella che potrebbe creare posti di lavoro, qualificati.

A Las Vegas gli americani decidono di lanciare una seconda sfida, dentro un autodromo in cui le auto gareggeranno assieme, superandosi l'una con l'altra e non da sole come successo ad Indianapolis.

La squadra del Politecnico si è “allenata” su una pista nel deserto del Nevada, dove provare velocità sempre maggiori (sempre con la Dallara V21) e vedere se i GPS dopo le modifiche, ora reggono: sono riusciti ad arrivare a 286 km/h, un record mondiale.

Ancora una volta le università italiane arrivano alla finale, assieme ai tedeschi di Monaco e ai coreani di Seul.

In finale arrivano le auto del Politecnico di Milano e dell'università di Monaco: questa volta abbiamo vinto noi, con una gara a quasi 300km all'ora, con due auto che si sono sorpassate senza nessun autista.

Abbiamo lasciato spazio all'immaginazione, quella basata sulla conoscenza, come aveva detto Einstein: è venuto fuori una strumento dalle potenzialità enormi, la Nasa metterà a disposizione la sua base per il Politecnico, per fargli battere il record dei 300km orari.

CORRISPONDENZE DALL’UCRAINA : I resilienti di MYKOLAIV Di Luca Bertazzoni

Mentre l'esercito russo sta mollando la presa nel nord del paese, stanno stringendo la morsa al sud del paese come a Mykolaiv, dove l'esercito di Putin sta bombardando soprattutto obiettivi civili, come l'ospedale.

Le persone che hanno bisogno di medicine e cibo sono aiutate dai volontari e anche da connazionali tornati al loro paese per aiutare la popolazione e i loro parenti.

Una signora è tornata in Ucraina per salvare i propri genitori che non hanno intenzione di abbandonare la loro terra: terminata la guerra tornerà in Italia ma in questo momento deve stare da loro.

Nella periferia di Mikolaiv la Croce rossa ha organizzato un servizio di consegna casa per casa di medicinali e cibo per chi non può raggiungere il punto di distribuzione dei beni alimentari: anche qui Bertazzoni ha raccolto altre testimonianze dei civili, i bombardamenti contro le case, giorno e notte, gente anziana che senza questi aiuti portati dai volontari non potrebbe sopravvivere.

Un ragazzo che ha accompagnato il giornalista ha raccontato la sua storia: era un informatico, ma ha scelto di combattere i russi, perché non accetta di finire sotto il dominio russo, “so che vinceremo e che saremo felici”. Al momento però non si salvano nemmeno gli ospedali pediatrici, che per fortuna continuano a funzionare.

Bertazzoni ha incontrato un italiano, un poliziotto in pensione che vive qui da venti anni: quando si sentono le sirene ci si rifugia nelle cantine, con muri da 80 cm che dovrebbero resistere alle bombe.

Anche Salvatore si sente ucraino, più che italiano: noi siamo ucraini, non russi – dice a Bertazzoni – non siamo come lui.

Anche a Mikolaiv i negozi sono chiusi, i supermercati aperti sono colpiti dagli attacchi: farmacie, alimentati, pizzerie. LE bombe distruggono vetrine e muri, ma uccidono anche le persone per strada.

Per strada carcasse di auto, resti di palazzi che oggi si alzano come scheletri, come il palazzo del governo: il sindaco della città oggi si muove col fucile, perché i russi rapiscono i sindaci quando arrivano in una città.

I russi sparano con l'artiglieria, usano missili con munizioni a grappolo per uccidere più personi possibili: quello dei russi è un genocidio – racconta il sindaco – perché Putin vuole uccidere il popolo ucraino.

Ci sono tre modi per finire la guerra: o Putin muore o viene ucciso, oppure fermiamo i suoi soldati, ma in quel caso Putin potrebbe scatenare una guerra nucleare.

I CYBER LEGIONARI Di Giuliano Marrucci

Il viceministro dell'Ucraina ha lanciato su twitter una chiamata alle armi per reclutare su Telegram un'armata cibernetica per combattere questa guerra: volontari civili da tutto il mondo oggi stanno combattendo una guerra, come i volontari di Fearless Security, un team italiano che ha scelto di combattere l'occupante russo.

Dopo terra, mare e aria il cyber spazio è la quarta dimensione della guerra: quello che sta succedendo in Ucraina non è una novità (attacchi informatici sono avvenuti anche in altre guerre): quello che è di nuovo in questa guerra è che l'Ucraina ha chiesto aiuto ad hacker di altri paesi, mettendo a disposizione due società private del suo paese.

Che ricadute potrebbe esserci dopo questa scelta?

Il governo ucraino indica su Telegram gli attacchi da colpire: attacchi DDOS, modifica della comunicazione delle pagine dei portali per mandare messaggi sulla guerra.

Ma il governo Ucraino può autorizzare tramite IT Army attacchi provenienti da altri paesi?

Una delle due aziende coinvolte è la Hacken di Dyma Budorin: si occupava di criptovalute, con un suo sw, Disbalancer, mescolando affari con la politica (ovvero gli attacchi DDOS per isolare la Russia).

Il proliferare di software che infettano i computer, trasformandoli in zombie, renderebbe internet meno sicura: come diventerà internet domani? Ogni paese si dovrà isolare con la sua rete per proteggersi dagli altri paesi? Avremo una balcanizzazione della rete?

In Russia, aveva raccontato il giornalista Nossik nel 2017, c'è un patto tra stato e gruppi criminali, che eseguono compiti di hacking contro i nemici di Putin, in cambio di un nulla osta per i loro reati informatici.

LE NEW TOWN DELL’AQUILA 13 ANNI DOPO Di Chiara De Luca

Il progetto New Town costò 800ml di euro, in parte frutto di finanziamenti europei: oggi una parte di queste case sono in cattivo stato, sono abbandonate. Dei 4400 alloggi 2900 sono abitati, 4 sono stati affidati a famiglie afgane, 50 posti letto sono stati invece affidati ai profughi ucraini: uno di questi è un atleta della nazionale di ciclismo, arriva da Donetsk e rimarrà in Italia fino alla fine della guerra – racconta alla giornalista.

Tutta la nazionale di ciclismo è in realtà ospite in una delle New Town, quando era iniziato il conflitto erano in Turchia, era impossibile tornare a casa e così molti di loro ora sono in Italia mentre le famiglie sono rimaste in Ucraina. I figli che hanno già compiuto la maggiore età non possono uscire dal paese, perché devono prendere le armi per la guerra.

Ma poi, se anche potessero, il comune dell’Aquila ha detto loro che in queste New Town non c’è posto per i familiari, nonostante 1500 appartamenti siano vuoti solo che, o sono inagibili, o lasciati nell’incuria più totale.

Sono rimasti sul groppone del comune de l'Aquila, che non riesce a proteggere le case dai vandali, dai furti, dai problemi di manutenzione.

Eppure dal 2015 il comune ha ricevuto dal CIPE fondi per 11 ml di euro per questo obiettivo, per la gestione delle pulizie, degli ascensori: ma sono stati veramente utilizzati?

60 ml dal PNRR saranno destinati per queste case, ora il sindaco deve decidere se riqualificarle o se abbatterle. Forse non la soluzione ideale per queste case..

GIÙ IL SIPARIO di Giulia Presutti

In tutte le regioni d'Italia c'è un patrimonio inutilizzato: sono i teatri chiusi per mancanza di fondi per i lavori di ristrutturazione o di messa in sicurezza.

Non è solo un tema di non valorizzazione del patrimonio, è anche un perdita per la cultura italiana, una porta in faccia agli italiani che non hanno più un luogo di aggregazione.

Quando chiudi un teatro non è come quando chiudi la bottega, la serranda” – racconta a Report Andrea Pennacchi- “quando chiudi un teatro chiudi le porte in faccia a ragazzi, a signori e signore, pensionati che avevano roba da fare, chiudi la porta in faccia alla città, ti chiudi tu fuori da una roba preziosa.”