29 ottobre 2021

Le giovani generazioni e la disonestà intellettuale

 Alla fine, per far quadrare i conti, bisogna stare attenti a come si spendono i soldi ed evitare di creare troppo debito che pesi poi sulle spalle delle prossime generazioni.

Bene, bravo bis.

Ma poi, all'atto pratico, mai visto un governo che taglia la spesa se non toccando pensioni, sanità, scuola, welfare.

I soldi per il reddito di cittadinanza sono uno spreco (meglio tagliare le tasse alle imprese dicono da destra a destra) e quelli che prendono i sussidi non avendone diritto sono furbetti.

Mica come gli onesti evasori, o quanti avendone modo, fanno una bella elusione fiscale (ed essendo pure campioni sportivi diventano emblema del made in Italy).

Serve mettere a posto i conti? Perché non tagliamo la spesa militare, perché non tocchiamo l'evasione o la corruzione (due temi spariti dai radar)?

Sulle pensioni poi, c'è una tale disonestà intellettuale da far rabbia: a pesare sul futuro di chi entra adesso sul mondo del lavoro c'è il precariato, salari in decrescita (unico paese in Europa), lavori saltuari.

I giovani, quelli che voi oggi dite di voler proteggere, un giorno vi malediranno.

Da leggere:

Draghi sfrutta i giovani come scudo per i tagli DI DANIELA RANIERI 

Naturalmente i principali emissari di questa retorica pro-giovani sono i detentori di vitalizi, pronti a darsi fuoco quando gli si toccano privilegi da Ancien Régime, improvvisamente preoccupati per il destino dei giovani. I quali giovani sono stati massacrati da decenni di precariato, scientificamente privati del diritto alla futura pensione, costretti ad accettare ricatti, contratti finti, salari da fame e/o sostituiti da buoni pasto, tutto per volere del legislatore e dei governi anche di centrosinistra. Infatti il distruttore dello Statuto dei Lavoratori e inventore del Jobs Act (e della Buona Scuola, con la cosiddetta alternanza scuola-lavoro, una trovata per mettere i minorenni a lavorare gratis negli autogrill), twitta: “Che i sindacati attacchino il Governo sulle pensioni dimostra ancora una volta come parte dei dirigenti di questo Paese pensi solo a chi è già garantito e non ai giovani. Tanto il conto lo pagano sempre i nostri figli”. Giusto per geolocalizzarlo: il tweet parte da Riyad (o dall’aereo privato che ce lo porta), dove è atteso per parlare di “Cultura” (lui!) in cambio di soldi sauditi

Pensioni, la solita moda di usare i figli per picchiare i padri e i nonni di Alessandro Robecchi

Il trucchetto ha il suo fascino, e a volte funziona. A pensarci, è quello su cui basa la sua propaganda anti-immigrati Matteo Salvini che tuona “prima gli italiani”, cioè invita i penultimi (gli italiani poveri) a odiare gli ultimi (i migranti). Altro caso di scuola, la narrazione renzista che portò all’abolizione dell’articolo 18. Siccome moltissimi non l’avevano, invece di darlo anche a loro si additò chi ne usufruiva come egoista e privilegiato. Anche allora i giornali erano pieni di giovani che dicevano: io, precario, l’articolo 18 non lo avrò mai, e allora perché deve averlo un metalmeccanico? Il meccanismo culturale che sovrintende il “ridisegno” del sistema pensionistico è esattamente lo stesso: lasciare una moltitudine senza diritti e poi – fase due – additare chi i diritti ancora ce li ha come un pescecane profittatore. Questo il desolante quadro del dibattito: trasferire la guerra ai piani bassi della società, mentre ai piani alti si stappa e si festeggia la ripresa “oltre le previsioni”. Siamo sempre lì: un Monti, un Renzi, un Draghi, la stessa sostanza di cui sono fatti gli interessi dei ricchi.

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