A due mesi dall’inizio di questa guerra le bombe non cessano di cadere in Ucraina sui civili, nessuna mediazione sembra riuscire nel suo intento, ovvero fermare la guerra.
Guerra, che va ribadito ogni volta per le tante persone disoneste intellettualmente, è stata scatenata da Putin quando ha invaso un paese sovrano.
Al momento l’unica via possibile è quella delle armi: chi si oppone a questa ricetta (armi da inviare all’Ucraina per la resistenza all’invasione, armi per rispettare i vincoli Nato che nulla hanno a che vedere con l’Ucraina) viene riservato il trattamento speciale da parte della stampa mainstream.
Come se fosse stata l’Anpi, o Montanari, o Orsini (con le sue idee condivisibili o meno)ad aver scatenato la guerra, ad aver venduto armi a Putin, ad aver stretto rapporti economici con la Russia, per il gas. Fino a ieri accoglievamo gli oligarchi coi tappeti rossi perché portavano soldi, oggi li consideriamo come orchi.
Stiamo vivendo un momento difficile, anche per come stiamo strumentalizzando la nostra storia passata in funzione dello storytelling bellico, l’unico messaggio che deve passare: fino a pochi anni fa il valore storico e strategico della resistenza nella guerra di liberazione era sminuito, anzi, ad ogni 25 aprile spuntavano (vere o false) storie di eccidi di partigiani.
Oggi siamo tutti partigiani a patto che si inviino armi a Zelensky, altrimenti sei, come Pagliarulo, un putiniano. Persino Mattarella nel suo discorso alle forze combattenti della liberazione ha parlato di una libertà presa delle armi, per scacciare l’invasore.
Ma non è propriamente così: a parte che le armi le formazioni partigiani se le erano prese dagli sbandati, erano armi degli ex militari che scelsero di non aderire alla RSI, dai tedeschi e solo in seguito arrivarono le armi dagli alleati.
Secondo, la resistenza è stato un movimento veramente popolare, non solo ha abbracciato tutti i partiti escluso quello fascista, ha abbracciato tutti gli strati popolari. La resistenza l’hanno fatta anche i preti come don Pietro Pappagallo, le staffette come Tina Merlin (la giornalista del Vajont), la rete di spie messa in piedi da Peter Tompkins a Roma. E, certamente anche le varie formazioni militari.
Sempre in tema di torsioni storiche, non posso non commentare la menzogna storica che è circolata nei giorni passata sulla Nato: l’alleanza militare nata con l’inizio della guerra fredda non ha nulla a che vedere con la guerra di liberazione. Semmai la Nato è legata a tante pagine oscure della nostra storia, le stragi fasciste degli anni sessanta – settanta organizzate da formazioni neofasciste con la copertura di parti dello stato (e i servizi) e di Gladio, la struttura italiana della rete Stay Behind.
Tutti i fili delle stragi italiane, da Portella a Piazza Fontana, a Brescia fino a Bologna portano a questi centri di potere segreto: si legga l’articolo uscito su Repubblica – Longform a gennaio.
.. Invece, nelle 280mila pagine (mal contate) di atti depositati in Tribunale, e consultati integralmente da Repubblica, c'è molto altro. C'è la consueta ricerca documentale del "secondo livello" (quello degli uomini incardinati nelle istituzioni italiane) e ci sono nomi e cognomi di ufficiali degli apparati: Sid, Carabinieri, Polizia. Ma c'è, soprattutto, l'indicazione di un inedito terzo livello.
Parliamo del Comando Forze Terrestri Alleate per il Sud Europa - leggi: Nato - il cui cuore sarebbe stato a Palazzo Carli, a Verona, la città di Toffaloni e Zorzi. Qui, con la copertura di generali dei paracadutisti italiani e statunitensi, si sarebbero svolte le riunioni preparatorie di un progetto stragista che avrebbe dovuto sovvertire la democrazia italiana e rinsaldare lo scricchiolante fronte dei regimi del Mediterraneo. Quello che, all'epoca, teneva insieme il Portogallo salazarista, la Grecia dei colonnelli e la Spagna franchista.
Torniamo all’oggi, a questa guerra e alle posizioni dei pacifisti: tutta campagna stampa contro questi movimenti (da Anpi fino agli organizzatori della marcia della pace), serve solo a nascondere il fallimento dell’occidente nel non aver saputo prevenire questa guerra. Anzi.
L’Italia ripudia la guerra – l’articolo 11 della Costituzione – significa questo: l’Italia deve fare tutto il possibile per non prevenire i conflitti, con la diplomazia, con la politica, con i rapporti commerciali (che passano anche per strutture statali come Eni). Questo volevamo gli ex partigiani che la guerra l’avevano fatta e che nella Costituzione ci hanno tramandato il loro messaggio di pace.
Ecco, oggi siamo arrivati allo scurdammoce ‘o passato: dobbiamo dimenticarci di quanto hanno fatto i nostri politici con Putin, con i suoi oligarchi, dei contratti politici stipulati dalla Lega, delle armi vendute alla Russia nonostante le sanzioni, della sempre maggiore dipendenza dal gas russo. Oggi sui giornali leggeremo delle fake news: “Pagliarulo cambia idea” scrive Repubblica, mentre il presidente dell’Anpi è sempre stato chiaro su chi sia l’aggressore e chi la vittima.
La Resistenza in Italia e la Resistenza dell’esercito Ucraino hanno anche aspetti in comune, ma sono passati ottant’anni quasi, i paralleli sono estremamente difficili.
La via delle armi, che serve nell’ora e adesso per evitare che l’esercito ucraino venga sopraffatto, non è la strada che servirà percorrere per rendere questo pianeta un posto dignitoso per vivere. Non solo in Ucraina, ma anche in Curdistan, in Yemen, in Afghanistan e nei tanti teatri di guerra.
Nemmeno in Italia, dove gli effetti di questa crisi arriveranno tutti assieme e saranno causa di forti tensioni sociali.
Cosa faremo allora?
Concluso con un passaggio del saggio uscito per Chiarelettere di Tomaso Montanari (uno dei putiniani finiti nelle liste di proscrizione da parte del gruppo Stampa-Repubblica-Corriere) L'eclissi della Repubblica, di cui è uscita una anticipazione mercoledì scorso
Il mondo che doveva uscire “migliore” dalla pandemia è sprofondato nell’ennesima guerra europea, vicinissima a noi: una guerra capace di far riapparire lo spettro dell’apocalisse nucleare. L’aggressione di Putin all’Ucraina è un atto deliberatamente mostruoso, senza giustificazioni possibili. Ma nella sua genesi, le potenze occidentali hanno una grande responsabilità oggettiva: concependo un mondo in cui l’unica potenza globale sarebbero stati gli Stati Uniti e dunque allargando la Nato fino ai confini della Russia, esse hanno preparato la guerra dicendo di voler con ciò assicurare la pace. L’esito della lunga crisi ucraina dimostra invece che l’abusato detto latino si vis pacem para bellum va riscritto in: si vis pacem para pacem. Questo il senso profondo dell’art. 11 della nostra Costituzione: ripudiare la guerra significa lavorare per non crearne le premesse, per allontanarla, per annullare le possibilità che si verifichi. Come Occidente, come Italia, non lo abbiamo fatto.
Le ragioni di questo fallimento sono tutte raccolte nel governo Draghi: la ragione economica di chi fa affari con Putin senza curarsi della sua tirannia; la ragione politica di chi è strettamente connesso all’internazionale nera sostenuta da Putin (Claudio Gatti ha dimostrato che “Matteo Salvini ha operato in veste di agente di influenza al servizio di un governo straniero, quello di Putin”); la ragione culturale di chi si è totalmente identificato nella politica espansiva della Nato (a invasione russa in corso, Letta ha detto che l’Ucraina avrebbe dovuto essere accolta già da tempo nella Nato), senza volere né sapere mettere in piedi una politica di pace europea. Per chi si chiede come si è potuti arrivare a una guerra nel cuore dell’Europa nel 2022, le risposte sono tutte riunite in questo campionario di incapacità di pensare, progettare, costruire un futuro diverso che è l’attuale governo italiano.
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