25 gennaio 2023

L’impiccato di Saint-Pholien Georges Simenon

 

Il delitto del commissario Maigret

Nessuno si accorse di quello che succedeva. Nessuno sospettò che nella sala d'aspetto della stazioncina ferroviaria, dove tra l'odore di caffè, birra e limonata solo sei passeggeri aspettavano il treno con aria abbattuta, si stesse svolgendo un dramma.

Erano le cinque del pomeriggio e calava la notte. Le lampade erano state accese ma, attraverso i vetri, si potevano ancora distinguere nel grigiore del marciapiede i funzionari, tedeschi e olandesi, della dogana e delle ferrovie, che battevano i piedi per riscaldarsi.

Perché la stazione di Neuschantz è situata all'estremo nord dell'Olanda, alla frontiera tedesca.

C'è un uomo che sta viaggiando su un treno dal Belgio verso la Germania: è vestito con abiti logori, il visto smunto, l'aspetto "malaticcio", non capisce una parola di tedesco. Nella sala d'aspetto della stazione di confine di Neuschanz c'è un altro uomo che lo osserva, col cappotto del bavero alzato per non farsi notare, che lo seguirà fino alla stazioni di Brema dove scendono entrambi. Il primo, in un angolo, si mette a fumare, il secondo, sempre nascosto, non lo sta perdendo di vista:

Fumava tenendo la sigaretta incollata al labbro inferiore, e bastava questo piccolo particolare a esprimere stanchezza o sdegnosa noncuranza. Ai suoi piedi, una valigetta di fibra, di quelle che si vendono in tutti i grandi magazzini – nuova.

Nella calca della stazione di Brema il secondo uomo ha scambiato la valigia di tela con quella del primo che, non accorgendosi di niente, si mette alla ricerca di un albergo dove sostare.

Qui la scena si ripete: l’uomo che segue ha preso una stanza adiacente quella dell’uomo con la valigia e lo osserva dal buco della serratura. Lo osserva mentre apre la borsa per scoprire che non è la sua, che qualcuno l’ha derubato, forse un ladro.. E la sua reazione è quasi incredibile:

E fu la fine: estrasse di tasca una rivoltella, spalancò la bocca e premette il grilletto.

Inizia così, con un suicidio senza ragioni apparenti, questo romanzo di Georges Simenon col commissario Maigret: è lui l’uomo col cappotto dal bavero alzato che sta seguendo l’uomo “dall’aspetto misero”. Lo aveva visto in un bar a Bruxelles (Maigret era lì per lavoro) mentre contava dei soldi mettendoli in fascette di carta di giornale e, incuriosito dal suo atteggiamento sospetto, lo aveva seguito fin sul treno. Senza una valida ragione, quell’uomo non stava commettendo un reato, forse avrebbe potuto essere un truffatore, ma non era nella sua giurisdizione. Non ci sarebbe nessun motivo per interessarsi di quell’uomo, se non per quella curiosità verso il mistero della vita umana che è una parte fondamentale del carattere del commissario.

Come in altre indagini di Maigret, anche questa partirà dal morto: in tasca aveva dei documento a nome di Louis Jeunet, ma sono sicuramente falsi. Addosso aveva dei vestiti di poco valore, chissà a chi stava spendendo quei soldi che il giorno prima contava nel bar. Cosa conteneva quella valigia di tela tanto da indurlo al suicidio, una volta scoperto di averla smarrita?
Un vestito da uomo, con qualche strappo e che nemmeno corrispondeva alla taglia del morto.
Chi era quell’uomo? Come mai quella scelta drammatica nella stanza di quell’albergo di Brema? E cosa rappresentava per lui quel vestito?
A Parigi, giunto al Quais des Orfevres, Maigret riceve una visita di una donna nel suo ufficio: si tratta di una commerciante in rue Picpus che ha riconosciuto la foto del morto che Maigret ha fatto pubblicare su tutti i giornali. Si tratta del marito della signora, Louis, che aveva abbandonato la famiglia due anni prima a seguito di un litigio con la suocera. Louis sembrava covare dentro un dolore profondo – racconta la moglie al commissario – un dolore che riusciva a placare solo bevendo, fino ad ubriacarsi.

«Non so come spiegarle… Eppure ho sempre sentito che qualcosa non andava! … Ecco, per dirle, era come se Louis non appartenesse al nostro mondo, come se quell’atmosfera a volte lo opprimesse… Era molto tenero…».

Per ricostruire l’enigma di quest’uomo Maigret si mette sulle tracce degli spostamenti di Louis da Parigi dall’albergo di infimo ordine dove viveva, fino a Reims, dove era stato per diversi giorni e poi Liegi. In tutti questi spostamenti Maigret si imbatte sempre in un uomo d’affari che aveva già incontrato nell’obitorio di Brema, il signor Van Damme. Strano personaggio questo Van Damme: si attacca a Maigret, si interessa al morto, gli offre il pranzo e arriva perfino ad offrirgli un passaggio in auto dal Belgio a Parigi.

Attorno alla figura magra e al viso smunto del vagabondo di Neuschanz e di Brema sembravano addensarsi molteplici misteri. Delle ombre si agitavano, come sulla lastra fotografica quando la si immerge nel rivelatore. E bisognava precisarne i contorni, mettere a fuoco i visi, a ciascuno di essi attribuire un nome; bisognava ricostruire personalità, intere esistenze. Per il momento, al centro della lastra c’era solo un cadavere privo di indumenti, una testa che i medici tedeschi avevano rimaneggiato per restituirle il suo aspetto normale e che si stagliava nettamente nella luce cruda.

C’è qualcos’altro che smuove il commissario in questa indagine su un suicidio: Maigret si sente in parte responsabile della morte di Louis, se gli avesse scambiato la valigia, non per dispetto ma per studiarne le reazioni, sicuramente quell’uomo non avrebbe schioccato le dita per poi spararsi in bocca.
Come in tutti i delitti, anche in questo c’è qualcosa di personale: anche la sfida con questi personaggi in cui si imbatte, oltre a Van Damme, ha qualcosa di personale. Sono persone di varia estrazione sociale che Maigret incrocia nei suoi spostamenti, come se sapessero dove lui stava dirigendosi. Cosa vogliono da Maigret? E cosa li legano al morto? E cosa vogliono dire quei disegni macabri con uomini impiccati che Maigret trova a casa di uno di costoro?

«Un primo disegno a penna rappresentava un impiccato che dondolava appeso a una forca sulla quale stava appollaiato un corvo enorme. E l'impiccagione era il leitmotiv di almeno una ventina di opere, a matita, a penna, ad acquaforte.

Il segreto di quelle vite è legato ad una vecchia storia di tanti anni prima, in un brutto Natale in una casa di Liegi, in rue du Pot-au-noir, dove un gruppo di giovani aveva giocato a sentirsi degli Dei.

Andrà fino in fondo, Maigret, arrivando anche a rischiare la propria vita, tutto pur di scoprire quel mistero. Cosa era successo di così drammatico tanti anni prima, cosa rappresentava per il morto quel vestito. E cosa ci faceva a Brema, quel giorno.

Maigret arriverà a risolvere il mistero e nuovamente si troverà a dover indossare i panni del giudice, amministrando la giustizia con le sue leggi.

«Sai che ti dico, vecchio mio? Dieci casi come questo e do le dimissioni… Perché sarebbe la prova che lassù c’è un Dio galantuomo che si incarica di fare il poliziotto…».

Vero, però, che chiamando il cameriere aggiunse:

«Ma non preoccuparti!… Non ci saranno dieci casi come questo…

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