SABATO
L’uomo scendeva il sentiero, in quel punto molto scosceso, aiutandosi con un bastone.
Poteva avere trent’anni, era piccolo, robusto e si muoveva con passo da montanaro.
Il terreno era asciutto, compatto, perché non pioveva da più di due giorni, e quindi non c'era il rischio di scivolare. Portava scarponcini da montagna, una giacca di tipo militare sopra una camicia di lana a scacchi, calzoni con gli sbuffi e grosse calze di lana grezza.
Milano – 1949
In
un settembre ancora piacevolmente caldo, il commissario Maugeri si
trova coinvolto in due casi che, almeno all'apparenza, non sembrano
troppo complessi.
Il primo riguarda una banda di criminali che improvvisano, nella periferia milanese, bische clandestine dove estrarre numeri del Lotto: nonostante i tanti appostamenti, l'ispettore Valenti, suo braccio destro, non è ancora riuscito a mettergli le mani addosso. In uno di questi appostamenti, sotto un cavalcavia del quartiere Corvetto, mentre i poliziotti circondano avventori e criminali, qualcuno spara un colpo che colpisce uno degli agenti della squadra di Maugeri.
Possibile che queste
persone, che sì violano la legge, ma non sono degli assassini, si
siano messi a sparare addosso a degli agenti, rischiando anni di
carcere se non l'ergastolo?
C'è poi un altro caso, che sarà al centro dell'indagine per tutto il racconto: un importante industriale milanese, Silvano Bergonzi, è scomparso improvvisamente una domenica pomeriggio, dopo che si era allontanato dall'azienda.
Quest'azienda meccanica era nata alla fine della seconda guerra mondiale ed era stata tirata su direttamente dallo scomparso che aveva usato suoi capitali come investimento iniziale.
Assieme ai suoi collaboratori, Maugeri riesce a ricostruire i suoi ultimi movimenti: il passaggio in una delle banche dove avevano i conti, il prelievo di una ingente quantità di denaro finito dentro una borsa, la macchina che viene trovata abbandonata in una traversa vicino alla Stazione Centrale.
Tutto farebbe
pensare ad una fuga improvvisa del Bergonzi: ma perché? Qualcuno lo
aveva minacciato?
A denunciare la scomparsa è proprio la
signora Bergonzi che si presenta al suo ufficio: nonostante sia un
caso non proprio di sua competenza, Maugeri decide di dare una mano
al responsabile dell’ufficio persone scomparse
.. ho una strana sensazione, come se dietro a questa sparizione ci fosse qualcos’altro. – Sorrise. – E poi, in un periodo di fiacca, ci possiamo permettere di dare una mano a Bentivoglio.
Maugeri ha ragione a
fidarsi della sua sensazione (anche se il suo istinto di poliziotto
non lo aiuterà sempre nel corso di questa indagine): prima di
scappare, l'industriale aveva fatto delle telefonate, una a Bergamo,
una Napoli ad un numero disattivato e infine una a Legnano ad una
compagnia di assicurazioni. Chi stava cercando di contattare?
L’auto
aziendale che aveva usato quella domenica è stata vista dai
carabinieri di Zogno salire verso la Val Brembana.
Cosa c’è? – chiese il commissario. – Ieri mattina a Valtorta hanno trovato un uomo assassinato. Maugeri aveva avuto un sobbalzo. – Un omicidio?Non sarà l’unico morto di questa misteriosa sparizione e di questo mistero la cui spiegazione risale, come in altre indagini del commissario Maugeri, agli anni della seconda guerra mondiale. Bergonzi aveva fatto il militare come tanti, come Maugeri stesso, sin dal 1941: era stato aggregato alla seconda armata, di stanza in Jugoslavia. I documenti dal Distretto Militare non dicono molto, ma fanno capire come dopo l’8 settembre Bergonzi avesse fatto la scelta di aderire alla repubblica di Salò, combattendo a fianco degli Ustascia Croati di Ante Pavelic contro i partigiani di Tito che lottavano per la liberazione del loro paese.
C’è un filo nero che lega assieme Bergonzi con altri militari del suo plotone: uno dei superstiti, ricoverato in una “struttura sanitaria protetta” a Mombello in Brianza, racconta di una “compagnia della morte”, formata mettendo assieme soldati italiani, che veniva impiagata in azioni contro i partigiani e che si era resa responsabile di crimini di guerra tali da aver impressionato persino i tedeschi.
Maugeri si trova dentro una storia più grande di lui: c’è qualcuno che sta cercando oggi, a cinque anni dalla fine della guerra, di portare avanti una sua vendetta contro quei crimini, contro quei militari in divisa che hanno torturato, ucciso, rubato, e non hanno pagato per le loro colpe.
Ma
chi era questo Bergonzi? E di cosa si era resa responsabile questa
famigerata “compagnia della morte”?
Maugeri,
e i suoi collaboratori si trovano quasi ad essere spettatori di una
partita che si gioca sopra le loro teste, come se la legge e i
principi che dovrebbero governare il suo operato fossero inefficaci
a dare giustizia contro dei crimini avvenuti in tempo di guerra.
Crimini che le democrazie occidentali, per il subentrare della guerra fredda, avevano fretta di dimenticare.
Se
i personaggi de La compagnia della morte sono inventati, la Storia
che emerge mano a mano che l’indagine va avanti è reale. I soldati
italiani della Seconda Armata in Jugoslavia, al comando del generale
Roatta si resero responsabili di crimini di guerra contro la
popolazione civile, come anche della spoliazione dei beni anche delle
famiglie ebree.
Nessuno dei nostri soldati fu consegnato alla
giustizia della Jugoslavia, alla fine della seconda guerra mondiale:
la cortina di ferro aveva già separato in due l’Europa e messo i
due paesi, il nostro e la federazione Jugoslava, da due parti diverse
dei blocchi in cui era diviso il mondo.
Se volete approfondire il tema, l'autore stesso consiglia la lettura di questo libro "La via dei conventi: Ante Pavelić e il terrorismo ustascia dal Fascismo alla Guerra Fredda", di Pino Adriano e Giorgio Cingolani (Mursia)
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