19 agosto 2022

È l'umido che ammazza: Un nuovo caso per l'oste Emilio Zucchini, di Filippo Venturi

 


Sabato 14 novembre 2020

Come ogni sabato i Milordini stanno pranzando insieme. Sono degli inguaribili abitudinari: non amano le sorprese, tantomeno le novità. E infatti non è che li esalti più di tanto l’idea di ritrovarsi in una trattoria in cui non sono mai stati. Ma devono fare di necessità virtù, visto che da Delfo li hanno rimpallati. Proprio così. Di tutte le cose strambe che stanno capitando in questi mesi – privazioni della libertà, distanziamenti, mascherine obbligatorie – questa è di sicuro la più incredibile

Dopo il Tortellino muore nel brodo e Gli spaghetti alla bolognese non esistono, torna a trovarci il ristoratore detective Emilio Zucchini, padrone della Vecchia Bologna, un ristorante dove si rispettano le tradizioni senza dover assecondare necessariamente le richieste del commensale a tavola. Per esempio, non sognatevi di sedervi al tavolo a chiedere tortellini al ragù o, addirittura, una porzione di Bologna (si chiama mortadella).

Emilio Zucchini nasce dalla mente di Filippo Venturi che ristoratore lo è davvero a Bologna: come tutti noi ha vissuto i mesi del lockdown durante le prime fasi della pandemia, le regioni contrassegnate a colori, coi regolamenti per i bar e i ristoranti che venivano annunciati all’ultimo momento, con la difficoltà nel doversi riadattare a questa nuova e imprevista situazione in cui la socialità delle persone veniva vietata, perché veicolo di infezione.
È stata dura per tanti, questa pandemia non ancora finita purtroppo: lo è stata anche per i gestori di questi locali, parzialmente aiutati dallo Stato dai ristori.
Il dover gestire il distanziamento, la richiesta della prenotazione, l’impossibilità di “aggiungere un posto a tavola” come dice la canzone, perché il virus ama l’affollamento specie al chiuso. Doversi riadattare alla distribuzione del cibo per asporto

Zucca di una cosa è fermamente convinto: se il futuro della sua professione significherà cuocere delle tagliatelle per metterle in una vaschetta di alluminio da consegnare a un rider, lui cambierà mestiere.

Ma torniamo al nostro ristoratore detective per caso: come tutti gli investigatori che si rispettino, anche lui dispone di un sesto senso, quando le sue ricette non gli vengono bene, è l’avvisaglia che sta per succedere qualcosa di brutto.

In quel novembre del 2020 freddo e umico (e si sa che “è l’umido che ammazza”) non è bastato trovarsi dentro questa nuova “apocalisse”, coi portici e le strade vuote, non è bastato nemmeno scoprire che il paese di sessanta milioni di commissari tecnici si è trasformato nel paese da milioni di virologi. Una nuova grana sta per cadere addosso a Zucca:

Sta andando tutto storto. Sono due giorni che in trattoria non ne azzecca una, e la cosa – ahilui – ha un unico, ineluttabile significato: guai imminenti. La sua cucina nasconde misteri indecifrabili, quasi esoterici, questo Emilio Zucchini lo sa da tempo.

La sua cameriera, Alice, è scomparsa da due giorni senza mandargli nemmeno un messaggio.

Non è solo la mancanza di una sua collaboratrice: Alice, Ali, è stata per lui qualcosa di più, durante la prima ondata della pandemia lei è venuta a stare da lui, entrambi avevano bisogno di qualcuno con cui condividere quel momento. Non c’è stato niente, in quell’appartamento, ma chissà forse, se Emilio si fosse deciso a fare il primo passo..

Mentre Zucca, Emilio Zucchini, si mette sulle tracce di Alice, nella placida Bologna, ancor di più con questa seconda ondata della pandemia, un assassino solitario sta mettendo in atto la sua vendetta che, per rimanere in ambito culinario, è un piatto che va servito freddo. I suoi obiettivi sono i membri di una compagnia maschile di professionisti appartenenti alla Bologna bene, meglio noti come “i milordini”: il figlio di un proprietario di palazzi, un notaio, un commercialista, l’immancabile pusher per dei festini privati e poi il braccio destro del futuro sindaco della città, Leonardo Marescalchi.

«Entra, ti preparo un caffè» dice, aprendole la porta. Ma subito capisce che qualcosa non va. È una frazione di secondo, quella che intercorre tra quando vede la canna del taser spuntare dalla giacca ..

Il primo della lista, il notaio, eterno scapolo d’oro, viene trovato morto nel suo studio, un sabato mattina, con la testa sfondata e con un altro particolare “piccante” che colpisce gli investigatori che arrivano sulla scena del crimine.

Si tratta della squadra del commissario Iodice, un investigatore vecchio stampo, pieno dei suoi pregiudizi su studenti, capelloni, rom e del suo ego per il suo fiuto di sbirro (capacità che vede solo lui).Nei mesi del lockdown era stato messo a riposo dal Questore ma ora sul delitto si è fatto già il suo film (purtroppo) sbagliato.

Mentre, da una parte vediamo muoversi questo assassino che porta avanti il suo piano (associando ad ogni bersaglio una ben specifica pena), Emilio Zucchini si ritrova dentro una storia al limite dell’incredibile: riceve una telefonata dalla stazione di un paesino sull’appennino Tosco-Emiliano, la sua Alice è lì in stazione, ma si trova in stato confusionale

«Il capostazione. Dice che Alice è convinta di essere un’attrice famosa.»

Ma arrivato alla stazione, non è la sua Alice, Ali, quella che si trova davanti, ma Elena, una sua amica, anche lei cameriera in un ristorante concorrente.

Cosa c’entra la sparizione di Alice, con questo assassino e la sua vendetta? Di quali colpe gravi si sono macchiati i “milordini”, “uomini che odiano le donne” per fare una citazione di un libro famoso che ha un ruolo importante per la storia?

Che fine ha fatto Alice?
La ricerca di Emilio, con la sua Vespa bianca, lo porta molto vicino alle tracce che questo assassino ha lasciato dietro di sé e sono tracce che disegnano un quadro che lo mettono in agitazione, più di quanto abbia fatto il covid con quel rasghino che non lo abbandona da mesi.

È novembre, è in corso una pandemia e fa freddo, un freddo nebbioso e umido, e Zucca lo sa bene: è l’umido che ammazza.

Usando l’arma dell’ironia e sfruttando tutta la sua esperienza lavorativa, Filippo Venturi imbastisce una trama con qualche trappola per il lettore che non dovrà fidarsi di quello che si trova davanti. Si parla di covid e di come l’arrivo del virus abbia cambiato le nostre abitudini, anche quelle che pensavamo fossero destinate a rimanere immutate.
Il povero protagonista si ritrova perfino a dover rimpiangere certi suoi clienti, da quello che fa questioni su tutto all’urlatore entusiasta (ma la mortadella rimane mortadella, non Bologna).

Ma tutta questa ironia, nel raccontare le disavventure del povero Zucca che ancora una volta si troverà nel mirino del commissario Iodice, serve per raccontare di un problema che ben poco fa ridere le donne, ovvero la violenza di genere.
Il come e il perché, lo scoprirete solo leggendo questo giallo che scorre veloce senza intoppi, aggiungo solo un passaggio della nota a fine libro aggiunta dall’autore: nei primi mesi della pandemia nel 2020, il servizio pubblico con cui aiutare le donne che hanno subito una violenza (maltrattamenti, stalking, percosse, violenza sessuale) – il 1522 – ha registrato un picco. E nell’80% dei casi l’aggressore era una persona di casa.

«Quando una donna piange in quel modo, vuol dire che non si sta divertendo affatto…»

Dal film Thelma e Louise.

La scheda del libro sul sito dell'editore Mondadori

Il sito dell’autore Filippo Venturi

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