Il dattiloscritto di Moro, fotocopiato |
Materiale recuperato nel covo |
Il 1 ottobre 1978, con l'operazione
Jumbo, i carabinieri di Dalla Chiesa entrano nel covo delle Br di via
Monte Nevoso, a Milano Lambrate.
Dentro, trovano un vero archivio delle
Brigate Rosse: le lettere di Moro, parte del memoriale.
Memoriale,
dattiloscritto, che poi si rivelerà incompleto.
Una seconda parte, più sostanziosa (ma
altrettanto incompleta) verrà ritrovata per caso nel 1990. Quando
poi anche il paese potrà conoscere il segreto di Gladio. Un caso. O
forse no.
Le carte di Moro, il suo memoriale,
i segreti che avrebbe confessato ai suoi carcerieri sono un altro dei
misteri, di cui parlano Stefania Limiti e Sandro Provvisionato nel
loro libro “Complici”).
A queste carte, a questi segreti (che sarebbero stati dirompenti negli anni 70), diedero la caccia Dalla Chiesa, Pecorelli. Anche altre forze dello stato.
A queste carte, a questi segreti (che sarebbero stati dirompenti negli anni 70), diedero la caccia Dalla Chiesa, Pecorelli. Anche altre forze dello stato.
Di chi è la manina o la manona che ha
tolto le carte dall'archivio delle Br?
Come mai i carabinieri si sono persi il
secondo archivio, nascosto dietro un tramezzo e poi ritrovato nel
1990 casualmente?
“Con il mio partito ho chiuso. Troppe corruzioni, troppe viltà, troppe stupidità. Quando sarò libero, se mai lo sarò, mi dimetterò dalla Dc e mi iscriverò al gruppo misto della Camera. Da quella posizione d'indipendenza potrò seguire la mia battaglia politica, alla luce di quanto ho appreso in questi giorni”.
È questa la conclusione «operativa» che Moro annuncia dopo aver passato in rassegna gli anni di potere democristiano senza apparentemente aver consegnato alle Br nessuna bomba H per far saltare in aria la DC. Il resto dei suoi appunti rinvenuti non in forma autografa, ma dattiloscritta , e che Nadia Mantovani stava maneggiando quando arrivarono i carabinieri in via Monte Nevoso, non avevano un contenuto destabilizzante del quadro politico. Ma certamente c'era altro.
Quel primo «bottino» di via Monte Nevoso aveva soltanto aperto la caccia alle «confessioni» spinose e imbarazzanti per la DC che Moro aveva fatto alle Br. Da subito sembrò molto più interessante quello che mancava.Nei giorni immediatamente successivi alla scoperta del covo in via Monte Nevoso, il giornalista Mario Scialoja, avvalendosi di fonti ben informate legate all'area brigatista, scrive che a a lui risulta che le Brigate rosse stessero discutendo sul dopo Moro e che fossero in preda a un dilemma:
Pubblicare così come è la risoluzione che era già pronta (97 pagine dattiloscritte con alcune cancellature)? O integrarla con una nuova analisi introduttiva che tenga conto delle operazioni di Dalla Chiesa ? Oppure far uscire tutti i verbali degli interrogatori di Moro (anche quelli che non avevano inserito nel dossier), vale a dire duemila pagine dattiloscritte circa, il tutto stampato in un ennesima tipografia clandestina ?
Non sfuggano al lettore due particolari: il numero elevato delle pagine dattiloscritte, ben duemila, una cifra ripetuta nello stesso numero del settimanale, in un articolo più breve nel quale l'autore, Renzo Di Rienzo, scrive che esistevano «duemila cartelle dattiloscritte di trascrizioni di nastri».Un numero forse esagerato, ma indicativo del fatto che i documenti scritti da Moro contassero ben più delle 49 pagine ufficiali. E, secondo particolare, la sopravvivenza del «malloppo» anche dopo la covert operation di via Monte Nevoso.[.. ] Anche secondo il generale Dalla Chiesa il dattiloscritto dei brani del memoriale rivenuto in via Monte Nevoso costituiva una «seconda battitura», e cioè una copia di un originale dattiloscritto, tanto che la Commissione stragi definirà certa l'esistenza di originali sia del manoscritto (di cui si è rinvenuta nel 1990 la fotocopia) sia del dattiloscritto (prima battitura) entrambi mai rinvenuti.
Quel 1 ottobre 1978 tutti già sapevano che mancavano tante, troppe carte e che si sarebbe subito aperta la caccia.
Altri capitolo: Il mistero dei colpi di via Fani
La scheda del libro sul sito di Chiarelettere.
1 commento:
Caro Nessuno,perchè di Nessuno sei...
E'presagio che sequestrare un Presidente del Consiglio, perchè questo è stato il Presidente della Democrazia Cristiana, On. Aldo Moro, nel 1976, le Brigate rosse tendevano a processare l'azione politica di un partito, che dalla nascita della Repubblica ha governato il nostro Paese.
E come arma tendenzialmente ottenere interessi di parte ( scambio di terroristi detenuti), o sbaragliare un nemico politico che stava andando a porre concrete risoluzioni riformiste in seno allo stato sociale ed economico ( Compromesso storico), tanto decantate dai Comunicati delle Br con conseguente versamento di sangue di vittime innocenti.
Perchè sarà importante approfondire il dialogo che Aldo Moro ebbe con il suo carceriere, Mario Moretti, Capo della Colonna romana delle Br, che attraverso i manoscritti dello Statista ( letti tra le righe) e i dattiloscritti - a parte le lettere - dei brigatisti si possa avere un più dettagliato profilo storico e politico sui fatti, mi sembra doveroso, invece, porre in evidenza il chiaro scuro della morte del Presidente Dc, sul perchè divenne particolarmente scomodo tanto da dover eseguire la sentenza definitiva, dopo che rimase per 55 giorni compartecipe delle Br senza mai venir meno al proprio status politico di membro della Dc?.
Grazie!...
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