Le province sono enti definiti dalla
nostra Costituzione, che (una volta) si occupa(va)no di strade, scuole,
sicurezza, protezione civile.
Enti inutili: per anni si è discusso
della loro abolizione, dopo aver messo in conto i costi e i benefici
del loro mantenimento. Risparmieremo 20 miliardi, forse cinque.
Dopo anni in cui, per motivi
campanilistici, avevamo assistito ad un proliferare di nuove
province. Ogni provincia significa tot poltrone su cui piazzare
politici eletti e trombati, amici e parentela varia.
I famosi deputati dal doppio incarico,
di cui già si era occupata Report.
E così, sull'onda dell'indignazione,
mentre gli scandali (ma solo per noi cittadini) delle rimborsopolidei consiglieri regionali riempivano le pagine dei giornali, il
governo delle decisioni importanti ha deciso di dare finalmente una
sforbiciata.
Via le province e via il dolore.
Avranno pensato a come trasferire il
personale, a come trasferire le competenze, i debiti e i costi,
penserete. Forse.
Le province, prima di tutto, sono
rimaste, trasformate in enti non elettivi. Sulle competenze c'è una
grande confusione. Il personale è sul piede di guerra per il rischio
esuberi.
Dire che ora, tutto questo snellimento,
porti a benefici per i cittadini è da dimostrare.
Fabrizio Gatti, in un'inchiesta su
l'Espresso, raccontava del mondo dei dipendenti delle province:
l'inchiesta di Bernardo Iovene per Report, parte da lì.
Dai dirigenti pubblici che raggiungono
sempre gli obiettivi e si prendono gli 800ml di bonus per i risultati
(come alla protezione civile in Liguria, per esempio, poco prima dell'alluvione su Genova dell'anno
passato).
Dalle funzioni degli enti che hanno
preso il posto delle vecchie province: cosa c'è ora?Ci sono i 20000 dipendenti da ricollocare. I buchi di bilancio. Il rimpalleggio sulle deleghe con le regioni, specie quelle che portano solo rogne e non permettono poltronifici vari (come la protezione civile e i servizi sociali).
Iovene è andato anche a chiedere un commento all'attuale ministro Delrio (qui su Reportime), padre della riforma, mostrandogli una sua intervista, critica nei confronti del governo Berlusconi e del suo federalismo. Che toglieva fondi alle amministrazioni locali.
«I soldi dal territorio vanno allo
Stato centrale, e questo è il contrario del federalismo»
dichiarava Delrio nel 2011, quando era presidente dell’Anci e
sindaco di Reggio Emilia.
Oggi Delrio sta dall'altra parte della
barricata e, con la sua riforma (e con l'azione del suo governo),
continua a togliere fondi a comuni e regioni (e prosciugando le
province). Prima e dopo.
Milano città metropolitana, 47%
delle sue tasse finiscono a Roma. E' il contrario del federalismo ..
- Iovene a Delrio.Allora, i soldi per strade, scuole, ci sono o no? Le nuove province hanno le risorse per svolgere le loro funzioni?
Dice Delrio nell'intervista che ora le province lo faranno meglio. Gli amministratori di Pesaro e Urbino, di fronte alle strade franate, dicono il contrario.
E i dirigenti delle scuole di Pesaro
raccontano che si va avanti coi contributi volontari delle famiglie.
Chi ha fatto i conti? La Sose, la
società del MEF, che spiega che la situazione è in equilibrio,
alcune province avanzano soldi che potrebbero dare soldi ad altre.
"Ma voi siete andati nelle province, sul
campo, a vedere i bilanci?" - chiede Iovene.
"Stiamo andando adesso" - ha risposto
Giampietro Brunello, AD di Sose.
Infine la promessa, non mantenuta,
dell'accorpamento di Aci e Motorizzazione Civile.
La scheda del servizio: La
sforbiciata Bernardo Iovene
Nella pubblica amministrazione ci sono 48.000 dirigenti che incassano 800 milioni l’anno solo di premio di risultato. L’abolizione dei consigli provinciali invece ha fatto risparmiare allo stato soltanto 110 milioni di euro. Oggi la maggior parte delle province sono in situazione di predissesto finanziario e non riescono a garantire i servizi essenziali per la gestione delle strade, delle scuole e dell’ambiente, ma il ministro Delrio ai nostri microfoni afferma che le risorse basteranno. Con l’abolizione dei consigli provinciali sono i sindaci dei comuni che, senza alcun compenso, devono gestire le nuove province. La legge ha previsto anche il riordino delle funzioni, ma le regioni che dovevano riprendersi turismo, cultura, sport, sviluppo economico, formazione, centri per l’impiego, servizi sociali e protezione civile, hanno deciso di lasciarli alle province. Qualcuno non ha fatto bene i conti. Ci sono 20 mila dipendenti da ricollocare nella PA, ma non si sa quando e dove. Si è fatto in fretta a complicare la vita dei cittadini con nuove regole, quando ce ne sarebbe una che la semplifica e invece non si riesce a fare: parliamo dell’accorpamento annunciato, e mai realizzato, dei registri automobilistici dell’Aci e della motorizzazione civile.
Il paradiso fiscale delle aziende
romane: Paradisi
romani Giulio Valesini
Dove si parla di una pratica che aveva
anche un fine di bene ma di cui poi si è fatto abuso. Quella delle
società romane con sede in indirizzi virtuali, che sfuggono ai
controlli fiscali.
Per anni oltre 2500 imprese nella Capitale avevano stabilito la propria sede legale in indirizzi virtuali, istituiti nel 2002 dal Comune di Roma solamente per consentire a persone senza fissa dimora di avere documenti d’identità e assistenza sanitaria. Qui sono finite invece anche aziende attive nel settore del commercio, delle attività produttive e migliaia di amministratori di società, che di fatto si sono resi irreperibili, sfuggendo ad ogni controllo. Persino la mensa della comunità di Sant'Egidio risulta sede di molte aziende. Il bubbone è esploso un anno fa.
L'anteprima
su Reportime
100milioni di euro difficilmente recuperabili e che potrebbero essere molti di più. 43mila cartelle esattoriali di Equitalia che non hanno ricevuto risposta. A tanto ammontano le multe e le ingiunzioni di pagamento, finora accertate, che dal 2008 Equitalia ha inviato ad alcuni degli indirizzi fittizi creati nel 2002 dal Comune di Roma per consentire a persone senza fissa dimora di avere documenti d’identità e assistenza sanitaria.Indirizzi fittizi che però negli anni sono diventati anche la sede di 2500 imprese che di fatto si sono rese irreperibili e sono sfuggite ad ogni controllo. Si tratta nella maggior parte dei casi di società personali, ma non mancano srl e cooperative, con migliaia di amministratori di società che si sono serviti di questo escamotage. E così ad esempio l’indirizzo della mensa di Sant’Egidio è diventata la sede di oltre un migliaio di imprese. Così come Via Modesta Valenti, una via che non esiste e che vale solo per l’iscrizione anagrafica, ospita aziende e amministratori di società.Esplora il significato del termine: 100milioni di euro difficilmente recuperabili e che potrebbero essere molti di più. 43mila cartelle esattoriali di Equitalia che non hanno ricevuto risposta. A tanto ammontano le multe e le ingiunzioni di pagamento, finora accertate, che dal 2008 Equitalia ha inviato ad alcuni degli indirizzi fittizi creati nel 2002 dal Comune di Roma per consentire a persone senza fissa dimora di avere documenti d’identità e assistenza sanitaria.Indirizzi fittizi che però negli anni sono diventati anche la sede di 2500 imprese che di fatto si sono rese irreperibili e sono sfuggite ad ogni controllo. Si tratta nella maggior parte dei casi di società personali, ma non mancano srl e cooperative, con migliaia di amministratori di società che si sono serviti di questo escamotage. E così ad esempio l’indirizzo della mensa di Sant’Egidio è diventata la sede di oltre un migliaio di imprese. Così come Via Modesta Valenti, una via che non esiste e che vale solo per l’iscrizione anagrafica, ospita aziende e amministratori di società.Anche se le imprese hanno l’obbligo di registrarsi presso il registro delle Camera di Commercio, per anni nessuno si è accorto di nulla. Solo nel 2014, dopo dei controlli incrociati, il Comune di Roma si è reso conto dell’anomalia.Report ha controllato gli elenchi degli amministratori residenti in questi indirizzi e non sono mancate le sorprese: oltre ad aver trovato che alcuni di loro nascondevano attività molto redditizie, è emerso che alcune attività economiche erano vicine a personaggi coinvolti nell’inchiesta di “Mafia capitale”.
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