Oggi, 9 maggio, è la giornata in cui si ricordano le vittime del terrorismo, nello stesso giorno dove 43 anni fa in via Caetani le brigate rosse facevano trovare il cadavere del presidente della DC Aldo Moro, con quella lugubre telefonata.
Quest'anno la ricorrenza segue, di poche settimane, la decisione del governo francese di arrestare 9 ex esponenti dei movimenti dell'estrema sinistra e terroristi condannati per fatti di sangue avvenuti negli anni settanta/ottanta.
Finalmente lo Stato italiano acquista credibilità, mettiamo fine a quella stagione di lutti sono stati alcuni commenti: mi chiedo quale credibilità possa questo stato riacquistare quando, anche sulla vicenda Moro (il rapimento, la prigionia, la sua morte, il memoriale ritrovato in due fasi e forse monco) rimangono molti misteri. Di fatto lo stato italiano e l'opinione pubblica hanno accettato, quasi acriticamente, la versione fornita dalle BR che oggi, sono quasi tutte uscite dal carcere.
E' lo stesso stato, le stesse istituzioni, che ancora oggi deve interrogarsi sulle stragi di mafia degli anni 1992-1993: chi ha seguito l'interessante puntata di Atlantide di Andrea Purgatori andata in onda giovedì 6 maggio, ha sentito parlare di quella zona grigia tra stato e mafia di cui facevano parte esponenti delle forze dell'ordine e agenti dei servizi che avrebbe condizionato le scelte della mafia e di Totò Riina.
Oppure anche qui, come per Moro, dobbiamo accettare la teoria secondi cui Riina e la cupola fecero tutto da soli? Mattarella, Reina, Dalla Chiesa, Pio La Torre, Terranova, Beppe Montana Ninnì Cassarà, Falcone, Borsellino, Rocco Chinnici .. per non parlare delle mattanza contro le famiglie palermitane.
La credibilità dello stato non è una patente che ci auto-assegna. Nel corso della puntata di Atlantide si è ripetuta una teoria, da vagliare certo, secondo cui cosa nostra (o una sua parte) fece da braccio armato per un pezzo dello stato deviato, per compiere quei delitti eccellenti contro esponenti della politica, della magistratura, del giornalismo, dentro la società, che davano fastidio per il loro lavoro.
Analoga teoria esiste per la banda della Magliana, una holding criminale l'aveva chiamata il giudice Sica a servizio dell'antistato.
Come a servizio dell'antistato è stato il terrorismo nero, la galassia neofascista, sin dai tempi della strage di Milano del dicembre 1969 e, prima ancora, per la strage di Portella della Ginestra.
Costringere lo stato a fare i conti con la sua coscienza sporca è l'unica strada per rendere veramente credibili queste istituzioni: altro che loggia Ungheria, che è veramente presunta visto che c'è solo la parola dell'avvocato Amara (tutta da verificare).
Questo paese ha sempre, sin dalle origini, avuto una doppia coscienza, una doppia faccia: prima la guerra fredda, il bloccare ogni tentativo di cambiamento politico anche con la forza. Poi col crollo del muro, la necessità di un nuovo patto tra queste forze criminali e quel pezzo dello stato che era conoscenza dei ricatti, della verità su tante pagine nere della nostra storia.
I tentativi di golpe, la loggia P2 (quella sì, reale e pericolosa), la trattativa stato mafia, la mafia che cambia volto ed entra nell'economia, nella politica.
Tanti anni fa una giovane ragazzo di Cinisi denunciava dalla sua radio le malefatte del municipio del suo paese: appalti dati ad amici degli amici, opere pubbliche realizzate solo per mangiarci sopra. E sopra a tutto, il potere di Tano Seduto, il boss Badalamenti, che nemmeno si poteva pronunciare, tanto faceva paura.
Quel ragazzo, Peppino Impastato, fu ucciso dalla mafia e le sue indagini furono condizionate da depistaggi, cui contribuirono anche i carabinieri dell'allora maggiore Subranni (in nome che riemergerà poi con la trattativa).
Depistaggi come quelli della strage di Piazza Fontana, della bomba di Bologna, del delitto Borsellino.
O verità di comodo, come quella per cui, dopo 55 giorni, le Brigate Rosse di Mario Moretti, il 9 maggio 1978 attraversarono Roma, con tutti i posti di blocco, su una Renault R4 rossa con un cadavere nel bagagliaio.
Come scriveva Sciascia, dopo la denuncia per vilipendio contro il regista Rosi per il film Cadaveri eccellenti, “Le istituzioni non vanno vilipese. Ma a patto che ci siano”
Non è insomma il caso di fare un discorso sulle libertà, di fronte alle denunce per vilipendio delle istituzioni che colpiscono il film di Rosi. Si può anche, per principio, ammettere che le istituzioni non vanno vilipese: ma a patto che le istituzioni ci siano. Che ci siano, cioè, come organismi stabiliti, certi, uniformemente regolati, e per tutti. Ma le istituzioni d'Italia ormai non sono che involucri vuoti, involucri da pesce d'aprile, da cui altro non può uscire che la paura di essere vilipese. E il vilipendio dunque appunto consiste nel dire la verità sulle istituzioni.
Il film di Rosi di verità sulle istituzioni ne dice molte. Direi che è un mosaico di verità tratte dalla cronaca di questi ultimi anni. Di verità su quel groviglio di non verità che è diventata l'Italia. C'è una sola verità che le istituzioni abbiano detto in questi anni? Da quando, nel cortile della casa di Castelvetrano, è stato rinvenuto il cadavere del bandito Salvatore Giuliano, le istituzioni si sono votate alla menzogna. La verità, quegli italiani che ne sentivano il bisogno, se la sono faticosamente cercata, un tassello dopo l'altro, e sempre con qualche tassello che mancava e che manca.
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