Mi chiamo Matteo Messina Denaro – di Danilo Procaccianti
Matteo Messina Denaro è stato arrestato all’ingresso della clinica privata La Maddalena a Palermo, dopo 30 di latitanza.
28 anni fa aveva rinunciato di riconoscere la figlia per evitare di essere catturato oggi invece non si preoccupava di farsi i selfie con altre persone, andava al supermercato.
Si ipotizzava che avesse cambiato aspetto, che fosse all’estero e invece è stato arrestato a casa sua, senza cambiare faccia. Si è lasciato catturare per il tumore oppure sono cadute le protezioni che ne hanno consentito la latitanza?
Danilo Procaccianti
faceva il ciclo di chemioterapia nella clinica più famosa di
Palermo, il suo patron ha legami con la politica, da Cuffaro a
Schifani.
Matteo Messina Denaro si era perfino scambiato il
numero di telefono con altri pazienti: il comandante dei carabinieri
di Trapani imputa il suo cambio di atteggiamento per la malattia,
questo ha poi consentito ai carabinieri di catturarlo.
Come mai
MMD non si è curato in un centro oncologico famoso? Come mai si è
operato a Mazara? Il 13 novembre 2020 ad operarlo sarebbe stato il
chirurgo Urso, uno molto bravo: nemmeno il chirurgo sapeva chi stava
operando? Bisognerà stabilire il livello di responsabilità di
questi medici racconta a Report il colonnello dei cc. Fabio
Bottino.
Tanti medici dovranno spiegare il loro comportamento,
come il dottor Tumbarello, il suo medico personale, che gli avrebbe
preparato le carte per l’operazione, fatta a nome di Bonafede.
Il
sindaco di Campobello dice che il medico è stato costretto: nessuno
ha visto niente, nessuno sa. Eppure negli ultimi mesi MMD ha vissuto
in uno stabile sulla strada principale di Campobello: nessuno ha
visto niente?
Nemmeno nel supermercato dove si è sicuri che MMD
ha fatto la spesa: nemmeno qui lo hanno riconosciuto e se qualcuno lo
avesse anche riconosciuto deve aver pensato, “ma chi me lo fa
fare?”.
Nessuno ha visto i soldi per comprare la casa dove
abitava negli ultimi mesi, nemmeno i carabinieri che hanno riempito
di cimici il bar vicino casa lo avevano visto.
Può aver avuto
delle protezioni negli anni passati – ammette il colonnello Bottino
- anche a livello istituzionale. Di certo nel 2021 i carabinieri
avevano ricevuto da una fonte anonima l’informazione secondo cui
MMD era stato visto vicino a Torretta Granitola: lo racconta a Report
il giornalista Marco Bova che spiega come Torretta Granitola fosse uno
dei luoghi delle scorrerie passate del boss.
Tanti boss avevano
casa nel trapanese, Brusca, Riina e poi Matteo Messina Denaro: qui i
boss si sentivano al sicuro. Certo le protezioni istituzionali non si
possono escludere.
La storia della latitanza è piena di
sabotaggi, talpe anche all’interno dello Stato, come un corpo
infestato dai virus come la massoneria.
Lo stato del latitante – di Giorgio Mottola
Per anni di MMD non si sono avute mai tracce, la voce, le impronte, pur di rimanere fuori da tutto, era capace di tutto raccontano oggi i magistrati Scarpinato (oggi senatore) e Principato.
Eppure oggi aveva
cambiato atteggiamento: secondo l’ex giudice Scarpinato era
arrivato al boss il messaggio che era arrivato il momento di farsi
catturare, un messaggio molto dall’alto.
I magistrati sono
stati vicino alla cattura del boss, ma poi sono stati bloccati in
vario modo: un auto della polizia fermata dalla stradale, fino alla
storia delle talpe nella DDA.
Come il maresciallo Ciuro, braccio destro di Ingroia e poi condannato per 4 anni per aver rivelato delle indagini contro la mafia al boss Aiello, medico e imprenditore nel settore della sanità ai tempi della presidenza Cuffaro.
Grazie a questo sabotaggio delle indagini MMD era sempre davanti agli investigatori.
Giorgio Riolo (ex
ROS) è stato condannato assieme a Borzacchelli (ex carabiniere):
avrebbero passato informazioni riservate dell’antimafia ad Aiello,
condannato per mafia anche lui.
Ma ci sono stati anche errori
degli investigatori nella caccia al boss: Teresa Principato racconta
la storia del capo mafia Sutera, che si incontrava con MMD
periodicamente. Il procuratore capo (Messineo), prima di concludere
la cattura di Messina Denaro esprime dei dubbi sulle intercettazioni
e decide di catturare Sutera, togliendolo di mezzo.
Era la pista più
calda per arrivare a MMD: oggi Messineo racconta che non si poteva
aspettare, perché c’era l’obbligatorietà penale. È una storia
di rivalità tra magistrati o un sabotaggio delle indagini? A Teresa
Principato qualche dubbio viene ancora oggi, accuse oggi respinte
dall’ex procuratore Messineo.
La nuova pista su cui si
concentra Principato fu la massoneria: un massone assoldato nella
loggia di Castelvetrano racconta alla procuratrice di professionisti
iscritti a questa loggia coperta, La Sicilia.
Ma il nuovo capo
della procura di Palermo, Lo Voi interrompe il lavoro della
Principato col pentito Tuzzolino.
Alfonso Tumbarello è il medico di MMD: la sua vicenda si intreccia con quella dell’ex sindaco Vaccarino, quest’ultimo in una udienza del 2012 aveva raccontato che aveva chiesto un incontro col fratello del boss. Il Sisde gli aveva chiesto un link per incontrare il boss e questo tramite era proprio Tumbarello: Mario Mori aveva chiesto a Vaccarino di fargli da tramite e da questo è nato il libro “Lettere a Svetonio”, un canale di comunicazione tra un pezzo dello stato e il boss?
Come mai non si è seguito mai questa pista che Vaccarino aveva raccontato in un udienza pubblica nel 2012?
La massoneria aveva
avuto un ruolo nella latitanza di MMD: nel 2017 facendo una inchiesta
su irregolarità del CNR nel trapanese, Report aveva raccolto delle
tracce che portavano al capo mafia.
Lo Stato del
latitante di Giulio Valesini
La vecchia tonnara
di Capo Granitola, un vigilantes che sorveglia questa struttura
affinché non venga vandalizzata: Report in un servizio del 2017 sul
CNR si era già imbattuta in personaggi che poi si scoprì essere
prestanome di MMD e che oggi si scoprono legati ai suoi covi.
La
vecchia responsabile del CNR, Laura Giuliano, aveva denunciato le
irregolarità dei conti nel CNR, aveva anche raccolto una confidenza
di un medico secondo cui Capo Granitola era la casa di Matteo Messina
Denaro.
Si arrivò ad un audit su queste irregolarità ma a questi controlli non arrivarono tutti i documenti: alla fine la Giuliano fu spinta ad andarsene, abbandonando il CNR.
La procura di Napoli
ascoltò Laura Giuliano: che cosa ne è stato fatto della sua
deposizione?
Giulio Valesini ha raccolto la testimonianza di un
signore che vide Matteo Messina Denaro davanti la sede del CNR di
Capo Granitola.
Tra gli uomini
politici che hanno protetto la latitanza di MMD c’è Antonio D’Alì,
ex sottosegretario all’interno del secondo governo Berlusconi.
Lo
stato del senatore di Walter Molino
I Messina Denaro erano campieri nei vigneti dei D’Alì: presidente della provincia di Trapani, sottosegretario agli interni nel secondo governo Berlusconi dal 2001 al 2006, senatore fino al 2018.
Dopo 5 processi è
stato condannato a sei anni di carcere per mafia: giusto un mese dopo
è stato arrestato il boss.
Teresa Principato vede nel rapporto
tra D’Alì e i Messina Denaro la chiave di tutto: dal ministero
dell’Interno controllava la polizia e conosceva le indagini in
Sicilia.
Non solo: quando lo stato cercava di mettere le mani nei beni dei boss, coi sequestri, poi succedeva che i beni tornassero alla mafia.
L’ex prefetto
Sodano cercò di cambiare questo modo di agire ma fu cacciato come
prefetto su ordine dell’ex ministro Pisanu, su pressioni di
D’Alì.
Al processo contro D’Alì, la famiglia di Sodano non
fu ammessa: oggi i familiari raccontano a Report il rammarico di
essere stati abbandonati dalle istituzioni, avevano scritto tante
lettere di denuncia ma non sono mai stati ascoltati.
Alfonso Tumbarello era iscritto ad una loggia del trapanese ma era anche candidato a sindaco di Campobello, sponsorizzato proprio da D’Alì: il ruolo delle logge nelle protezioni dei mafiosi è stato raccontato dall’ex giudice Scarpinato, che ha ricordato la storia della loggia scontrino, costola della P2. Nel trapanese era presente una base Gladio coinvolta nel traffico dei rifiuti.
In comune a Trapani di cosa si discute oggi? Dell’arresto di Matteo Messina Denaro? No, oggi si parla di un ex bomber del Trapani calcio.
In questo palazzo stanno crescendo giovani politici cresciuti sotto la protezione di D’Alì, come il consigliere Guaiana, che non rinnega l’amicizia dell’ex sottosegretario.
Sottosegretario che non solo si occupò del prefetto Sodano, ma allontanò dal suo incarico il commissario Linares che stava proprio indagando sulle logge nel trapanese.
Trapani era la Svizzera della mafia, raccontava Falcone.
Lo stato del latitante – la trattativa di Paolo Mondani
Per anni lo stato
non si è interessato a Matteo Messina Denaro: eppure quest’ultimo
era considerato come un figlio da Riina, assieme a Giuseppe
Graviano.
Mondani ne ha parlato col procuratore Paci: Messina
Denaro dopo l’arresto di Riina si è adattato alla nuova cosa
nostra, ha iniziato a fare affari dimenticandosi delle bombe, con
grande cruccio di Riina stesso.
A Report Salvatore Baiardo
(amico dei Graviano) aveva raccontato che Graviano pensa ancora di
uscire dal carcere: Giuseppe e Matteo si vedevano spesso, anche in
vacanza.
Per uscire dal carcere Graviano aspettava la fine
dell’ergastolo ostativo e del 41 bis: l’arresto di Messina Denaro
rientra in una partita di scambio, tra cosa nostra e lo stato?
Le dichiarazioni di Baiardo diventano interessanti sotto questo aspetto: nella trattiva stato mafia del 1993 l’ergastolo era proprio al centro della questione.
Ma oggi qual è lo
scopo delle dichiarazioni di Baiardo? Sono una nuova trattativa?
La
trattativa è esistita, lo scrive la stessa sentenza di assoluzione
degli alti ufficiali del Ros, dove si scrive che Provenzano fu
lasciato libero per un interesse dello stato nel combattere l’ala
stragista della mafia.
Secondo il giudice
Di Matteo, le dichiarazioni di Baiardo possono essere la volontà da
parte di cosa nostra di riprendere un dialogo con un pezzo dello
stato. Magari con la fine dell’ergastolo ostativo, che di fatto
favorisce l’omertà dei mafiosi.
Invece Messina Denaro non
consegnerà i suoi documenti segreti, che gli hanno consentito per
anni di ricattare lo stato: la storia della falange armata, il ruolo
delle lettere a Svetonio scritte col sindaco Vaccarino con la
supervisione del Sisde. La storia delle bombe di Firenze e Milano,
che hanno provocato dieci morti tra cui una bambina di pochi giorni.
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