07 maggio 2021

Come delfini tra pescecani di Francois Morlupi



Mi chiamo Biagio Maria Ansaldi e sono il dirigente del Commissariato di polizia di Monteverde, a Roma. La mia squadra investigativa è una bella squadra, davvero. Una gran bella squadra, non mi posso lamentare. Certo, a essere sincero, non rimarrei sorpreso se qualcuno mi facesse notare che negli altri commissariati della capitale ci considerano strani, da Guinness dei primati. Come dargli torto?

Terzo romanzo dello scrittore (e informatico come me!) di origine francese Francois Morlupi, questo “Come delfini in mezzo tra pescecani” è uno di quei gialli che io chiamo anomali, con dentro tanti buoni spunti che lo distinguono dal resto dei romanzi di genere e qualche peccatuccio di gioventù.

Protagonisti sono gli uomini del commissariato di Monteverde a Roma, che devono investigare su un caso di suicidio, uno di quelli che si avrebbe tanta voglia di archiviare subito per togliersi una rogna di mezzo. Ma le cose non andranno proprio così..

A guidare questa squadra (e la scelta di questo vocabolo non sarà casuale) è il commissario Ansaldi: tanti anni di esperienza alle spalle, una vita dedicata al lavoro e alla cura della sua ansia, quella malattia che ti assale e che impedisce di goderti la vita con tutti i suoi imprevisti, gli alti e i bassi.

Una vita da single, giusto un cane come compagnia, qualcuno ha detto che è un'ottima cura per imparare a dedicarsi a qualcuno e sarà forse vero.

In casa un intero armamentario di medicinali con cui curarsi da quella febbre imminente, quei 36 e 8 che indicano chiaramente un febbrone imminente..

.. Ansioso all’inverosimile, mi rifugio nell’arte per sfuggire alle mie paturnie quotidiane e a un’ipocondria feroce che attanaglia il mio girovita generoso.

Ma anche gli agenti del commissariato sono molto singolari: cominciando dalla vice-ispettrice Eugenie Loy, come il commissario una vita da solitaria, nessun amicizia, nessuna relazione (e una brutta ferita rimasta dentro). Un carattere che definire chiuso è riduttivo ma anche un intuito da vero sbirro e una forte determinazione a seguire la sua pista che la porta anche a disobbedire a qualche ordine.

Ci sono poi i due ringo boys, gli agenti scelti Di Chiara e Leoncini: uno di colore, bello e statuario con una passione per la seconda guerra mondiale, le battaglie, i personaggi, le curiosità. Con una certa perversione per il nazismo..

Di Chiara invece è il classico ragazzo che si crede, in buona fede, bello, attraente, simpatico, la punta della squadra di calcetto. Fino a quando qualcuno non ti fa notare il contrario, a Roma si dice “un bambacione”. Amano così tanto stuzzicarsi i due ringo boys, che per questo devono lavorare sempre assieme.

Infine Alerami, la nuova arrivata: giovane e bella (Di Chiara la considera la sua futura moglie ma lei ancora non lo sa) e anche molto ambiziosa, una di quelle che vuole fare carriera in polizia, ma usando le sue capacità.

Il suicidio del signor Gordi sarebbe uno di quei casi che, in mano a poliziotti poco attenti, finirebbe dritto dentro un fascicolo da archiviare.

Ma è proprio la vice-ispettrice Loy ad accorgersi che c'è qualcosa che non va: sembra tutto troppo perfetto, in quella stanza. C'è poi la vicina di casa, l'unica nel condominio che aveva un buon rapporto con lui, che da l'impressione di non aver voluto raccontare tutto. Certo, Gordi era una persona poco amata dagli altri condomini, ma chi avrebbe potuto avercela con lui?

A qualche giorno di distanza, in un altro commissariato, viene segnalato un nuovo suicidio. Non a Monte Verde, ma nel quartiere di San Basilio e ad occuparsene è un commissario che, con la sua aria e la sua pipa, assomiglia ad un Maigret trascinato nella città del cupolone.

Il morto è un ex giocatore che, anni prima, era una giovane promessa nelle giovanili della Roma: una carriera poi finita male, perché invischiato in una storia di calcio scommesse.

Ma è un nome che fa notizia, tanto da attirare sulla “scena del crimine” niente meno che il signor ministro degli interni: uno di quelli che al Parlamento preferisce le dirette facebook, l'ossessione della sicurezza, specie nei casi a rilevanza mediatica come questo (forse vi ricorda qualche ex ministro?). Il nostro Amaldi, che non segue i social, ha un pessimo rapporto persino con la stampante di casa, non trova di meglio che starnutirgli in faccia, di fronte al codazzo di giornalisti che seguono il ministro della sicurezza...

Il Questore lo copre, di fronte a questa figuraccia, ma gli concede i consueti 2 giorni di tempo, per seguire la sua pista, capire se veramente il primo suicidio è in realtà un omicidio e se esiste qualche relazione col suicidio della meteora del calcio.

Certo, in una città come Roma, succede che la gente muoia, ma due persone a pochi giorni di distanza potrebbe non essere un caso. Specie se tra le due persone esiste una qualche relazione.

E gli uomini del commissariato di Monte Verde vengono sguinzagliati in giro per la città per trovarla questa relazione, questo filo comune che li lega.

Filo che viene fuori, alla fine e che porta ad una squadretta di calcio, il Tor di Quinto, di cui il signor Gordi era presidente negli anni in cui Bombardini, l'ex calciatore, aveva giocato da adolescente prima del salto nella grande squadra.

Il mondo del calcio è come quell'oceano in cui nuotano i pescecani che danno il titolo al libro: i pescecani sono i procuratori che seguono le giovani promesse sperando di trovare quel talento da poi rivendere a prezzo maggiorato alle squadre dei professionisti.

Presidenti che considerano i giocatori della loro squadra non come sportivi, ma come animali da allevamento, da crescere e poi sfruttare, per vendere il loro cartellino al maggior prezzo possibile.

Genitori che inculcano nei loro figli l'ossessione del vincere, del primeggiare a tutti i costi (perché nessuno si ricorda di chi arriva secondo). E giovani ragazzi che crescono credendo che non è vero che l'importante è partecipare. Ma vincere.

In questo mondo è cresciuto quel ragazzo, di cui scopriremo l'identità solo alla fine e di cui leggiamo i capitoli del suo diario che aveva scritto tanti anni prima, aspettando il gran giorno dell'Evento.

Il giorno in cui con la sua squadra avrebbe giocato la partita della sua vita, di fronte ai procuratori e agli osservatori delle squadre importanti.

Ansaldi e i suoi uomini, prendono questa indagine sul serio, nonostante abbiano in mano solo pochi indizi e molte sensazioni: comprendono che per risolvere questo giallo e rispondere ai tanti perché devono tornare indietro nel tempo, scavare nel passato dei due morti negli anni in cui le loro strade si sono incrociate su quel campetto a Tor di Quinto.

Ma non è scritto da nessuna parte che nella battaglia tra delfini, come lo sono i nostri protagonisti, con le loro idiosincrasie e i loro aspetti positivi, debbano soccombere di fronte ai pescecani.

Perché a volte, incredibile ma vero, i delfini possono uscire vittoriosi: anche da uno scontro con i pescecani.

E in questa storia finirà proprio così, una volta tanto i pescecani rimarranno a bocca asciutta.

Quello che ho apprezzato molto in questo romanzo, oltre all'originalità dei protagonisti del romanzo, è il racconto della città in cui vivono.

La colpa del catastrofico degrado della città più bella del mondo era anche dei cittadini che non rispettavano le norme sanitarie, civili e sociali, basilari per una civile convivenza.

Roma, la città del traffico caotico, dell'incuria nel verde, dei lavori in corso e dei cantieri aperti per anni, dei quartieri uno diverso dall'altro, come tante città attaccate l'una all'altra. Ma è la Roma delle meraviglie, dei monumenti che all'improvviso ti si parano davanti, una città in cui si sopravvive ai tanti problemi con l'arma del sarcasmo.

Giusto una piccola osservazione: qualche volta l'autore si è lasciato prendere la mano, nel raccontare alcuni aspetti intimi e personali dei personaggi, passaggi che appesantiscono la lettura.

La scheda del libro sul sito di Salani

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