Per me come per tanti altri, il 9 ottobre è il giorno in cui va ricordata la tragedia del Vajont, il 9 ottobre del 1963, 58 anni fa.
La frana del monte Toc che, cadendo sul bacino artificiale della diga del Vajont, la grande opera dell'Italia del boom economico, causò un'onda di acqua e fango che, oltrepassando il ciglio della diga, si abbatté sulla città di Longarone e le sue fazioni.
Una tragedia costata duemila vittime quasi, molte delle quali mai ritrovate, in mezzo a quel mucchio di sassi, fango, pietre che era diventata la cittadina bellunese.
Una tragedia che Marco Paolini ha raccontato in un celebre monologo televisivo nel 1997, il teatro della memoria, utilizzando il libro della giornalista de l'Unità Tina Merlin, “Sulla pelle viva”.
Perché questa tragedia, oggi dimenticata, è stata costruita dall'uomo sulla pelle viva delle vittime, andando a costruire una diga la dove non si sarebbe dovuta costruire, andando ad ignorare gli allarmi di alcuni geologi, della popolazione locale.
C'è il profitto, c'era da rientrare nell'investimento (prima che lo stato nazionalizzasse gli impianti, che andavano dunque venduti al miglior prezzo possibile). C'era da celebrare l'Italia che era finalmente uscita dalle macerie della guerra, era una nazione capace di costruire opere di ingegneria come questa, una diga altra 261 metri, a doppia V, la “banca dell'acqua” per le altre dighe sul Piave.
E, dunque, a chi importa di quei montanari, che quella tragedia l'avevano vista crescere, giorno dopo giorno, scossa dopo scossa, frana dopo frana?
Avrebbe dovuto essere un monito, quella tragedia, per darci una indicazione su quali sono i confini da non oltrepassare.
Perché non era caduto un sasso in un bicchiere, non era stata una tragedia “naturale”, come scrissero molti giornalisti all'indomani della strage. Come Bocca, Buzzati, o come Montanelli che definì sciacalli quei giornalisti come la Merlin che si permettevano di puntare il dito contro lo stato, contro la Sade, l'azienda privata che aveva realizzato l'impianto.
Vajont è la tragedia dimenticata, eppure è stato il nostro 11 settembre, un olocausto consumato in pochi minuti.
Per poi piangere, povera Longarone, povera Longarone..
Le stesse lacrime di coccodrillo che si piangono adesso dopo l'ennesimo alluvione, straripamento di fiumi intombati, cascate di fango che si staccano da costoni collinari senza più alberi a tener ferme quelle masse di terra.
Non abbiamo imparato nulla.
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